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www.ildialogo.org “FIRENZE 2” A CALDO,di Alberto B.Simoni

“FIRENZE 2” A CALDO

di Alberto B.Simoni

Cercando di dire qualcosa a caldo sulla giornata vissuta ieri a “Firenze 2”, per prima cosa c’è la gioia di ritrovare tanti amici, ognuno con le sue ferite, ma tutti animati da una medesima speranza, al tempo stesso in cui nascevano altre solidarietà. C’era diffusa la tacita consapevolezza d’essere come pecore perdute senza pastore, ed in effetti l’unica componente ecclesiale assente era la gerarchia, mentre erano rappresentate tutte le altre espressioni di chiesa.
A prima vista, sembrava di avere lo specchio di quello scisma silenzioso di cui si parla da tempo, e non solo per la distanza dei Pastori da questo genere di sollecitudine per tutte le chiese, ma anche per la varietà di orientamento che serpeggiava in tutta l’assemblea. Uno dei partecipanti alla seduta del mattino, in un suo messaggio fotografa così il quadro generale: “Mi sembrava di percepire ‘il disagio del(l'ala del) dissenso’ e ‘il dissenso del(l'ala del) disagio’... che confusione!”.
Guardando però all’insieme e in prospettiva, forse si può dire che abbiamo partecipato ad uno di quei momenti rivelativi, in cui “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole” (1Corinti 12,7-11).
Ma insieme si percepiva una certa tensione e il rischio di un cortocircuito interno a queste stesse forze, tra l’intenzione di chi costruiva canali per convogliare le acque disperse e l’erompere spontaneo di queste acque al di fuori di ogni canalizzazione. Molto rivelativa l’uscita di don Pino Ruggieri in risposta agli interventi seguiti alla sua relazione, che ricentrava tutto sul vero unico problema, quello di Dio: “Ma allora ho parlato invano”. Ed anche don Paolo Giannoni nelle parole di chiusura notava che le relazioni in programma non erano state prese in debita considerazione e tutti gli interventi liberi della giornata spostavano l’attenzione altrove: sui problemi che attraversano la coscienza ed ecclesiale in questo momento, in rapporto alla storia, ai problemi etici e di legalità, alla situazione del nostro Paese. In realtà sembrava che alle vie maestre della comunicazione intra-ecclesiale dichiarate percorribili verso mete ed interlocutori invisibili, si preferissero i viottoli della fraternità e della fatica quotidiana della fedeltà al vangelo.
Forse non è un caso che l’altra faccia dell’alto richiamo a Dio in maniera quasi esclusiva, sia apparsa poi nella testimonianza pomeridiana di Rita e Daniele, che operano in mezzo ai nomadi e nelle carceri, là dove l’amore di Dio si incarna direttamente nell’amore del prossimo, non solo dato ma anche o soprattutto ricevuto da coloro di cui Cristo non può fare ameno come della sua chiesa di poveri, mentre potrebbe far a meno di tante sovrastrutture ecclesiastiche di cui spogliarsi, perché non è nudo solo il re, ma siamo nudi tutti noi.
A questo proposito, per la verità, non sarebbe stato male se la relazione di Romano Penna sulla storia delle comunità cristiane delle origini fosse stata tenuta presente come quadro di riferimento per la risoluzione dei tanti problemi emersi dalle tante voci che si sono fatte sentire in maniera significativa, ma che sono quelli di sempre relativi al Vangelo annunciato ai poveri. Salvo restando che questo lavoro rimane da fare e possiamo riprenderlo in ogni momento, qualche suggerimento di metodo possiamo ricavarlo subito, per non continuare a parlare lingue diverse, che sono sì una manifestazione dello Spirito, ma che hanno bisogno di una traduzione e interpretazione, perché siano di utilità comune e non solo escrescenza a parte.
Si ripresenta quella “questione di metodo” o “questione teologica” di cui ho osato parlare precedentemente, ma che alla luce della esperienza di ieri si ripropone in maniera ancora più chiara e più urgente, per una traduzione di linguaggi e per una comprensione reciproca che non sia solo di buoni sentimenti ma di profonde convinzioni. Forse è necessario un “fare teologia” non solo in senso mistagogico o di razionalizzazione interna della Parola di Dio e del mistero della fede, ma maturando e acquisendo un’ottica teologica – e cioè con riferimento a Dio e sotto la sua luce – nel vivere e nel guardare il travagliato cammino degli uomini e del Popolo di Dio nella storia. Quanto sarebbe stato meglio, per esempio, se le analisi di I.De Sandre e M.Cristina Bartolomei fossero state messe alla base di un discernimento teologico a posteriori, piuttosto che fissare a priori premesse che rischiano poi di rimanere non praticabili. Torna utile la distinzione classica tra una visione di Dio “quoad se” e “quoad nos”, considerato in se stesso o in rapporto a noi.
Il compito immane da assumere è quello di riannodare brandelli di vesti lacerate, senza dimenticare l’avvertimento del Maestro a non applicare toppe nuove su vestiti vecchi, ma a ritrovare quella veste inconsutile che non è bene dividersi, anche se possiamo tirarla a sorte. Ricordando però che è prima di tutto patrimonio comune, più di quanto si possa ritenere della Sacra Sindone!
Queste parole in libertà, proprio nella consapevolezza di dover fare un lungo cammino cercando di intendersi e mettersi d’accordo strada facendo, giorno per giorno!
 
Alberto B.Simoni
Pistoia, 7 febbraio 2010

Articolo tratto da:

FORUM (187 del 8 febbraio 2010) Koinonia

http://www.koinonia-online.it

Convento S.Domenico - Piazza S.Domenico, 1 - Pistoia - Tel. 0573/22046



Martedě 09 Febbraio,2010 Ore: 15:36
 
 
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