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www.ildialogo.org La Consulta islamica di Maroni e Mantovano,di Hamza Roberto Piccardo

Il commento
La Consulta islamica di Maroni e Mantovano

di Hamza Roberto Piccardo

feb 13th, 2010

Ebbene si, anche Maroni ha fatto la sua consulta islamica. Dopo aver detto a chiare lettere nel corso di un convegno organizzato dall’Università dell’Insubria che non avrebbe convocato nessuna Consulta perché sarebbe stata: “un po’ una presa in giro” vista la mancata adesione alla Consulta dell’Ucoii, l’organizzazione più rappresentativa dei musulmani in Italia che non ha sottoscritto la Carta dei valori chiesta dal Viminale per aderire all’organismo. “L’Ucoii, con 130 strutture – ha ricordato Maroni – è la più longeva di queste organizzazioni e non fa parte della Consulta. Ha rifiutato la Carta ed è su posizioni radicali perchè sostiene la fratellanza musulmana, cioè una dottrina fortemente identitaria che contrasta l’integrazione, soprattutto nei Paesi occidentali. Io non mi sento francamente – ha continuato – di organizzare la convocazione di una consulta con tante brave persone che rappresentano se stesse lasciando fuori una organizzazione che è quella che determina certi fenomeni sociali, economici e non solo. Mi pare un po’ una presa in giro, anzi un modo per far sembrare come discriminatorio questo atto e accentuare la radicalizzazione”.

Invece, con la coerenza che nessuno si aspetta da un tal Ministro che mente disinvoltamente  sulla non sottoscrizione della famigerata Carta dei Valori da parte dell’UCOII (vedi http://www.islam-ucoii.it/carta%20dei%20valori/all%203.jpg; http://www.islam-ucoii.it/carta%20dei%20valori/all%204.jpg; http://www.islam-ucoii.it/carta%20dei%20valori/all%206.jpg ), un Comitato per l’Islam italiano Maroni lo ha convocato nei giorni scorsi al Viminale.

Sulla composizione del comitato lascio la parola ad un noto blogger con cui peraltro concordo appieno, http://30secondi.wordpress.com/2010/02/12/lallegra-compagnia-2-0/

Comitato per l’Islam Italiano

  1. Mario Scialoja, ex ambasciatore e Direttore della Sezione Italiana della Lega Musulmana Mondiale;
  2. Ejaz Ahmed giornalista direttore di Azad e mediatore culturale;
  3. Gulshan Jivraj Antivalle, presidente della Comunità ismaelita italiana;
  4. Guido Bolaffi, esperto in immigrazione*,
  5. Yahia Pallavicini, vicepresidente della Comunità Reiligiosa islamica (Co.Re.Is);
  6. Mustapha Mansuri, segretario Confederazione dei marocchini in Italia;
  7. Gamal Buchaib, presidente della consulta degli stranieri de L’Aquila e membro dell’ associazione dei Musulmani moderati;
  8. Mohammad Ahmad, giornalista di La9;
  9. Carlo Panella, giornalista de “L’Occidentale”*;
  10. Andrea Morigi, giornalista di Libero*;
  11. Abdellah Redouane, direttore del centro islamico culturale d’Italia (Moschea di Roma);
  12. Abdellah Mechnoune, imam di Torino e ambasciatore della Pace per le Nazioni Unite;
  13. Khaled Fouad Allam, docente di sociologia del mondo musulmano e di storia e istituzoni dei paesi islamici all’ università di Trieste;
  14. Mario Cicala, consigliere della Corte di Cassazione*;
  15. Paolo Branca, docente Scienze Religiose all’Università Cattolica di Milano*;
  16. Ahmad Habous, docente di Antropologia all’Università Orientale di Napoli;
  17. Massimo Introvigne, fondatore del Centro Studi sulle nuove religioni*;
  18. Gianmaria Piccinelli, docente di Diritto Musulmano e dei Paesi Islamici alla Seconda università di Napoli*.
  19. Alessandro Ferrari, docente di diritto ecclesiastico e canonico all’Università dell’Insubria*.

In rosso ho evidenziato i 5 personaggi che già facevano parte dellaConsulta per l’Islam in Italia. Tutti i 5 sono anche sottoscrittori delprogetto della Federazione Islamica Italiana, l’entità fantasma determinatasi dopo l’esclusione dell’UCOII dalla Consulta.

