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PROFUGHI
Benvenuti in Europa

da: Die Zeit, Hamburg, n. 40/2009


http://www.zeit.de/2009/40/fluechtlinge

 
Hanno collaborato:Jochen Bittner, Khue Pham, Gero von Randow, Joachim Riedl, Birgit Schönau, Michael Thumann – (traduzione dal tedesco di José F. Padova)
 
Gli Stati dell’Unione Europea fanno di tutto per scoraggiare i profughi: li si lascia affogare, li si respinge o li si stipa in sudici lager. Cronologia di un dramma che si svolge ogni anno davanti alle nostre coste.
 
Mediterraneo fra la costa italiana e quella libica, fine di luglio: la tragedia di ogni anno va avanti. Con le temperature estive aumenta il numero di profughi e immigranti che tentano di arrivare in Europa per mare anziché per via di terra. Come ogni anno tutti i partecipanti al dramma si sono preparati, ognuno a suo modo. I guardacoste nazionali e l’agenzia europea a tutela dei confini Frontex aumentano i loro pattugliamenti, i contrabbandieri di persone stipano i profughi in gusci di noce sempre più piccoli, per sfuggire le pattuglie. I pescatori segnano i natanti affondati con le boe luminose, perché sempre più spesso nelle loro reti si impigliano cadaveri. Materiale per notizie brevi di cronaca.
 
Un giovane profugo nel campo rifugiati di Calais, ora sgomberato.
 
Eppure quest’estate un barcone ha scosso l’Europa. Alla fine di luglio 78 eritrei partono di notte dalla costa libica in direzione di Lampedusa. Le loro chance di ottenere asilo politico sono buone – a condizione che raggiungano l’Europa. L’organizzazione per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch definisce l’Eritrea «una gigantesca prigione» a causa delle torture, del lavoro coatto e del servizio militare, sovente obbligatorio a vita. La traversata verso Lampedusa è l’ultima tappa di un viaggio lungo migliaia di chilometri. I profughi hanno a bordo acqua potabile e carburante per tre giorni.
 
Bruxelles, luglio. Il governo svedese ha intanto assunto la presidenza dell’Unione Europea. Durante il periodo di presidenza dovrebbe essere emanato il «Programma di Stoccolma» concernente una politica comune europea sul diritto d’asilo e sui profughi per i prossimi cinque anni.
Ma i membri dell’Unione Europea non possono accordarsi su alcuna definizione comune della figura di profugo. I cristiani iracheni ottengono senza problemi l’asilo politico in Svezia. In Grecia essi sono respinti quasi tutti. I ceceni hanno possibilità discretamente buone di avere tutela come profughi in Austria, a pochi chilometri di distanza in Slovacchia la quota dei riconoscimenti è pari allo zero. Il diritto d’asilo e il controllo sull’emigrazione sono rimasti i bastioni della sovranità nazionale. L’Unione Europea è impotente.
 
Il problema fondamentale tuttavia è questo: da quando sotto il vessillo della «lotta all’emigrazione illegale» le norme per l’entrata in uno Stato sono state inasprite, i profughi dalle dittature e dalle zone di guerra non hanno più alcuna chance di venire in Europa, in ogni caso non legalmente.
 
«Chi è perseguitato politicamente gode del diritto di asilo» - questo principio è espresso all’articolo 16a della Costituzione Federale Tedesca. Eppure l’enunciato vale praticamente soltanto per coloro che giungono in Germania direttamente – ciò che senza visto d’ingresso non è più possibile. «Disposizione (Comunità Europea) n. 343/2003» o in breve «Dublino II» si chiama l’accordo in base al quale ogni profugo deve presentare la sua richiesta d’asilo politico nel Paese in cui ha toccato per la prima volta il suolo europeo. La gran parte degli immigranti e dei profughi arriva negli Stati di frontiera, a Malta e Cipro, in Italia, Spagna, Grecia. I Paesi geograficamente interclusi, come la Germania, non sono coinvolti. L’afflusso lo devono fermare i loro vicini. Soprattutto i governi a Berlino e Vienna si rifiutano di applicare un criterio vincolante per la ripartizione dei nuovi arrivati fra tutti i Paesi membri dell’Unione Europea. La più o meno malcelata giustificazione: negli anni ’90 Germania e Austria sarebbero state «lasciate sole» con centinaia di migliaia di profughi dai Balcani. Perché ora mettersi ad aiutare i vicini?
 
Altrettanto brutalmente si comportano gli Stati dell’Europa meridionale – non contro i loro vicini settentrionali, ma contro i profughi.
 
Atene, metà luglio. Ad Atene e in altre città greche comincia l’ «Operazione Scopa». Mediante razzie la polizia arresta migliaia di profughi e immigrati senza documenti e li trasporta nelle diverse province. Poco prima il governo greco aveva stabilito nuove norme circa il diritto d’asilo, che erano subito entrate in vigore, secondo le quali i singoli procedimenti venivano spostati nelle 50 Direzioni di polizia delle province. L’istanza di opposizione ai provvedimenti di polizia è praticamente abrogata, i profughi possono invece essere da subito internati da tre fino a sei mesi in campi di raccolta. In pochissime Direzioni di polizia vi sono traduttori e impiegati competenti che possono prendere in esame le domande d’asilo. Il rappresentante dell’UNHCR ad Atene in conseguenza di ciò tronca la collaborazione col governo greco. Già lo scorso anno il Consiglio d’Europa aveva descritto le condizioni di vita in uno dei più grandi campi d’internamento greci come «abominevoli» e «a rischio epidemie per gli assistenti e per gli internati».
 
Fino a qui e non oltre: teatro del dramma europeo dei profughi.
 
