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www.ildialogo.org Permesso di soggiorno in nome di Dio,di Corona Perer

IN MARGINE ALL’APPROVAZIONE DEL PACCHETTO- SICUREZZA
Permesso di soggiorno in nome di Dio

di Corona Perer

La legge ferisce il nostro ordinamento civile. A fronte alla cosiddetta “geografia della paura”, essa produrrà nuova illegalità. Un’iniziativa “curiosa” dei comboniani.


Ringraziamo l'amica Corona Perer, direttore responsabile dell'ottimo settimanale web "Sentire" (www.giornalesentire.it), per averci messo a disposizione questo suo articolo pubblicato sul n. 27 del settimanale SETTIMANA delle Dehoniane di Bologna.

Una città che ha segnato con una vera e propria strage razzista la propria storia: Castelvolturno. Il 19 settembre 2008 sei extracomunitari venivano uccisi dalla camorra. Un caso emblematico di irregolarità e di delinquenza. La prima delle vittime, la seconda degli aguzzini. Perché vivere in uno stato di clandestinità è la via principale per essere adescato dalle maglie della criminalità organizzata o per esserne ricattato.
Castelvolturno conosce bene questa realtà ma conosce anche altri linguaggi, quelli della speranza e solidarietà. Viene proprio da questo angolo di mondo, segnato dalla camorra, la proposta-provocazione di un “permesso di soggiorno” molto speciale in quanto emesso... in nome di Dio. È scaricabile in rete ed è simile ad un vero e proprio permesso. «Conserva questo foglio e compila in tutte le sue parti il Permesso di soggiorno in nome di Dio. Portalo a firmare al responsabile della tua comunità religiosa, chiedigli di attestare che Dio ti accoglie e che non fa discriminazioni», si legge nell'appello dei missionari comboniani di Castelvolturno. E tutto questo mentre è diventata legge dello Stato il pacchetto sicurezza. Una serie di norme che certo non fa i conti con la dimensione antropologica dell’Uomo.

Potrebbe capitare anche a te . «Quando ti troverai di fronte all’intolleranza nei tuoi confronti, mostra questo foglio ai tuoi persecutori, tu non avrai nulla da perdere e perciò sarai più forte della loro violenza. Porta questo foglio ai rappresentanti delle religioni e chiedi loro aiuto nel nome dell'unico Dio padre e madre di tutti».
Si tratta certamente di una provocazione, che però contiene una sua oggettiva verità. Dio è amore, ma le leggi degli uomini non tengono conto di un “oltre” che fa parte della realtà dell’uomo. Le leggi umani sono regole dettate dall’uomo per l’uomo. E così il richiamo dei comboniani sposta la riflessione su un livello più alto di chiara natura antropologica e, nella visuale cristiana, dire qualcosa sull’uomo è dire qualcosa su Dio. Ecco allora che il permesso di Dio parla al cuore di ognuno.
«Potrebbe capitare anche a te di dover fuggire da una guerra, di dover emigrare in cerca di lavoro, di dover imparare una lingua sconosciuta, di doverti confrontare con una cultura diversa, di dover accettare qualsiasi cosa e di finire nelle maglie della delinquenza organizzata…»,recita l’appello dei comboniani rilanciato in rete dal sito www.ildialogo.org che lo ha stampato e messo a disposizione di tutti i naviganti… senza rete, cioè senza protezione e alla ricerca di uno status di cittadino che l'Italia fatica sempre più a riconoscere. La violenza che produce prostituzione, il disprezzo per lo straniero, il pregiudizio che viene da un colore di pelle più scuro, la discriminazione: questo è quanto può accadere a chi bussa alle porte del nostro paese.
 
