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www.ildialogo.org Sulla sociologia della conoscenza: le origini,di Giuseppe P. Fazio

Rubrica SPUNTI SOCIOLOGICI/2
Sulla sociologia della conoscenza: le origini

di Giuseppe P. Fazio

L’ultimo scorcio di tempo ha visto crescere l’interesse per la Sociologia della Conoscenza - Wissenssoziologie - che in modo sempre maggiore si è distaccata, prendendo la forma di una disciplina autonoma, dall’indagine sociologica generale. L’analisi della conoscenza e più in particolare il termine stesso conoscenza deve essere considerato in un’accezione molto ampia dove l’inclusione di una grande varietà di prodotti culturali è da considerarsi la norma. In ogni caso, qualunque sia il concetto di conoscenza a cui si fa riferimento, e prendendo in considerazione le parole di Merton, l’orientamento disciplinare resta essenzialmente il medesimo: l’analisi dei rapporti esistenti fra la conoscenza e i vari fattori esistenziali della società e della cultura. Nell’analisi cercheremo quindi di dar forma ad un quadro d’insieme della disciplina, soffermandoci in modo particolare sui vari settori d’interesse ed analizzando a grandi linee il pensiero dei molti che si sono occupati del fenomeno in quanto tale.

Le origini della disciplina sono da ricercarsi nel momento storico-sociale in cui questa si sviluppò maggiormente - specialmente in Germania[1] e in Francia[2] e solo successivamente negli Stati Uniti dove le condizioni sociali erano divenute similari a quelle dei paesi europei. Il grado maggiore di differenziazione, dovuto essenzialmente a conflitti di ordine sociale, aveva dato origine ad una disparità tale per cui, differenze valoriali, culturali e comportamentali si erano acuite in misura da non permettere più una convergenza tra i gruppi all’interno del contesto sociale. In un simile quadro storico-sociale l’interesse, si spostò dal contenuto, all’origine: in pratica, perdeva valore la spiegazione del fatto ed acquistava maggiore forza la necessità di far riferimento all’origine delle differenze nelle sue varie accezioni. Ed è in questo stato di cose che prende forma e si delinea la Sociologia della Conoscenza[3]. Il tutto viene riorganizzato sotto una nuova luce dove l’obbiettivo è ridare valore al reale significato. La Sociologia della Conoscenza sorse, in pratica, quando si ipotizzò che ogni cosa doveva essere messa in relazione con le società storiche di riferimento. Anche le verità rientravano all’interno di questo modello d’analisi poiché anch’esse socialmente spiegabili.

Il pensiero di molti, tra i più importanti scienziati sociali, che si sono occupati del fenomeno della conoscenza nella società e delle varie impostazioni della Sociologia della Conoscenza, si è accomunato essenzialmente sul fatto che il pensiero umano, nei suoi molteplici aspetti, ha una base eminentemente esistenziale. In modo molto semplicistico, è l’esistenza stessa dell’uomo a determinare il suo stesso essere ed è l’essere nella società a dar forma alla coscienza individuale.

Pressoché impossibile, dunque, in questo quadro d’analisi, non far riferimento alle teorie marxiste e soprattutto in riferimento all’idea in base alla quale i rapporti di produzione rappresentano la struttura delle idee: “E il modo di produzione della vita materiale a condizionare, in senso generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza[4]. E’ quindi possibile affermare, partendo da questi presupposti, che la base del pensiero non è da individuare solo e soltanto nella posizione sociale del pensatore ma è da attribuire, più di ogni altra cosa, alla classe in cui questi è inserito. In particolare sono da prendere in considerazione tutte le varie implicazioni ad esso collegate come conflitti, aspirazioni etc..[5]

In accordo con le idee marxiste troviamo il pensiero di Mannheim il quale, nelle sue argomentazioni, si interroga più di ogni altra cosa, data la molteplicità delle appartenenze di gruppo, su quali di queste siano fondanti per fissare gli orientamenti e i modelli di pensiero. Ma contrariamente alla visione marxista, secondo la quale è la posizione di classe ad essere l’unica determinante, questi, avvalora invece l’idea che soltanto nell’esame delle diverse formazioni di gruppo e delle peculiari forme assunte da queste, si possa trovare una base esistenziale corrispondente alle varie prospettive e conoscenze esistenti[6].