Dal momento che Spagna e Italia hanno isolato sempre più ermeticamente le loro coste, passatori e profughi ripiegano su rotte sempre più a oriente. In Grecia il numero dei profughi e degli immigranti in tre anni è salito da 40.000 a 146.000. la maggior parte arriva dalla Turchia. Dalla costa anatolica dell’Egeo alle più vicine isole greche vi sono soltanto poche miglia nautiche.
 
È l’ultima «strettoia» sul confine meridionale dell’Europa.
 
Roma, 8 agosto. In Italia entra in vigore il «decreto sicurezza», secondo il quale gli arrivi illegali possono essere puniti con pene pecuniarie fra i 5.000 e i 10.000 euro e con l’espulsione immediata. In seguito a dure critiche da parte della Chiesa e dell’opposizione il governo Berlusconi delibera una norma eccezionale per le circa 700.000 immigrate che lavorano in Italia senza documenti come domestiche o badanti per gli anziani.
 
Col «decreto sicurezza» vengono inoltre legalizzate le ronde cittadine, che nelle zone con alta percentuale di stranieri dovrebbero occuparsi «di quiete e ordine». Sugli italiani che ospitano o impiegano immigrati senza documenti incombono ora pene detentive da tre a sei anni. Il governo regionale della Puglia si permette di segnalare che la raccolta di pomodori è stata effettuata quest’estate quasi per intero da « irregolari».
 
Isola di Lesbo, 18 agosto. Nel campo d’internamento greco di Pagani 150 profughi, minori d’età e non accompagnati, sono entrati in sciopero della fame per protesta contro le condizioni di vita. Lì oltre 1.000 persone sono stipate in un ex capannone industriale dietro finestre con le inferriate e recinzioni di filo spinato. Due giorni dopo attivisti europei dei diritti dell’uomo filmano di nascosto la situazione a Pagani e mettono il video in Internet. Le riprese mostrano fra l’altro un deposito coperto di muffa con brande su quattro piani e materassi, nel quale sono rinchiusi 160 giovani e ragazzi in età minorile, molti dei quali provengono chiaramente dall’Afghanistan e dall’Iraq. Alcuni presentano mutilazioni a braccia e gambe, un 13enne giace esanime in letto. Non vi è alcuna assistenza medica, dicono i profughi, 160 uomini si dividono due gabinetti, il puzzo è insopportabile. L’internamento della durata di mesi viola numerosi accordi di diritto internazionale, fra i quali la Convenzione di Ginevra sui profughi e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei minori.
 
In un colloquio con Die Zeit il ministro degli Eterei greco Dora Bakojannis dà la colpa ai vicini. «La Turchia deve una buona volta controllare con maggiore efficienza i suoi confini, per porre fine al commercio degli esseri umani». Bakojannis chiede la solidarietà dell’Europa. «L’immigrazione illegale è una sfida alla Grecia, alla Turchia e all’Unione Europea. Per questo motivo dobbiamo combattere insieme questa moderna forma di commercio degli schiavi». Gli esperti europei di diritto d’asilo ritengono tutto ciò meri pretesti. La Grecia ostenta da anni a scopo dimostrativo di non avere l’intenzione di osservare un livello minimo di difesa e di sostentamento dei rifugiati.
 
Mediterraneo, nei pressi di Lampedusa, 20 agosto. La guardia costiera italiana ricupera da un canotto gonfiabile cinque eritrei, totalmente esauriti. Si tratta dei soli sopravvissuti dei 78 profughi che erano partiti a fine luglio dalle coste libiche. Gli eritrei erano in mare alla deriva da quasi tre settimane, senza cibo, carburante e acqua potabile e avevano gettato fuori bordo, a mano a mano, i cadaveri dei loro connazionali. Non soltanto il numero dei morti era finito in prima pagina in tutta Europa, ma anche il fatto che chiaramente numerose navi da carico avevano avvistato il gommone senza portare aiuto. Soltanto gli equipaggi di due motopescherecci, riferisce un sopravvissuto, avevano dato loro pane e acqua. Ma poi avevano ripreso la rotta lasciando indietro i profughi.
 
In Italia dopo questo caso si è inasprito il conflitto fra la Chiesa cattolica e il governo. L’Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, accusa l’Europa di chiudere gli occhi davanti alla tragedia dei profughi nel Mediterraneo così come aveva fatto a suo tempo durante la Shoah «davanti ai treni stipati di deportati». Umberto Bossi, presidente del partito populista di destra al governo Lega Nord, dichiara che il Vaticano dovrebbe aprire le sue porte agli illegali invece di criticare il governo. Organizzazioni cattoliche di laici, come la Comunità S. Egidio, lamentano che il loro lavoro di assistenza ai profughi viene sempre più ostacolato nelle città a governo di destra.
 
Già in maggio la guardia costiera italiana aveva intercettato in mare aperto diverse centinaia di profughi e li aveva scortati con la forza fino in Libia, senza verificare il loro diritto alla tutela. Espulsione o «respingimento» in un Paese, nel quale i profughi sono in pericolo di vita, infrangono i principi fondamentali della Convenzione di Ginevra sui profughi (CGP). La Libia non ha mai firmato la Convenzione, è considerata come uno Stato che tortura, i maltrattamenti ai profughi sono documentati, come pure il loro arresto effettuato in modo disumano e il loro «riporto» nei Paesi di origine: coloro che ne sono colpiti vengono trasportati in container da carico per 1.500 chilometri di deserto, senza cibo né acqua, al confine sudanese sono sovente «rivenduti» ai passatori. Ciò che la Chiesa cattolica e i gruppi di profughi considerano un’eclatante violazione del diritto internazionale il ministro italiano dell’Interno Roberto Maroni definisce uno «storico punto di svolta nella lotta contro l’immigrazione illegale», che secondo l’opinione del suo partito, la Lega Nord, minaccia di «sommergere» l’Italia.
 