In arancione ci sono quelle che ritengo delle emanazioni di Souad Sbai, deputata della CdL, che fa comunella con Bolchini e Santanché. Per brevità li definirei “amici di sbai”.

In verde ci sono le persone che ritengo titolate.

Un asterisco segnala i non musulmani.

(nota mia, tra le persone titolate aggiungerei Alessandro Ferrari, serio studioso e stimato accademico)

Amma bad, detto questo per doverosa informazione e consigliando anche la gustosa nota di http://kelebek.splinder.com/ del 12.02, vorrei andare al nocciolo del problema che in realtà non si pone molto diversamente da come si pose al momento della prima Consulta islamica voluta dal Ministro Pisanu

Gli scrissi in qualità di segretario nazionale UCOII questa lettera che potrei mandare pari pari a Maroni se lo ritenessi intellettualmente onesto ( e la sua esternazione in merito alla non firma della Carta dei Valori dimostra che non lo è)

Lettera aperta al Ministro dell’Interno

Gent.mo sig. Ministro,

da qualche giorno una parte della stampa nazionale si occupa di questioni che ci riguardano prendendo avvio da una Sua esternazione in merito al rapporto tra lo Stato e i musulmani in Italia. Nei commenti e nei materiali di contorno vi sono affermazioni tali da imporci una precisazione e una richiesta di chiarimento. Lo spirito di questo nostro intervento è tutto finalizzato ad una migliore comprensione e collaborazione nel superiore interesse della nostra comunità e del paese:

Sostanza e metodo

Nello scorso Gennaio salutammo con soddisfazione i Suoi propositi affidati ad un’altra intervista scrivendo che essi Le facevano onore e che da parte nostra li avremmo considerati “con la massima attenzione sia agli interessi della comunità islamica che a quelli dell’intera comunità nazionale” di cui siamo parte integrante e leale.

A distanza di quattro mesi, durante i quali abbiamo inutilmente tentato di attirare la Sua attenzione e quella di uno dei Suoi sottosegretari, ci troviamo ora a dover affrontare una reiterazione dei Suoi propositi con la stessa metodologia dell’esternazione mediatica ma appesantiti da alcune valutazioni di merito che, a nostro parere, non riflettono la realtà della comunità islamica in generale e la nostra in particolare.

Non ci proponiamo di entrare ora nel merito dello strumento Consulta che Ella ipotizza, non sapendo di cosa si tratti o di cosa dovrebbe dibattere attendiamo maggiori chiarimenti; ciò di cui vogliamo invece informarLa concerne la nostra realtà spirituale ed organizzativa che sembra destare serie e ingiustificate preoccupazioni in ambienti ad Ella vicini, almeno nella esternazione del Suo pensiero.

La materia del rapporto tra lo Stato italiano e le sue comunità religiose è regolata dalla Costituzione della Repubblica dagli art. 7 (Chiesa Cattolica) e 8 (altre comunità), è inoltre sovrana facoltà del Parlamento legiferare in merito con provvedimenti attuativi dei principi enunciati nella carta costituzionale.

Ogni altro strumento, seppur lecito, dovrebbe essere proposto e utilizzato con grande cautela ed equilibrio onde non stravolgere un dominio estremamente delicato e importantissimo per la vita dei cittadini e il loro pieno riconoscimento della laica imparzialità dello Stato nei confronti delle religioni.

Nel ribadirLe la nostra totale disponibilità alla definizione di un percorso che conduca alla formazione di un organismo che ponga correttamente le basi di questo rapporto, ci pare doveroso insistere su un punto di fondamentale importanza.

La dimensione “securitaria” che sembra falsare tutta la questione è solo uno degli aspetti del problema, di cui ci facciamo parte responsabile e che tuttavia non può occupare uno spazio incongruo. Il rapporto musulmani-Stato italiano è di ordine costituzionale, giuridico, amministrativo e non può ridursi ad un mero affare di controllo poliziesco delle associazioni islamiche.

