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www.ildialogo.org Chiesa e Stato in Italia. Dal­la Grande guerra al nuovo Concordato (1914-1984). Un lavoro di Rocco Pertici, recensito da Sergio Romano,a cura di Federico La Sala

STATO E CHIESA: UN PROBLEMA TEOLOGICO-POLITICO, NON STORICO. CON LA COSTITUZIONE IL POPOLO ITALIANO HA FATTO "LA RIFORMA", MA NE' I CATTOLICI NE' I LAICI LO HANNO CAPITO. A PIETRO SCOPPOLA, CHE AVEVA COMINCIATO A CAPIRLO, ALLA FINE GLI HANNO "SPEZZATO LE RENI".... E ORA ANCHE A NOI: "FORZA ITALIA"!!!
Chiesa e Stato in Italia. Dal­la Grande guerra al nuovo Concordato (1914-1984). Un lavoro di Rocco Pertici, recensito da Sergio Romano

(...) il Concordato, come ogni trattato, può essere tuttavia interpretato in un senso o nell’altro e risponde in ultima analisi ai rap­porti di forza tra coloro che lo hanno firma­to. Oggi la Chiesa si serve della debolezza del­la politica italiana per affermare con vigore la propria interpretazione e piegarlo alle li­nee della propria politica. Questa affermazio­ne, beninteso, è mia, non di Pertici, che è un eccellente storico e conclude la sua storia nel 1984 (...).


a cura di Federico La Sala


Un saggio ripercorre il difficile rapporto fra laicità e religione in Italia: unostrumento per comprendere le difficoltà di oggi

Quel sogno fallito di Cavour  

La separazione fra Stato e Chiesa, che lui avrebbe voluto,
viene tradita da 150 anni

di Sergio Romano

, Corriere della Sera 18.9.09

Il testamento biologico, la pillola Ru486, l’insegnamento religioso nelle scuole, il giudizio delle gerarchie ecclesiastiche sulle frequentazioni femminili del presidente del Consiglio e, naturalmente, il «caso Boffo» sono soltanto gli ultimi episodi di un problema, quello dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, che domina da centocinquant’anni, con fasi alterne, la vita nazionale.


Il punto di partenza potrebbero essere i due discorsi di Cavour alla Camera e al Sena­to nel marzo e nell’aprile del 1861. Forte dei grandi successi ottenuti nei mesi precedenti, Cavour non esitò a porre il problema di Ro­ma e a interpellare direttamente Pio IX: «San­to Padre, il potere temporale per voi non è più garanzia di indipendenza. Rinunciate ad esso e noi vi daremo quella libertà che avete invano chiesta da tre secoli a tutte le grandi potenze cattoliche (…) noi siamo pronti a proclamare nell’Italia questo gran principio: libera Chiesa in libero Stato».


Come scrive Roberto Pertici in un libro edi­to dal Mulino — Chiesa e Stato in Italia. Dal­la Grande guerra al nuovo Concordato (1914-1984) — Cavour conosceva e apprezzava il ruolo della religione nelle società politiche, ma aveva letto Tocqueville ed era convinto che soltanto una netta separazione dello Stato dalla Chiesa, come negli Stati Uniti, avrebbe permesso al sentimento religioso di esprimersi con la massima libertà e spontaneità. Occorreva quindi spogliare la Chiesa di tutti gli anacronistici privilegi accumulati nel corso dei secoli e al tempo stesso spogliare lo Stato di tutti i diritti d’ingerenza negli affari ecclesiastici che i re e gli imperatori avevano conquistato per se stessi soprattutto negli ultimi decenni dell’Ancien Régime e nell’era napoleonica. Separazione, nel linguaggio politico di Cavour, era sinonimo di libertà.
Non credo che vi sia un altro programma politico, nella storia dell’Italia unita, che sia stato altrettanto citato, invocato, elogiato, ma sostanzialmente ignorato, bistrattato e spesso spudoratamente contraddetto.


Con qualche esagerazione si potrebbe affermare che il libro di Pertici è la storia di un progetto fallito o, per meglio dire, di tutto ciò che l’Italia ha fatto o tentato di fare per allontanarsi dalla generosa visione di Cavour. Nata da una iniziativa del Senato e completata da un’appendice (circa 300 pagine) in cui so­no riprodotti i dibattiti parla­mentari (da quello sulla rati­fica dei Patti Lateranensi a quello del 1984 sulla revisio­ne del Concordato), questa opera è scritta nello stile e nello spirito di al­cuni grandi predecessori dell’autore, da Fran­cesco Ruffini a Stefano Jacini, da Arturo Car­lo Jemolo a Francesco Margiotta Broglio; ed è l’opera di cui abbiamo bisogno per farci strada nella giungla dei nostri improvvisati dibattiti quotidiani.


Torniamo all’Italia del dopo Cavour. La leg­ge delle guarentigie, approvata dal Parlamen­to italiano dopo la presa di Roma, ebbe il me­rito di creare una cornice all’interno della quale Stato e Chiesa poterono convivere, più o meno bene, per quasi sessant’anni. Ma fu piena di contraddizioni e incongruenze fra cui la principale fu quella di creare un sovra­no senza territorio.