Intercettare i profughi in alto mare con il sospetto dell’ «immigrazione illegale» e «deviarli» nei Paesi africani – questa pratica fa parte da lungo tempo della strategia dell’organizzazione per la difesa delle frontiere dell’Unione Europea Frontex, anche se questa ufficialmente agisce come scorta della guardia costiera nazionale. la studiosa di diritto internazionale Monika Lüke, segretaria generale della sezione tedesca di Amnesty International, definisce la partecipazione di elicotteri tedeschi a tali azioni come «concorso in violazioni del diritto internazionale».
 
In quanto a ciò non è più vero neppure il quadro della fortezza europea, che ha sollevato i suoi ponti levatoi. L’Unione Europea agisce molto più come una potenza militare e poliziesca, che estende la difesa dei suoi confini con missioni out-of-area profondamente addentro al continente africano e in mare aperto.
 
Scuola di marina Schleswig-Holstein, Travemünde, inizio settembre. Un’area con costruzioni in clinker rosso, gru di banchina, battelli da esercitazione e officine meccaniche per motori. 55 apprendisti di società armatrici tedesche imparano qui meccanica navale, alcuni vogliono in seguito prendere la patente di capitano di lungo corso. Stefan Schmidt, 67 anni, è docente onorario di sicurezza sulle navi. Cinque anni fa come capitano di una nave e insieme a Elias Bierdel, l’allora capo dell’organizzazione umanitaria Cap Anamur, in Mediterraneo aveva salvato 37 profughi africani. Da allora contro entrambi è in corso ad Agrigento un processo per «concorso in immigrazione clandestina di carattere particolarmente grave». Il pubblico ministero ha chiesto una pena di quattro anni di detenzione e 400.000 euro di ammenda per ognuno.
 
Gli allievi di Schmidt sono disorientati. Il soccorso alle persone in pericolo di naufragio è proprio un imperativo ferreo per gli equipaggi delle navi. Gli allievi ripassano gli scenari. Che fate se vedete un battello di profughi in alto mare? «Non prendete a bordo quella gente», dice un istruttore. «Ma informate le autorità a terra e attendete finché arrivano gli aiuti». - «Se sono in pericolo di vita li devi raccogliere», dice un altro, «tutto il resto è omissione di soccorso». In ottobre ad Agrigento dovrebbe essere emessa la sentenza. Schmidt crede in un’assoluzione.
 
Amburgo, metà settembre. Per difendere le loro politiche repressive i governi denunciano gli alti numeri di immigranti «illegali». Ma quanti sono effettivamente in Europa?
 
L’economista ed esperta d’immigrazione Dita Vogel dell’Istituto amburghese di studi sull’economia mondiale è stata influente partecipante al progetto di ricerca «Clandestino», che adesso, dopo due anni di lavoro, ha corretto nettamente al ribasso il numero degli immigrati illegali in Europa. Invece di 500.000 fino a 1 milione, fin qui ipotizzati, l’Istituto calcola da 200.000 a 460.000 illegali in Germania. Per l’intera Unione Europea l’Istituto stima il numero delle persone prive di permesso legale di soggiorno da 2,8 a 6 milioni nel 2005, mentre la Commissione europea quantifica da 4,5 a 8 milioni. Si dovrebbe già prevedere, dice Vogel, che l’aggiornamento dei dati in corso per l’anno seguente darà come risultato cifre ancora più ridotte.
 
L’istituto di Amburgo inoltre ha esaminato il modo in cui la Commissione Europea era giunta agli 8 milioni stimati di «illegali». Vogel chiama questo: «Inseguire a ritroso la catena delle citazioni». Dunque: la Commissione si riferisce a un documento di lavoro dei suoi collaboratori, i quali da parte loro si fondano su uno studio di una agenzia di consulenza aziendale a Londra, la quale di nuovo indica come fonte una fondazione irlandese, che da parte sua aveva citato un articolo del quotidiano francese Le Figaro.
 
Ancora un paio di numeri – questa volta del German Institute of Global and Area Studies ad Amburgo. La maggior parte dei 17 milioni di emigranti africani rimane in Africa. Il Sudafrica con 7 milioni di stranieri senza documenti ospita più «illegali» di tutta l’Unione Europea. E anche se le immagini delle TV e dei giornali lo suggeriscono con insistenza: il colore della pelle dell’emigrante tipico non è il nero e la presunta «marea di migranti» davanti alle coste europee è un’illusione che serve opportunamente alla politica. Oltre la metà delle persone, che arrivano in Europa attraverso il Mediterraneo, mantiene una delle diverse forme di status di profugo. Se pure arriva alla fine del viaggio.
 
Calais, in settembre. Dichiara il suo nome come Sajjad, la sua età con 16 anni. La sua meta: «Andare a scuola a Londra». Da un anno è in fuga dall’Afghanistan, dove i Taliban hanno ucciso la sua famiglia, e due settimane fa dopo quasi 6.000 chilometri attraverso l’Iran, la Turchia e la Grecia è arrivato nella «giungla». Così è chiamata la rude zona presso Calais, dove da anni i profughi vivono miseramente in baracche simili a slum. La loro meta è l’Inghilterra, dove hanno parenti e amici e la cui lingua padroneggiano. Di notte tentano di balzare sul tetto di un treno Eurostar o di aggrapparsi sotto a uno degli autocarri, per passare oltre il Canale e giungere in Gran Bretagna.
 
Quelli che non ce l’hanno fatta tornano indietro e seguono il consiglio dei passatori: nascondetevi. Rimangono nella sterpaglia, si lavano nelle acque di scolo delle industrie o ne comprano un paio di litri nelle taniche. I contrabbandieri di uomini hanno molta esperienza pratica di questo mercato; portano coltello e randello e li adoperano anche. Le loro organizzazioni reticolari si sono spartite il territorio intorno a Calais. Per molti cittadini e amministrazioni comunali la «giungla» è un marchio d’infamia. Ci si è da molto tempo dimenticati che questo accampamento della miseria è sorto soltanto perché nel 2002 l’allora ministro francese dell’Interno Nicolas Sarkozy aveva fatto demolire un centro di accoglienza della Croce Rossa.
 
