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Crisi chiese
I MIGLIORI SE NE VANNO DALL'ISTITUZIONE

Le ragioni di don Fabio Lazzaro


Reverendo Vescovo Antonio,
non è facile per me mettere nero su bianco le motivazioni che mi hanno portato a questa scelta che forse non condividerà, ma spero vivamente ne possa intuire i colori di fondo e le sfumature.
Nelle cinque comunicazioni precedenti, con le quali ho tenuto aggiornato lei e altri quattro accompagnatori di Padova della mia esperienza esmeraldeña, già mi sono raccontato molto, e quindi cercherò ora di essere più semplice possibile per dipingere il quadro della mia situazione personale.
La ricerca che mi accompagna dai tempi del seminario è stato un cammino di fede, di interrogativi, di sogni di vivere un ministero che possa portare vita ai più lontani ed emarginati, anche dalla chiesa in molti casi, ed ho sempre pensato fino alla fine dell’anno scorso che ci fosse spazio nella chiesa per un servizio del genere. Da un po’ di mesi la ricerca e il dialogo con il Signore hanno raggiunto il loro apice iniziando a ventilare la possibilità di un cammino laicale al servizio del Regno.
I motivi principali per cui chiedo la rinuncia al ministero presbiterale sono sostanzialmente due: uno riguarda la mia identità ecclesiale e di conseguenza lo stile pastorale, l’altro la mia affettività e il mio non capire più il celibato.
Il primo, grazie ai numerosi confronti con preti e con psicologi (due in Ecuador e uno qui), sembra essere il più importante, quello che soffia sulle braci del secondo.
Comunque tutti e due rivelano valori per me abbastanza soffocati e che hanno in sè la forza della vita e della verità che non si può arrestare... soprattutto per noi che seguiamo e crediamo in un Gesú che ha detto di essere Lui la Via, la Verità e la Vita.
Riguardo il primo livello sento l’incapacità di rappresentare una chiesa-istituzione che spesso pone i valori-leggi prima del bene della persona concreta che spesso incontriamo con una storia che, sia qui come in America latina, ci spiazza, ci fa ricredere sulla dottrina, sulle verità di cui andiamo così orgogliosi per il semplice fatto che lei esiste... e può essere l’adultera, o la samaritana, o il lebbroso di turno che continuano a scardinare le religioni e le strutture per incontrare Dio, per chiedere vita, rispetto, comprensione e magari farci capire che attraverso questo Dio ci sta bussando da tempo alla porta.
Ho fatto tutto uno studio in questi mesi sull’obbedienza e purtroppo devo risponderle come Pietro e Giovanni negli Atti 4,19 e concludere come loro “che non possiamo più tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”.
Tanti reclami di giovani e adulti che non ne possono più di una chiesa che sta perdendo sempre più il soffio liberante dello Spirito, che fatica a incarnarsi in realtà nuove, che non suscita più, in molti casi, lo stupore degli stranieri di Atti 2,8 che esclamavano “come è che li sentiamo parlare ciascuno la nostra lingua...?”
Ho deciso, finalmente! E sento che non è un capriccio ma un invito che viene dallo Spirito. Ora riconosco ciò che il Signore mi propone: un cammino di vita, di bene, di pace, di evangelizzazione in una forma “altra” più simile a quella di Gesù o Francesco. Una forma laicale senza tante strutture mentali, istituzionali, tradizionali (che a volte senza accorgersene soffocano la novità del Vangelo), più vicina (seconde me) al Padre e ai fratelli, per condividere quel “di più” che viene da Lui e non da me, di cui il mondo ha estremo bisogno. Una tendenza missionaria per sempre. Un “di più” di amore, libertà, di rispetto, di profondità da condividere.
Anche se mi è costato ammetterlo, e non è una scelta facile, non penso sia per me il cammino migliore attraverso il ruolo-servizio del prete (di cui non nego il valore e il dono per la gente), con il celibato e l’obbedienza che così come sono intesi ora non solo non mi servono, ma anche non mi aiutano a donarmi più gratuitamente, non vi ritrovo fondamenti biblici e mi impediscono di vivere serenamente l’amore, come anelito di ogni uomo e di ogni donna.
Penso che il mio futuro sia in Ecuador (per lo meno per i prossimi anni, e non escludo per tutta la vita), vicino a tante situazioni di povertà, con stile povero e solidale per cercare nel mio piccolo di attuare qualcosa del programma di vita di Gesù: le Beatitudini.
Mi sentirò sempre discepolo, mai maestro o “padrecito” (“perché uno solo è il vostro Maestro e uno solo il vostro Padre”), cercherò di essere compagno di viaggio per le persone che la vita mi farà incontrare (dentro e fuori la Chiesa).
Sarà un cammino di ricerca biblica più profonda (che riconosco ora ancora iniziale), per poterla condividere in forma popolare con i più semplici e con quanti sono alla ricerca di vita piena.
Sarà un cammino ecumenico, ossia unito ad altre confessioni che camminino nella verità, nell’umiltà, nel rispetto del diverso, per crescere assieme in quell’unità che è dono di Dio e sforzo nostro perché riusciamo a pensarci sullo stesso cammino di figli di un Padre buono.
Tutto questo penso di realizzarlo in una vita famigliare, con una compagna di viaggio che abbia la stessa fede nel Dio della Vita e la stessa “pazzia” che mi ha accompagnato finora per cammini a volte tortuosi: ho sempre creduto che un’altra chiesa è possibile, così come un’altra società, perché un altro sembra essere il Padre di Gesù rispetto a quello professato che suscita spesso noia tra la gente. E’ una visione di Dio che siamo ancora tutti incapaci di definire, per fortuna, tutti ancora discepoli, tutti chiamati ad essere “pescatori di uomini”, ad aiutare cioè a togliere da un ambiente di morte chi sta affogando.
Che il Padre continui a benedire, come sempre ha fatto, i miei passi e far sentire la sua presenza vicina e di amore, per poterlo sempre riconoscere come il “Dio con noi”.
Lazzaro Fabio
Padova, 23 luglio 2009
 
