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www.ildialogo.org «White Christams» è una trovata razzista, vergognosa e incivile. Maroni intervenga subito.,di Khalid Chaouki

Giovani Democratici
«White Christams» è una trovata razzista, vergognosa e incivile. Maroni intervenga subito.

di Khalid Chaouki

“L’ennesima trovata leghista di stampo chiaramente razzista quale il famigerato “White Christmas” nel Comune bresciano di Coccaglio è un pericoloso esempio di caccia all’immigrato e che rievoca ahimè nelle modalità della ricerca casa per casa dei cosiddetti irregolari pratiche che pensavamo fossero già archiviate nella storia europea e americana”. Con queste parole, Khalid Chaouki, responsabile nazionale immigrazione e seconde generazioni dei Giovani Democratici definisce senza mezzi termini la cosiddetta campagna “White Christmas” nel comune di Coccaglio.
“Ci stiamo già mobilitando, insieme ai Giovani democratici bresciani, che sono  da tempo impegnati in iniziative positive di integrazione in collaborazione con una vasta rete di associazioni di immigrati,  per rispondere in tempi brevi concretamente a quello che sta avvenendo a Coccaglio insieme a tutti i cittadini, immigrati inclusi” dichiara Caterina Santachiara, responsabile diritti civili a livello lombardo dei Giovani Democratici. “Non bisogna dimenticare –continua Santachiara- che a causa della crisi economica attuale, moltissimi lavoratori immigrati sono attualmente disoccupati e rischiano di entrare in clandestinità a causa di una legge ingiusta che non riconosce loro la possibilità di mantenere il permesso di soggiorno per un periodo oltre i sei mesi. Questi lavoratori semmai andrebbero aiutati e non trattati alla stregua di pericolosi criminali” conclude Santachiara.
“Come Giovani Democratici non staremo zitti di fronte a questa campagna vergognosa e incivile e invitiamo in primis il ministro dell’Interno Roberto Maroni a fermare d’urgenza l’iniziativa leghista -continua Chaouki-, che oltretutto strumentalizza platealmente una festività cristiana sinonimo semmai di pace e accoglienza”.
Per info:
Khalid Chaouki (Resp. immigrazione e seconde generazioni GD)

 

 

 

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Venerdì 20 Novembre,2009 Ore: 14:32
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Augusta De Piero Udine 20/11/2009 16.51
Titolo:Guerra ai neonati
Il testo che allego è stato pubblicato da Il dialogo in due distinte 'puntate'. Ve lo ripropongo come l'ho pubblicato nel mio sito www.diariealtro.altervista.org
La mia vita è abbastanza lunga per avermi consentito di vedere molte brutte cose: la guerra ai neonati è la peggiore.
A Udine, dove vivo, non sono riuscita a sollevare l'interesse operativo di nessuno (nemmeno degli amanti della piazza!).
Ora conto su di voi e sono a vostra disposizione per comunicarvi informazioni che io abbia e vi siano utili.
Vi ringrazio per esservi occupati della vergognosa vicenda di Coccaglio-
augusta - augdep@alice.it tel 0432204274

Tratto da Notam 338
Lettera agli Amici del Gruppo del Gallo di Milano
Corrispondenza:info@notam.it - web: www.ildialogo.org/notam
Giorgio Chiaffarino - Via Alciati, 11 - 20146 Milano Ugo Basso – Via Muratori, 30 – 20135 Milano

I SANS PAPIER D’ITALIA E I COROLLARI DELLA SICUREZZA

Devo l’input per queste note a Augusta De Piero, incontrata, forse non per caso, in un recente viaggio in Egitto, alla conversazione in aereo nel volo di ritorno. La ringrazio, dunque, per la sua appassionata informazione e per tutta la documentazione che mi ha fornito e di cui si trovano qui ampie tracce, soprattutto per quanto riguarda la questione dei neonati figli di immigrati senza permesso di soggiorno. Chi volesse conoscere lei insieme al suo impegno civile può trovarla al sito: www.diariealtro.altervista.org