L’Islam di Stato che qualcuno ipotizza, prendendo sciaguratamente esempio da alcune tra le più bieche dittature che affliggono i musulmani del mondo, ha prodotto simmetricamente un islam della clandestinità, saturo di risentimento e di odio, terreno di cultura di quel terrorismo che tutti quanti aborriamo.

Di questo Ella è certamente conscio e siamo convinti della Sua coerente fedeltà alla laicità dello Stato che verrebbe snaturata da impostazioni dirigiste in materia religiosa; per questo rimaniamo in fiduciosa attesa di un Sua autorevole precisazione in merito.

Una comunità e un culto

Noi musulmani siamo una comunità di oltre un milione di uomini e donne al cui interno si devono distinguere due sottoinsiemi: il primo è composto dai cittadini italiani, per nascita o naturalizzazione.

A questo gruppo dovrebbe essere rivolta la maggiore attenzione politico-istituzionale. Sono quei cinquantamila che ancora attendono venga dato loro adempimento costituzionale e lo Stato democratico li riconosca appieno dando attuazione all’art.3 della carta fondamentale che vieta ogni discriminazione in base, tra l’altro, alla religione.

Il secondo, numericamente ben più rilevante, è quello che comprende i nostro fratelli e sorelle stranieri, regolarmente residenti nel nostro paese, ai quali, forte dei suoi valori democratici, lo Stato riconosce fondamentali diritti di libertà di associazione e di culto.

Ma non è d’immigrazione che vogliamo parlare e tantomeno vogliamo tutelare la valenza etnica dei nostri correligionari.

Quello che ci interessa è il loro essere musulmani e il corollario di necessità e specificità cultuali e consuetudinrie che ne deriva.

Va de sé che la provenienza da un’area a maggioranza islamica non determina automaticamente una scelta religiosa e tanto meno una pratica del culto e tuttavia i dati da Lei più volte citati relativamente all’affluenza alla pratica religiosa comunitaria sono viziati da un’incomprensione della nostra realtà.

Il dato che circoscrive al 5-6 % del totale la frequentazione delle moschee da parte dei musulmani in Italia deve essere contestualizzato e letto nella sua valenza logistica e sociologica.

Nelle occasioni in cui la giornata del venerdì coincide con una festa civile o religiosa riconosciuta dalla Stato, l’affluenza alle moschee si moltiplica per 4 o per cinque e oltre il 20% dei musulmani adulti che insistono su un territorio si recano alla preghiera congregazionale; in occasione dei due ‘Aid ( le due feste) l’affluenza è comunque del 25% toccando il 35-40% se la giornata coincide con una domenica o altro giorno festivo.

Detto ciò, ed era una doverosa puntualizzazione, ci sembra di poter argomentare ulteriormente in merito all’attaccamento dei musulmani ai loro luoghi di culto e alle associazioni che continuativamente e strenuamente si fanno carico delle loro esigenze cultuali e consuetudinarie.

Oltre al culto, è nella trasmissione dei valori e dei principi islamici alle nuove generazioni, nelle pratiche matrimoniali, in quelle alimentari, fino a quelle cimiteriali che il ruolo delle associazioni islamiche presenti sul territorio della Repubblica si esplica in assoluta dedizione all’interesse dei musulmani e delle musulmane senza altra contropartita che la soddisfazione di servire Iddio servendo le Sue creature.

Nella fattispecie, i valori trasmessi sono quelli comuni ai nostri concittadini cristiani e laici, quei valori etici e comportamentali della solidarietà e del rispetto reciproco che risuonano ogni venerdì nella stragrande maggioranza dei sermoni degli imam.

Non sentiamo nessuna estraneità alla comunità nazionale ed è nostro dovere religioso e civile adoperarci con tutti i mezzi affinché il riconoscimento delle identità morali aiuti a superare le differenze cultuali e spirituali e la varietà religiosa venga da tutti apprezzata come una ricchezza della nazione.

Noi UCOII

Siamo la maggiore organizzazione islamica presente in Italia. Dal Trentino alla Sicilia, dall’estrema Liguria alle Puglie la maggioranza dei musulmani e delle musulmane trovano un riferimento nelle strutture associative che aderiscono alla nostra Unione.

Dalla fondazione nel 1990 a tutt’oggi, abbiamo espresso un volume impressionante di attività cultuale e culturale, di mediazione istituzionale e di solidarietà nei confronti dei più deboli tra i nostri confratelli e consorelle.