 


Lunedì 27 Luglio,2009 Ore: 17:25
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Ernesto Miragoli Como 28/7/2009 07.30
Titolo:a Fabio
Ho seguito a mezzo Internet la vicenda di Fabio Lazzaro. Questa sua lettera al vescovo è bellissima: accorata, documentata, onesta. Soprattutto onesta.
Mi piacerebbe che Fabio, qualora avesse risposta dal vescovo, ci facesse conoscere le argomentazioni di quest'ultimo.
Entro nel merito della lettera per sottolineare due punti che mi hanno colpito: il travaglio interiore vissuto per la ricerca di un'autenticità di vita e la scelta di continuare il cammino accanto ad una compagna.
Non conosco personalmente nè lui, nè la sua compagna, ma credo che si meritino e credo che Dio li meriti. Non bestemmio: Dio merita simili persone che camminano cercando di vivere la sua Parola per le strade del mondo.
Un abbraccio a loro.
Autore Città Giorno Ora
chino piraccini Cesena(FC) 28/7/2009 13.49
Titolo:solidarietà piena a don Fabio Lazzaro
Carissimo don Fabio, mi hai fatto rivevere i momenti e le problematiche che ho vissuto negli anni '70. La tua lettera al vescovo Antonio mi è apparsa esemplare dal punto di vista umano ed ecclesiale per far comprendere alla nostra madre chiesa, nella sua alta gerarchia, che la legge del celibato, non è più opportuna, soprattutto perchè la donna non è più considerata un peso per il prete, ma un validissimo aiuto per attività pastorali ad ogni livello. Quanto meno dovrebbe essere ammessa la duplice strada presbiterale, quella celibataria e quella uxorata che meritano rispetto paritario. Quanto siamo duri di cervice, a resistere all'azione dello Spirito che soffia con prepotente afflato!!!! A te,caro don Fabio, i miei più vivi auguri di vita, e quelli di mia moglie Nadia, che saluta la tua signora. Chino

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