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www.ildialogo.org Storia di ordinaria malasanità,di Augusta De Piero - Udine

Lettera
Storia di ordinaria malasanità

di Augusta De Piero - Udine

10 Dicembre 2009, ospedale civile di Udine, padiglione 5, secondo piano, reparto chirurgia, stanza 4, dove mi trovo ricoverata perché devo subire un intervento chirurgico.
In previsione dei limiti all’esercizio della mia autonomia che ne seguiranno, decido di farmi l’ultima doccia.
L’impresa (ripeto dicembre 2009) risulta impossibile: l’acqua esce in scarsa quantità ed è fredda. Mi informo. La faccenda va così da anni.
Nella normalità (pur questa precaria) il filino di liquido si fa tiepido in mattinata e tale si mantiene fino al pomeriggio; il resto è gelo.
Ai malati costretti a letto gli infermieri provvedono con brocche di acqua calda.
Cerco di scoprire dove si trova. Magari mi potrò lavare in condizioni confortevoli.
Non vengo a capo di nulla.
Circolano strane leggende metropolitane; incursione di infermieri, trasformati in acquaioli in altri reparti (ma non si racconta siano pochi? Che ragione c’è per impiegarli in lavori insensati?), perfino uso dell’acqua delle macchinette delle bevande.
Chi lo sa! Non è mio compito indagare, sarebbe dovere degli amministratori dell’Azienda, evidentemente garantiti da una qualche certezza che li esime dall’esercizio elementare del proprio dovere.
Il reparto è stato rinnovato attorno al 1998 quando già si usava l’acqua corrente calda e fredda.
E. concentrandomi sulle date realizzo un altro aspetto, forse ancora più abietto e crudele della negazione dell’igiene che rappresenta uno dei parametri che consentono di sostenere la propria dignità personale. in particolare quando la malattia costringe ad esibire impietosamente il proprio corpo ad altri.
I bagni delle stanze non sono accessibili a disabili in carrozzella e in tutto il reparto non esiste il bagno loro destinato..
Il water infatti è incastrato fra la doccia (con robusto zoccolo) e il muro. Impossibile il necessario accostamento laterale.
Chiedo esplicitamente come viene accudita in tal caso la persona disabile e mi viene risposto che sono state riscoperte le comode che vengono accostate al letto. Non credo che l’essere il medesimo oggetto appannaggio della quotidianità dell’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo lenisca l’umiliazione e la sofferenza degli interessati e l’aggravio di lavoro degli infermieri.
Nella logica che mi sembra dominare la mente di chi queste perfidie ha voluto probabilmente è scattato un meccanismo aritmetico: se a un non disabile infliggiamo una pena, a una persona che ha l’aggravio della disabilità è coerente infliggerne, specularmente. due.
Vorrei sapere, e, come cittadina con diritto di elettorato passivo probabilmente ne avrei il diritto, chi ha firmato il capitolato dell’appalto per la sistemazione dei bagni in tempi in cui esistevano non solo le leggi sulla rimozione delle barriere architettoniche ma anche i relativi, minuziosi regolamenti. Data l’evidentemente diffusa scarsa competenza di chi –per ragioni quali che siano - è deputato a decidere, la consuetudine al mancato rispetto delle persone cui i sevizi pubblici sono destinati e l’indifferenza diffusa fra i cittadini non lo saprò mai.
Art. 2  La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

La lettera viene inviata per conoscenza anche all’assessore regionale Vladimir Kosic.

Augusta De Piero -  Udine


Luned́ 21 Dicembre,2009 Ore: 14:27
 
 
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