In netta opposizione con quanto precedentemente esposto, troviamo Scheler che, in prima analisi, pone una distinzione fra Sociologia Culturale e Sociologia dei Fattori Reali (Realsoziologie). I dati culturali - sostiene Scheler - sono ideali, fanno riferimento alla sfera delle idee e dei valori e sono definiti come mete o intenzioni ideali. I fattori reali, viceversa, sono orientati verso un effettivo mutamento della realtà della natura o della società e sono derivati da una struttura di impulsi. In questo quadro, una totale autonomia, viene attribuita ai fattori reali. Ora, le idee, inizialmente, non si ripercuotono come conseguenze reali sulla società - più pura è un idea, minore è la sua influenza sulla dinamica societaria. Le idee divengono effettive solo se legate a interessi specifici quali impulsi, emozioni e tendenze collettive e se integrate in strutture istituzionali[7]. Soltanto in questo caso esse esercitano una qualche definita influenza sugli assetti societari. La società, in altre parole, determina la presenza (Daisen) ma non la natura (Sosein) delle idee. La Sociologia della Conoscenza è il procedimento con cui si deve studiare la selezione socio-storica dei contenuti ideazionali.

Durkheim assume in questo contesto alcune posizioni le quali si orientano, in alcuni studi condotti con Mauss, verso le forme primitive di classificazione e sull’idea che la genesi delle categorie di pensiero può essere rintracciata nella struttura e nelle relazioni di gruppo le quali, a loro volta, mutano con il mutare delle condizioni sociali. In pratica, le esperienze più significative sono mediate dalle relazioni sociali, che vanno a influenzare, lasciando residui della loro esistenza, il pensiero e la conoscenza[8].

In antitesi con le teorie precedentemente citate, le quali fanno della base esistenziale il presupposto del loro essere, si staglia la concezione idealistica ed emanazionistica di Sorokin, il quale, non fa alcun riferimento alla base esistenziale per far derivare la conoscenza ma spinge, al contrario, verso l’idea di diverse mentalità culturali. Sono essenzialmente tre i tipi di mentalità individuati:

  1. quella ideativa, che concepisce la realtà come essere eterno per cui le sue necessità sono sostanzialmente orientate verso il soddisfacimento dei bisogni spirituali e verso la successiva eliminazione dei bisogni fisici.
  2. quella sensista, la quale limitando la realtà a ciò che può essere esperito attraverso i sensi, si interessa soprattutto dei bisogni fisici, i quali vengono soddisfatti primariamente attraverso la modifica del mondo esterno.
  3. ed infine quella idealistica, tipo intermedio di mentalità, che rappresenta invece l’equilibrio tra le due forme citate in precedenza.

 Da questo tipo di mentalità - o a detta di Sorokin, da queste premesse maggiori di ogni cultura - derivano i sistemi di verità e conoscenza.


[1] Antecedenti intellettuali della disciplina, sono tre filoni del pensiero tedesco del XIX secolo: il marxiano, il nietzschiano e lo storicista. Le idee di Nietzsche sono riprese in maniera poco esplicita dalla Sociologia della Conoscenza ma, in ogni caso, sono fondanti del bagaglio culturale della disciplina. In particolare Nietzsche sviluppo una sua propria concezione della “falsa coscienza” marxiana nelle sue analisi riguardanti l’inganno, l’autoinganno e l’illusione come condizione necessaria alla vita. Lo storicismo diltheyano fu l’immediato predecessore della Sociologia della Conoscenza, qui il tema dominante era il forte senso di relatività su tutti i punti di vista riguardanti gli avvenimenti umani ossia, l’inevitabile storicità del pensiero umano.
[2] La Sociologia della Conoscenza, che nella sua forma embrionale, si è concentrata essenzialmente sul problema dell’obiettività della conoscenza ha trovato in Francia le sua più fervente espressione nell’opera durkheimiana e nei suoi successori. All’inizio, l’indagine, si concentrò, partendo soprattutto da una base etnografica, sull’ampiezza delle variazioni esistenti fra popoli diversi in relazione alle diverse forme di struttura sociale e morale.
[3] L’interpretazione dell’uomo e della cultura trova la sua ragion d’essere nell’esame sistematico degli atteggiamenti spogliati da ogni connotazione di valore apparente.
[4] K. Marx, Per la critica dell’economia politica, Roma, Editori Riuniti, 1957.
[5] L’eredità marxiana si imprimerà fortemente nel carattere della disciplina, non solo per quel che riguarda il suo problema centrale appena esposto ma anche, e principalmente, per concetti quali quello di ideologia e falsa coscienza: la prima intesa come strumento di costrizione della realtà sociale, la seconda come alienazione del pensiero dalla vera condizione sociale dell’individuo.
[6] K. Mannheim, Ideologia e Utopia, Bologna, Il Mulino, 1999.
[7] M. Scheler, La Sociologia del Sapere, cit. in R. K. Merton, Teoria e struttura sociale vol. III, Bologna, Il Mulino, 2000.
[8] É. Durkheim e M. Mauss, De quelques formes primitives de classification, in “L’Année Sociologique”, 1901 - 1902.


01 aprile 2008
 
 
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O Ruofolo - Periodico della Comunita' di fede di Sant'Angelo a Scala (Av)

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