Competente per la «giungla» è ora Eric Besson, ministro per l’«Immigrazione e l’identità nazionale», un ex socialista. Ha annunciato che farà sgomberare il campo nei prossimi giorni. Besson difende, con indignazione dei forti gruppi francesi di profughi, il «Paragrafo della solidarietà», che prevede pene per chi aiuta gli «illegali» e i «sans papiers», le persone senza documenti e nel fare questo non distingue fra i passatori avidi di guadagni e chi per esempio offre asilo ecclesiastico.
 
Bruxelles, inizio settembre. Jacques Barrot, Commissario agli Interni dell’Unione Europea, e come tale competente per «libertà, sicurezza e diritto», fa comunicare da un portavoce che la Commissione aspetta dall’Italia un chiarimento circa l’accusa che immigranti sarebbero stati rispediti in Libia mentre ancora si trovavano in alto mare. Silvio Berlusconi reagisce prontamente. I Commissari e i loro portavoce che si immischiano nella politica interna italiana, così dice il primo ministro italiano, dovrebbero essere «cacciati fuori». Se anche una sola volta ciò dovesse accadere, lui, Berlusconi, bloccherebbe ogni attività condivisa in seno al Consiglio Europeo.
 
Dopo questo attacco Die Zeit domanda più volte all’ufficio stampa di Barrot quali mezzi restano all’Unione Europea per esigere dagli Stati membri il rispetto del diritto – una risposta non arriva.
 
Bruxelles, inizio settembre. La Commissione dell’Unione Europea in collaborazione con l’UNHCR propone un «programma comune di resettlement». Vi si prende in considerazione non già l’accoglienza di persone dai campi di Pagani o Lampedusa, bensì di persone particolarmente bisognose di protezione dei campi profughi delle regioni in stato di guerra o di crisi. L’anno scorso l’UNHCR ha trasferito 66.000 persone nel quadro di questo programma. Gli Stati membri dell’Unione Europea ne hanno accolte soltanto 4.400, accanto ai 10.000 profughi iracheni, che in ottemperanza a una deliberazione dell’Unione Europea dello scorso anno devono essere portati in Europa – anche in Germania. La partecipazione al «Programma resettlement», d’altro canto, è volontaria.
 
Vienna, 14 settembre. Nella prigione sita in Hernalser Gürtel [ndt.: periferia di Vienna] il detenuto indiano in attesa di espulsione Gangapreet Singh viene trovato morto nella sua cella. Singh da quattro settimane rifiutava qualsiasi nutrimento. Per protesta contro le condizioni esistenti in Austria nella «prigione delle retate» soltanto nel 2009 oltre 1.000 detenuti in attesa di espulsione hanno intrapreso lo sciopero della fame. Sovente quattro detenuti sono rinchiusi insieme in 20 metri quadrati. La doccia è concessa una volta alla settimana, i casi di suicidio e di automutilazioni si moltiplicano.
 
Strasburgo, 16 settembre. Entro poche ore all’Europarlamento sarà nuovamente eletto quale Presidente della Commissione Europea e quindi capo dell’Esecutivo europeo il portoghese Manuel Barroso.
 
Nel bar della sala stampa del Parlamento si trova il deputato CSU Manfred Weber, fra l’altro competente per la politica del diritto d’asilo e dell’immigrazione. Regole comuni del gioco «non sono in vista ancora per molto tempo». Weber vorrebbe inviare in Mediterraneo un team che possa verificare le accuse [ndr.: di violazioni di norme e accordi internazionali e comunitari]. L’Unione Europea dovrebbe per lo meno sapere, egli dice, «che cosa è veramente accaduto quest’estate».
 
Bruxelles, 21 settembre. Durante un incontro con i suoi colleghi il ministro della Repubblica Federale Tedesca Wolfgang Schäuble (CDU) muove aspre critiche al comportamento della Grecia nei confronti dei profughi. Non da ultimo perché i tribunali tedeschi sempre più spesso vietano l’espulsione di chi chiede asilo politico e ha toccato il suolo dell’Unione Europea in Grecia. Il 9 settembre per la prima volta anche la Corte costituzionale tedesca ha proibito l’espulsione verso la Grecia di un iracheno, il quale, dopo avervi chiesto invano l’asilo politico, aveva raggiunto la Germania.
 
Schäuble esige dal suo collega ateniese che il «sistema di Dublino» venga mantenuto in condizioni di funzionare, il che significa: la Grecia deve rispettare gli standard, perché la Germania possa continuare come ha fatto finora. Da parte tedesca non si sentono proposte per un criterio-chiave di distribuzione dei profughi fra tutti i Paesi membri dell’Unione Europea.
 
Calais, 22 settembre. Nelle prime ore del mattino la polizia francese sgombera la «giungla». Fin dalla notte precedente molte centinaia di profughi erano già scomparsi dal campo. 278 sono arrestati, quasi la metà sono minori, che ora dovrebbero andare in case di accoglienza. Il resto scomparirà da qualche parte. Che cosa ne è stato di Sajjd, il 16enne afgano, resta oscuro.
 
