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Racconto
Profumi che vuoi sentire

di Mario Pagliaro


Quando esci in bicicletta non devi chiederti dove vuoi andare ma cosa vuoi sentire.
Oggi non ha piovuto e il sole è stato freddo. Sono uscito in un orario strano, quando la gente mette i piedi sotto la tavola. Io, invece, li ho messi sopra i pedali deciso a capire se ancora la domenica all'ora di pranzo, camminando per le strade, si senta odore di carne arrostita, di bistecca "ai ferri". Da piccolo era così, incontrovertibilmente così. Adesso?

Per riscaldarmi, di solito, faccio il giro del tribunale. Un paio di volte e poi giro, verso dove pare voglia andare. Per farlo ho percorso l'Avellino borghese, quella dei palazzi alti di via Tagliamento e di quelli ridicoli del Corso. Annusavo ma non sentivo niente. Non la spigola o il ragù invece della carne, proprio niente. Ho pensato: “per forza, qua oramai sono quasi tutti uffici, se qualcuno abita, abita ai piani alti e gli odori, si sa: salgono.” Le gambe sembravano toniche, il tendine l'avevo stirato (altrimenti quei quaranta punti si fanno sentire), l'unica era andare oltre, magari verso il “popolo”. Il cambio non mi piaceva, faceva clict clact, o forse era il pignone. Bho?
Un profumo però è arrivato, dolce ma pungente, nulla da mangiare. Era una donna, una svelta e ben vestita che usciva dalla pasticceria ed entrando in macchina, con lo sportello, mi ha girato contro la sua aurea di “Idea Bellezza”. Le donne non sanno di profumare tanto, soprattutto quelle “emancipate” e per questo spesso risultano invadenti.

Sono arrivato “giù alla ferrovia”, tutta discesa, quindi continuavo a scaldarmi. Camminava sul marciapiedi anche il giornalista di raitre, ma era troppo prossimo al ristorante, che dicono cucini il pesce buono, per abitare qui. Ogni tanto stiravo anche il quadricipite, mi sentivo equilibrista ma alle macchine che passavano sarò sembrato un professionista. Pallonari.
La fascia calata sulla fronte e le orecchie, gli occhiali bianchi, il caschetto a tenere fermo il tutto ed il girocollo a proteggere la bocca. Il naso, però, era fuori. Ho sniffato un paio di volte, nulla. Allora ho buttato fuori i muchi della raucedine, turandomi la narice più vuota. Si, adesso si! Carne. Giù “alla ferrovia” si arrostisce carne di domenica.
Non tutti ma molti, tanto da ricordarmi che ero a digiuno. Strano, una volta chi la cucinava apriva le finestre per farne accorgere tutto il vicinato; le mogli degli emigranti, invece, chiudevano tutto, altrimenti i vicini si sarebbero chiesti maliziosamente: “ma chi glieli dà i soldi?” Allora qui, nel quartiere popolare, i soldi ci sono o almeno qualcuno glieli dà o forse usano ancora la domenica per dire a chi rosica che tanto poveri non sono. Uhm, poco ci credo, qui sono tutti o dipendenti statali o cassa integrati con attività al nero, come dire gli unici a stipendio fisso assicurato. Materia per sociologi ed io sociologo non sono. Sono solo uno che va in bicicletta ad annusare.

In tutto questo, infatti, si e no 5 chilometri. Che cosa ero uscito a fare? Per rimanere in tema allora mi son detto: “chi sa nei paesi? Là si che la domenica si sente il cucinato e se sono fortunato becco anche un grande profumo di braciola e cotiche.” Lo stomaco, di suo, ha aggiunto che sarebbe stato meglio beccare la sostanza più che i profumi ma allora non sarebbe stata fortuna, ben altro.
Il paese più vicino era Montefredane ma da dove ero sembrava alto. Molto in alto. Necessario era superare quell'ammasso di inutilità che chiamano nucleo industriale poi si doveva salire.

