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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Natale 2009 - Messa della Veglia,A cura di don Paolo Farinella, prete

Natale 2009 - Messa della Veglia

A cura di don Paolo Farinella, prete

 

Parrocchia Santa Maria Immacolata e San Torpete in Genova
P.za S. Giorgio/Via delle Grazie, 27/3 – 16128 Genova – Tel/Fax 010 2468777
Email parroco: paolo_farinella@fastwebnet.it
 
 
Così non avete potuto vegliare con me un’ora sola! (Mt 26,40)
Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio (Is 9,5)
 
* Natale 2009 - Messa della Veglia[1]
Giovedì 24 dicembre ore 21,00, P.za San Giorgio
 
 
 
L’«Accademia dei Virtuosi»
ensembledella Scuola Giuseppe Conte
e Cappella Musicale della Parrocchia di San Torpete
 
Luca Franco Ferrari, direttore
 
Daniela Aimale, soprano
Tenori
Marina Frandi, contralto
Filippo Biolè, Marcello Modena,
Carlo Bavastro
Soprani
 
Alessandra Secci, Patrizia Bozzo,
Bassi
Laura Basso
Alberto Cerin, Riccardo Musenich,
 
Stefano Storace
Alti
 
Alessandra Longobardi,
Mario Del Grosso, organo
Daniela Lavagna
Ian Veronese, trombone barocco
 
esegue
 
Kyrie, Gloria, Sanctus, Agnus Dei
 
della
Messa in canone per la Santità di Clemente XI
di Benedetto Marcello (1686-1739)[2]
(in do maggiore e a 4 voci)
 
realizzata nell’ambito dei «Concerti di San Torpete», IV Edizione (2009-2010)
con il sostegno della Provincia e del Comune di Genova e della Compagnia di San Paolo
 
Ingresso:  Alessandro Scarlatti: «Toccata per organo»
 
 
Presentazione della Cappella Musicale «Accademia dei Virtuosi»
Saluto dell’Assessore alla cultura della Provincia, Ass. Giorgio Devoto
Introduzione alla Veglia
Questa notte vi accolgo in modo personale, una per una, uno per uno. Vi accolgo col vostro Nome che esprime la vostra individualità, col vostro corpo che rivela la vostra identità, con il vostro cuore che custodisce la vostra intimità e con la vostra anima colma di sentimenti, contenuto e forma della vostra unicità e bellezza. Sì, questa notte, uomini e donne, bambini e giovani, sentitevi «belli», desiderati, amati e riamati, perché questa notte ognuno di voi è unico e irripetibile come irrepetibile è ogni notte d’amore, ogni vita che si dona per amore. Questa notte è una poesia di civiltà, una rivelazione che solo l’Amore salva il mondo e la vita di ciascuno di voi. Fuori dell’amore non c’è salvezza e questa notte io, Paolo prete, annuncio a voi che «Dio è Amore – [in greco] Ho theòs Agàpē estìn» (1Gv 4,8).
 