Vivere gomito a gomito con gli altri non è sempre agevole e anche con i vicini nostrani non è sempre possibile evitare beghe e ripicche di eterogenea rilevanza, figuriamoci poi se il coinquilino viene da lontano con usi odori e pelle esoticamente insoliti.
Così oggettive difficoltà, regole nebulose per gli stessi autoctoni già poco inclini alla legalità per antico retaggio, nonché flussi oscillanti tra necessità e respingimento hanno alzato barriere di diffidenza, trasformata da un’abile orchestrazione politica in paura. In questo terreno germoglia e ramifica il cosiddetto Pacchetto sicurezza, codificato in legge dello Stato come Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (L 94 del 15/7/09), un testo che introduce significative novità in materia di migrazione clandestina, criminalità diffusa e organizzata, sicurezza stradale e decoro urbano, ronde comprese. Contenuti a parte, chi volesse darsi alla consultazione, per civile impegno conoscitivo, si troverebbe però davanti a un insieme di correzioni ad altre norme da collazionare e variare tanto da rendere ardue lettura e comprensione, in barba a ogni ventilata semplificazione legislativa, per la quale esiste addirittura un ministero.
Ma, si sa, nell’incalzare degli eventi, gli Italiani sono ormai in grado di ingoiare senza pudore e senza indignazione il peggio per la degradata e lacera solidarietà socialnazionale! Soltanto per l’impegno civile di medici e operatori sanitari operanti sul campo è stato possibile mantenere l’obbligatorietà del segreto sanitario per i migranti che si rivolgono alle strutture pubbliche e conservare l’accesso a servizi sanitari essenziali, come la tutela della maternità o le vaccinazioni... Fra l’altro, anche solo per egoistica lungimiranza, si può capire che un malato senza cure non giova a nessuno. Microbi e batteri non fanno discriminazioni e lo star bene personale dipende anche dallo star bene degli altri, extra compresi, piaccia o non piaccia.
Collettivamente metabolizzato, dunque, il reato di immigrazione clandestina e digerite, nei TG all’ora dei pasti, le immagini filtrate dei respingimenti, si delineano, però, alcuni effetti collaterali come la questione di colf e badanti, subito sanata da un sollecito articolo bis dedicato alla Dichiarazione di attività di assistenza e di sostegno alle famiglie. «Una formula -come dice Il Sole 24ore- per indicare il varo di una sanatoria per quei cittadini, soprattutto extra Ue, che prestano la loro attività in famiglia e che, con l\\\'entrata in vigore della legge sulla sicurezza, si troverebbero in gravi difficoltà. E con loro le tante famiglie nelle quali prestano l\\\'attività di assistenza a familiari o di lavoro domestico». Ovviamente famiglie di elettori che, eventualmente, chissà, potrebbero diversamente orientarsi. E si tenga conto, a margine, che il fenomeno badanti, è frutto quasi esclusivo del faidate italico, per vacanza di adeguate formule di assistenza strutturale per anziani e disabili.
Tra le pieghe del discorso, c’è poi un altro corollario: la questione dei neonati figli di immigrati senza permesso di soggiorno. Una voce senza peso elettorale e perciò questa volta accantonabile senza troppi riguardi. Infatti, gli unici a alzare la voce per loro potrebbero essere i genitori, quelli in flagranza di reato per immigrazione illegale e, quindi, privi del diritto di invocare giustizia per i propri figli.
E qui occorre addentrarsi nella questione.
