- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (215) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org In re Troy Anthony Davis,di Claudio Giusti

No alla pena di morte
In re Troy Anthony Davis

di Claudio Giusti

23 agosto 2009
23 agosto 1927
Il Massachusetts uccide Sacco e Vanzetti 
 
 
 
E’ difficile non farsi coinvolgere emotivamente dalla ventennale saga giudiziaria di Troy Davis e impossibile non essere sedotti dalla sua avvincente trama, in particolare ora che la Corte Suprema è entrata nella vicenda con un clamorosocoup de théâtre.
 
Lunedì 17 agosto la suprema corte americana ha interrotto il suo lungo riposo estivo e, prendendo il considerazione per la prima volta in mezzo secolo un appello diretto (original writ of habeas corpus), ha ordinato alla Corte Distrettuale Federale della Georgia del sud di tenere una evidentiary hearing allo scopo di verificare le attestazioni d’innocenza di Davis.
 
La notizia è esplosa come una bomba sui media americani e noi Scotus maniaci non stiamo nella pelle all’idea della quantità di dotti articoli che produrrà la sentenza ”In re Troy Anthony Davis”. Roba da trasformare Kennedy v Louisiana in un gioco da bambini visto che la questione giudiziaria va ben al di là della sorte di Davis e coinvolge trent’anni di consolidata giurisprudenza americana. Trent’anni nei quali le Corti Supreme Statali, e soprattutto quella federale, hanno introdotto una quantità di strumenti legali atti a impedire ai condannati a morte di sfruttare più di tanto le possibilità di appello. Per non parlare poi del presidente Clinton che, in combutta col Congresso e con la scusa del terrorismo, ha prodotto (1996) quell’oscenità giudiziaria dell’Antiterrorism and Effective Death Penalty Act.
 
Abuse of the writ, actual innocence, AEDPA, audita querela, cause and prejudice, finality, harmless errors, new rule, newly discovered evidence, non retroactivity, plain error doctrine, procedural default, Teague vs Lane: l’appello capitale americano è diventato un campo minato in cui solo un numero esiguo di giuristi è in grado di orientarsi. Troy Davis è da un pezzo arrivato alla fine del percorso ed è un miracolo che non sia stato ucciso tempo fa. Ben vengano quindi le ardite chicanery della Scotus e le sue rotture dello stare decisis, anche se la situazione è senza sbocco: perché se Davis è innocente, ma non lo può dimostrare, l’ammazzano e, nel caso sia innocente, perché non l’ha dimostrato a tempo debito? E così l’ammazzano lo stesso.
 
Ma la Corte Suprema, nonostante Anthony Scalia (nota), è terrificata dall’idea di avere un non colpevole sul patibolo ed è alla ricerca di una via d’uscita nel ginepraio giuridico da lei stessa prodotto. Per ironia della sorte Troy Anthony Davis è stato relativamente fortunato nel ricevere la condanna a morte: perché, se avesse avuto l’ergastolo, ora starebbe con gli altri 140.000 lifers in mezzo ai duemilionicinquecentomila che affollano l’American Gulag e nessuno avrebbe mai sentito parlare di lui.
 
Però.
In tutto questo, cosa ci facciamo noi abolizionisti?
 
Non siamo certamente noi a doverci preoccupare dell’actual innocence di Davis e l’idea di una persona non colpevole avviata al patibolo dovrebbe togliere il sonno ai forcaioli e non certamente a chi la pena capitale la vuole eliminare.
Capisco l’emozione e la passione degli abolizionisti americani, ma questa campagna mi lascia perplesso; forse perché sono solito occuparmi di colpevoli e, nei due anni in cui Troy ha monopolizzato l’interesse, il boia americano non si è certo risparmiato e fra le sue vittime non sono state poche quelle che hanno protestato, fino all’ultimo respiro, la propria innocenza.
Io sono un vecchio cattivo e cinico e per me nel braccio della morte non ci sono innocenti, ma persone da salvare in nome della giustizia, dell’umanità e dell’equità. Inoltre il caso di Troy Davis ripropone, in forma leggermente diversa, il “Paradosso Bernabei”:
Le nuove udienze non modificano la sentenza e Troy viene ucciso in serena coscienza. Oppure è riconosciuto non colpevole e lo liberano affermando che il sistema ha funzionato e ammazzano tranquillamente gli altri condannati perché questi sono colpevoli. Oppure il Board of Pardons si convince della sua possibile innocenza e concede la grazia, intanto che gli altri sono uccisi perché nessuno si è mosso per loro.
 
Comunque è oramai evidente che gli stati americani aboliranno la pena capitale per i motivi sbagliati (costo, innocenti, ecc.) e che ci dobbiamo adattare, ma per noi abolizionisti questa è una partita pericolosa e dobbiamo sapere come giocarla. Dobbiamo avere ben chiari e saldi i nostri principi morali ed essere estremamente preparati sui duri fatti dell’applicazione della pena di morte che sono, sia ben chiaro, sempre a nostro favore. Se così poi forniamo all’opinione pubblica statunitense delle buone ragioni pratiche per l’abolizione non c’è nulla di male.
 
Claudio Giusti
 
 
Nota
Il giudice Scalia ha scritto nella sua dissenting opinion che la corte di cui fa parte non ha mai affermato che l’uccisione di un innocente è incostituzionale.
“This court has never held that the Constitution forbids the execution of a convicted defendant who has had a full and fair trial but is later able to convince a habeas court that he is ‘actually’ innocent. Quite to the contrary, we have repeatedly left that question unresolved, while expressing considerable doubt that any claim based on alleged ‘actual innocence’ is constitutionally cognizable.”
 
per il significato dei termini giuridici vedi:
 
 
 
 
Dott. Claudio Giusti
Via Don Minzoni 40, 47100 Forlì, Italia
Tel. 39/0543/401562     39/340/4872522
e-mail 
giusticlaudio@aliceposta.it
Claudio Giusti si è laureato, in tempi non sospetti, con una tesi sul dissenso in URSS. Ha avuto il privilegio e l’onore di partecipare al primo congresso della sezione italiana di Amnesty International ed è stato uno dei fondatori della World Coalition Against The Death Penalty. Fa parte del Comitato Scientifico dell’Osservatorio sulla Legalità e i Diritti, ma considera ormai conclusa la sua attività sui diritti umani ed è felicemente tornato ad occuparsi di fumetti e cartoni animati.
 

 

 
 


Luned́ 24 Agosto,2009 Ore: 15:04
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Campagne: No penamorte

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info