Questa notte accade per te che esisti per amare e per essere amato/a,  per te che sei la parte migliore degli altri! Sì, tu sei necessario, tu sei necessaria. Senza di te il mondo è più povero; senza la tua bellezza, l’universo è più oscuro e tetro; senza la tua parola, l’umanità è più muta; senza il tuo amore passionale e appassionato, Dio è più vuoto perché quando tu ami lo rendi visibile e di lui diventi profeta: profeta della pazzia di Dio. In un mondo perverso che usa Dio come ragione di guerre e sfodera il Crocifisso come spada sguainata per colpire «i diversi» da noi, pazzo è il Dio che osa dire: «Dio è Amore!» (1Gv 4,8). Nessuno si senta escluso da questa passione di amore travolgente che noi portiamo nel cuore e nel corpo, nel desiderio e nei fallimenti, nella felicità e nel dolore.
Un pensiero delicato e pieno di affetto lo rivolgo a tutte le persone separate, divorziate e per questo, libere per un verso e sofferenti per l’altro. Nessuno si senta escluso o indegno perché «nell’amore non c’è timore» (1Gv 4,18). Questa notte non siete venuti in una chiesa: sarebbe poca cosa, perché le chiese forse sono  il luogo dove Dio è più assente, se sono solo ostentazione di riti senza vita. Questa notte voi entrate nel cuore di Dio perché lui è venuto nel vostro cuore per dichiararvi il suo amore e la sua tenerezza. Ognuno di voi può e deve dire: senza di me, Dio è triste.
Davanti e attorno a noi c’è un contesto di tenebra e di falsità: si vorrebbe farci credere che la luce sia uguale alle tenebre; che la verità è sinonimo di menzogna; che la religione civile, amata dagli atei devoti e dai clericali atei, sia una espressione della fede; che il cristianesimo sia l’emblema della civiltà occidentale; che il crocifisso sia una spada per combattere i musulmani; che la legalità e l’illegalità siano la stessa cosa; che democrazia e populismo siano intercambiabili. No! noi vogliamo stare dalla parte del Dio della Bibbia, la cui prima azione nel creare il mondo, è un’opera di separazione e di distinzione: «Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte» (Gen 1,4-5). Separare significa distinguere, chiamare per nome, individuare la verità della natura delle cose: in questa linea questa sera sentiremo la prima lettura come un urlo nella notte: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Is 9,1).
In questa notte in cui la divinità diventa fragilità, è opportuno e necessario che i credenti facciano un esame di coscienza per separare la vita dalla morte, l’amore dall’odio, la pace dalla violenza, la giustizia dall’illegalità. Questa notte non celebriamo un «Natale bianco» legista che è la negazione intrinseca del Natale, eresia e bestemmia, ma il Natale di Gesù Cristo, ebreo per sempre e palestinese per l’eternità. Dio si può svuotare della sua divinità (cf Fil 2,1-8), ma Cristo non si può più liberare del suo essere ebreo e palestinese. E’ la sua verità e la nostra condanna: o accettiamo questa verità o siamo fuori della fede cristiana. I credenti devono sapere che sostenere la Lega o il governo o l’attuale maggioranza che fa scempio razzista del Cristo e del suo messaggio, significa mettersi fuori del Diritto e fuori del Cristianesimo. Nessuna mediazione può esserci in mezzo: «Nessun servitore può servire due padroni» (Lc 16,13). Questa notte siamo chiamati a compiere anche un atto di ripudio: se accettiamo l’idolatria di un Cristo fantoccio di sedicente civiltà e tradizione, noi ripudiamo il Cristo di Dio, l’uomo di Nàzaret, se accogliamo il bambino palestinese ed ebreo, che nasce questa notte, noi dobbiamo ripudiare il progetti e la politica incivile e immorale della Lega e del governo che sono la negazione dell’uomo e della sua dignità. Decisamente questo governo non ci piace.
In questo Natale 2009, qui nella chiesa di San Torpete, luogo storico, sulla cui piazza attraccavano e ripartivano in amicizia le navi dell’oriente, la Madonna partorisce un bambino nero, un bambino bianco e un bambino cinese, come simbolo di una verità assoluta e anche banale: Dio non è cattolico, non è cristiano, non è musulmano, non è ebreo, non è induista, non è sik, non è agnostico, non è ateo, non è quello che gli uomini e le religioni vogliono che sia: una proiezione cioè della loro stupidità. Dio è Dio e null’altro. Anzi Dio è Amore, solo Amore e sempre Amore.