La triste contabilità dei rifugiati. Ma chi è il rifugiato e quanti sono coloro i quali nel mondo premono alle porte dei paesi “ricchi”? L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), ha provato a fare i conti: sono 42 milionile persone costrette alla fuga da guerre e persecuzioni alla fine del 2008.Ad affermarlo è il secondorapporto statistico annuale Global Trends pubblicato nei giorni scorsi in occasione della Giornata del rifugiato (20 giugno 2009).
Il numero totale comprende 16 milioni di rifugiati e richiedenti asilo e 26 milioni di sfollati all'interno del proprio paese. Un buon 80% di loro si trova nei paesi in via di sviluppo senza la prospettiva di una soluzione. I provvisori del 2009 dicono un trend in crescita. «Un consistente movimento forzato di popolazioni è in atto in Pakistan, Sri Lanka e Somalia», ha detto l'Alto Commissario António Guterres.
Almeno 5,7 milioni di rifugiati vivono in un vero e proprio limbo. Si tratta di 29 differenti gruppi composti da oltre 25 mila rifugiati ciascuno, in esilio da più di cinque anni in 22 paesi senza che vi sia ancora per loro alcuna prospettiva per una soluzione immediata. C’è anche chi è tornato a casa: 2 milioni, una goccia. Il rientro dei rifugiati è calato del 17%, mentre per gli sfollati il calo è stato del 34%. Il livello più basso negli ultimi 15 anni, un declino che riflette il deterioramento delle condizioni di sicurezza in Afghanistan, Somalia e Sudan.
 
La geografia della paura. Il report annuale sul 2008 fornisce una triste geografia: quella della paura. Ecco le principali rotte: la Colombia possiede una delle più vaste popolazioni di sfollati di 3 milioni di persone; in Iraq, alla fine del 2008, c'erano 2.6 milioni; nel Darfur, in Sudan, 2 milioni; la recrudescenza dei conflitti nella regione orientale della Repubblica Democratica del Congo e in Somalia, lo scorso anno, hanno generato rispettivamente 1,5 e 1,3 milioni di sfollati. Si fugge da Afghanistan(2,8 milioni) e Iraq(1,9 milioni) paesi che, da soli, rappresentano il 45% dei rifugiati di competenza dell'Unhcr. Si scappa anche da Somalia, Sudan, Colombia, Repubblica Democratica del Congo. E non è certamente tutto. Massicci movimenti forzati di popolazione ci sono stati in Kenya e in Georgia (il conflitto ha messo in fuga 135 mila persone).
Il numero dirichiedenti asiloè salito del 28%. I paesi che hanno ricevuto il maggior numero di domande sono il Sud Africa (207 mila), gli Stati Uniti (49.600), la Francia (35.400) e il Sudan (35.100). I paesi in via di sviluppo hanno ospitato l'80% dei rifugiati nel mondo, benché siano quelli che hanno meno mezzi e maggior bisogno di aiuti internazionali. È il Pakistanil paese che accoglie di più (1,8 milioni); seguono nell’ordine Siria, Iran, Germania, Giordania, Ciad, Tanzania e Kenya. Il rapporto statistico completo Global Trends 2008 è disponibile in inglese sul sito internet dell'Unhcr: www.unhcr.org/statistics
 
