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www.ildialogo.org UN VESCOVO SVEDESE RIVELA: SUL CASO WILLIAMSON IL VATICANO SAPEVA TUTTO, MA HA FATTO FINTA DI NIENTE,di Agenzia ADISTA

UN VESCOVO SVEDESE RIVELA: SUL CASO WILLIAMSON IL VATICANO SAPEVA TUTTO, MA HA FATTO FINTA DI NIENTE

di Agenzia ADISTA

 

35208. STOCCOLMA-ADISTA. Quella di riammettere i vescovi lefebvriani scomunicati non sarebbe stata una delle tante gaffe commesse dal papa e dalla Curia romana negli ultimi anni, ma una decisione presa in maniera pienamente consapevole, nonostante in Vaticano fossero note da tempo le tesi negazioniste pubblicamente espresse da Richard Williamson. Arrivando anche a mentire, per tentare di tranquillizzare un’opinione pubblica sgomenta ed indignata dall’atteggiamento della gerarchia ecclesiastica, sostenendo a più riprese di non aver saputo per tempo dell’antisemitismo del vescovo.
A far riesplodere a mesi di distanza il caso Williamson non sono le accuse di qualche esponente del mondo laico, o le illazioni di un giornalista, ma le parole di un vescovo cattolico, quello di Stoccolma, mons. Anders Arborelius. Il 23 settembre scorso, nel corso di una puntata di “Uppdrag granskning”, un programma di approfondimento giornalistico in onda sulla tv pubblica svedese Svt, Arborelius ha dichiarato infatti di aver avvertito il Vaticano delle posizioni di Williamson assai prima che la scomunica ai lefebvriani venisse revocata.
La vicenda era scoppiata il 21 gennaio 2009 quando, in una puntata dello stesso programma - registrata in realtà il 1º novembre del 2008 -, Williamson, uno dei 4 vescovi illecitamente ordinati da Lefebvre nel 1988 e per questo scomunicati da Giovanni Paolo II, aveva messo in serio dubbio l’esistenza delle camere a gas. In quei giorni circolavano insistenti le voci che davano come già firmato il decreto pontificio di revoca della scomunica per i seguaci di Lefebvre. Decreto che infatti fu ufficializzato il 24 gennaio (v. Adista n. 10/09) .
Ma alla tv svedese Arborelius ha raccontato che i contenuti delle dichiarazioni di Williamson gli erano stati riferiti subito dopo che Williamson aveva registrato l’intervista per la tv svedese, già nel novembre 2008 quindi, e che immediatamente dopo quella data un dossier sul vescovo negazionista era stato inviato in Vaticano tramite il nunzio apostolico in Svezia, Emil Paul Tscherrig.Molto prima, quindi, che l’intervista venisse mandata in onda. “Tengo a sottolineare - ha poi ulteriormente precisato lo stesso mons. Arborelius in un comunicato pubblicato sul sito della diocesi - che abitualmente inviamo informazioni su questioni che riguardano la Chiesa al Vaticano, e che quindi in quanto è avvenuto non c’è nulla di eccezionale”.
Nel corso della stessa puntata di “Uppdrag granskning”, il nunzio Tscherrig ha confermato che un rapporto concernente le attività della Fraternità di S. Pio X in Svezia, così come un riassunto dei contenuti dell’intervista con Richard Williamson fu spedito in Vaticano in novembre, avvisando che il programma in cui il vescovo negava l'Olocausto sarebbe stato trasmesso il 21 gennaio 2009”. Il nunzio - rivelano fonti giornalistiche svedesi - avrebbe aggiunto, a telecamere spente, che dopo aver inviato il suo rapporto avrebbe contattato numerosi capi-dicastero in Vaticano, compreso lo stesso card. Darío Castrillon Hoyos, presidente dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei (istituita da papa Giovanni Paolo II nel 1988, all'indomani della scomunica di Lefebvre, per mantenere i rapporti con il vescovo francese ed i suoi seguaci), e principale artefice del riavvicinamento con la Fraternità di S. Pio X. Una testimonianza che contrasta in maniera stridente con le