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www.ildialogo.org Sintesi : in Italia i simpatizzanti di sinistra sono chiamati a scegliere fra tre capi,Roma, dal nostro corrispondente

Le Monde, 12 ottobre 2009
Sintesi : in Italia i simpatizzanti di sinistra sono chiamati a scegliere fra tre capi

Roma, dal nostro corrispondente

(traduzione dal francese di José F. Padova)


 
Dal loro modo di presentarsi sulla scena della convention del Partito Democratico (PD, centro sinistra) di domenica 11 ottobre si sa già quello che essi vogliono rappresentare. Il rigore per Pierluigi Bersani, in giacca e cravatta. Uscito vincitore dallo scrutinio organizzato fra i militanti tesserati con il 55% dei voti, sembra essere già stato eletto come sfidante della destra. La falsa disinvoltura per Dario Franceschini, il segretario generale uscente, il quale, con il 37% dei suffragi, deve ancora cercare di sedurre. Ha tolto la giacca ma ha conservato la cravatta. Il rilassamento completo per Ignazio Marino che, con l’8% dei voti, sa già di essere battuto e vuole soltanto creare la sorpresa. Per lui né giacca né cravatta.
 
Dopo quaranta minuti ciascuno di discorso tutti tre sono stati designati perché si presentino ai simpatizzanti che decideranno, alle primarie del 25 ottobre, chi mettere alla testa del Partito democratico, che si è costituito nel 2007 e che finora non ha vinto alcuna elezione. Silvio Berlusconi, che prende gusto nel fare il conto di tutti i leader della sinistra che ha battuto, attende già il prossimo, certo di vincerlo alle regionali del 2010.
 
Bersani o Franceschini? Tutti sanno bene che ormai tutto si deciderà fra questi due rivali. Se Bersani, già ministro dell’Economia con Romano Prodi, ha ricevuto domenica il sostegno di Guglielmo Epifani, il segretario generale del potente sindacato CGIL, il segretario generale uscente ha vinto all’applausometro.
 
Il primo ha chiamato a un’ “apertura”. “Noi non vogliamo fare tutto da soli, contando soltanto sulle divisioni nella destra per spuntarla”, ha lanciato, invocando “ampie alleanze”, in particolare col centro. Una critica implicita all’idea di un partito “a vocazione maggioritaria”, difesa dai fondatori del PD.
 
“Non voglio un partito a vocazione minoritaria”, ha replicato Franceschini, che è orgoglioso di aver “salvato il partito” come l’aveva voluto il suo fondatore, Walter Veltroni, del quale è stato il braccio destro. “Si può morire a forza di tattica”, ha insistito, spiegando che la nascita di un “grande centro” condannerebbe il PD all’opposizione per “trentacinque anni”.
 
L’uno e l’altro rappresentano due diverse famiglie della sinistra italiana, anche se, a prima vista, la loro parentela è evidente. Venuto dal Partito comunista, Pierluigi Bersani è passato coi Democratici della sinistra (DS) per atterrare all’Ulivo, la federazione dei partiti di sinistra e di centro sinistra messa insieme da Romano Prodi per vincere le elezioni del 2006. Dario Franceschini è nato alla politica nel girone della Democrazia cristiana, per ritrovarsi anch’egli nell’Ulivo dopo un passaggio nel Partito popolare.
 
Soprattutto sono i loro mentori che li distinguono. Bersani è sostenuto dall’ex ministro degli Esteri Massimo D’Alema, mentre Franceschini ha ricevuto appoggio di Veltroni, candidato fortunato contro Silvio Berlusconi nel 2008. Specie di Jospin e Fabius transalpini, Veltroni e D’Alema, venuti dal PCI, non hanno finito di metabolizzare l’odio e le divergenze strategiche che li oppongono e in queste prossime primarie si concedono una nuova occasione per confrontarsi.
 
Due settimane di campagna attendono ora i candidati. Un dibattito a tre è previsto il 16 ottobre sulla rete televisiva del partito, You Dem. Per scongiurare qualsiasi rischio di frattura, sia Franceschini che Bersani hanno promesso di aprire la direzione del PD ai perdenti. Ignazio Marino, che potrebbe essere l’arbitro di questo duello in caso di secondo turno, ha richiamato alla calma: “I militanti non hanno idee così diverse come quelle dei nostri capi”.
 
