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www.ildialogo.org Capodanno 2010 a Napoli,di Giovanni Carbone

Lettera
Capodanno 2010 a Napoli

di Giovanni Carbone

Per diversi anni ho preferito trascorrere, senza pentirmene, le festività natalizie fuori Italia. Da qualche anno però, impedito non importa da chi da cosa, mi ritrovo a festeggiare l’anno nuovo nei miei ranghi. Sono, per l’anagrafe, un single di una certa età, poco propenso a riunirsi presso le famiglie dei fratelli per la ricorrenza del Natale. Le abitazioni sono di solito adatte a soddisfare le specifiche esigenze dei nuclei familiari. Lo spazio angusto, il contatto di gomiti con gli ospiti possono opprimere e a volte causare l’esplosione degli animi, del corpo o dell’ambiente.
Si consideri pure che in questi contesti, dove ci s’incontra per l’occasione, è possibile che nascano questioni che converrebbe discutere altrove. Oppure potrebbe succedere che un componente della famiglia si senta, è un classico, il male della festa o che. Asfissiante. Meglio starsene in casa propria! Poi magari non capita niente di quanto ipotizzato, forse per la voglia che tutto deve procedere nel migliore dei modi, almeno fino al momento magico che divide l’anno vecchio dal nuovo, tra bottiglie stappate e fuochi pirotecnici. Onori e meriti. Certamente chi ha famiglia è lontano da questa personale panoramica. Ci mancherebbe altro.
Diverso è un ambito comodo, rilassante. Allora meglio il cenone al ristorante? Per carità! Deve andarci chi non ha voglia di sporcare, chi non ha voglia di preparare, chi non ha voglia di stancarsi…, ovvero chi ama il comfort e farsi servire, chi si sente libero pur dovendo adeguarsi alle regole di circostanza, chi ama l’immagine ed essere al centro dell’attenzione, chi può spendere e spandere e si sciacqua la coscienza inviando l’SMS di 2 euro in beneficenza, incurante di fare il gioco di un volgare potere, quello che incoraggia l’accattonaggio, l’elemosina, il volontariato…
Lo stesso Presidente della Repubblica ha sostenuto fiero l’opera di chi si presta gratuitamente, nel discorso augurale per il 2010 auspicato migliore del nero 2009. A me verrebbe più facile definirlo il Presidente della politica vigente, dei politici, meno o per niente, a mio insignificante avviso, il Presidente del Popolo Sovrano. Con la sua oratoria e la sua retorica ha riparato, un po’ qua un po’là, le spesso illogiche logiche istituzionali, non sempre vicine ai bisogni reali degli sprovveduti elettori, pronti ad applaudire ed osannare le belle incoraggianti e beneauguranti parole recitate con classe ed eleganza!  La saggezza non approva la partitocrazia e i suoi intrallazzi. I valori, i diritti umani sono di là dall’essere considerati nella giusta misura.
Insomma, ognuno sceglie come può e come vuole, a seconda delle proprie possibilità intellettive ed economiche. Da qualche anno io solennizzo con amici il Capodanno nella piazza Plebiscito di Napoli. Ahimè quasi sempre male organizzato. Niente a che vedere con i capodanni di Sydney o di Rio de Janeiro o quelli del terzo mondo africano. Qui il popolo diventa protagonista. Non è spettatore passivo, partecipa alla festa volteggiando in balli rispettosi di mille ritmi, cantando, rosicchiando chissà che e sorseggiando ora bibite di ogni sorta ora lo champagne di mezzanotte.
Anche la luna ha preferito bendarsi di nuvole per evitare di assistere all’usato e abusato spettacolo di Renzo Arbore più idoneo per gli appassionati di un’estiva Piedigrotta. Allo scoccare della mezzanotte la gente vuole impazzire, saltare, brindare, danzare. Macché, un’insulsa pausa di qualche lungo minuto, poi l’Orchestra Italiana ha ripreso con “O surdato nnammurato”. Ma che c’azzecca? A seguire melodie napoletane, tra i pianti sempre più insistenti di un cielo carico, a ragione, di lacrime amare! Di ciò hanno beneficiato i vuò cumprà che a frotte, vendute le corna luminose, di cui ancora non ne conosco il significato emblematico, hanno guidato tra la folla carrozzine cariche di ogni tipo d’ombrelli venduti a buon mercato.
Come hanno ragionato le nostre ineffabili autorità? Come chi va nel migliore negozio a comprarsi il top: un frac cucito ad arte. Tutto bene tranne che dovrà indossarlo nel mese di luglio nel giorno del conseguimento della laurea. Chi va in piazza, specie nella notte del 31 dicembre, cerca il divertimento e non lo spettacolo ripetitivo all’ennesima potenza. Renzo Arbore presenta il suo solito repertorio da oltre quarant’anni! Qualcuno ha commentato: Meglio questo che niente. D’altra parte si tratta di un gratuito spettacolo con l’esse maiuscola. Siamo sicuri della sua gratuità? Bassolino e la Iervolino hanno inteso offrirlo ai napoletani a proprie spese? Non posso crederci! Sarà finalmente il 2010 l’anno in cui verranno sostituiti?