Hanno collaborato: Jochen Bittner, Khue Pham, Gero von Randow, Joachim Riedl, Birgit Schönau, Michael Thumann

Testo originale:
 
Flüchtlinge
 
Willkommen in Europa
Die EU-Staaten tun alles, um Flüchtlinge abzuschrecken: Man lässt sie ertrinken, schiebt sie ab oder pfercht sie in dreckige Lager. Chronologie eines Dramas, das sich jährlich vor unseren Küsten abspielt
© Oli Scarff/Getty Images
Mittelmeer zwischen italienischer und libyscher Küste, Ende Juli: Das jährliche Drama läuft. Mit den sommerlichen Temperaturen steigt die Zahl der Flüchtlinge und Migranten, die versuchen, über See statt über Land nach Europa zu kommen. Wie jedes Jahr haben sich alle Beteiligten auf ihre Weise vorbereitet: Nationale Küstenwachen und die europäische Grenzschutzagentur Frontex verschärfen ihre Patrouillen, Schleuser pferchen Flüchtlinge in immer kleinere Nussschalen, um den Patrouillen zu entgehen. Fischer markieren gesunkene Boote mit Leuchtbojen, weil sich immer öfter Leichen in ihren Netzen verfangen. Stoff für Kurzmeldungen.
Doch ein Boot wird in diesem Sommer Europa aufschrecken. Ende Juli brechen 78 Eritreer nachts von der libyschen Küste Richtung Lampedusa auf. Ihre Chancen, Asyl zu erhalten, stehen gut – vorausgesetzt, sie erreichen Europa. Die Menschenrechtsorganisation Human Rights Watch bezeichnet Eritrea aufgrund von Folter, Zwangsarbeit und oft lebenslangem Wehrdienst als »gigantisches Gefängnis«. Die Überfahrt nach Lampedusa ist die letzte Etappe einer Tausende Kilometer langen Reise. Die Flüchtlinge haben Trinkwasser und Treibstoff für drei Tage an Bord.
Brüssel, im Juli: Die schwedische Regierung hat inzwischen die EU-Ratspräsidentschaft übernommen. In ihrer Amtszeit soll das »Stockholmer Programm« zur gemeinsamen Asyl- und Flüchtlingspolitik der EU für die nächsten fünf Jahre verabschiedet werden.
Aber die EU-Mitglieder können sich auf keine einheitliche Flüchtlingsdefinition einigen. Irakische Christen erhalten in Schweden problemlos Asyl, in Griechenland werden sie fast durchweg abgelehnt. Tschetschenen haben leidlich gute Chancen auf Flüchtlingsschutz in Österreich, wenige Kilometer weiter in der Slowakei ist die Anerkennungsquote gleich null. Asylrecht und Migrationskontrolle sind Bastionen der nationalen Souveränität geblieben. Die EU ist machtlos.
Das grundsätzliche Problem aber ist: Seit unter dem Banner des »Kampfes gegen illegale Migration« Einreiseregelungen verschärft worden sind, haben Flüchtlinge aus Diktaturen und Kriegsgebieten kaum mehr eine Chance, nach Europa zu kommen, jedenfalls nicht legal.
»Politisch Verfolgte genießen Asylrecht« – dieses Prinzip steht zwar unter Artikel 16a immer noch im deutschen Grundgesetz. Doch der Satz gilt faktisch nur noch für jene, die direkt nach Deutschland gelangen – was ohne Visum kaum mehr möglich ist. »Verordnung (EG) Nr. 343/2003« oder kurz »Dublin II« heißt das Abkommen, wonach jeder Flüchtling in dem Land seinen Asylantrag stellen muss, in dem er zuerst EU-Boden betreten hat. Das Gros der Migranten und Flüchtlinge kommt in den Grenzstaaten an, auf Malta und Zypern, in Italien, Spanien, Griechenland. Geografische Kernländer wie Deutschland sind abgeschottet. Ihre europäischen Nachbarn müssen den Andrang abfangen. Einem verbindlichen Schlüssel zur Verteilung der Ankömmlinge auf alle EU-Mitgliedsländer verweigern sich vor allem die Regierungen in Berlin und Wien. Die mehr oder weniger unverhohlene Begründung: Deutschland und Österreich seien damals in den neunziger Jahren mit Hunderttausenden Flüchtlingen aus dem Balkan »allein gelassen« worden. Warum also jetzt den Nachbarn helfen?
Entsprechend brachial gebärden sich die südlichen EU-Staaten – nicht gegen ihre Nachbarn im Norden, sondern gegen die Flüchtlinge.
Athen, Mitte Juli: In Athen und anderen griechischen Städten beginnt »Operation Besen«. Die Polizei nimmt bei Razzien Tausende von Flüchtlingen und Migranten ohne Papiere fest und transportiert sie in die griechischen Provinzen ab. Kurz zuvor hatte die griechische Regierung neue Asylregeln in Kraft gesetzt. Demnach werden die Verfahren in die 50 Polizeidirektionen in der Provinz verlagert. Die Widerspruchsinstanz wird faktisch abgeschafft, Flüchtlinge dürfen ab sofort statt bis zu drei bis zu sechs Monate in Lagern interniert werden. In den wenigsten Polizeidirektionen gibt es Übersetzer und geschulte Beamte, die Asylanträge entgegennehmen können. Der UNHCR-Vertreter in Athen kündigt daraufhin die Zusammenarbeit mit der griechischen Regierung auf. Bereits im vergangenen Jahr hatte der Europarat die Bedingungen in einem der größten griechischen Internierungslager als »verabscheuungswürdig« und als »Gesundheitsrisiko für Betreuer wie für Internierte« bezeichnet.
Willkommen in Europa
Weil Spanien und Italien ihre Küsten immer stärker abgeschottet haben, weichen Schlepper und Flüchtlinge auf östlichere Routen aus. In Griechenland schnellte die Zahl der Flüchtlinge und Migranten binnen drei Jahren von 40.000 auf 146.000 hoch. Die meisten kommen über die Türkei. Von der anatolischen Ägäisküste sind es nur wenige Seemeilen bis zur nächsten griechischen Insel.
