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ISSN 2420-997X

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Alcuni commenti sul reintegro degli anglicani

Rassegna a cura di Ornella Marcato


Sì ai preti sposati, purché ultraconservatori
di Chiara Geloni
in "Europa" del 21 ottobre 2009
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E sia: che entrino, questi preti anglicani sposati, nella Chiesa di Roma. Che continuino pure a fare i preti, d'accordo, e se stanno in seminario che continuino a studiare per diventare sacerdoti; però sia chiaro: non potranno essere ordinati vescovi. Per un attimo, è sembrata la svolta: il compromesso democristiano che prevale sull'intransigenza ratzingeriana. Il sano relativismo delle mamme che sanno quando cedere e dove mettere i paletti: «E va bene, d'accordo, puoi uscire. Ma a mezzanotte a casa». È stato bello, è stato come una ventata di sollievo: per un attimo tutto è sembrato possibile. Anche, per dire, trovare un ragionevole equilibrio tra il ruolo degli iscritti e quello degli elettori nel Pd. Insomma, la ricetta sembrava pronta per essere presa e copiata nel nuovo statuto del Partito democratico: vuoi partecipare alla vita di un'organizzazione ma non sei disposto a un'adesione piena alle sue regole? D'accordo, puoi farlo, ma solo come militante di base. I dirigenti, invece, possono essere solo quelli che condividono le regole e l'ideologia dell'organizzazione fino in fondo.
Una mediazione alta e più che ragionevole. Ma era solo un'illusione. I sacerdoti anglicani che la Chiesa si dispone ad accogliere sono i membri della Traditional Anglican Communion, che hanno abbandonato due anni fa la Chiesa anglicana per le sue aperture in materia di omosessuali e sacerdozio femminile. Insomma, entreranno "da destra". E quello che poteva sembrare l'inizio di una nuova stagione di riformismo ecclesiastico si rivela essere tutt'altro: una sanatoria. Peccato però. Non era per niente una brutta riforma. (ch.g.)
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Modelli di unità
di Michel Kubler
in "La Croix" del 21 ottobre 2009 (traduzione: www.finesettimana.org)
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Sorprende l'annuncio fatto ieri congiuntamente a Roma e a Londra del ritorno alla Chiesa cattolica di un numero imponente di anglicani - vescovi a decine, preti a centinaia, fedeli a centinaia di migliaia. Per la sua tempistica, che rompe con le abitudini della comunicazione vaticana; per il suo contenuto, una struttura inedita, concepita per l'occasione; e per il suo contesto, quello del dialogo tra Roma e lefebvriani da una parte e dell'ecumenismo dall'altra.
Niente obbligava il Vaticano a fare così presto un annuncio pubblico, mentre non è ancora pronto il documento del papa che preciserà il dispositivo futuro. Questa rapidità di informazione potrebbe essere legata al calendario delle discussioni dottrinali imminenti (anche se questa ipotesi è stata ieri smentita) tra Roma e gli integralisti: come prova che è possibile ritornare alla piena comunione con il papa senza rinnegare la propria tradizione d'origine - ma a condizione di firmare il Catechismo della Chiesa cattolica!
Infatti le modalità del reintegro di questi gruppi anglicani sono per lo meno originali: delle circoscrizioni ecclesiastiche fatte per loro, dove sarà mantenuto il loro patrimonio spirituale, liturgico e canonico (compreso il clero sposato), ma in totale fedeltà a Roma. In realtà, quello che sembrerebbe una trovata di buon senso, è problematico: lo schema annunciato presenta - malgrado le proteste della Santa Sede - tutte le apparenze dell'uniatismo: il riconoscimento di una Chiesa di rito non romano, ma unita a Roma. L'unità di tutti i cristiani esige il ritorno a Roma dei "fratelli separati"? Da una quindicina d'anni, la Chiesa cattolica ha rifiutato quel modello uniate come ormai superato. Il modello di riconciliazione che le Chiese, divise nel corso dei secoli, cercano in questi tempi mira certo a preservare la loro rispettiva tradizione. Ma vuole garantire sia la loro chiara autonomia rispetto a Roma sia il pieno riconoscimento del ministero di Pietro. Mentre delle conversioni isolate non sono un problema, la creazione di una giurisdizione straordinaria per delle riunificazioni massicce può invece dimostrarsi problematica sul piano ecumenico.
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"Il dialogo tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana continua"
di monsignor Vincent Gerard Nichols e dr Rowan Williams
in "La Croix" del 21 ottobre 2009 (traduzione: www.finesettimana.org)
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Monsignor Vincent Gerard Nichols, arcivescovo cattolico di Westminster, e il Dr Rowan Williams, arcivescovo anglicano di Canterbury, hanno reso pubblica, ieri, una dichiarazione comune.