Prima dell’entrata in vigore della legge 94, per gli atti di stato civile -cioè per sposarsi registrare una nascita o presentare una dichiarazione di morte- non occorreva aggiungere ai documenti il permesso di soggiorno, dopo, invece, tale documento diventa necessario (vedi art.1, comma 22, lettera g). Quindi, in maniera linguisticamente un po’ tortuosa, gli atti di stato civile sarebbero spariti dall’elenco di quelli per cui era consentito di non presentare il permesso di soggiorno. Così, se i genitori non possono esibire il permesso di soggiorno per la registrazione anagrafica del neonato, questa non può avvenire e il minore resta formalmente inesistente, privo di identità, senza genitori dichiarati; viene a trovarsi in stato di abbandono, diventando adottabile, se non vendibile, privo di qualsiasi diritto, comprese le cure essenziali e l’istruzione obbligatoria. Il che sarebbe sfacciatamente contrario alle norme internazionali e alla Costituzione italiana, ancora vigente nonostante le vigorose recenti spallate.
Comunque, per ragioni che non contemplano, of course, la mobilitazione nazionale né di popolo né di opposizione, qualcuno, nella pur minimizzante maggioranza, deve aver notato l’enormità della cosa, tanto da intervenire, nella canicola agostana, con una circolare di precisazione, la n. 19 del Ministero dell’interno: «Per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita - dello stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell\\\'interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto».
Sembrerebbe, a questo punto, che il cittadino straniero possa registrare, senza permesso di soggiorno e senza complicazioni, la nascita del figlio e il suo rapporto genitoriale. In seguito potrà richiedere in comune un estratto di nascita, dimostrare il suo rapporto di filiazione, ottenere documenti per lasciare l’Italia con il figlio e via dicendo nel rispetto della legalità.
Eppure i rischi sono dietro l’angolo, perché a un qualunque e zelante ufficiale di stato civile potrebbe girare la voglia di richiedere il permesso di soggiorno a un incerto straniero non consapevole o senza prontezza di risposta che si troverebbe, in tal modo, con un figlio registrato, ma con una denuncia di irregolarità completa di nome e cognome. Infatti, chiunque e per qualunque motivo mostra il proprio stato di clandestino dichiara ipso facto un reato per il quale la legge ora vigente impone l’obbligo della denuncia, determinando una correità per chi lo omette. Va ricordato che il rischio non sussiste nel caso in cui la dichiarazione di nascita sia fatta in ospedale, perché, come già evidenziato, per tutto il personale operante presso una struttura sanitaria continua a valere il divieto di denuncia. Ma che succede se la madre non è in grado di riconoscere il bimbo partorito? Quali diritti può accampare il padre? In ogni caso, potrebbe succedere -e succede- che, nel dubbio sul permesso di soggiorno sì o no, il sans papier d’Italia decida di non registrare il proprio nato, per non essere denunciato e, di conseguenza, espulso, ma facendo del figlio, come si è detto sopra, un apolide senza diritti. E occorre ancora aggiungere che un clandestino non è tale solo per essere entrato nel territorio nazionale in violazione a norme precise, ma tale può essere diventato per la perdita del posto di lavoro, per non essergli stato assicurato il diritto a presentare istanza di rifugio politico o altro motivo non dipendente dalla sua volontà.
E non è finita qui in quanto, dal punto di vista giuridico, una circolare è inferiore a una legge. I contorni delle tutele si profilano labili e i margini di incertezza possono rendere cavillose e disomogenee interpretazioni e applicazioni tanto da arrivare a dover richiedere per favore quello che dovrebbe essere garantito come diritto. Quando poi i figli extra rientrano nell’età scolastica, il citato art.1, comma 22, lettera g della legge sicurezza ha qualcosa in serbo anche per loro, ma di questo si parlerà nella prossima puntata. Enrica Brunetti

