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www.ildialogo.org Padri senza figli e figli senza padri,di Augusta De Piero - Udine

Padri senza figli e figli senza padri

di Augusta De Piero - Udine

Un padre -con figlio piccolo- non può essere cacciato perché irregolare, così afferma la Corte di Cassazione con sentenza n. 823 del 19 gennaio 2010.

Prima di riportare il testo della relativa notizia come data dall'Ansa (20 gennaio), e la sentenza che ne è all'origine, provo a schematizzare una situazione possibile che favorirebbe il ripetersi di analogo avvenimento, con conseguente -inutile ed evitabile- impegno del tempo di vari livelli del sistema giudiziario già intasato.

Un padre privo di permesso di soggiorno (perché entrato in Italia irregolarmente, o perché ha perso il lavoro) si rivolge all'ufficio anagrafe del comune in cui vive per registrare la nascita del figlio e vedersene (se non è sposato) riconosciuta la paternità.

La lettera g del comma 22 dell'art. 1 della legge n. 94/2009 (il cd. pacchetto sicurezza) gli impone di presentare il permesso di soggiorno che non ha, la circolare n. 19 del 7 agosto 2009, emanata dal Dipartimento per gli Affari interni e Territoriali del Ministero dell'Interno, dice il contrario della legge ma a questo punto è necessario fare i conti con la ragionevole paura dell'immigrato che, scoprendosi, segnerebbe le condizioni per la propria cacciata.

Vanno segnalate anche l'indifferenza e la sciatteria di molti sindaci che non hanno voluto creare un sistema di sicurezza a garanzia dei diritti del minore e a tutela della paternità e maternità. A ciò si aggiunga l'irrefrenabile vocazione al Ku Klux Klan di altri (famosi il bianco Natale di Coccaglio e l'invito alla delazione rivolto ai cittadini di San Martino dall'Argine dal sindaco di quel comune del mantovano),

Così in Italia ci sono bambini che rischiano di diventare fantasmi perché i genitori sono impossibilitati di fatto a registrarne la nascita..

Dovrà intervenire - a garanzia del padre che tale vuol essere- caso per caso la Cassazione, confortando chi si espone per assicurare al proprio figlio i diritti negati agli apolidi?

E chi ne stimolerà l'intervento?

Augusta De Piero  -  Udine

 

fonte: http://www.ansa.it/

 

ansa - ROMA - La Cassazione dice 'no' ai giudici che negano agli immigrati irregolari presenti in Italia, genitori di figli minori, l'autorizzazione a prolungare la loro permanenza nel nostro paese per stare a fianco ai bambini.

In particolare la Suprema Corte ha accolto il ricorso di un immigrato irregolare africano, padre di due bambini, al quale la Procura del tribunale per i minorenni di Milano aveva revocato l'autorizzazione temporanea a prolungare di due anni la sua permanenza in Italia per restare stare accanto ai figli. Per la Cassazione non c'é dubbio che "per un minore, specie se in tenerissima età, subire l'allontanamento di un genitore, con conseguente impossibilità di avere rapporti con lui e di poterlo anche soltanto vedere, costituisca un sicuro danno che può porre in serio pericolo uno sviluppo psicofisico armonico e compiuto".

La Cassazione sottolinea inoltre che concedendo agli immigrati irregolari, genitori di minori, una simile autorizzazione, non si corre il rischio che ''l'interesse del minore, alla crescita armonica, venga strumentalizzato al solo fine di legittimare la presenza di soggetti privi dei requisiti dovuti per la permanenza in Italia''. In proposito - con la sentenza 823 della Prima Sezione Civile - la Cassazione rileva che l'articolo 31 del testo unico sull'immigrazione ''riconosce allo straniero adulto la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno, necessariamente temporaneo o non convertibile in permesso per motivi di lavoro''.

Cosi' i supremi giudici hanno accolto il ricorso di Chaouch N. autorizzandolo ''a permanere in Italia per due anni per assistere i figli minori'' come aveva gia' stabilito in primo grado il Tribunale dei minorenni di Milano. A supporto della sua decisione la Cassazione ricorda che la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, approvata a Nizza il 7 dicembre del 2000, tutela, tra l'altro, la vita familiare e in particolare il rapporto genitori-figli.

Infine i magistrati di legittimità rilevano che i permessi di permanenza temporanea hanno l'obiettivo di assicurare ''una incisiva protezione del diritto del minore alla famiglia e a mantenere rapporti continuativi con entrambi i genitori''. Nella sentenza non e' specificato se il genitore in questione fosse presente irregolarmente in Italia fin dal momento del suo ingresso nel nostro paese o se avesse un permesso di soggiorno scaduto. Non e' inoltre specificato se i suoi figli avessero anche una madre in grado di occuparsi di loro, elemento peraltro ininfluente dal momento che la Cassazione afferma il diritto dei minori ad avere rapporti stabili con entrambe le figure genitoriali.

 

fonte:

Cass. civ., Sez. I,  Ordinanza 19 Gennaio 2010,  n. 823

Cass. civ., Sez. I, Ord. 19 gennaio 2010, n. 823

 

Ritenuto in fatto e in diritto

La relazione depositata ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. dal consigliere relatore è del seguente tenore: «C. N. chiede, per tre motivi, la cassazione del decreto reso pubblico il 29 maggio 2008, con cui la Corte d'appello di Milano, in accoglimento del reclamo proposto dal Procuratore della Repubblica presso il locale Tribunale per i minorenni, ha revocato il decreto 18 febbraio 2008 con il quale detto giudice lo aveva autorizzato a prolungare la sua permanenza in Italia ex art. 31 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, essendo padre di due minori.

Non vi è difesa dell'intimato ufficio.

