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www.ildialogo.org IL FARISEISMO CATTOLICO-ROMANO E LA NOVITA' RADICALE DELL'ANTROPOLOGIA CRISTIANA. PARLARE IN PRIMA PERSONA, E IN SPIRITO DI CARITA'.,di Federico La Sala

PER LA CRITICA DELL'ANTROPOLOGIA E DELLA TEOLOGIA MAMMONICA. DONNE, UOMINI, E L’USCITA DA INTERI MILLENNI DI "PREISTORIA" E DI "LABIRINTO" - OGGI ...
IL FARISEISMO CATTOLICO-ROMANO E LA NOVITA' RADICALE DELL'ANTROPOLOGIA CRISTIANA. PARLARE IN PRIMA PERSONA, E IN SPIRITO DI CARITA'.

IL SIGNIFICATO DEL “DUNQUE L’UOMO NON DIVIDA QUELLO CHE DIO HA CONGIUNTO” VA RILETTO E REINTERPRETATO, QUINDI, A PARTIRE DALL’ESORTAZIONE FONDAMENTALE.


di Federico La Sala

ABBI IL CORAGGIO (DI AS-SAGGIARE E ) DI SERVIRTI DELLA TUA PROPRIA INTELLIGENZA. Sàpere aude”! Questo è il motto dell’Illuminismo (come scriveva Kant) e la Chiesa cattolico-romana, come p. Alberto Maggi, non sapendo neppure cosa significa “uscire dallo stato di minorità”, (che richiama – ricordiamo – anche l’”uscita dall’Egitto”) ripete da secoli sempre lo stesso ritornello – come bambini, e con la pretesa e la tracotanza di essere anche dottori maestri del messaggio evangelico, per di più!!!

 
In “L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”, un “commento al Vangelo” (XXVII Tempo Ordinario – 4 ottobre 2009), p. Alberto Maggi OSM (cfr.: http://www.ildialogo.org/esegesi/AMaggi_1254314631.htm) scrive (o meglio predica):  
 
"Il Dio di Gesù è un Dio-amore e l’amore non si può formulare attraverso delle leggi, ma soltanto attraverso delle opere che comunicano vita. […] 
 
E Gesù non si rifà al Dio legislatore, il Dio di Mosè, ma al Dio della creazione, e cita il Libro della Genesi (1,27; 2,24), dove c’è scritto che l’uomo, fatto maschio e femmina - la creazione - “l’uomo lascerà suo padre e sua madre perché si unirà a sua moglie, e i due diventeranno una sola carne”. Questo è il significato del matrimonio.
 
Il padre, in tutte le culture, indica colui che dà la sicurezza, la protezione, la madre è l’amore incondizionato; ebbene, il matrimonio significa aver trovato in un’altra persona una sicurezza ancora più grande del proprio padre e un amore incondizionato più forte della propria madre. Quando c’è questo si ha il coraggio di lasciare la famiglia di origine ed unirsi a un’altra persona, al partner, e diventare una sola carne, cioè una sola realtà.
 
Per questo dice Gesù che non si può dividere. Due persone si possono dividere, ma quando si è uno solo, non ci si può dividere, a meno di non mutilarsi. […]”.
 
 
Ciò che a  p. Maggi (ma così anche a don Paolo Farinella:  http://www.ildialogo.org/esegesi/esegesitxt_1254405969.htm),  e a tutta la Chiesa cattolico-romana, non è passato mai e  non passa (almeno per ora)  nemmeno per l’anticamera della testa (nei secoli dei secoli della loro tradizione “sacerdotale”), è che il discorso del Libro della Genesi, ripreso e rilanciato da Gesù, alla Luce del “Dio-amore (“Deus charitas est”: 1 Gv., 4.1-16) non parla affatto del matrimonio come sempre se ne era parlato e se ne parla ancora oggi (come mostra di fare p. Maggi, don Farinella,  e come fa Ratzinger – su questo, Wojtyla ha riflettuto più a lungo e cercato di dire cose  più sagge e più aperte alle buone-acquisizioni ) -  “una sola carne, cioè una sola realtà”, ma sta chiarendo qualcosa che investe tutti e tutte - uomini e donne,  e anche gli stessi sacerdoti -  in prima persona!!! 
 
 
Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto…. Nel discorso evangelico, infatti, Gesù   (Mc 12, 2-16) dopo aver chiarito le idee agli atei-devoti del tempo (i farisei) prosegue con il discorso sull’adulterio con i discepoli che  lo interrogavano di nuovo su questo.   E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».  E - ancora -  prosegue, chiudendo il discorso sul tema, con la precisazione che “il regno di Dio” appartiene solo ai “bambini”, “a chi è come loro” :  «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». 
 