"L'annuncio oggi della Costituzione apostolica è una risposta data da papa Benedetto XVI a numerose richieste rivolte in questi ultimi anni alla Santa Sede da parte di gruppi anglicani che desiderano entrare nella comunione piena e visibile con la Chiesa cattolica romana, e che hanno la volontà di dichiarare che condividono una fede cattolica comune, e accettano il ministero petrino come Cristo lo ha voluto per la sua Chiesa.
Papa Benedetto XVI ha approvato, in questa Costituzione apostolica, una struttura canonica che prevede degli ordinariati personali, che permettono agli ex membri anglicani di entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica, pur mantenendo degli elementi distintivi del patrimonio spirituale anglicano.
L'annuncio di questa Costituzione apostolica mette fine ad un periodo di incertezza per questi gruppi, che nutrivano la speranza di trovare nuove strade per abbracciare l'unità con la Chiesa cattolica. Starà ora a coloro che hanno fatto la richiesta alla Santa Sede rispondere alla Costituzione apostolica.
La Costituzione apostolica è un riconoscimento più profondo che la fede, la dottrina e la spiritualità tra la Chiesa cattolica e la tradizione anglicana si sovrappongono in maniera sostanziale.
Senza i dialoghi di questi ultimi quarant'anni, questo riconoscimento non sarebbe stato possibile, e non si sarebbe neppure potuta accarezzare la speranza di una unità piena a visibile. In questo senso, la Costituzione apostolica è una conseguenza del dialogo ecumenico tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana.
Il dialogo ufficiale in corso tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana continua ad essere la base della nostra cooperazione. Gli accordi della Commissione internazionale anglicana-cattolica romana (Arcic) e della Commissione internazionale anglicana-cattolica romana per l'unità e la missione (Iarccum) illuminano il cammino che avremo da percorrere insieme. Con la grazia di Dio e la preghiera, siamo determinati a far sì che il nostro impegno comune in corso e i nostri scambi su questi ed altri argomenti continuino ad essere rafforzati. Qui, nello spirito dell'Iarccum, attendiamo con impazienza di poter costruire, sulle basi del modello, delle riunioni comuni tra la Conferenza dei vescovi cattolici d'Inghilterra e del Galles e il collegio dei vescovi della Chiesa d'Inghilterra, mettendo l'accento sulla nostra missione comune. A Leeds sono cominciate nel 2006 delle giornate comuni di riflessione e di preghiera e sono proseguite a Lambeth nel 2008, e altre riunioni sono in preparazione. Questa stretta cooperazione proseguirà crescendo insieme nell'unità e nella missione, come testimonianza del Vangelo nel nostro paese, e nella Chiesa in senso ampio."
Londra, 20 ottobre 2009
Vincent Gerard Nichols e Rowan Williams
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Roma fa posto agli anglicani
di Claire Lesegretain e Frédéric Mounier
in "La Croix" del 21 ottobre 2009 (traduzione: www.finesettimana.org)
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Nel corso di una conferenza stampa convocata, contrariamente alle abitudini, solo poche ore prima, il cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha presentato le grandi linee della Costituzione apostolica che sarà prossimamente firmata dal papa, e che aprirà la via ad una integrazione in seno alla Chiesa cattolica dei fedeli di tradizione anglicana che lo desiderano.
Perché la Chiesa cattolica fa questo gesto?
Secondo il cardinale William Levada, "il nostro scopo è di rispondere alle numerose richieste ed iniziative che provengono tanto dal clero anglicano che da certi fedeli anglicani in varie parti del mondo". Per il cardinale Levada, quei fedeli anglicani hanno "dichiarato la loro piena comunione con la fede cattolica espressa nel nostro Catechismo ed accettato il ministero del successore di Pietro come voluto da Cristo." Il papa si augura così, ha spiegato il cardinal Levada, "di rispondere al desiderio di numerosi anglicani che si rivolgono alla Chiesa cattolica e vogliono preservare il loro patrimonio anglicano. L'unità della Chiesa, ha proseguito, come ce la mostra la storia della Chiesa, non richiede una uniformità che ignori la diversità culturale."
Infine il cardinal Levada ha ben precisato che questa iniziativa "non è assolutamente legata al primo incontro, lunedì 26 ottobre, tra la commissione Ecclesia Dei e i responsabili della Fraternità San Pio X."
Qual è la struttura giuridica proposta?
Il papa firmerà prossimamente una Costituzione apostolica che risponderà, "secondo una norma canonica unica per la Chiesa universale", a questa richiesta anglicana, "alla quale non potevamo non rispondere", stabilendo degli "ordinariati personali". Sono delle circoscrizioni ecclesiastiche che raggruppano dei fedeli e dei preti non su una base prima di tutto territoriale (come le diocesi), ma a partire dal loro legame personale con una tradizione particolare, in questo caso anglicana. Tali circoscrizioni, stabilite in accordo con le conferenze episcopali secondo delle caratteristiche vicine a quelle delle diocesi negli eserciti, permetteranno loro di "entrare in piena comunione con la Chiesa cattolica preservando degli elementi propri al patrimonio spirituale e liturgico anglicano".