La nostra presenza nel campo del dialogo interreligioso e con tutta la società civile è testimoniata da centinaia di incontri, convegni, tavole rotonde ai quali hanno partecipato i nostri dirigenti nazionali e locali, riscuotendo sempre ampi consensi per la disponibilità, la profondità delle argomentazioni e soprattutto la moderazione dei toni.

Quando voci sguaiate e irrispettose della sensibilità religiosa cristiana si sono levate da elementi oggettivamente isolati della nostra comunità, non abbiamo esitato ad esprimerci con fermezza nei loro confronti condannandole senza mezzi termini convinti come siamo che il dialogo intrerreligioso passi per l’assoluto rispetto delle fedi e delle altrui tradizioni.

Ci siamo posti per primi e in modo organico il problema del rapporto complessivo con lo Stato di dirittto elaborando già dal 1990 una bozza d’intesa che abbiamo reso pubblica e che è stata la piattaforma della discussione politica e giuridica della relazione tra Islam e Stato in Italia.

La nostra preoccupazione di stabilire con lo Stato e i suoi organismi relazioni improntate alla trasparenza e alla ricerca di un percorso di approfondimento non ha avuto, fino ad ora, il riscontro sperato e tuttavia la nostra attitudine è rimasta di totale disponibilità, con lealtà e perseveranza. Non si tratta per noi di occupare posizioni all’interno di organismi istituzionalizzati, ma piuttosto di contribuire, con tutte le nostre forze, al godimento di una pienezza di diritti civili per la comunità islamica e alla sicurezza dello Stato.

Siamo osservati speciali da parte delle forze dell’ordine e non ce ne dogliamo poiché da questa attenzione non può che derivare una maggiore e più puntuale conoscenza della nostra realtà, dei nostri comportamenti e dell’assoluta dedizione ai valori della democrazia e del mantenimento dell’ordine pubblico.

In questi anni difficili di tensioni e conflitti che hanno coinvolto popoli e nazioni dell’area islamica nel Mediterraneo, abbiamo mantenuto comportamenti cristallini e un’assoluta unicità di discorso sia verso l’interno della nostra comunità che nelle relazioni esterne. Abbiamo detto che la struttura associativa dell’Islam in Italia non poteva prestarsi a nessuna operazione mirante al sostegno o alla copertura di attività illegali comunque giustificate e abbiamo concretamente operato in tal senso.

In quanto musulmani non abbiamo nessun problema con la legge dello Stato e i comportamenti devianti imputati ad elementi riconducibili alla nostra comunità ricadono unicamente su chi se ne rende responsabile.

UCOII e Fratelli Musulmani

In una banalizzazione della nostra realtà culturale, ci si imputa il legame con i Fratelli Musulmani. È indubbio che tale pensiero influenzi molti musulmani nel mondo e anche in Italia; si tratta tuttavia di un’ipotesi riformista che si confronta con la realtà culturale e politica dei paesi in cui essa viene applicata, non diversamente da quanto avvenne in passato con la dottrina sociale della Chiesa o il pensiero progressista di matrice socialista.

Ciò che da questo pensiero si ricava è la necessità di un lavoro sociale teso alla costruzione di una società più giusta e solidale, il rifiuto della violenza come strumento di lotta politica e la condanna formale e sostanziale del terrorismo come mezzo di sovvertimento degli ordinamenti costituiti.

Alcuni, in una nostalgia di maccartismo, tentano di escludere i fautori di questa corrente ideale dal novero di coloro che potranno e dovranno partecipare all’elaborazione di una relazione costruttiva e duratura tra la comunità islamica in Italia e il suo Stato. Si tratta di una tentazione ingiusta e liberticida frutto di una scarsa conoscenza della nostra realtà e delle nostre aspirazioni, prodromo ad una radicalizzazione da tutti quanti temuta.

