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OBAMA AD ACCRA

di Antonella Ninci

La visita e il discorso di Obama ad Accra hanno suscitato grande emozione in tutto il mondo, e non solo in Africa dove il neo presidente americano è visto come il nuovo Messia. Il suo messaggio è apparso alla maggior parte della gente coraggioso e promettente.
Due sono le novità più forti rispetto ai discorsi degli uomini politici che lo hanno preceduto.
Una è la denuncia di responsabilità che anche gli africani avrebbero per la situazione di povertà e di mancato sviluppo del loro paese. Questa posizione, fino ad ora mai sostenuta pubblicamente, poteva essere accettata dagli africani solo se proveniva da uno di loro e non a caso Obama ha rinsaldato il suo senso di appartenenza all’Africa ricordando le sue radici, l’esperienza di suo padre sotto gli inglesi, la vita di miseria, in modo che ogni africano potesse immedesimarsi in lui.
L’invito ad agire e a non piangersi addosso è senz’altro un messaggio nuovo e stimolante che interrompe la lunga sequela di colpe che il colonialismo occidentale si porta dietro nell’immaginario collettivo degli africani, senz’altro a ragione. Come Obama ha sottolineato, la tentazione di scaricare le colpe su agenti esterni invece di ricercare in se stessi almeno una parziale responsabilità o se non altro la molla per cambiare le cose è una tentazione molto forte per tutti gli uomini, a tutte le latitudini.
Nel suo discorso però il presidente americano parla del colonialismo come di un fatto del passato. In realtà, mentre è vero che “ l’Occidente non è responsabile della distruzione dell’economia nello Zimbawe nell’ultimo decennio o delle guerre in cui vengono arruolati bambini come combattenti”, bisogna pur ricordare il ruolo del WTO nelle crisi economiche dei paesi africani, le sovvenzioni interne ai produttori di cotone americani che hanno annientato la produzione di cotone africano, il protezionismo in genere per i prodotti occidentali, la riduzione dei prezzi delle merci prodotte in Africa, come caffè, thè, caucciù, lo sfruttamento selvaggio della zona del delta del Niger ad opera delle compagnie petrolifere, perlopiù americane. A proposito delle guerre poi, è vero che la responsabilità dei bambini soldato è dei governi e degli eserciti locali, ma le armi da dove vengono? Bisogna ricordare ancora che il maggior produttore di mine antiuomo fino a poco tempo fa era proprio l’Italia? Per non parlare del sostegno militare dei vari paesi occidentali a difesa dei loro interessi nei diversi stati africani.
La seconda novità è il riconoscimento agli africani di un ruolo primario e autonomo nelle scelte per il loro futuro (“Il futuro dell’Africa spetta agli africani”), pur garantendo loro un sostegno esterno (“noi siamo pronti a collaborare con azioni diplomatiche, assistenza tecnica e supporto logistico”). Questa posizione cambia la direzione seguita fino a pochi anni fa da ogni tipo di intervento in Africa, sia ad opera di organizzazioni internazionali, di governi, istituzioni e associazioni, anche quelle animate da buone intenzioni. Ogni progetto, operazione, attività, salvo rare eccezioni, è quasi sempre stata decisa dagli occidentali, a volte a tavolino, a volte “on the field” , e portava con sé ovviamente la visione occidentale dei problemi e delle loro soluzioni, con scarsa considerazione della mentalità, delle tradizioni e della cultura locali.
Obama ha poi indicato quattro aree “decisive per il futuro dell’Africa”: la democrazia, le opportunità, la salute e la risoluzione pacifica dei conflitti. Gli africani sono consapevoli della corruzione dei loro governanti ma si sentono impotenti di fronte alla continua violazione dei diritti e sperano solo in una mediazione del presidente americano. Le parole di Obama in realtà erano dirette più ai governanti che al popolo, anche se afferma che “la storia è al fianco degli africani valorosi”.
E non è mancata la reazione degli uomini di governo africani. Il presidente dell’Uganda, Museveni, al potere oltre i termini consentiti dalla costituzione ugandese, grazie a un referendum che ha cambiato la costituzione e che ha sollevato molte polemiche e molti sospetti di corruzione, ha fatto sapere che lui “non ha bisogno di lezioni di democrazia, di politica o di economia da leaders stranieri, compreso il Presidente americano Barack Obama... Al contrario gli altri leaders farebbero meglio ad ascoltare lui”. Il tono polemico della risposta sembra dare ragione agli oppositori politici di Museveni che sostengono che le parole di Obama sembrano tagliate apposta per Museveni.
Infine a proposito della salute, nessuno oserebbe mettere in discussione le affermazioni di Obama sul diritto alla salute degli africani ed è anche condivisibile la necessità che “i singoli africani facciano scelte responsabili per impedire il diffondersi della malattia (AIDS)”, ma vorremo vedere cosa succederà nella guerra dei brevetti sui farmaci e in particolare sui farmaci anti AIDS prodotti dalle case farmaceutiche in genere americane, che si oppongono alla produzione locale di tali farmaci e vorrebbero imporre aumenti vertiginosi dei prezzi a tutela del brevetto.
La questione africana è molto più complessa di quello che il discorso di Obama ha fatto sperare, ma il mondo non si è fatto in un giorno e sappiamo che la diplomazia gioca un ruolo fondamentale nella politica internazionale. Per questo, senza abbassare la guardia e senza farsi troppe illusioni, ripetiamo con Martin Luter King che il discorso di Obama “… rafforza la mia fede nella vittoria finale della giustizia”.
Antonella Ninci
Certaldo 17 luglio 2009

Articolo tratto da:

FORUM (156) Koinonia

http://www.koinonia-online.it

Convento S.Domenico - Piazza S.Domenico, 1 - Pistoia - Tel. 0573/22046



Domenica 19 Luglio,2009 Ore: 17:29
 
 
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