Come al solito quando senti sferracchiare dietro di te un passo uguale al tuo ma più veloce, è il solito ciclista puro, con la pancia, che si sente realizzato perché ti sta superando e già sa che in due pedalate sarà irraggiungibile. Tu lo guardi ed in una frazione di secondi vorresti dirgli: “ma che ti ridi? Non lo sai che io con la mountain bike, a parità di pedalata, faccio almeno due metri in meno? Che sono costretto a pedalare anche in discesa se voglio starti vicino mentre fischi? Che tra le gambe ho almeno cinque chili in più e non parlo di sesso? “ Fortunatamente, ogni volta, mi ricordo che anche lui potrebbe dirmi: “e chi te l'ha detto di prenderti stò trattore?” Sarebbe troppo lungo spiegargli, allora alzo la mano e dico: “salveee!” E nemmeno a denti stretti.
Sulla salita l'effetto dei profumi della ”ferrovia” era finito, adesso lo stomaco era impegnato a digerire una pendenza, di quelle che ti ricordano da quanto tempo è che non esci. Tanto.
Dalle case nelle campagne poca speranza di sentire uscire odori, solo la certezza che se mi fossi fermato il solito conoscitore della vita mi avrebbe indicato al figlio sorridendo. Allora ho continuato come potevo, per distrarmi ho cercato anche il profumo delle vigne senza uva ma il troppo è troppo. E' anche giusto che i papà conoscitori della vita vengano visti sorridere dai figli. Prima che diventino come loro.

Quando scendi e spingi la bici sulle salite più forti di te l'importante è avere il passo regolare e la faccia distratta, è bene anche togliersi caschetto e occhiali, meno dotazioni hai e più sembri uno che si gode il posto. Sulle colline verso Montefredane, però, tutti si accorgono che bluffi. Se guardi giù vedi solo l'ammasso inutile di cui prima, se guardi in su vedi i filari delle vigne, ordinati ma ruotati nel verso della caduta, forse perché infilati male o forse perché il terreno, ammassato da qualche funzionario Inps nei fine settimana, la pioggia lo sta franando via. Quindi poco da godere, meglio re-inforcare il trattore e continuare. Comunque senza caschetto e occhiali così i pallonari non ti scambiano per un professionista scarso e nessuno si scandalizza se arranchi.
Mentre salivo la speranza di sentire odori era passata, a quell'ora nei paesi, più o meno tutti, hanno già tolto i piedi da sotto i tavoli e li hanno portati al bar per il caffè e le carte. Ma soprattutto, la voglia era passata. Ero già molto alto da Pianodardine e pensavo di poter solo vedere l'inutilità velenosa prodotta dalla Fiat o dalla Novolegno, invece, senza bisogno di annusare, una botta di vento mi ha portato la loro puzza o forse, era quella di chi aveva abdicato alla propria terra per essere assunto lì dentro. Ho pensato al figlio del “conoscitore di vita”, speriamo che almeno gli abbia regalato una risata.

Eppure, la salita andava conclusa, come ogni cosa che si rispetti ed in mio aiuto sono arrivate le prime case del paese. Quando le vedi lo sai dentro che non sei arrivato che la salita continua ancora ma ti sembra più facile. Sarà la necessità di doverti ridare un contegno o la possibilità di curiosare nelle finestre, certo è, che ti sembra più facile pedalare. Avevo ragione, i bar già vociavano e le donne, a giudicare dal profumo di camino li stavano attizzando in attesa di guardare Pippo Baudo giudicare Sanremo. Tra le case del paese, nell'ordine ho “profumato”, come dicevano Rossana e Francesca, camini attizzati, erba marcita, un muro fintamente di pietra, un cane piccolo dalla catena troppo grande e quel qualcosa, legato al fuoco vegetale, che odora d'aria. Anche gas di scarico, da una macchina uguale a quella della signora profumata ma non poteva essere lei. Chi comprerebbe pasticcini ad Avellino per mangiarli a Montefredane?

N.B.
749° Km. Sarei arrivato oltre Ferrara


Mercoledì 24 Febbraio,2010 Ore: 11:33
 
 
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