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www.ildialogo.org Irrilevanza abolizionista,di Claudio Giusti

Irrilevanza abolizionista

di Claudio Giusti

We few, we happy few, we band of brothers.
25 ottobre 1415
 
Il 15 settembre scorso il solito Ohio ha fatto la sua solita incasinatissima esecuzione, ma, al contrario delle altre volte, non sono bastate due ore di tentativi (ben 18) e alla fine, stremati, i carnefici hanno rinunciato e Romell Broom è di nuovo nel braccio della morte, in attesa che qualcuno decida il suo destino. Da allora ha ripreso vigore, sui media americani, la polemica sulla pena di morte. Polemica diventata rovente pochi giorni dopo a causa di Cameron Todd Willingham.
Willingham è stato ucciso dallo Stato del Texas nel 2004 con l’accusa di avere volontariamente causato l’incendio in cui erano morte le sue tre bimbe. Ma, sia prima che dopo l’esecuzione, si sono levate autorevoli voci che lo dicevano innocente. Diversi esperti hanno infatti dichiarato che l’incendio non poteva essere doloso e che quindi Willingham non era un assassino.
Il suo non è l’unico caso di un possibile innocente ucciso da quella che gli americani chiamano giustizia, ma sarebbe rimasto insabbiato come quelli di Ruben Cantu, Carlos De Luna e Larry Griffin, se non fosse che, a fronte di una marea di scandali come quello che portò alla chiusura dello Houston Police Department Laboratory, non fosse stata formata la Texas Forensic Science Commission e se questa non avesse avuto l’idea di chiedere a Craig Beyler, il più famoso esperto americano di incendi, di stendere un rapporto sul caso Willingham. Rapporto che ha messo in discussione, questa volta in via ufficiale, la teoria dell’incendio doloso.
Beyler avrebbe dovuto discutere le sue conclusioni il 3 ottobre, ma il Governatore Perry (che non mosse un dito per Willingham) si è ricordato che la nomina di tre membri della Commissione era scaduta e li ha sostituiti in fretta e furia, causando così il rinvio sine die dell’imbarazzante audizione di Beyler.
Se il Diavolo fa le pentole il Governatore Perry non ha idea di come si facciano i coperchi e lo scandalo non fa altro che crescere di giorno in giorno. Amplificato dalla grave crisi di fiducia, oltre che economica, che sta attraversando tutto il sistema giudiziario penale americano.
Basti pensare che negli ultimi anni la Contea di Dallas ha rilasciato, grazie al test del DNA, una ventina di innocenti condannati a lunghe pene detentive, e che ora c’è, più che il sospetto, la ragionevole certezza che siano centinaia le persone ingiustamente condannate, ma senza che abbiano nemmeno la speranza di potersi attaccare al famoso test. E questo vale solo per Dallas, perché, se ragioniamo per tutto il paese, parliamo di decine di migliaia di persone innocenti in carcere.
In tutto questo noi del Movimento Abolizionista italiano brilliamo per la nostra impotenza. I nostri media non hanno quasi preso in considerazione questi avvenimenti e noi non siamo riusciti a farli interessare ai nostri temi.
C’è bisogno dell’autorizzazione degli abolizionisti “ufficiali”?
necessita il viatico di qualche sedicente “esperto”?
oppure è meglio che noi abolizionisti normali ci si metta il cuore in pace e si accetti la triste realtà della nostra irrilevanza?
Accetto suggerimenti.
 
Claudio Giusti
Via Don Minzoni 40, 47100 Forlì, Italia
Tel. 39/0543/401562     39/340/4872522
e-mail 
giusticlaudio@aliceposta.it
 
 
 
 
Una breve nota sul caso Polanski.
 
Roman Polanski ha già soldi, amici e avvocati in abbondanza e il mio è solo un intervento chiarificatore.
In America la prescrizione è breve, ma s’interrompe con l’inizio dell’azione giudiziaria. L’unico reato che non va in prescrizione è il murder (quello che noi abbastanza impropriamente chiamiamo omicidio di primo grado). In alcuni stati certi crimini, come quelli commessi da P, non hanno, o non hanno più, prescrizione, ma questo non ha importanza, visto che la Procura gli diede una sfilza di capi d’imputazione e che lui, in cambio di una pena lieve, accettò di dichiararsi colpevole di un reato minore. Secondo P l’accordo era in realtà un tranello: perché il giudice era deciso a rifiutare il patteggiamento e a spedirlo in galera per 50 anni: e questa sarebbe la giustificazione della sua fuga.
Ora, estradizione a parte, la situazione è giuridicamente molto complessa. Oggi, a trent’anni dai fatti, i capi d’imputazione sono ancora validi, ma non è detto che lo sia anche l’ammissione di colpevolezza di P e che quindi non rimanga valido il suo diritto ad avere un regolare processo con giuria. Dio solo sa come faranno a selezionarne una che possa essere imparziale e dove troveranno dodici onesti cittadini che non siano informati dei fatti. Questo era il problema che aveva spinto già allora la Procura a patteggiare. Perché era difficile, se non impossibile, selezionare una giuria che avrebbe creduto ad una tredicenne che era andata tutta sola in una villa di Hollywood a fare un servizio fotografico. La Procura rischiava un flop come, anni dopo, è accaduto al processo a Michael Jackson. 
Inoltre c’è da capire come si potrà giudicare, con gli occhi di oggi, un reato commesso in tempi in cui la mamma dell’undicenne Brooke Shields permetteva che la sua bambina fosse fotografata nuda e che le foto fossero tranquillamente pubblicate ed esibite. Una cosa che oggi più che illegale è proprio impensabile.

 

 


Marted́ 27 Ottobre,2009 Ore: 23:12
 
 
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