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www.ildialogo.org BARCHE ALL’ORMEGGIO,di p. Ottavio Raimondo

7 febbraio
BARCHE ALL’ORMEGGIO

di p. Ottavio Raimondo

Eccomi, manda me. (I lettura: Is 6,1-2a.3-8)
Così predichiamo e così avete creduto. (II lettura: 1 Cor 15,1-11)
Lasciarono tutto e lo seguirono. (III lettura: Lc 5,1-11)
 
Gesù, stando presso il lago di Gennèzaret, vide due barche accostate alla sponda.
Gesù è colui che vede: vede la folla che lo cerca e vede i farisei che mormorano; vede Natanaele sotto il fico e vede Levi seduto al banco delle imposte. Dichiara felice la folla impoverita e stanca e la alimenta condividendo il pane. Ai farisei parla dell’amore di Dio: pastore che cerca la pecora smarrita, donna che cerca la moneta perduta, papà che attende e accoglie con le braccia aperte il figlio che “era morto”. All’udito e al cuore di Natanaele e di Levi fa giungere una parola bella che li affascina e per loro tutto diventa nuovo. Gesù vede oggi tante barche accostate alla riva, forse anche la tua e la mia, e ci chiede di lasciarlo salire, di lasciarlo entrare nella nostra vita...
Prendi il largo e calate le reti per la pesca
…ci chiede di prendere il largo. Deve essere stata proprio bella la parola di Gesù a Simone se lo convince a lasciare la riva e a gettare le reti.
Certamente è una parola che ha la capacità di avvincere, di coinvolgere, di ricercare il nuovo. Una parola bella che accolta da uno, in questo caso da Pietro, diventa parola per tutti e, di fatto, tutti getteranno le reti e, poco dopo, tutti lasceranno tutto per seguirlo.
Le reti sono fatte per essere calate. Le reti che rimangono nella barca non si riempieranno mai di pesci; i discepoli che hanno paura di prendere il largo e di entrare nella realtà spesso burrascosa della storia non saranno mai costruttori del regno di Dio, non formeranno mai una chiesa entusiasta di stare con il suo Maestro e di accogliere ogni tipo di pesce, ogni persona a qualsiasi popolo e cultura appartenga. Le reti sono un’immagine della Chiesa. I primi cristiani si definivano “pesciolini” tratti fuori dal mare tenebroso dell’idolatria, dell’impero, dell’odio, e trasferiti sotto la misericordia di Dio.
In un mondo in cui l’esperienza di fede è ritenuta un fatto soggettivo, in una realtà in cui tendiamo a guardare solo a noi stessi è urgente prendere il largo e gettare le reti.
Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini.
Certamente questa chiamata non sarebbe stata accolta se tra quella notte in cui quei pescatori non avevano pescato nulla e questo invito di Gesù, non ci fosse stata di mezzo quella pesca così abbondante da riempire tanto le due barche che quasi affondavano, ma non affondano.  
A Carolina le sue colleghe insegnanti dicevano di attendere alcuni anni prima di farsi missionaria così avrebbe potuto aiutare i suoi genitori che, ormai anziani, non avevano mezzi certi di sussistenza. Carolina rispondeva decisa: “E chi mi assicura che domani avrò la forza che ho oggi per dire: eccomi?”. Carolina lasciando tutto se ne è andata contenta, la paura non ha vinto in lei. Per lei si è realizzata la parola di Gesù: “vi farò pescatori di uomini”.
Grazie Carolina per aver preso il largo e aver gettato la rete della tua vita in Congo proprio durante le guerre dei Grandi Laghi e, adesso, nell’America Centrale.
Abbiamo bisogno di chiedere a chi ha fatto l’esperienza forte di lasciare tutto e di seguire il Maestro, di rivivere con noi la sua storia perché la nostra barca non rimanga ormeggiata.
Qualcuno ha bisogno della tua testimonianza. Non negarla, sii testimone della parola bella e forte di Gesù.
p. Ottavio Raimondo, missionario comboniano 348-2991393 oraimondo@emi.it


Lunedì 01 Febbraio,2010 Ore: 12:35
 
 
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