Il papa sarebbe stato trat­tato alla stregua di un re e avrebbe avuto, tra l’altro, il diritto d’inviare e ricevere ambascia­tori, ma la terra su cui sorgevano i suoi palaz­zi sarebbe stata parte integrante del Regno d’Italia.

La Grande guerra, come ricorda Perti­ci, convinse la Chiesa che la formula era terri­bilmente scomoda, se non addirittura perico­losa; e la vittoria dell’Italia nel conflitto la per­suase che era inutile attendere la morte natu­rale del regno blasfemo dei Savoia.
Cominciò da quel momento un negoziato decennale, che si concluse nel 1929 con la fir­ma dei Patti Lateranensi. Grazie al Trattato la Chiesa ebbe nuovamente uno Stato, anche se molto piccolo, e grazie al Concordato con­quistò prerogative e privilegi che erano l’esat­to opposto del grande disegno delineato da Cavour.


La Conciliazione ebbe molti padri ma il merito maggiore, come sempre accade in questi casi, andò a colui che ne gestì l’ultima fase, vale a dire all’«uomo inviato dalla Prov­videnza ». Dieci anni dopo, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, la Chiesa capì che il ruolo avuto da Mussolini nei Patti Latera­nensi avrebbe potuto screditarli agli occhi degli antifascisti dopo la fine dei regime e corse ai ripari cercando di stipulare qualche controassicurazione.

Rinvio il lettore alle pa­gine del libro in cui Pertici descrive un incon­tro in Svizzera nell’agosto del 1938 fra monsi­gnor Mariano Rampolla, ni­pote del segretario di Stato di Leone XIII, e due comuni­sti (Ambrogio Donini ed Emi­lio Sereni). Rampolla chiese quale fosse la posizione del loro partito e fu lieto di ap­prendere che il Pci non ave­va alcuna intenzione di ri­mettere in discussione il Trattato del 1929. Ma appre­se anche con preoccupazio­ne «che il crollo del fascismo avrebbe segnato la caduta del regime concor­datario ».

La linea della Chiesa da quel mo­mento fu netta. Il Trattato e il Concordato erano pezzi complementari di una stessa co­struzione e la sorte dell’uno avrebbe inevita­bilmente segnato la sorte dell’altro: simul stabunt, simul cadunt . Questa posizione trionfò nell’Assemblea Costituente, grazie a Togliatti, e la vittoria della Chiesa rafforzò considerevolmente, negli anni seguenti, l’egemonia cattolica sulla società italiana.


Un nuovo capitolo si apre quando la legge sul divorzio comincia il suo difficile percor­so parlamentare nella seconda metà degli an­ni Sessanta. La Santa Sede sostenne che il di­vorzio avrebbe violato lo spirito e le norme del Concordato. Aveva ragione giuridicamen­te ma, come sostenne Giuseppe Saragat, allo­ra presidente della Repubblica, moralmente e politicamente torto: moralmente perché quelle norme erano state stipulate con Mus­solini e salvate grazie a un accordo con i co­munisti, politicamente perché «tutte le na­zioni civili hanno il divorzio».


L’approvazione della legge e la sua confer­ma dopo il referendum del maggio 1974 eb­bero l’effetto di convincere la Chiesa che la difesa del Concordato del 1929 era diventata impossibile e che un nuovo negoziato era or­mai inevitabile. Ma anche in questo caso le trattative durarono dieci anni. Pertici ne de­scrive molto bene i passaggi e dimostra che il nuovo Concordato ha avuto almeno due meriti. Ha valorizzato i comportamenti degli individui e il loro diritto di scegliere fra l’of­ferta della Chiesa e quella delle istituzioni statali; e ha affermato e salvaguardato il prin­cipio del pluralismo religioso.


Anche il Concordato, come ogni trattato, può essere tuttavia interpretato in un senso o nell’altro e risponde in ultima analisi ai rap­porti di forza tra coloro che lo hanno firma­to. Oggi la Chiesa si serve della debolezza del­la politica italiana per affermare con vigore la propria interpretazione e piegarlo alle li­nee della propria politica. Questa affermazio­ne, beninteso, è mia, non di Pertici, che è un eccellente storico e conclude la sua storia nel 1984.

__________________

Sul tema, in rete, si cfr.:

L’IDEOLOGIA CATTOLICO-FASCISTA DEL MAESTRO UNICO E L’ART. 7 DELLA COSTITUZIONE, UN BUCO NERO CHE DISTRUGGE L’ITALIA E LA STESSA CHIESA CATTOLICA.

 IL DIO DEI MAFIOSI NON E’ CRISTIANO, MA CATTOLICO-ROMANO - ’MEDITERRANEO’. Il sociologo Augusto Cavadi ne parla con Alessandra Turrisi. E don Mario Torcivia parla del "martire" don Puglisi

Caro Prof. Scoppola ... Chiesa e Costituzione non confondiamo!!!

Caro Prof. Scoppola... L’ordine simbolico di "Mammasantissima" e la Costituzione!!!

 

 

 

 
 


Venerdì 18 Settembre,2009 Ore: 16:17
 
 
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