Testo originale:
 
Synthèse
En Italie, les sympathisants de gauche sont appelés à choisir entre trois chefs
LE MONDE | 12.10.09 | 17h50  • 
 
Rome Correspondant
 
A leur manière de se présenter, dimanche 11 octobre à Rome, sur la scène de la convention du Parti démocrate (PD, centre gauche), on sait déjà ce qu'ils veulent représenter. La rigueur pour Pierluigi Bersani, vêtu d'un costume cravate. Sorti vainqueur du scrutin organisé auprès des militants encartés, avec 55 % des voix, il semble déjà investi challenger de la droite. La fausse décontraction pour Dario Franceschini, le secrétaire général sortant, qui, avec 37 % des suffrages, doit encore chercher à séduire. Il a posé la veste mais gardé la cravate. La décontraction aboutie pour Ignazio Marino qui, avec 8 % des votes, sait déjà qu'il sera battu et entend seulement créer la surprise. Pour lui, ni veste ni cravate.
 
Après quarante minutes de discours chacun, tous trois ont été investis pour se présenter désormais devant les sympathisants qui décideront, lors des primaires du 25 octobre, qui porter à la tête du Parti démocrate, né en 2007 et qui, pour l'heure, n'a gagné aucune élection. Silvio Berlusconi, qui prend plaisir à faire le compte de tous les leaders de la gauche qu'il a déjà battus, attend déjà le prochain, certain d'en venir à bout lors des régionales de mars 2010.
 
M. Bersani ou M. Franceschini ? Chacun sait bien que c'est désormais entre ces deux rivaux que tout va se jouer. Si M. Bersani, ancien ministre de l'économie de Romano Prodi, a reçu, dimanche, le soutien de Guglielmo Epifani, le secrétaire général du puissant syndicat CGIL, le secrétaire général sortant a gagné à l'applaudimètre.
 
Le premier a appelé à une "ouverture". "Nous ne voulons pas faire tout tout seul en comptant seulement sur les divisions de la droite pour l'emporter", a-t-il lancé en plaidant pour "d'amples alliances", notamment avec le centre. Une critique implicite à l'idée d'un parti "à vocation majoritaire" défendue par les fondateurs du PD.
 
"Je ne veux pas d'un parti à vocation minoritaire", a répliqué M. Franceschini, qui s'enorgueillit d'avoir "sauvé le parti" tel que l'avait voulu son fondateur, Walter Veltroni, dont il fut le bras droit. "On peut mourir à force de tactique", a-t-il insisté, expliquant que la naissance d'un "grand centre" condamnerait le PD à l'opposition pour "trente-cinq ans".
 
L'un et l'autre représentent deux familles de la gauche italienne, même si, à première vue, leur cousinage est patent. Venu du Parti communiste, Pierluigi Bersani est passé par les Démocrates de gauche (DS) pour atterrir à l'Olivier, la fédération des partis de gauche et de centre gauche mise en place par M. Prodi pour gagner les élections de 2006. Dario Franceschini est né à la politique dans le giron de la Démocratie chrétienne pour se retrouver lui aussi à l'Olivier après un passage par le Parti populaire.
 
Par-dessus tout, ce sont leurs mentors respectifs qui les distinguent. M. Bersani est soutenu par l'ancien ministre des affaires étrangères Massimo D'Alema, quand M. Franceschini a reçu l'appui de M. Veltroni, candidat malheureux contre Silvio Berlusconi en 2008. Sortes de Jospin et Fabius transalpins, MM. Veltroni et D'Alema, venus du PCI, n'ont pas fini de purger la haine et les divergences stratégiques qui les opposent et s'offrent dans ces primaires une nouvelle occasion de se confronter.
 
Deux semaines de campagne attendent maintenant les candidats. Un débat à trois est prévu le 16 octobre sur la chaîne télévisée du parti, YouDem. Pour conjurer tout risque de fracture, M. Franceschini comme M. Bersani ont promis d'ouvrir la direction du PD aux vaincus. Ignazio Marino, qui pourrait être l'arbitre de ce duel en cas de second tour, a appelé au calme : "Les militants n'ont pas des idées aussi différentes que celles de nos chefs."
 


Mercoledì 14 Ottobre,2009 Ore: 10:45
 
 
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