Es ist das letzte »Schlupfloch« an der europäischen Südgrenze.
Rom, 8. August: In Italien tritt das »Sicherheitsgesetz« in Kraft, wonach illegale Einreise nun mit Geldbußen zwischen 5000 und 10.000 Euro sowie mit sofortiger Abschiebung bestraft werden kann. Nach harscher Kritik von Kirche und Opposition beschließt die Regierung Berlusconi eine Ausnahmeregelung für die rund 700.000 Migrantinnen, die in Italien ohne Papiere als Hausangestellte und Altenpflegerinnen arbeiten.
Mit dem »Sicherheitsgesetz« werden außerdem Bürgerwehren legalisiert, die in Gebieten mit hohem Ausländeranteil »für Ruhe und Ordnung« sorgen sollen. Italienern, die Migranten ohne Papiere beherbergen oder beschäftigen, drohen nun Haftstrafen zwischen drei und sechs Jahren. Die Regionalregierung von Apulien erlaubt sich den Hinweis, dass fast die gesamte Tomatenernte dieses Sommers von »Illegalen« eingefahren worden sei.
Insel Lesbos, 18. August: 150 unbegleitete jugendliche Flüchtlinge treten aus Protest gegen die Bedingungen im griechischen Internierungslager Pagani in Hungerstreik. Dort sind über 1000 Menschen in einer ehemaligen Lagerhalle hinter vergitterte Fenster und Stacheldraht gepfercht. Zwei Tage später filmen europäische Menschenrechtsaktivisten heimlich die Zustände in Pagani und stellen das Video ins Internet. Die Aufnahmen zeigen unter anderem einen schimmeligen Lagerraum mit vierstöckigen Betten und Matratzen, in dem 160 junge Männer und Jugendliche eingesperrt sind, viele kommen offenbar aus Afghanistan und dem Irak. Einige weisen Verstümmelungen an Armen und Beinen auf, ein 13-Jähriger liegt leblos im Bett. Ärztliche Betreuung gebe es keine, sagen Flüchtlinge, 160 Mann teilten sich zwei Toiletten, der Gestank sei unerträglich. Die monatelange Internierung verstößt gegen mehrere völkerrechtliche Abkommen, darunter die Genfer Flüchtlingskonvention und die UN-Kinderrechtskonvention.
In einem Gespräch mit der ZEIT sieht die griechische Außenministerin Dora Bakojannis die Schuld beim Nachbarn. »Die Türkei muss endlich ihre Grenzen wirksamer kontrollieren, um den Menschenhändlern das Handwerk zu legen.« Bakojannis fordert europäische Solidarität. »Illegale Einwanderung ist eine Herausforderung an Griechenland, die Türkei und die EU. Deshalb müssen wir diese moderne Form des Sklavenhandels auch zusammen bekämpfen.« Europäische Asylexperten halten das für Ausflüchte. Griechenland zeige sich seit Jahren demonstrativ unwillig, Mindeststandards beim Flüchtlingsschutz und bei der Versorgung von Flüchtlingen einzuhalten.
Mittelmeer vor Lampedusa, 20. August: Die italienische Küstenwache zieht fünf völlig entkräftete Eritreer aus einem Schlauchboot an Bord. Es handelt sich um die einzigen Überlebenden der 78 Flüchtlinge, die Ende Juli an der libyschen Küste aufgebrochen waren. Die Eritreer waren fast drei Wochen ohne Nahrung, Treibstoff und Trinkwasser im Meer gedriftet und hatten nach und nach die Leichen ihrer verdursteten Landsleute über Bord geworfen. Nicht nur die Zahl der Toten macht für einige Tage in Europa Schlagzeilen, sondern auch der Umstand, dass offenbar mehrere Handelsschiffe das Schlauchboot sichteten, ohne zu helfen. Nur die Besatzungen zweier Fischkutter, berichtet ein Überlebender, hätten ihnen Brot und Wasser gegeben. Dann aber seien sie abgedreht und hätten die Flüchtlinge zurückgelassen.
In Italien eskaliert nach diesem Fall der Konflikt zwischen katholischer Kirche und Regierung. L’Avvenire, die Tageszeitung der katholischen Bischofskonferenz, beschuldigt Europa, vor dem Flüchtlingsdrama auf dem Mittelmeer ebenso die Augen zu verschließen wie seinerzeit während der Shoah »vor den Zügen voller Deportierter«. Umberto Bossi, Vorsitzender der rechtspopulistischen Regierungspartei Lega Nord, erklärt, der Vatikan solle doch seine Tore für Illegale öffnen, statt die Regierung zu kritisieren. Katholische Laienorganisationen wie die Gemeinschaft St. Egidio klagen, dass ihre Hilfsarbeit für Flüchtlinge in rechts regierten Städten zunehmend behindert werde.
Willkommen in Europa
Bereits im Mai hatte die italienische Küstenwache mehrere Hundert Flüchtlinge auf offener See abgefangen und unter Zwang nach Libyen zurückeskortiert, ohne deren Anspruch auf Schutz zu überprüfen. Abschiebung oder »Rückführung« in ein Land, in dem Flüchtlingen Gefahr für Leib und Leben drohen, verstößt gegen das Kernprinzip der Genfer Flüchtlingskonvention (GFK). Libyen hat die GFK nie unterzeichnet, es gilt als Folterstaat, Misshandlungen von Flüchtlingen sind dokumentiert, ebenso deren menschenunwürdige Inhaftierung und die »Rückbringung« in Herkunftsländer: Die Betroffenen werden in Frachtcontainern ohne Wasser und Nahrung 1500 Kilometer durch die Wüste gekarrt und an der sudanesischen Grenze oftmals an Schleuser »zurückverkauft«. Was katholische Kirche und Flüchtlingsgruppen als eklatanten Bruch internationalen Rechts werten, bezeichnet der italienische Innenminister Roberto Maroni als »historischen Wendepunkt im Kampf gegen illegale Migration«, die nach Ansicht seiner Partei, der Lega Nord, Italien zu »überschwemmen« drohe.
