- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (432) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org "ADDIO ALLA VERITA'" DELL'ECONOMIA. LATUOUCHE SPIEGA COME L'ECONOMIA E' DIVENTATA UNA RELIGIONE. Una nota di Federico Rampini,a cura di Federico La Sala

DECRESCITA, PARADIGMA DEL DONO, E BUONA-NOTIZIA. PER LA CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA E DELLA TEOLOGIA CATTOLICO-"MAMMONICA" ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006)...
"ADDIO ALLA VERITA'" DELL'ECONOMIA. LATUOUCHE SPIEGA COME L'ECONOMIA E' DIVENTATA UNA RELIGIONE. Una nota di Federico Rampini

Latouche suggerisce un cambio di terminologia nel suo nuovo saggio L’invenzione dell’economia (...) A scanso di equivoci, parliamo di "a-crescita" come si parla di ateismo. Perché proprio di questo si tratta, dice Latouche: «Uscire dalla religione della crescita».Una religione che esige dalle masse dei credenti una fede cieca, assoluta, irrazionale (...)


a cura di Federico La Sala

L’INVENZIONE DELL’ECONOMIA

Così l’economia è diventata una religione

  Un saggio provocatorio di Latouche, teorico 
  della "decrescita serena", per liberare il pianeta 
  dalla dittatura del Pil che fagocita tutto

di Federico Rampini (la Repubblica, 06.02.2010)

Chi avrebbe il coraggio di esaltare le virtù della "decrescita" davanti agli operai di Termini Imerese o ai minatori dell’Alcoa? Non è un caso se l’ambientalismo più radicale ha successo nei ceti professionali medioalti; mentre le forze politiche legate a una visione "produttivista" - la Lega Nord in Italia o il Tea Party Movement della destra populista in America - fanno breccia in quel che resta della classe operaia. "Fermare lo sviluppo" diventa uno slogan quasi irreale quando lo sviluppo comunque non c’è più, nell’Europa di oggi stremata dalla disoccupazione. D’altra parte suona come un atteggiamento snobistico, da élite privilegiate, se viene brandito contro le aspirazioni di centinaia di milioni di cinesi e indiani: solo grazie alla continuazione del boom attuale in quell’area del mondo, potranno vedersi realizzate le loro aspettative di un tenore di vita appena decente.

Eppure anche i fautori dello sviluppo-ad-ogni-costo ammutoliscono davanti agli scenari di una prolungata stagnazione. Al World Economic Forum di Davos, una settimana fa, il direttore del Fondo monetario internazionale ha annunciato dai 5 ai 7 anni di "lacrime e sangue" per l’intera Europa, alle prese con colossali deficit pubblici. Neppure i leader più demagogici in Occidente osano promettere che alla fine del tunnel tutto tornerà come prima. Non basta che Obama faccia la voce grossa coi cinesi perché d’incanto tornino a spuntare capannoni industriali in tutto il Midwest.

L’economista francese Serge Latouche è da anni il più autorevole critico dello sviluppo. Una delle sue opere di maggiore successo, uscita proprio mentre l’Occidente sprofondava nella più grave crisi degli ultimi settant’anni, si intitolava Breve trattato sulla decrescita serena (Bollati Boringhieri, 2008). Il rischio è che la decrescita si confonda con la recessione, tutt’altro che serena. Come conciliare la necessità di dare sbocchi professionali ai giovani, con un orizzonte di stagnazione, precariato, regresso del potere d’acquisto? Per evitare questa impasse, Latouche suggerisce un cambio di terminologia nel suo nuovo saggio L’invenzione dell’economia (Bollati Boringhieri, in uscita oggi). A scanso di equivoci, parliamo di "a-crescita" come si parla di ateismo. Perché proprio di questo si tratta, dice Latouche: «Uscire dalla religione della crescita».