A questo punto, precisata la ‘situazione’, il senso del discorso cambia e appare in tutta la sua radicale portata antropologica, teologica e politica. La questione, più propriamente, è  su come da adulti rimbambiti (di regni di chi non si sa quale “dio”) si esce dallo “stato di minorità” e si diventa maggiorenni e adulti - “come bambini”- del regno del Dio-amore,  da discepoli (di Gesù) si diventa maestri - come Gesù! 
 
QUESTI I TEMI.  DIO E L’UOMO,  ESSERI UMANI, UOMINI E DONNE, MASCHIO E FEMMINA: AMORE, MATRIMONIO, RIPUDIO, ADULTERIO, … BAMBINI, E REGNO DI DIO.  
 
RITORNIAMO  ANCORA AL TESTO: [In quel tempo] alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?».
Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
 
Questo passo – se non vogliamo ripetere (ancora una volta) il  ritornello che da secoli ci acceca e ci addormenta – quantomeno va letto e interpretato, pensando a Chi parla nel testo (e non a chi ci bombarda la testa per “tentarci”  e mettervi dentro il propr-io spirito). E qui Chi parla, ai farisei prima e ai suoi discepoli dopo, è Gesù.
 
E, allora,  la chiave di interpretazione di tutto il Suo messaggio è – come ripete dall’inizio alla fine – un altro “ritornello”:  è l’amareil Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso” (Lc. 10, 25-27).  E’ seguire il “Padre nostro” (“Deus charitas est”: 1 Gv. 4. 1-16),  e  fare “la sua volontà, come in cielo così in terra" - e, come dentro di noi così fuori di noi.
 
   
IL SIGNIFICATO DEL “DUNQUE L’UOMO NON DIVIDA QUELLO CHE DIO HA CONGIUNTO”  VA RILETTO E REINTERPRETATO, QUINDI, A PARTIRE DALL’ESORTAZIONE FONDAMENTALE.  GESU'   CERCA DI CHIARIRE AI FARISEI COME AI DISCEPOLI  QUANTO DELLA COSTITUZIONE DI  OGNI ESSERE UMANO NON E’ STATO CAPITO  E – COME QUESTO -    RIGUARDA IL CUORE STESSO DEL NUOVO-MESSAGGIO E DELLA NUOVA-ALLEANZA.
 
I dottori della Legge, ieri come oggi, hanno sempre chiesto “Chi è il mio prossimo?”, ma non hanno mai capito e voluto capire se stessi, e nemmeno fatto capire nulla  agli altri – per capire se stessi e se stesse!!! Non sanno parlare in prima persona (questa la radicale novità del messaggio eu-angelico), e dicono solo menzogne!  Al più hanno inteso  che la questione si risolva con un poco di compassione e un poco di elemosina (fare la “carità” – dare qualche briciola del tesoro del loro padre Dio-Denaro (“caritas” = “ caro-prezzo” - da “carus”, caro)  - a chi è nel bisogno e nella carestia,  e comprare (“do ut des”) la sua anima (altro che guarirla e salvarla!).  Un’interpretazione totalmente “diabolica”!!!
 
“CONOSCI TE STESSO”: “SAPERE AUDE”!!! Nella cecità e nell’ignoranza, il fariseismo cattolico-romano non ha mai voluto fare un passo oltre il propr-io egoismo, il proprio ecoismo e il proprio narcisismo. La sua lezione,  il suo magistero,  è stata sempre e solo quella di insegnare ad “amare il prossimo tuo come te stesso” – al modo di Eco e di Narciso, appunto – per vivere ‘bene’ nel regno del Dio Mammona (“Deus caritas est”) e della Morte
 
GESU’ CRISTO, IL FIGLIO DI DIO SALVATORE (DEI VIVENTI), RISALE AL PRINCIPIO E RI-LIBERA LA STRADA DA OGNI CONFUSIONE . IL DISCORSO VALE PER TUTTI E PER TUTTE, PER L’INTERA UMANITA’. A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».  Il discorso vale per gli uomini, per le donne … e per i sacerdoti di tutte le caste di tutte le religioni – devote e atee. 
 
 
Gesù precisa e rivela:  tutti e tutte, fin “dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina” e che “per questo ogni essere umano con il suo “maschio” – uomo o donna, è lo stesso – “lascerà suo padre e sua madre” e si unirà in matrimonio con la (sua femmina, che diventerà) “sua moglie”.
 
 Il matrimonio, se di matrimonio vogliamo parlare – al di là di ogni biologismo, è innanzitutto questo: lo sposarsi di (del “maschio” – mascolinità, intelligenza) con se stesso (con la “femmina” – femminilità, sensibilità), di “me” con “me stesso” - con “me stessa”. E diventare, così -  grazie a questa unione - “marito-moglie”,  “padre-madre” del mio “figlio”, della mia figlia”.
 