Imputarci una qualche contiguità con il terrorismo significa disconoscere il pensiero e la storia dell’UCOII e persino di quella dei Fratelli Musulmani, i cui dirigenti hanno dovuto soffrire una doppia persecuzione: da parte dei regimi dittatoriali che affliggono il mondo arabo e dei gruppi estremisti che li accusano di connivenza con il potere per il loro rifiuto della violenza. A questa coerenza si sono sacrificati alcuni insigni dirigenti del movimento pagando con la vita la loro scelta non violenta. Persino nel nostro paese velate o esplicite minacce sono state rivolte a nostri dirigenti per il loro atteggiamento di condanna della logica dello scontro frontale e del disprezzo della società italiana.

Signor Ministro,

ben al di là degli articoli di giornale, la questione del rapporto tra i musulmani e lo Stato è un nodo di fondamentale importanza per gli anni a venire e le generazioni future.

Nonostante avverse condizioni determinate dagli accadimenti internazionli e dall’attuale fase di crisi economica, la nostra comunità sta realizzando un processo di integrazione che ha dello straordinario. In pochi anni la sua crescita esponenziale, la sua demografia e il suo attivismo produttivo la identifica come una delle novità sociologicamente più rilevanti di questo periodo a cavallo tra due secoli.

Domani, se Iddio vorrà, la minaccia terrorista sarà solo un ricordo ma le conseguenze di una sua ipervalutazione potrebbero avere effetti prolungati nel tempo e viziare gravemente il prosiego della relazione tra i musulmani e il loro Stato.

Ci sforziamo da parte nostra di essere i migliori cittadini e di insegnarlo ai nostri fratelli e ai nostri figli, ci aspettiamo dallo Stato e da chi lo rappresenta politicamente, simmetrico sforzo di comprensione.

Roma 27.5.03

Per il consiglio direttivo dell’UCOII, Hamza Roberto Piccardo, segr. naz.le

————————-

A distanza di quasi 7 anni, la situazione è solo peggiorata, se allora entrarono a far parte del Comitato per l’Islam in Italia  quelli che lo stesso Ministro Maroni definì “tante brave persone che rappresentano se stesse” oggi vi siedono alcuni tra i più noti islamofobi del paese, qualche patetico millantatore oltre a funzionari di potenze straniere.

Queste sarebbero le persone che dovrebbero consigliare il Ministro nella sua politica verso la comunità islamica nazionale? fatti salvi alcuni accademici ai quali va la mia stima per l’intenzione che hanno dichiarato di voler operare per il bene e nel rispetto della Costituzione di questo Paese, sinceramente non credo noi musulmani d’Italia e i nostri figli possiamo aspettarci alcunché di bene.

Bambini-durante-la-preghiera-1

Lo scopo è evidente, e perfino dichiarato in qualche modo, edificare, come in Cina la chiesa patriottica cinese con i vescovi scelti dal partito comunista, un islam di Stato  con gli imam che devono avere l’agreement del Viminale per essere iscritti all’apposito albo che gli permetta la funzione. Una maniera per piazzare almeno un funzionario del governo, magari pagato dalle comunità stesse, che canti la musica che piace al potere e che relazioni diligentemente su quanto accade intorno a lui.

E’ il sistema di controllo attuato nella maggioranza dei Paesi arabi che ha dato vita per reazione ed esasperazione alle peggiori forme di radicalismo e che contrasta clamorosamente con la Costituzione repubblicana che stabilisce che  ”le comunità religiose,hanno diritto ad organizzarsi secondo propri statuti” (art. 8).

In un sistema democratico nel quale, con ostinazione, vogliamo credere, la sola rappresentanza reale è quella della legittimata da un percorso democratico. Nessun altro organismo di qualsivoglia nomina potrà mai parlare a nostro nome.

Sono imam della mia comunità da più di 15 anni e oggi parlando dal minbar e informando i musulmani di quanto sta avvenendo contro di loro, la loro libertà e la loro autonomia, ho detto che non chiederò mai l’iscrizione ad un siffatto albo e che, con il loro consenso, continuerò a salire su quel gradino per pronunciare il sermone del venerdì finché avrò libertà e vita.

Ci consoli sempre il Corano anche nei momenti più difficili:

وَيَمْكُرُونَ وَيَمْكُرُ اللَّهُ وَاللَّهُ خَيْرُ الْمَاكِرِينَ

Essi tramavano intrighi e Allah tesseva strategie. Allah è il migliore degli strateghi” (VIII, 30)



Sabato 13 Febbraio,2010 Ore: 16:40
 
 
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