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www.ildialogo.org Ma è nel dialogo con l'Islam che l'Europa affonda le sue radici,di Abdallah Massimo Cozzolino

Ma è nel dialogo con l'Islam che l'Europa affonda le sue radici

di Abdallah Massimo Cozzolino

Riprendiamo questo articolo dall'Agenzia ADISTA n. n. 126 - 12 Dicembre 2009 . Per informazioni: www.adista.it
L’esito del recente referendum svolto in Svizzera, sul divieto di costruzione dei minareti, costituisce un altro clamoroso esempio di fuga dalla ragione e di perdita delle virtù di tolleranza religiosa, in totale controtendenza rispetto ai principi fondamentali del moderno Stato democratico europeo. Un voto mannaia, che avrà come diretta conseguenza la modifica dell’art. 72 della Costituzione svizzera, in cui il divieto di costruzione di minareti figurerà come un metodo per “mantenere la pace tra i membri delle diverse comunità religiose”.
Tali manifestazioni di intolleranza e xenofobia ripropongono una polarizzazione sociale che ostacola la ridefinizione delle frontiere della nuova “cittadinanza” che occorre sia modulata sul dialogo interculturale e sull’integrazione, intesa come conoscenza e confronto tra i cittadini.
Le tendenze perverse di una modernità squilibrata spingono, piuttosto, ad un recupero in chiave negativa delle identità affioranti dal passato, che si ricostruiscono rimarcando le differenze rispetto alle altre identità. Continuare a costruire la famiglia umana ispirandosi a questo vecchio paradigma porterà a scenari drammatici, con il rischio di distruggere il progetto planetario umano. Ciò che questo paradigma perpetua è infatti quella dialettica distruttiva tra amico-nemico che ha caratterizzato la follia annientatrice del XX secolo. Il fenomeno di crescente rivendicazione identitaria, sviluppatosi in Occidente per effetto del processo di globalizzazione, assume dei precisi connotati di “etnicizzazione” sociale, culturale e religiosa che si sostanzia non solo con provvedimenti dall’alto - come con il reato di clandestinità, le periferie ghetto, la subdola degli immigrati in clandestini e regolari, il divieto del velo (Hijab), la sentenza sul crocifisso - ma assume anche delle preoccupanti manifestazioni dal basso, così come si è verificato in Svizzera, dove il 57,5% dei votanti si è mostrato favorevole al divieto di costruzione dei minareti. I risultati del referendum impongono a tutti un’attenta interpretazione di tali manifestazioni di recrudescenza eterofobica che di fatto rallentano quel lento processo di inclusione, di condivisione e di connessione tra culture avviato a livello europeo. Un'autentica solidarietà tra i cittadini, i gruppi sociali, le collettività locali e le regioni rappresenta il fondamento più sicuro per quelle forme di solidarietà che soltanto gli Stati possono attuare. Un capitolo amaro della storia dell'Europa moderna è quello della politica di acquiescenza, e della conseguente rinuncia a una solidarietà europea, che ha portato alla capitolazione di Monaco.
Da quell'esperienza ci giunge tuttora un potente richiamo alla vigilanza. Le forze dell'odio vanno affrontate non appena emergono; ma l'azione degli Stati da sola non basta. Occorre che la società civile, le comunità religiose, il mondo dell’associazionismo e del volontariato si mobilitino per intervenire contro il latente e periodicamente emergente disagio culturale che porta al rifiuto dell’“ospite inquietante”, attraverso la riproposizione di una presunta rigida plasticità identitaria dagli effetti disastrosi sul piano dei diritti civili e della tutela delle libertà.
L’ostilità verso l’Islam ed i musulmani presenti in Europa è uno degli elementi costitutivi dell’identità occidentale che si è definita in antitesi all’Oriente e alla civiltà arabo-islamica rappresentata con blocchi monolitici connotati da arretratezza, oscurantismo e fanatismo. Sottacendo la lunga storia di rapporti, di contatti pacifici e di scambi reciproci avutisi nel Mediterraneo, l’universo religioso islamico viene identificato con un unico stereotipo culturale e viene associato ad atteggiamenti fondamentalisti, a procedure totalitarie o ad immagini di un terrorismo brutale e in sé inaccettabile.
Ogni immigrato proveniente da un Paese a maggioranza musulmana è visto non già nelle sue pratiche sociali concrete ma, anche se non credente, come interamente determinato dalla religione maggioritaria del Paese di provenienza. I musulmani vengono assimilati nell’immaginario collettivo ad un popolo di “barbari” invasori che minaccia l’identità culturale e religiosa del Paese e sovverte le radici di un passato che non viene concepito come un tesoro sepolto, che richiede di essere studiato nelle sue profondità, ma semplicemente come superficiali e parziali schegge che riaffiorano dal passato in funzione del sentire collettivo del presente.
Tra le false accuse e la disinformazione da una parte, e le azioni violente, condannabili e ingiustificabili, dall’altra parte, l’autentico messaggio dell’Islam viene dissimulato e deformato. Gli effetti del referendum in Svizzera avranno, infine, serie ripercussioni sulle dinamiche di inclusione sociale delle comunità islamiche all’interno delle quali sono in corso complesse dinamiche di confronto-scontro generazionale per la costruzione di un Islam europeo che si caratterizzi per una triplice indipendenza: politica, finanziaria e culturale. Le malattie dello spirito che affliggono la coscienza europea e che riemergono oggi, come in altre aspre congiunture internazionali, richiedono che il fedele si rifugi in Dio “contro il male del sussurratore furtivo che soffia il male nei cuori degli uomini” per la costruzione di una pace condivisa.
 
responsabile dell’associazione culturale islamica Zayd Ibn Thabit, Napoli


Lunedì 07 Dicembre,2009 Ore: 19:13
 
 
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