dichiarazioni rese il 29 gennaio 2009 dallo stesso Hoyos, che sostenne che né lui né nessun altro in Vaticano erano a conoscenza delle posizioni negazioniste di Williamson. Una nota della Segreteria di Stato del 4 febbraio 2009, ribadì che le dichiarazioni di Williamson non erano “conosciute dal Santo Padre nel momento della remissione della scomunica” e lo stesso Benedetto XVI ribadì con forza questa tesi nella lettera da lui inviata il 10 marzo 2009 ai vescovi di tutto il mondo (v. Adista n. 31/09): “Una disavventura per me imprevedibile - scrisse - è stata il fatto che il caso Williamson si è sovrapposto alla remissione della scomunica”. E aggiunse: “Mi è stato detto che seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la lezione che in futuro nella Santa Sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di notizie”.
Ma ad avvalorare l’ipotesi che in Vaticano il caso Williamson fosse noto, la puntata di “Uppdrag granskning” del 23 settembre scorso ha presentato un’altra autorevole testimonianza, quella del card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani. Kasper, la cui intervista è stata registrata durante una visita al festival di corali Pueri Cantores a Stoccolma, svoltosi dall’8 al 12 luglio scorso, ha spiegato che, subito prima della revoca della scomunica, non aveva ricevuto alcuna informazione interna dal Vaticano, ma che egli aveva conoscenza in generale delle simpatie del vescovo Williamson. Ha poi aggiunto che pensava che ciò fosse largamente noto, e si stupì invece di apprendere che la Pontificia Commissione Ecclesia Dei ne fosse all'oscuro.
Stando alla ricostruzione fatta dalla tv svedese, sembrerebbe quindi che almeno la Curia, se non il papa, sapesse tutto sul caso Williamson, ma abbia preferito far finta di nulla, sperando che il caso non esplodesse con tanta violenza, come è invece avvenuto. Del resto, al di là del dossier inviato da Arborelius in Vaticano, le posizioni di Williamson non erano un mistero: il vescovo lefebvriano non aveva mai nascosto la sua avversione al giudaismo. Aveva anzi difeso in pubblico l'autenticità dei Protocolli dei Savi di Sion e nel 1989, in Canada, aveva pure rischiato di essere processato per aver esaltato i libri di un autore negazionista, Ernst Zundel.
La mancanza di lungimiranza mostrata dai vertici vaticani nel sottovalutare le conseguenze del caso Williamson potrebbe spiegare il siluramento il Hoyos, stimato da Ratzinger al punto da riuscire a mantenere il suo incarico in Curia fino alla soglia degli 80 anni, ma che dopo la revoca della scomunica è repentinamente uscito di scena, mentre la Commissione da lui guidata veniva riassorbita all’interno della Congregazione per la Dottrina della Fede (v. Adista n. 82/09).
Dal Vaticano, intanto, arriva la doppia, secca smentita del portavoce della Sala Stampa p. Federico Lombardi, che il 23 e il 25 settembre ha dichiarato che affermare o anche solo insinuare che il papa fosse stato antecedentemente informato sulle posizioni negazioniste sulla Shoah del vescovo lefebvriano è “assolutamente senza fondamento”.
In ogni caso, è significativo che già da alcuni mesi il Vaticano abbia stretto un accordo commerciale con Meltwater, società norvegese esperta nel campo delle nuove tecnologie, incaricata di monitorare il web e riferire alla Sala Stampa chi e come su internet parli del Vaticano. Per valutare più efficaci strategie di comunicazione o prevenire possibili cortocircuiti mediatici, come il “caso Ratisbona”. O, appunto, l’affaire Williamson. (valerio gigante)
 
 

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail Sito www.adista.it



Luned́ 28 Settembre,2009 Ore: 18:26
 
 
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