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E-E/O-O

di Aldo Antonelli

E' da un paio di settimane che mi porto dentro, muginando e rimuginando, quella che non so dire se debba essere una legge dell'inclusione (e-e) o quella  ferrea ed esigente dell'esclusione (o-o; aut aut)! Il problema mi si pone perché mi rendo conto che noi, figli del Dio della Comunione e della Convivialità, dovremmo esser capaci di saper coniugare anche gli impossibili, saper far convivere in noi ciò che normalmente altri non riescono a tenere insieme. E tuttavia  avverto che spesso, in questo progetto di coabitazione, si infiltra, subdola e venefica, quell'ipocrisia che trasforma le "convivenze impissibili" in minestroni tossici. Cosicché noi, da testimoni di inedite alleanze cui la storia e la fede per vie diverse ci spingono, ci degradiamo a volgari menestrelli di opportunismi che non ci fanno onore. L'occasione mi viene data dai vangeli che abbiamo letto nelle ultime due domeniche, a proposito del rapporto con le ricchezza (domenica 11) e con il potere (domenica 18). Nelle due narrazioni è più che evidente l'appello alla vigilanza e il ricorso alla necessità della scelta e della alternativa: "Guai....", "Quanto è difficile...", "Tra voi non sia così..."!
E noi, invece, a continuare ad applicare ipocritamente, la logica dell' "e-e" anche a quelle realtà che richiedono l'impero dell' "o-o"!
Insomma, come cristiani e come chiesa, abbiamo smesso di coniugare gli impossibili (morte e vita, peccato e grazia, smarrimento e speranza, dolore e gioia, lotta e amore) ed abbiamo allegramente messo in atto la pratica della congiunzione là dove era d'obbligo l'esclusione (povertà o ricchezza, servizio o potere, sì o no, sorriso o inganno). Abbiamo tolto le congiunzioni là dove era necessario che stessero e le abbiamo poste là dove non andavano poste!
Non solo. Addirittura abbiamo operato trasferimenti abusivi tra realtà autoescludentisi al punto di rendere sinonimi gli opposti: la ricchezza diventa supporto alla povertà e, udite udite, il potere che diventa servizio. L'immagine di questo stravolgimento dei termini e delle realtà che sottendono, una specie di ossimorizzazione del dato, mi viene dalla figura del Papa. Servito in tutto, accudito perfino in cose in cui anche i bambini si sentono orgogliodi di autogestirsi, riverito da chicchessia, viene chiamato il "servus servorum Dei"! Per non parlare di questi cardinali e monsignori, abbigliati come se si fosse in un eterno carnevale, che fanno la spola tra benedizioni ed inaugurazioni, conferenze di alto grido e mostre da ultimo grido, matrimoni di Big e funerali di Stato....
Siamo in piena debacle. Corre urgente il dovere di riscoprire l'ardire del "non licet", nei nostri comportamenti e nelle nostre tradizioni, che non sono altro, spesso, che dei tradimenti.
Sul tema del potere e del denaro che del potere è diventato segno primo e strumento assoluto, non sono possibili compromessi: "o si serve l'uno o si serve l'altro" dice il Vangelo. E per noi, in quanto chiesa, non ci sono alternative, per dirla con le parole dell'amico don Paolo Farinella:
«La Chiesa non ha alternative: o è casa della profezia o è la "spelonca di ladri". O è testimone della morte e risurrezione di una Persona viva o è serva con il potere di turno che la compra e la manipola con poca spesa. O è contestazione vivente dello "spirito del mondo" o è lei stessa questo spirito mondano che Gesù condanna come demoniaco».
O-O.
Non ci sono mezze vie di scampo.
Aldo Antonelli


Mercoledì 21 Ottobre,2009 Ore: 17:47
 
 
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