Flüchtlinge auf hoher See unter dem Generalverdacht des »illegalen Migrantentums« abzufangen und in afrikanische Länder »umzuleiten« – diese Praxis gehört längst zur Strategie der EU-Grenzschutzorganisation Frontex, auch wenn diese offiziell immer nur als Begleitung einer nationalen Küstenwache agiert. Die Beteiligung deutscher Hubschrauber bei solchen Einsätzen bezeichnet die Völkerrechtlerin Monika Lüke, Generalsekretärin der deutschen Sektion von amnesty international, als »Beihilfe zum Völkerrechtsbruch«.
Insofern stimmt auch das Bild von der europäischen Festung nicht mehr, die ihre Brücken hochgezogen hat. Die EU agiert viel mehr wie eine Militär- und Polizeimacht, die ihren Grenzschutz in Out-of-area-Einsätzen längst weit nach Afrika hinein und auf die offene See hinaus verlegt.
Seemannsschule Schleswig-Holstein, Travemünde, Anfang September: Ein Gelände mit rotem Klinkerbau, Bordkran, Übungsbooten und Motorwerkstätten. 55 Azubis aus deutschen Reedereien lernen hier Schiffsmechanik, manche wollen später ihr Kapitänspatent erwerben. Stefan Schmidt, 67, ist Honorardozent für Schiffssicherheit. Vor fünf Jahren hatte der Schiffskapitän zusammen mit Elias Bierdel, dem damaligen Chef der Hilfsorganisation Cap Anamur, 37 afrikanische Flüchtlinge aus dem Mittelmeer gerettet. Seitdem läuft gegen beide im sizilianischen Agrigent ein Verfahren wegen »Beihilfe zur illegalen Einreise in einem besonders schweren Fall«. Der Staatsanwalt hat ein Strafmaß von vier Jahren Haft und je 400.000 Euro Strafgeld gefordert.
Schmidts Schüler sind verunsichert. Hilfe für Menschen in Seenot ist eigentlich ein ehernes Gebot für Schiffsbesatzungen. Die Schüler gehen Szenarien durch. Was tun, wenn sie ein Flüchtlingsboot auf hoher See sichten? »Die Leute nicht an Bord holen«, sagt eine Auszubildende. »Aber die Behörden an Land informieren und warten, bis Hilfe kommt.« – »Wenn sie in Seenot sind, musst du sie aufsammeln«, sagt ein anderer. »Alles andere ist unterlassene Hilfeleistung.« Im Oktober soll in Agrigent das Urteil gesprochen werden. Schmidt glaubt an einen Freispruch.
Hamburg, Mitte September: Um ihre repressive Politik zu verteidigen, verweisen Regierungen auf die hohen Zahlen »illegaler« Migranten. Wie viele aber sind tatsächlich in Europa?
Die Ökonomin und Migrationsexpertin Dita Vogel vom Hamburgischen WeltWirtschaftsInstitut (HWWI) war maßgeblich am Forschungsprojekt »Clandestino« beteiligt, das nun, nach zwei Jahren Arbeit, die Zahlen illegaler Migranten in Europa deutlich nach unten korrigiert hat. Statt der bisher angenommenen 500.000 bis 1 Million geht das HWWI von 200.000 bis 460.000 Illegalen in Deutschland aus. Für die gesamte EU schätzt das HWWI die Zahl der Menschen ohne legalen Aufenthaltsstatus auf 2,8 bis 6 Millionen Menschen im Jahr 2005, während die EU-Kommission von 4,5 Millionen bis 8 Millionen ausging. Es sei bereits abzusehen, sagt Vogel, dass die laufende Aktualisierung für die folgenden Jahre noch niedrigere Zahlen ergeben werde.
Das HWWI erforschte außerdem, wie die EU-Kommission auf geschätzte 8 Millionen »Illegale« gekommen war. Vogel nennt das: »Zitierketten zurückverfolgen«. Demnach berief sich die Kommission auf ein Arbeitspapier ihrer Mitarbeiter, die sich ihrerseits auf eine Studie einer Londoner Unternehmensberatung stützte, die wiederum als Quelle eine irische Stiftung angab, die ihrerseits einen Artikel der französischen Tageszeitung Le Figaro zitiert hatte.
Willkommen in Europa
Und noch ein paar Zahlen – dieses Mal vom in Hamburg. Die allermeisten der 17 Millionen afrikanischen Migranten bleiben in Afrika. Südafrika beherbergt mit 7 Millionen Ausländern ohne Papiere mehr »Illegale« als die gesamte EU. Auch wenn es die Fernseh- und Zeitungsbilder immer wieder suggerieren: die Hautfarbe des typischen Migranten ist nicht schwarz, und die vermeintliche »Migrantenflut« vor Europas Küsten ist ein politisch opportunes Trugbild. Über die Hälfte der Menschen, die über das Mittelmeer nach Europa kommen, erhalten irgendeine Form von Flüchtlingsstatus. Wenn sie den Weg denn schaffen.
Calais, im September: Er gibt seinen Namen mit Sajjad, sein Alter mit 16 Jahren an. Sein Ziel: »in London zur Schule gehen«. Er sei vor einem Jahr aus Afghanistan geflohen, wo Taliban seine Familie ermordet hätten, und vor zwei Wochen nach fast 6000 Kilometern durch Iran, die Türkei und Griechenland im »Dschungel« angekommen. So heißt der struppige Landstrich bei Calais, wo seit Jahren Flüchtlinge in slumähnlichen Verschlägen hausen. Ihr Ziel ist England, wo sie Verwandte, Freunde haben und die Sprache beherrschen. Bei Nacht versuchen sie, auf das Dach eines Eurostar-Zuges aufzuspringen oder sich unter einem der Lkw festzukrallen, um den Kanal zu überqueren und nach England zu kommen.