Osserva

Il primo motivo non è una censura, ma una premessa di rito: l'ammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost.

Il secondo e il terzo motivo propongono la stessa questione, traguardata sotto il profilo ora della violazione di legge (art. 31 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286), ora del vizio di motivazione. Ad avviso della difesa del ricorrente, la interpretazione "restrittiva" data dalla Corte di merito alla norma rubricata è errata non facendo questa "alcun riferimento né all'emergenza, né all'eccezionalità, bensì unicamente alla necessità di valutare la sussistenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano"; inoltre, la disposizione in parola mirerebbe ad assicurare l'unità familiare e la tutela dei minori.

Il ricorso appare manifestamente infondato.

La interpretazione data Corte milanese all'art. 31 d.lgs. n. 286/2001 in realtà si riconduce a una giurisprudenza ormai quasi decennale di questa Corte di legittimità (si vedano, tra le tante, Cass. nn. 10135/2007, 747/2007, 396/2006, 4301/2004, 17194/2003, 8033/2003, 3991/2002, 9088/2002, 11624/2001, 9327/2000), relativamente alla quale nessun argomento decisivo in senso contrario è ricavabile dall'obiter contenuto in Cass. sez. un. n. 22216/2006, non investite specificamente della problematica in discorso, né dalle argomentazioni contenute nel ricorso, che tutte trovano risposta nelle motivazioni delle sentenze parenteticamente citate.

Sussistono i presupposti, ove si condividano i superiori rilievi, per trattare il ricorso con il rito semplificato».

2. - Il Collegio reputa di non poter condividere le conclusioni contenute nella relazione apparendo il ricorso - alla luce del mutato quadro giurisprudenziale - manifestamente fondato.

Infatti, con la sentenza resa su ricorso n. 25557/08 in data 26.6.2009 (quindi successivamente al deposito della relazione) la Prima Sezione di questa Corte, anche alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Nizza, 7 dicembre 2000), e dei diritti fondamentali in essa tutelati, - come quelli che coinvolgono direttamente o indirettamente la vita familiare (e in particolare il rapporto genitori-figli), la protezione e il rispetto della dignità umana (art. 6), il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare (art. 7); i diritti dei minori alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere; i loro diritti ad intrattenere regolarmente relazioni e contatti diretti con i genitori, salvo che ciò appaia contrario al loro interesse (art. 24) - nonché di quelli di cui all'art. 1 l. n. 184 del 1983 (che enuncia il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia) e all'art. 155 c.c., (per cui il minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, nonché di ricevere cura, educazione ed istruzione da entrambi) - ha escluso la correttezza delle conclusioni del giudice del merito secondo cui «la regolare permanenza in Italia del minore è garantita dalla presenza del padre, autorizzato ex art. 31 Dlgs. 286/98, non sussistendo invece quelle condizioni di carattere eccezionale, strettamente collegate con la salute del minore, tali da giustificare la permanenza della madre nel territorio italiano».

L'interpretazione della Corte territoriale è stata ritenuta non condivisibile, tanto riguardo alla lettera che alla ratio della disposizione in esame che «non tratta di situazioni eccezionali o eccezionalissime, necessariamente collegate alla salute del minore (malattie, disabilità, ecc.), ma più semplicemente di gravi motivi, connessi con lo sviluppo psicofisico (che per il minore è evidentemente un dato puramente fisiologico), che vanno valutati, tenendo conto delle condizioni di salute (anche in tal caso non viene necessariamente in considerazione una dimensione di eccezionalità) e - profilo particolarmente significativo - dell'età del minore».

La ratio della previsione, eccezionale perché costituisce deroga alle altre disposizioni del Dlgs. 286/98 sulla presenza dello straniero sul territorio nazionale, va individuata in una incisiva protezione del diritto del minore alla famiglia e a mantenere rapporti continuativi con entrambi i genitori.

Va per di più considerato che la norma in esame individua due differenti ipotesi, l'autorizzazione all'ingresso in Italia del genitore che si trova all'estero, ovvero alla permanenza del genitore che già si trova in Italia, da cui potrebbero derivare, una diversa valutazione dei gravi motivi (così Cass. sez. un. n. 22216 del 2006, la quale aggiunge che la presenza di gravi motivi dovrebbe essere puntualmente dedotta e accertata, solo in caso di autorizzazione all'ingresso del familiare; ciò non potrebbe valere sempre e comunque, quando venga, come nella specie, richiesta l'autorizzazione alla permanenza in Italia del genitore, già presente, che altrimenti dovrebbe immediatamente allontanarsi: i gravi motivi potrebbero essere attuali, ma pure dedotti quale possibile (o magari probabile) conseguenza dell'improvviso allontanamento del genitore).

Invero, non può ragionevolmente dubitarsi che, per un minore, specie se in tenerissima età, subire l'allontanamento di un genitore, con conseguente impossibilità di avere rapporti con lui e di poterlo anche soltanto vedere, costituisca un sicuro danno che può porre in serio pericolo uno sviluppo psicofisico, armonico e compiuto. Né si può ritenere che l'interesse del minore venga strumentalizzato al solo fine di legittimare la presenza di soggetti privi dei requisiti dovuti per la permanenza in Italia. Com'è noto, l'art. 31, più volte ricordato, riconosce allo straniero adulto la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno, necessariamente temporaneo o non convertibile in permesso per motivi di lavoro.

Va dunque accolto il ricorso e cassato il provvedimento impugnato.

Può questa Corte decidere nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, e accogliere il ricorso di C. N., con autorizzazione ad essa a permanere in Italia per due anni (come già aveva statuito il primo giudice) per assistere i figli minori.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa il provvedimento impugnato; e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso di C. N.



Luned́ 25 Gennaio,2010 Ore: 15:11
 
 
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