Continua tratto da Notam 339 - seconda parte

Si scriveva nella prima parte (Notam 338) di come la legge 94/09, Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, abbia determinato nei confronti dei cittadini stranieri senza permesso di soggiorno una serie di effetti collaterali che vanno, fra l’altro, a colpire i loro figli, non per diretta chiamata in causa, ma per una sorta di arcaico ripristino di ricaduta delle colpe dei padri. Infatti, si è detto della possibilità di espulsione per un sans papier che vada all’anagrafe per registrare la nascita di un figlio quando non sia informato del non obbligo di presentare il permesso di soggiorno in tale circostanza; del rischio di fare del piccolo un apolide senza diritti, nel caso prevalesse la paura di accostare l’ufficio pubblico. Ma andiamo avanti.
Quando poi i figli extra rientrano nell’età scolastica, il citato art. 1, comma 22, lettera g della legge sicurezza ha qualcosa in serbo anche per loro: l’inesistenza dell’obbligo di mostrare il permesso di soggiorno vale solo per le prestazioni scolastiche obbligatorie (la cosiddetta scuola dell’obbligo) e non per garantire, una volta eventualmente ottenuta l’iscrizione (l’obbligo scolastico è di 10 anni, legge 296/2006), la possibilità di concludere il percorso di studi nelle scuole di ogni ordine e grado, al compimento del diciottesimo anno di età. Per intenderci, l’esame di maturità non rientra nella definizione di scuola dell’obbligo e neppure il diploma professionale; mentre il ragazzo che compie 18 anni non è più un minore, non è più sottratto all’obbligo di presentare il permesso di soggiorno e si trasforma in clandestino, fuorilegge da espellere. E la scuola per l’infanzia, non obbligatoria, potrebbe rientrare nell’obbligo di esibizione del permesso di soggiorno? E quali possibilità di accoglienza negli asili nido, già insufficienti e di arduo accesso per i nostrani? Se il tutto così fosse, si potrebbe leggervi una perfida vendetta nei confronti dei figli di cittadini irregolari.
Ma forse si tratta di letture troppo restrittive, peraltro insite in aspettative diffuse e spregevoli. L’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, con uno studio specifico (I minori stranieri extracomunitari e il diritto all’istruzione dopo l’entrata in vigore della legge 94/2009, www.asgi.it), tende, invece, a superare queste trappole cavillose attraverso una lettura globale della normativa ancora esistente post legem, come la legge delega 53/2003 (quella della riforma Moratti della scuola) e i successivi passi applicativi. Così facendo, si può argomentare in tutt’altro modo e arrivare addirittura a conclusioni opposte, di tutela piuttosto che di esclusione, ma siamo al duello giuridico dai contendenti incerti. Gli interessati sono l’anello debole della storia e quindi chi, nella quotidianità di una remota scuola, raccoglierà mai il guanto di sfida? Si potrà contare su dirigenti e operatori della scuola usualmente ammollati nel pantano delle ristrettezze normative e finanziarie? Di sicuro ci sarà chi provvederà a intorbidare le acque o ad accendere polemica nei casi di scantonamento dalle attese più ignobili.
Comunque, rifacendosi come l’ASGI alle norme sopravvissute, si può sostenere che l’esenzione dall’obbligo di esibizione del permesso di soggiorno vale dall’inizio al completamento dell’intero percorso scolastico/formativo, compreso il 18esimo anno di età, e comunque fino al conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale. Questo perché in quella legge 53 si viene a ridefinire l’intero sistema educativo di istruzione e formazione, si uniscono concettualmente obbligo scolastico e obbligo formativo, mentre si precisa la sua articolazione a partire dalla scuola dell’infanzia (non obbligatoria, ma in continuità educativa con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola primaria) arrivando al sistema dei licei nonché dell’istruzione e della formazione professionale.
L’obbligo di istruzione del 2006, sopra ricordato, sarebbe decennale, tuttavia nella legge 53, del 2003 ma non finora soppressa, si parla di diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni; cosa coerentemente sostenuta nelle disposizioni emanate successivamente da quel Ministero dell’Istruzione a cui non è ben chiaro se applicare l’aggettivo di Pubblica. In questa prospettiva la soglia dei 16 anni, andrebbe interpretata come età legale di accesso al lavoro e non come termine ultimo del diritto all’istruzione obbligatoria. Tale diritto potrebbe, invece, protrarsi oltre i 18 anni di età, qualora fosse necessario per completare il percorso scolastico e formativo e conseguire il titolo di studio: non ha senso perdere un diritto prima di aver raggiunto la meta!
E l’ASGI si spinge anche più in là, affermando che ai ragazzi stranieri che accedono al sistema scolastico si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica. Ne consegue che, oltre alle istituzioni scolastiche, anche gli Enti Locali sono tenuti ad erogare ai minori stranieri tutte le prestazioni relative al diritto allo studio previste per gli italiani (come i servizi educativi complementari, di sostegno o linguistici, refezione scolastica, trasporti…) e che non potranno pretendere l’esibizione del titolo di soggiorno non solo dai minori stranieri ma neppure dai genitori perché se così fosse si aggirerebbe la tutela prevista dal legislatore, anche dalla legge 94 (quella della sicurezza in questione), di garantire l’effettività dell’istruzione a tutti.
In sostanza, però, si torna al campo di battaglia dell’interpretazione e alle infinite questioni che non invitano certo alla frequenza scolastica. Eppure non dovrebbe essere difficile da capire che, se la presenza di giovani stranieri in aula rappresenta un indubbio problema, è altrettanto vero che giovani stranieri formati nelle scuole italiane saranno più facilmente inseriti nel sistema paese con vantaggio di tutti.
Per concludere, mi chiedo: se l’opposizione non è interessata a rivolgere le proprie energie, già stentate per la sopravvivenza, a interessi elettoralmente poco produttivi e di scarso consenso come questi, dov’è la voce della chiesa? I cattolici d’Italia, tanto bravi a mobilitarsi su altri versanti, dove sono? Al solito, con poche sporadiche eccezioni, non si preoccupano delle battaglie civili: troppo laiche. Meglio, dunque, la buona assistenza tradizionale: vieni, poverino che ti aiuto io, di persona o in
associazione, che forse risolve -e ben venga in assenza di alternative- problemi hic et nunc, ma non produce legalità. La coscienza è a posto, l’anima è salva e le alleanze politiche pure!
Enrica Brunetti

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