La “chimera” del benessere. E l’Italia? «Il nostro è un paese che, stando alle statistiche, accoglie più degli altri partner europei», secondo quanto affermato da Laura Boldrini portavoce della sezione italiana dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Rai Storie I colori del mondo in onda lo scorso 20 giugno). Ma è un paese che accoglie dopo attese a volte estenuanti.
In attesa del colloquio dell’apposita commissione che vaglierà il suo status, il clandestino vive in un limbo che invita a darsi alla macchia: non può lavorare, deve soprattutto attendere. L’Italia è un paese chepare seriamente intenzionato ad accogliere sempre meno, anche per chi non scappa e guarda al nostro paese come al primo approdo verso la civile Europa dove lavoro e benessere sembrano a portata di mano.
L'ingresso regolare in Italia è simile ad un percorso ad ostacoli. Il 90% degli stranieri presenti nel nostro paese ha un permesso di soggiorno per lavoro o per motivi familiari. Chi vuole venire in Italia per lavorare, deve sottostare al decreto flussi. Vale a dire che, dal suo paese d'origine, dovrebbe trovare un datore di lavoro disposto ad assumerlo senza conoscerlo e senza periodo di prova. Per non parlare dell’iter del datore di lavoro.
Più facile entrare per motivi di famiglia, ma la persona con cui ricongiungersi dev’essere ben integrata e poter dimostrare di avere una casa e un reddito. In questi casi i tempi di attesa sono più brevi (attualmente la legge prevede la regola del silenzio assenso). E intanto si attendono le nuove regole. L'ultima norma del disegno di legge 733, noto come “pacchetto sicurezza” è stata votata al Senato. La più importante riguarda il reato di ingresso irregolare (e le denunce che ne discendono) e i tempi in cui l’irregolare può essere trattenuto nei centri di identificazione: fino a 180 giorni al posto degli attuali 60 giorni.
 
Intanto viene parato il pacchetto sicurezza. Dopo circa un anno di discussioni, confronti, dibattiti e manifestazioni, è divenuto legge il famoso pacchetto che il ministro Maroni aveva annunciato già al vertice di napoli di oltre un anno fa. Le perplessità non mancano: il testo non prevede di creare reali possibilità di ingresso regolare, né propone delle alternative alla farsa dei decreti flussi, come non introduce la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno per chi è in possesso dei requisiti richiesti e si trova già in Italia, né favorisce progetti di rientro nel paese di origine per chi decide di ritornare. Diventa reato l’ingresso e il soggiorno irregolare, con una multa (oltre all'espulsione) da 5.000 a 10.000 euro.
Le reazioni noon sono mancate. Il Vaticano ha fatto sapere che “il decreto provoca dolore”. Le perplessità risiedono nel timore che si crei una società parallela e nascosta. La definizione di ‘reato’ dell’ingresso clandestino porta di fatto ad una società della delazione. E’ vero che sono state introdotte anche delle deroghe per sanitari e dirigenti scolastici in quali potranno ‘non’ denunziare lo stato del clandestino che è ricorso ai loro servizi, ma si crea di fatto un sistema di paura. Un esempio è il clandestino che potrebbe evitare di rischiare e non andare al pronto soccorso: in casi come quello delle recente pandemia influenzale è facile prevederne le possibili conseguenze. Quanto agli affetti familiari, in uno stato come il nostro basato sulla famiglia (oltre che sul lavoro), potrebbe accadere che un minorenne presente da solo in Italia non possa ricongiungersi con i propri genitori perché il ricongiungimento sarà possibile solo in presenza di uno dei due genitori. Di fatto il ricongiungimento sarà ostacolato. Per ogni atto relativo allo stato civile(matrimonio, registrazione della nascita, riconoscimento del figlio naturale, registrazione della morte) lo straniero dovrà presentare il documento di soggiorno e il permesso dovrà essere esibito anche per sposare un cittadino italiano: la cittadinanza avverrà dopo 2 anni e non più dopo sei mesi.
Una stretta è prevista anche per i servizi di money transfer per non parlare di ronde e tassa di cittadinanza: 200 euro per ogni immigrato. Sono solo alcune della nuova legge che rischiano di accentuare la presenza di una società parallela e "nascosta", fatta di irregolari, malati che non si cureranno, morti che non moriranno, bambini invisibili che non andranno a scuola. Un paese dove vivere nel timore della delazione e del sospetto e dove ogni straniero dovrà dimostrare ogni giorno di essersi conquistato il diritto a vivere in Italia. Tutto questo nonostante l'articolo 3 della Costituzione che sancisce un sacrosanto diritto: «... tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
 
Corona Perer


Lunedì 20 Luglio,2009 Ore: 14:42
 
 
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