Tutto dipende se l’alleanza e l’unione del mio “marito-moglie”, del mio “padre-madre”, avviene secondo la Legge   del Dio-Amore (“Deus charitas est”: 1 Gv.: 4. 1-16) o del Dio-Mammona (“Benedetto XVI, “Deus caritas est”)!!! Nel primo caso, “io” divento “Figlio” di Dio- Amore e  il Signore-Amore di “me” con “me stesso” – con “me stessa”; nell’altro caso, “io” divento “Figlio” del Dio-Mammona e  il Signore “Mercante” di “me” con “me stesso” – con “me stessa”. La differenza è: Regno di Dio-Amore (“Charitas”) o regno di Dio-Mammona (“Caritas”)? Non è possibile servire due “Signori”, due “Padroni” ….  Come all’interno, così all’esterno, come in cielo così in terra!!!
 
Autodeterminazione e autocoscienza di tutti gli esseri umani:  o per l’uno o per l’altro regno. Questo l’aut-aut originario – nella libertà.  Non a caso il “matrimonio” di “Adamo” ed “Eva” è segnato dalla negazione della Legge,  dall’invidia, dalla violenza, e dalla morte e il figlio che sopravvive è Caino, colui che uccide il fratello e – da figlio e signore della menzogna -  nega a se stesso con se stesso - e a Dio-Amore, che glielo chiede -  di averlo fatto ... e diventa il capostipite degli assassini e delle assassine, di quanti portano la morte dentro di sé e fuori, intorno a sé …. E perdersi, definitivamente.  
 
 
Si salva solo Noé , con la sua famiglia, con l’Arca – riprendendo il Principio (l’Arché – ricordiamo anche Talete, che lo cercava!). Il filo rischia di spezzarsi ancora, ma di nuovo la storia riprende il suo cammino:  un essere umano, Abramo,  oserà raccogliere  il suo “maschio” e la sua “femmina” in una buona-unione (“marito” e “moglie”), ascoltare la voce di Dio-amore (“Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò”: Genesi 12. 1),  e mettersi sulla strada dell’andare “a se stesso” (cfr.: Moni Ovadia, Vai a te stesso, Torino, Einaudi, 2002), e … del divenire  Figlio e Signore di se stesso con se stesso - nella sua casa,   nel Regno di Dio-Amore (“Charitas”).
 
Il cattolicesimo-romano (non solo della Chiesa di Roma, ma di tutte le Chiese di tutte le religioni – comprese quelle laiche e mammoniche) oggi è finito, ma la sua ombra cupa e mortifera domina   ancora il nostro presente storico. 
 
 Dopo duemila anni dalla nascita di Cristo siamo ancora qui … prigionieri di  “interi millenni di labirinto” (Nietzsche). A confondere tra Amore e Mammona, tra il “Padre nostro” (“Charitas”) e il “Santo Padre” (“Caritas”) della Gerarchia cattolco-romana -  e continuiamo ancora a non voler e a non osare sposare bene la nostra sensibilità e la nostra intelligenza per ben-conoscere, al non “sàpere aude”  (osare assaggiare e sapere) di noi stessi e di noi stesse – e della buona-grazia (“eu-charistia”) dell’Amore (“Charitas”)!!!  
 
 Federico La Sala
 
________
 
  Intorno a questi temi, nel sito e inrete, si cfr.:
 
 
 
 

AI CERCATORI DEL MESSAGGIO EVANGELICO. Una nota sulla "lettera" perduta.



Giovedì 01 Ottobre,2009 Ore: 21:39
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 20/10/2009 21.42
Titolo:GIUSEPPE DOSSETTI E LA DIFESA DELLA COSTITUZIONE
I padri costituenti e la difesa della Carta

di Nadia Urbinati (la Repubblica, 20.10.2009)

Il primo grido di allarme per le tentazioni distruttive verso la nostra Costituzione manifestate dalle maggioranze guidate da Silvio Berlusconi venne lanciato nel 1994 da Giuseppe Dossetti, uno dei padri più rappresentativi della nostra carta fondamentale e della nostra coscienza costituzionale. Con una lettera inviata il 25 aprile di quello stesso anno all’allora sindaco di Bologna, Walter Vitali, Dossetti lanciava i comitati per la difesa della Costituzione con queste parole: «Si tratta cioè di impedire ad una maggioranza che non ha ricevuto alcun mandato al riguardo di mutare la nostra Costituzione: [quella maggioranza] si arrogherebbe un compito che solo una nuova Assemblea Costituente, programmaticamente eletta per questo, e a sistema proporzionale, potrebbe assolvere come veramente rappresentativa di tutto il nostro popolo. Altrimenti sarebbe un colpo di stato».