Una religione che esige dalle masse dei credenti una fede cieca, assoluta, irrazionale. Lo si capisce da un test logico elementare. Come conciliare l’idea di una crescita infinita, con le risorse naturali del pianeta che sono limitate? Latouche mette a nudo questo paradosso: con il tasso attuale di crescita della Cina (10% di aumento del Pil annuo, nei primi otto anni del XXI secolo), si ottiene una moltiplicazione di 736 volte in un secolo. Immaginiamo invece che la Repubblica Popolare si assesti su una velocità di sviluppo più moderata, per esempio quel 3,5% annuo che fu la media europea negli anni della ricostruzione post-bellica: si avrebbe pur sempre una moltiplicazione di 31 volte in un secolo. Chi può pensare che ci sia sul pianeta abbastanza petrolio, acqua da bere, ossigeno da respirare, per una Cina che produce e consuma trenta volte più di adesso?

La critica di Latouche va al cuore della scienza economica, che smonta e demistifica assegnandole una parabola storica ben precisa: è da Aristotele a Adam Smith che la visione economica si codifica e conquista un ruolo centrale, dominante, infine totalitario, nella civiltà occidentale (poi conquista via via tutte quelle altre zone del mondo che si sono modernizzate emulando i modelli dell’Occidente). Il marxismo in questo senso è una finta alternativa, un rovesciamento fallito, la sua prospettiva rimane la stessa: il produttivismo, l’idolatria dello sviluppo. «Viviamo ancora - scrive Latouche - in piena apoteosi dell’èra economica. Viviamo l’acme della onnimercificazione del mondo. L’economia non solo si è emancipata dalla politica e dalla morale, ma le ha letteralmente fagocitate. Occupa la totalità dello spazio. Il discorso pubblicitario, che invade tutto, diffonde la visione paneconomica e la spinge fino all’assurdo: pretendendo di dare un senso alla vita, ne rivela la mancanza di senso».

Pochi autori possono unire l’erudizione e la profondità analitica di Latouche, insieme con la sua capacità di attaccare alle radici venti secoli di pensiero occidentale: in passato proprio Karl Marx, e tra i contemporanei Giovanni Arrighi, si sono cimentati con operazioni così ambiziose. In questa sua ultima opera Latouche accetta anche qualche mediazione politica. Il suo orizzonte ultimo è una Utopia da terzo millennio, una società di abbondanza sulla base di quella che Ivan Illich chiamava la "sussistenza moderna", una sorta di neofrugalità appagata. Per arrivarci, Latouche è disposto a una transizione fatta di nuove regole e ibridazioni: «In questo senso le proposte concrete degli altermondialisti, dei sostenitori dell’economia solidale e del paradigma del dono, possono ricevere un appoggio incondizionato». In fondo c’è posto in questa visione anche per il progetto di Nicolas Sarkozy: abbandonare la "dittatura del Pil", fondando su altri parametri la misura del benessere sociale di una nazione.


Sul tema, in rete, si cfr.:

IL DONO E L’INTERESSE PER GLI ALTRI. Contro l’antropologia e la teologia utilitaristica del Dio Denaro, Alain Caillé rilancia l’importante questione.

DIO E’ VALORE ("CARITAS") E LA LEGGE DEL LAVORO, "NELLA VIGNA DEL SIGNORE", E’ QUESTA!!! RASSEGNARSI (?)!!!

TUTTO A "CARO-PREZZO": QUESTO "IL VANGELO CHE ABBIAMO RICEVUTO". IL VANGELO DI RATZINGER, BERTONE, RUINI, BAGNASCO E DI TUTTI I VESCOVI.

FOUCAULT, HADOT, PROSPERI, VATTIMO. L’ "addio alla verità" degli antichi e la coraggiosa proposta della carità ("charitas"), oggi.

LA GABBIA E IL "FILO D’ORO" DI ELVIO FACHINELLI. LE AMARE RIFLESSIONI DI LEA MELANDRI, IL CORAGGIO DI P.A. ROVATTI, E IL RISVEGLIO DI DON PAOLO FARINELLA. Materiali per riprendere a pensare in modo "inattuale"



Sabato 06 Febbraio,2010 Ore: 15:31
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Filosofia

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info