Lo spettacolo è iniziato intorno alle 23,30. “O sarracino” è stato il primo brano suonato. A seguire “Era de maggio”, poi “Chella là”, “Luna rossa”, mentre i pochi giovani fremevano ad esibire passi di balli diversi, fare il trenino tra la folla, saltare, cantare, insomma sfrenarsi, scatenarsi, urlare… Tra una canzone e l’altra, Renzo ha salutato la folla accorsa da tutta la Campania: da Avellino, da Benevento, da Salerno, da Caserta e dalla provincia di Napoli, da Castellammare e compagnia cantando. I TG hanno riferito di una folla di oltre centomila persone…
Ma che fandonie dell’uno e degli altri! Intanto piazza Trieste e Trento era libera, come via Roma, via Chiaia e le altre strade limitrofe. Certamente la Banda di Arbore ha attratto un nutrito numero di cittadini, in maggioranza con capelli sale e pepe, tutti accalcati sotto il mega-palco all’uopo allestito, certo per meglio vedere da vicino gli artisti ma principalmente per essere visibili in televisione! Mano a mano, arretrando verso il Palazzo Reale, la massa scemava nella zona poco illuminata, con il conseguente effetto del tutto pieno.
Ma è proprio così difficile organizzare più che un concerto un leggero varietà con tante attrazioni adatte a soddisfare un eterogeneo pubblico? Dare spazio ad un breve karaoke, a qualche gruppo di percussionisti africani, a qualche balletto e, vada, anche ad una veloce tarantella ballata in costume, ad un gruppo di giocolieri, a qualche intelligente gioco di società, sortendo per certo più partecipazione con una spesa decisamente inferiore? C’è bisogno del frac per conseguire la laurea? È proprio vero che per riempire la piazza si dovrà sempre scegliere tra gli insostituibili concerti di Renzo Arbore o Peppino di Capri o Massimo Ranieri?… Tutti bravissimi, indubbiamente! Però tutti ormai attempati, capelli colorati, visi intonacati da spessi strati di cerone, già ripetutamente applauditi, già fin troppo remunerati… Cosa vogliono ancora? Perché non si fa spazio ad altri giovani e freschi talenti? L’ottimo vino vecchio va centellinato dai buongustai in particolari avvenimenti! Altrimenti è sprecato.
Giovepluvio, chissà perché, si è ricordato intorno all’ora tanto attesa a battezzare i capi della gente con un leggero ma insistente spruzzo d’acqua, tanto che in molti hanno abbandonato la piazza. Non prima però di aver apprezzato i fuochi d’artificio, che, devo ammettere, sono stati sobri e fantasmagorici. Altro è da dire delle smodate detonazioni provenienti chiaramente dal Pallonetto o dai Quartieri Spagnoli. Le teste di legno fan sempre gran chiasso. Che schiaffo alla miseria! Vada per qualche fragoroso botto. Sparare tutta la notte esose e detonanti bombe da rompere i timpani, dimentichi dei malati costretti a letto, degli animali spaventati a morte, dei bambini e dei tanti svantaggiati, è sicuramente un segnale di grande inciviltà, grande mancanza di rispetto per l’altro e chi più ne ha ne metta.
Poi, preso da un’inquieta noia, mi è piaciuto guardarmi intorno. Ho attraversato sotto l’ombrello, la piazza sfoltita in lungo e in largo. I poliziotti erano in prossimità del Palazzo Reale. Perché riuniti tutti allo stesso posto? Non sono proprio addestrati alla prevenzione. Stanno insieme, pronti ad intervenire in blocco solo per reprimere! Volentieri mi sarebbe piaciuto vederli a coppia camminare tra la gente per prevenire non importa cosa. Due vigili della Polizia Municipale hanno seguito attenti lo spettacolo da Piazza Trieste e Trento. Qui vi erano attive delle autoambulanze, un camion attrezzato dei Vigili del fuoco e, sul marciapiede presso l’ingresso della Chiesa, disteso e avvolto in una coperta a quadri, un clochard che stento a credere dormisse tra tanto trambusto.
Imboccando la sporca via Roma da poco riqualificata, ho dovuto costatare che la pavimentazione era in più punti già da rifare: basolato divelto, arredi stradali vandalizzati, cassonetti stracolmi di traboccanti rifiuti. Nella rinomata via s. Brigida era appoggiato ai cassonetti un malandato divano e quant’altro, sosta selvaggia di vetture… Poco distante dalla Galleria Principe Umberto un altro giovane barbone, forse straniero, accompagnato da cani, tratteneva intorno alle due ancora il cartello su scritto: Ho fame.
Dappertutto bottiglie vuote di birre o vino. Dei giovani barcollavano forse anche per finzione. Nel salotto della città, la Galleria mi ha dato l’impressione dell’abbandono. Nei dintorni cantieri aperti, strade impraticabili, i giardini del Maschio Angioino puzzolenti di piscio. Una città sciatta priva di senso civico! Renzo dal palco ha detto: credetemi, ho girato il mondo, Napoli è la città più bella. Poi ha aggiunto: dal punto di vista naturale. Con il Presidente Napolitano voglio augurarmi che il 2010 sarà migliore? Va bene!
Giovanni Carbone primo dell’anno 2010
 
 


Mercoledì 06 Gennaio,2010 Ore: 12:09
 
 
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