Die, die es nicht geschafft haben, kehren zurück und folgen dem Rat der Schleuser: Versteckt euch. Sie bleiben im Gebüsch, sie waschen sich im Industrieabwasser oder kaufen ein paar Liter im Kanister. Die Schleuser haben ihre Märkte fest im Griff. Sie tragen Messer und Knüppel und benutzen sie auch. Ihre netzförmigen Organisationen haben sich das Gelände um Calais aufgeteilt. Vielen Bürgern und der Stadtverwaltung ist der »Dschungel« ein Schandfleck. Man hat längst vergessen, dass dieses Elendscamp nur entstanden ist, weil 2002 der damalige französische Innenminister Nicolas Sarkozy ein Aufnahmezentrum des Roten Kreuzes abreißen ließ.
Zuständig für den »Dschungel« ist jetzt Eric Besson, Minister für »Immigration und nationale Identität«, ein ehemaliger Sozialist. Er hat angekündigt, das Camp in den nächsten Tagen zu räumen. Besson verteidigt zur Empörung der starken französischen Flüchtlingsgruppen den »Solidaritätsparagrafen«, der Hilfe für »Illegale«, für »sans papiers«, Leute ohne Dokumente, unter Strafe stellt und dabei nicht unterscheidet zwischen profitgierigen Schleusern und Leuten, die zum Beispiel Kirchenasyl bieten.
Brüssel, Anfang September: Jacques Barrot, Innenkommissar der EU und als solcher zuständig für »Freiheit, Sicherheit und Recht«, lässt über einen Sprecher mitteilen, die Kommission erwarte von Italien eine Erklärung zu den Vorwürfen, es seien Migranten noch auf See nach Libyen zurückgeschickt worden. Silvio Berlusconi reagiert prompt. Kommissare und ihre Sprecher, die sich in die italienische Innenpolitik einmischten, so der italienische Premierminister, müssten »rausgeworfen« werden. Sollte so etwas noch einmal vorkommen, werde er, Berlusconi, jede Einigung im Europäischen Rat blockieren.
Nach dieser Attacke fragt die ZEIT mehrmals bei Barrots Pressestelle nach, welche Mittel der EU-Kommission blieben, um bei den Mitgliedsstaaten Rechtsgehorsam einzufordern – eine Antwort bleibt aus.
Brüssel, Anfang September: Die EU-Kommission schlägt in Zusammenarbeit mit dem UNHCR ein gemeinsames »Resettlement-Programm« vor. Gemeint ist nicht die Aufnahme von Menschen aus Pagani oder Lampedusa, sondern von besonders Schutzbedürftigen aus Flüchtlingslagern in Kriegs-und Krisengebieten. Vergangenes Jahr siedelte der UNHCR 66.000 Menschen im Rahmen dieses Programms um. Mitgliedsländer der EU nahmen lediglich 4400 von ihnen auf, neben den 10.000 irakischen Flüchtlingen, die nach einem EU-Beschluss von vergangenem Jahr nach Europa geholt werden sollen – auch nach Deutschland. Die Teilnahme am »Resettlement-Programm« ist allerdings freiwillig.
Wien, 14. September: Im Gefängnis Hernalser Gürtel wird der indische Abschiebehäftling Gangapreet Singh tot in seiner Zelle aufgefunden. Singh hatte seit vier Wochen jede Nahrung verweigert. Aus Protest gegen die Zustände in der »Schubhaft« sind allein 2009 über 1000 Abschiebehäftlinge in Österreich in Hungerstreik getreten. Oft sind vier Häftlinge auf 20 Quadratmetern zusammengesperrt, Duschen ist einmal pro Woche erlaubt, Fälle von Selbstmorden und Selbstverstümmelungen häufen sich.
Willkommen in Europa
Straßburg, 16. September: In wenigen Stunden wird im Europaparlament der Portugiese Manuel Barroso erneut zum Präsidenten der EU-Kommission und damit zum Chef der europäischen Exekutive gewählt.
In der Presse-Bar des Parlaments zieht der CSU-Abgeordnete Manfred Weber, unter anderem zuständig für Asyl- und Migrationspolitik, Bilanz. »Gemeinsame Spielregeln« seien noch lange nicht in Sicht. Weber möchte ein Team in die Mittelmeerländer entsenden, das die Vorwürfe überprüfen soll. Die EU müsse wenigstens wissen, sagt er, »was in diesem Sommer wirklich passiert ist«.
Brüssel, 21. September: Bei einem EU-Treffen mit Amtskollegen übt Bundesinnenminister Wolfgang Schäuble (CDU) harsche Kritik an Griechenlands Umgang mit Flüchtlingen. Nicht zuletzt weil deutsche Gerichte immer häufiger die Abschiebung von Asylsuchenden untersagen, die in Griechenland EU-Boden betreten haben. Am 9. September hatte erstmals auch das Bundesverfassungsgericht die Abschiebung eines Irakers nach Griechenland verboten, der von dort nach einem erfolglosen Asylantrag nach Deutschland weitergereist war.
Schäuble fordert von seinem Athener Kollegen, »das Dublin-System« funktionsfähig zu halten, das heißt: Griechenland soll die Standards einhalten, damit Deutschland weitermachen kann wie bisher. Vorschläge zu einem verbindlichen Verteilerschlüssel für Flüchtlinge auf alle Mitgliedsländer hört man von deutscher Seite nicht.
Calais, 22. September: In den frühen Morgenstunden räumt die französische Polizei den »Dschungel«. Mehrere Hundert Flüchtlinge waren bereits in der Nacht zuvor aus dem Camp verschwunden. 278 werden festgenommen, fast die Hälfte sind Jugendliche, die nun in ein Heim kommen sollen. Der Rest wird irgendwo unterschlüpfen. Was aus Sajjad, dem 16-jährigen Afghanen, geworden ist, bleibt unklar.
Mitarbeit: Jochen Bittner, Khue Pham, Gero von Randow, Joachim Riedl, Birgit Schönau, Michael Thumann


Luned́ 05 Ottobre,2009 Ore: 16:19
 
 
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