Dossetti fu uno dei 556 deputati dell’Assemblea Costituente eletta il 2 giugno 1946, e poi membro della Commissione per la Costituzione (conosciuta anche come commissione dei 75) il cui compito era di elaborare un progetto di Costituzione. Il 21 novembre 1946, Dossetti presentò in Commissione la proposta relativa al diritto di resistenza. Queste le sue parole: «La resistenza individuale e collettiva agli atti dei poteri pubblici, che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione, è diritto e dovere di ogni cittadino». Rileggere oggi le discussioni dei costitutenti sul tema dell’oppressione e della necessità che la Costituzione si doti di strumenti di autodifesa è un’esperienza intellettuale unica perché rivela quanta attenzione, preparazione e serietà ci fosse in quell’Assemblea costitutiva della nostra democrazia. Riprendere in mano quella storia, quelle discussione è diventato essenziale per la nostra libertà.

Dossetti era un tomista e pensava al potere politico (quello costituito nello stato) come alla fonte di un rischio permanente dal quale premunirsi. Aldo Moro fu dalla sua parte e nonostante le ragionevoli perplessità nei confronti di un principio che era essenzialmente metagiuridico e di difficile traduzione in legge, tuttavia anche lui come Dossetti comprese quanto fosse essenziale per una democrazia che la cittadinanza venisse concepita e vissuta come un’identità politica non solo giuridica, perché alla sua base stava il dovere morale di preservare i fondamenti della sua stessa esistenza. È il cittadino che preserva se stesso preservando la carta.

E così, quando nel 1994 il padrone di Mediaset impresse una direzione autoritaria alla politica italiana e i partiti dell’opposizione anche allora sembrarono non comprendere per davvero la natura nuova e inquietante di quel corso politico, Dossetti riprese il ruolo morale di padre costituente e tornò a fare il dovere che la cittadinanza richiede: lanciò un movimento di cittadini attivi per esprimere un chiaro e forte "No!" alle manipolazioni della carta da parte di maggioranze o leader bramosi di dominio illimitato; un movimento che avesse il compito di far capire a tutta la nazione che la Costituzione non era a disposizione - proprio come non lo sono le donne, secondo la bella risposta di Rosy Bindi al capo della maggioranza.

La sovranità non è la stessa cosa del governo; e non lo sarebbe nemmeno se per ipotesi il governo godesse del 99% dei consensi elettorali. La differenza tra sovranità e maggioranza eletta che governa per un tempo limitato non è numerica, ma di forma e di sostanza. E infatti, nonostante Berlusconi si riempia la bocca della parola "popolo" egli pensa ai suoi elettori e a quelli che le sue strategie commerciali possono eventualmente catturare. Ma la sovranità e la costituzione non sono a disposizione di una parte, di nessuna parte, e non hanno nulla a che fare con la massa che un leader pensa di catturare, tenere o imbonire.

La ragione di questa indisponibilità è ancora una volta ben espressa dalle parole di Dossetti: «C’è una soglia che deve essere rispettata in modo assoluto... oltrepasserebbe questa soglia qualunque modificazione che si volesse apportare ai diritti inviolabili civili, politici, sociali previsti nell’attuale Costituzione. E così pure va ripetuto per una qualunque soluzione che intaccasse il principio della divisione e dell’equilibrio dei poteri fondamentali, legislativo, esecutivo e giudiziario, cioè per ogni avvio, che potrebbe essere irreversibile, di un potenziamento dell’esecutivo ai danni del legislativo, ancorché fosse realizzato con forme di referendum, che potrebbero trasformarsi in forme di plebiscito... In questo senso ho parlato prima di globalità del rifiuto cristiano e ritengo che non ci sia possibilità per le coscienze cristiane di nessuna trattativa».

La coscienza cristiana di Dossetti coincideva in quel caso perfettamente con quella pubblica del cittadino perché la difesa delle prerogative costituzionali era difesa della libertà di ciascuno di distinguersi ed essere autonomo dalla pretesa di omologazione e dominio di una maggioranza. Nel maggio 1947, intervenendo sul tema proposto da Dossetti, Antonio Giolitti (allora Pci) ricordò che «la garanzia essenziale del regime democratico è... l’autogoverno morale e politico del cittadino». Per questa ragione, benché il diritto di resistenza (che avrebbe dovuto essere contenuto nell’Articolo 50) non passò l’esame, esso fa parte comunque nella cultura etica della cittadinanza democratica. La vita della Costituzione è nelle mani dei cittadini. Ha scritto anni fa Paolo Pombeni che le idee dossettiane e dei costituenti sulla resistenza come autodifesa della Costituzione «scomparvero dall’attenzione dell’Assemblea Costituente e dalla stessa memoria storica», ma il loro principio ispiratore ha una portata che «dovrebbe essere rivalutata» perché, si potrebbe aggiungere, la Costituzione, scritta da una generazione che non è piú, è viva nel nostro presente e la sua persistenza é un nostro dovere civile.

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