L'ordinario, in altri termini il vescovo responsabile di tale giurisdizione, sarà nominato dall'ex clero anglicano, prete o vescovo, non sposato, "e questo in conformità con le tradizioni tanto occidentale che orientale", ha precisato il cardinal Levada. Sarà membro della conferenza episcopale locale. Dei membri dell'ex clero anglicano sposato potranno essere ordinati preti cattolici. Il cardinal Levada ha precisato che questa possibilità sarebbe solo per loro. "La Chiesa rispetta l'autenticità della loro vocazione a servire la Chiesa. Il che è diverso rispetto ai preti cattolici romani, che, in coscienza, decidono di lasciare la loro Chiesa per sposarsi." Ha ricordato che nel 1982, la Congregazione per la dottrina della fede, presieduta dal cardinale Ratzinger e approvata da Giovanni Paolo II, aveva già dispensato dall'obbligo del celibato i preti provenienti dalla diocesi anglicana di Anritsar, in India, o di certe parrocchie anglicane negli Stati Uniti, ormai unite a Roma. Infine, i seminaristi legati a questi nuovi ordinariati potranno essere formati sia in seminari cattolici, sia in seminari "rispondenti ai bisogni di formazione propri al patrimonio anglicano."
Quali sono le conseguenze sul dialogo ecumenico?
Il cardinal Levada è stato molto preciso su questo punto: "Questo gesto generoso da parte del papa è coerente con il dialogo ecumenico che mira all'unità della Chiesa. Tale resta la priorità della Chiesa cattolica, in particolare attraverso l'azione del Pontificio Consiglio per la promozione dell'Unità dei cristiani, presieduto dal cardinal Walter Kasper." Quest'ultimo, ha ricordato padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede, era invitato a questa conferenza stampa, ma purtroppo non ha potuto essere disponibile, dovendo essere presente a Cipro per un incontro importante con gli ortodossi. Tuttavia, giovedì sera, lo stesso cardinal Kasper aveva precisato, in quella stessa Sala stampa della Santa Sede, presentando il bilancio del suo pontificio consiglio: "Non peschiamo nei laghi anglicani." In senso più ampio, questa iniziativa sembra volgere le spalle alla ricerca, da parte della Chiesa cattolica, di un'unità con l'insieme della Chiesa anglicana, e non tener conto del legame affettivo particolare che lega i cattolici e gli anglicani.
Quali sono i gruppi anglicani che potrebbero essere interessati?
In primo luogo, anche se il cardinal Levada si è ben guardato dal citare un nome preciso, si tratta della "Traditional Anglican Communion". Fondata ufficialmente nel 1991 per iniziativa di un prete episcopaliano (ramo americano degli anglicani) Louis Falk, per le divergenze a proposito dell'ordinazione delle donne, la "Traditional Anglican Communion" (TAC) è indipendente dalla Comunione anglicana e dall'arcivescovo di Canterbury. Secondo Monsignor Pierre Whalon, vescovo responsabile di tutti gli episcopaliani in Europa, "fin dagli anni '60 del secolo scorso, in seguito ad evoluzioni liturgiche nell'anglicanesimo, una frangia tradizionale si era messa ai margini della Comunione anglicana". Sul piano teologico, la TAC è fortemente legata al Movimento di Oxford fondato dal cardinale Henry Newman, prete anglicano che si era convertito al cattolicesimo nel 1845 e che sarà beatificato nel maggio 2010 a Birmingham. Presente in 44 paesi, la TAC rivendica 400 000 fedeli, suddivisi in 33 vescovadi; dal 2002, il suo primate è l'arcivescovo anglicano australiano John Hepworth. È lui che, nell'ottobre 2007, ha formulato a Benedetto XVI una richiesta di riunificazione alla Chiesa cattolica romana sul principio di una comunione piena, intera e sacramentale. Un dialogo esiste tuttavia tra la TAC e Roma dal 1991.
Del resto, secondo il cardinale Levada, da 20 a 30 vescovi anglicani si sarebbero manifestati a Roma in questi ultimi anni, in particolare in occasione della benedizione di unioni omosessuali o anche dell'ordinazione, da parte di certe Chiese anglicane, di persone omosessuali.
Quali saranno le conseguenze sulla Comunione anglicana?
"Nella misura in cui la TAC è già separata dalla Comunione anglicana, la sua riunificazione a Roma non avrà conseguenze", ritiene ancora monsignor Whalon. Non crede neppure che questa integrazione si sparga a macchia d'olio in altri gruppi anglicani ed episcopaliani dell'Africa o dell'Asia opposti all'ordinazione di persone omosessuali, perché questi ultimi appartengono per lo più alla corrente evangelica e sono quindi molto lontani dalla tradizione cattolica.
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fonte: http://www.finesettimana.org/pmwiki/index.php?n=Stampa.HomePage


Mercoledì 21 Ottobre,2009 Ore: 16:14
 
 
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