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www.ildialogo.org IL BURKINI: “MANIA IGIENISTA” O RAZZISMO?,di Irene Aaminah Ricotta

Islamofobia
IL BURKINI: “MANIA IGIENISTA” O RAZZISMO?

di Irene Aaminah Ricotta

Riprendiamo questo articolo dal sito www.islam-online.it/ del ago 22nd, 2009

Da quando il direttore di una piscina in Francia ha vietato ad una musulmana francese di indossare il burkini, la versione islamica del costume da bagno femminile, è  stato un proliferare di polemiche di varia natura.

C’è chi dice che il direttore della piscina fosse preoccupato di preservarne le condizioni iginiche perché non si può indossare per entrare in acqua lo stesso indumento con cui si è usciti da casa. C’è chi difende il nostro diritto di frequentare le piscine pubbliche.

Altrettanto ridicole le iniziative dei ferventi e indefessi sindaci epigoni dello scrupoloso direttore francese.

Il pretesto igienico-sanitario è ridicolo, e per coloro che sono avvezzi alle abitudini delle donne musulmane sanno benissimo che nessuna donna musulmana che porta regolarmente l’hijab uscirebbe mai con un indumento che utilizza per fare il bagno a mare o in piscina tanto più che il tessuto com’è noto non favorisce la traspirazione della pelle come invece il cotone e il lino. E qui, a proprosito della traspirazione della pelle, veniamo alle questioni igienico-sanitarie.  Sanno in molti che le piscine sono considerate tra i luoghi privilegiati per contrarre infezioni micotiche note ai profani della medicina come funghi della pelle, piede d’atleta e svariate altre forme di micosi. Queste infezioni che possono trovarsi in diverse zone del corpo con dei costumi come il burkini avrebbero meno possibiltà di essere trasmessi nelle piscine proprio perché  esso fornisce una copertura integrale del corpo.  Inoltre nelle piscine sarebbe consigliato indossare anche delle scarpette in plastica proprio per evitare di contrarre le summenzionate infezioni, cosa che da anni non si fa più.  Per di più chi avesse familiarità con le abitudini igienico-sanitarie  dei musulmani praticanti saprebbe benissimo che l’igiene è fondamentale per effettuare la preghiera e quindi è necessario  lavare le zone più esposte del corpo, e per i più scrupolosi le parti intime e i denti, almeno 5 volte al giorno.  Quindi in materia igienico- sanitaria credo che non ci si possa attribuire superficialità o incuria.  La stessa cura per la pulizia le donne musulmane la dedicano agli indumenti e alla casa.

Se il problema non è  sanitario allora  è un problema di razzismo.

Perché non si spiegherebbero i provvedimenti dei sindaci leghisti che imporrebbero alle donne che violano il divieto di indossare il burkini la multa di 500 euro senza considerare il fatto che magari queste donne potrebbero uscire da casa con degli indumenti e cambiarli, dato che dovrebbero tornare a casa con degli indumenti asciutti quantomeno.

Mi chiedo come mai gli ubriaconi e i tossicodipendenti che lasciano bottiglie rotte e siringhe per strada con oltre il rischio igienico anche quello di procurare danni fisici o sanitari permanenti non vengano multati con la stessa scrupolosità.

Se in un parco si trovasserro siringhe infette con il virus HIV e qualcuno contraesse l’AIDS a causa anche dei mancati provvedimenti dei tanti zelanti sindaci leghisti contro questi procuratori di morte quanti danni si dovrebbero  chiedere all’incuria delle amministrazioni comunali?

La più ridicola iniziativa è certo quella del sindaco che multerebbe le donne che vogliono indossare il burkini per nuotare anche in mare o nei fiumi per le stesse ragioni igieniche e con l’aggravante che i bambini si spaventano, come se chi andasse a mare non uscisse con il costume già da casa.

Allora appare sempre più  evidente che ai difensori delle donne musulmane, in realtà non interessa affatto la libertà o l’integrazione di queste donne ma la loro definitiva scomparsa.

Ma bisogna notare che esistono due Italie, quella del Nord leghista e razzista e quella del Sud incline all’accoglienza.m  A Punta Secca, in provincia di Ragusa, nella spiaggia di “Montalbano”, mia sorella indossava non il burkini, ma il suo abbilgiamento in cotone con il velo sistemato a mo’ di turbante.

Dopo qualche giorno le donne della spiaggia andavano in spiaggia con dei copricostume simili a caftani lunghi e le chiedevano di insegnare loro come mettere il turbante, in tal modo le donne e le mamme in spiaggia non la facevano sentire “diversa”. E naturalmente i bambini non avevano paura ma giocavano tranquillamente con i suoi bambini.

Per coloro che avessero studiato qualche manuale o  qulalche nozione di psicologia anche da Gioia o Donna Moderna, non è una novità il fatto che le paure dei bambini sono le stesse paure dei genitori e che la prima scuola di vita è la famiglia.

Se in Sicilia le donne hanno accolto mia sorella e i bambini con tanta simpatia e cercavano di mettere il turbante come lei per non farla sentire diversa hanno insegnato ai loro figli che qualche piccolo gesto ci rende tutti fratelli nell’umanità e un pezzo di stoffa in testa non ti cambia il cervello ma solo il guscio esterno.

Noi non chiediamo che le donne in spiaggia si vestano come noi, ma solo di poter nuotare con i nostri costumi.

Purtroppo  la paura del diverso prevale sulla buona educazione e sul senso di giustizia e non tutte le donne sono così meravigliose come le donne della “Spiaggia di Montalbano”

Nella foto: un costume da mare islamico e una tuta da windsurf o altro sport acquatico…

 


Domenica 23 Agosto,2009 Ore: 17:54
 
 
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