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www.ildialogo.org Conoscenza, Istituzioni e Ordine sociale,di Giuseppe P. Fazio

Rubrica SPUNTI SOCIOLOGICI/7
Conoscenza, Istituzioni e Ordine sociale

di Giuseppe P. Fazio

E’ possibile sostenere che la coscienza ha sempre un carattere intenzionale, questa si dirige verso oggetti, ed è sempre coscienza rispetto a qualcosa. Ora, gli oggetti immersi nel quotidiano, si presentano alla coscienza come appartenenti a diverse sfere di realtà. Tra queste sfere di realtà ve n’è una - come precedentemente accennato - che ha un ruolo dominante: la vita quotidiana, che la coscienza percepisce come una realtà ordinata, preesistente, presente in un qui ed ora intersoggettivo ed auto-evidente. Le altre sfere di realtà, al contrario, sono circoscritte, inserite nella realtà della vita quotidiana, vissute inevitabilmente come meno familiari. L’entrata in questi mondi - come quello del sogno o del pensiero astratto - è vissuta come una sorta di escursione degli individui oltre la realtà quotidiana, la quale è da intendersi come intersoggettiva e fondata soprattutto su interazioni faccia a faccia[1]. A tal proposito possiamo dire che gli incontri diretti sono guidati da schemi di tipizzazione ragion per cui, io incontro l’altro in primo luogo come persona appartenente ad una categoria umana, comportandomi quindi, di conseguenza. Ancora, bisogna ricordare che la realtà quotidiana è fatta di oggettivazioni del reale, tra le quali una importanza cruciale va riconosciuta alle significazioni, o più comunemente, ai sistemi di segni[2]. Questi sistemi, si differenziano soprattutto in base al grado di distacco possibile dalla situazione dell’incontro diretto.

E’ il linguaggio il più importante sistema di segni, nasce dalla vita quotidiana e si riferisce soprattutto alla realtà stessa del mondo dei significati simbolici esperiti quotidianamente, ma ha anche la capacità di trascendere l’hic et nunc e di rendere presenti realtà lontane o inesistenti. Esso opera dunque come collegamento tra sfere di realtà differenti. Il linguaggio, inoltre, può anche elaborare sistemi di rappresentazioni simboliche che non hanno diretta rilevanza rispetto alla realtà della vita quotidiana: ciò avviene con la scienza, la religione, la filosofia, l’arte, etc..

La conoscenza della vita quotidiana, quindi, è intimamente legata agli oggetti, cui si attribuisce una relativa importanza, ha dei confini ben precisi, oltre i quali v’è una zona che potremmo definire oscura, è socialmente distribuita e comporta dei sistemi di competenza alquanto complessi. L’uomo, che è biologicamente aperto al mondo, sa rispondere con grande plasticità alle situazioni ambientali; tale apertura individuale, come possibilità di condividere ed assimilare conoscenza, è trasformata in chiusura al mondo dall’ordine sociale, che organizza e stabilizza l’esperienza: le istituzioni, che nascono dalle consuetudini, cristallizzano le azioni umane nel momento stesso in cui i gruppi tipizzano azioni, appunto, consuetudinarie. Perché si possa parlare di istituzione vi è necessità che queste tipizzazioni abbiano uno sviluppo storico e che forniscano dei modelli di comportamento, fungendo da agenti di controllo sulle condotte individuali. L’istituzionalizzazione è dunque incipiente in ogni durevole rapporto sociale. Una volta creato, un mondo istituzionale, si presenta al singolo come realtà oggettiva del mondo. Tuttavia, il mondo istituzionale, oggettivato, non è mai indipendente dall’azione umana che lo ha prodotto, per cui, il mondo istituzionale e l’uomo, come il prodotto ed il produttore, interagiscono dialetticamente. Se è possibile quindi sostenere che la società è un prodotto umano, l’uomo non può altro che essere un prodotto di derivazione sociale. Ora, le istituzioni tendono sicuramente all’integrazione, ma questa non è un imperativo funzionale, bensì una derivazione: gli individui tendono ad integrare le differenti azioni istituzionalizzate in un universo significativo, attraverso la riflessione. Naturalmente, c’è una specifica conoscenza che definisce la condotta istituzionale, che controlla i comportamenti e stigmatizza ogni deviazione dall’ordine costituito come malattia, depravazione, ignoranza, follia, etc..

Dunque, le esperienze trattenute dalla coscienza si sedimentano nella memoria, soprattutto attraverso la mediazione - come prima accennato - del linguaggio ed i significati istituzionali tendono ad esemplificarsi nel processo di trasmissione culturale grazie al quale la società produce e riproduce se stessa. Ad esempio, per animare la conoscenza della tradizione, si può ricorrere ad azioni simboliche - una prova sono i rituali religiosi - che assolvono appunto alla funzione riproduttiva nella società[3].

Il compimento di azioni tipizzate è operato da un Io sociale che è possibile definire ruolo. Ogni ruolo rappresenta l’ordine istituzionale, con il quale l’istituzione viene incorporata nell’esperienza individuale, questi porta l’individuo ad acquisire un’area specifica di conoscenza socialmente oggettivata, e ciò implica una distribuzione sociale del conoscere come risultante dei processi prima considerati. L’ampiezza del settore di attività-istituzioni è proporzionale alla complessità della società ed alla divisione del lavoro[4]. In una società semplice, tutte le azioni sociali sono istituzionalizzate, la vita sociale comporta la partecipazione continua ad una liturgia sociale altamente formalizzata. A questo punto, la segmentazione dell’ordine istituzionale fa sorgere il problema di una integrazione delle differenti realtà istituzionali attraverso la creazione di significati integrativi, con metodi che possono variare storicamente. È probabile inoltre che si creino sub-universi di significato, segregati e sorretti da una collettività ristretta. Le conoscenze di questi sub-universi, ad ogni modo, hanno la possibilità di influire sulle collettività stesse che le hanno prodotte.

L’ordine istituzionale, creato dall’uomo, viene vissuto quindi o come un fatto naturale o come prodotto da forze soprannaturali. In ogni caso, l’ordine nella società è mantenuto da apparati di conoscenza che si concretizzano, oggettivandosi, in strutture specifiche, funzionali al mantenimento dell’ordine stesso[5].

 


[1] In questo tipo di interazione, l’altro si presenta come più reale del soggetto con il quale l’Io si relaziona. L’altro è immediatamente presente, mentre l’incontro con se stesso richiede riflessione.
[2]P. L. Berger, T. Luckmann, La realtà come costruzione sociale, Bologna, Il Mulino, 1969.
[3] Per eventuali approfondimenti si rimanda a É. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa, Milano, Edizioni di Comunità, 1982.
[4]É. Durkheim, La divisione del lavoro sociale, Milano, Edizioni di Comunità, 1999.
[5] Il discorso verrà maggiormente sviluppato ed organizzato in forma coerente nelle pagine successive di questo lavoro.


29 aprile 2008
 
 
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O Ruofolo - Periodico della Comunita' di fede di Sant'Angelo a Scala (Av)

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