Il Dio, manifestato nel volto inerme di Gesù di Nàzaret, nato a Betlemme di Giudea, nel profondo sud della Palestina, è un Dio dall’identità inconfondibile: è il Dio nero, giallo, bruno, rosso, bianco, a pois, anonimo, barbone, povero, derelitto, solo, isolato, ammalato, separato, divorziato, amante, omosessuale, carcerato, straniero, ubriaco, prostituta, figlio, padre, madre: in una parola è il Dio che questa notte s’impone nella debolezza del Bambino che nasce e viene a gridare che Dio è tutto in tutti e nessuno è escluso dal suo amore di Padre e Madre: «io non perda nulla di quanto mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno» (Gv 6,39). Questo è il Dio che nasce questa notte. Se volete un Dio ninnoli e ninne nanne non è qui il vostro posto, potete andare altrove. La fede è esigente e impone una scelta: non si può stare con chi uccide i Gesù Bambini che la storia espelle dai paesi e poi frequentare le Messe, le chiese e magari costruire il presepe in casa propria. Il presepe è un atto di accusa e un appello alla coscienza della verità.
Vi siete scandalizzati per un duomo in miniatura che ha colpito un potente arrogante e protervo, che proprio perché potente arrogate e protervo sa di correre rischi, ma non ci siamo allarmati e indignati per gli uomini picchiati e uccisi in carcere, per le donne stuprate e violentate nella Questura di Genova, per gli immigrati assaltati e insultati come feccia dell’umanità, e a cui è negato il più elementare dei diritti: la libertà di religione e di preghiera. Nel nostro sciagurato Paese, nell’anno del Signore 2009, il diritto diventa opinione, la religione un ornamento natalizio.
Che Natale vogliamo celebrare? Abbiamo cominciato con l’aiuto di molti volontari a fare il giro per la città a visitare i barboni che vivono e dormono per strada, portando loro coperte, sacchi a pelo, bevande calde e accompagnando chi lo desidera a passare la notte al coperto. Una città che tollera l’esistenza dei barboni cessa di diritto di essere cristiana e di essere civile. Sono presidente dell’Associazione «Massoero 2000» che compie dieci anni di attività a servizio dei senza fissa dimora. Abbiamo alcuni appartamenti dislocati in città dove assistiamo circa una quarantina di persone tolte dalla strada e ogni giorno eroghiamo un centinaio di pasti in più a persone bisognose della città. Vogliamo trovare un caseggiato da gestire in proprio come Associazione in collaborazione possibilmente con il Comune per tirare fuori dalla strada altre cinquanta persone e poi altre cinquanta fino all’estinzione della categoria dei barboni che non può esistere, non deve esistere. A questo scopo, voglio porre tre gesti:
a)    Voglio chiedere al cardinale se la Curia ha un caseggiato inattivo da utilizzare in questa direzione. Allo scopo stiamo raccogliendo firme per rafforzare la nostra richiesta e avanzarla a nome di una società civile Chi volesse firmare può farlo alla fine sul tavolo.. Sogno che un giorno arrivi da me qualcuno e mi dica: ho un palazzo che voglio regalare: ne faccia l’uso che crede.
b)   Sto pensando di aprire un conto corrente alla Banca Etica, l’unica che ha rifiutato di avvalersi dello scudo fiscale e invitare la città a dare un contributo permanente per aiutare barboni e famiglie fragili a stare in galla in questo immondo mondo con piccoli sussidi, anche nella forma di piccoli prestiti al fine di costruire un reticolato di solidarietà e di civiltà che porti verso la soluzione dei problemi. Non basta indignarsi. Bisogna agire.
c)    L’ultimo atto di follia del governo è lo scudo fiscale che legalizza ogni sorta di illegalità come il riciclaggio di prostituzione, di mafia, di droga, di furti, di corruzione e di tangenti. I ladri, i corrotti e i corruttori diventano benefattori dello Stato che bisogna ringraziare perché fanno l’obolo del 5%, mentre i pensionati e i lavoratori/impiegati a reddito fisso pagano il 12% sui conti bancari e il 43% di tasse. Sappiamo per dichiarazioni ufficiali del ministro del tesoro che 130 milioni di euro di questo immondo denaro, illegale e illecito, andranno a finanziare le scuole non statali, cioè le scuole private, cioè in gran parte le scuole cattoliche. Sto preparando una richiesta formale al presidente della Cei perché rigetti e rifiuti questi soldi perché per la morale cattolica il fine non giustifica mai i mezzi, ma questi devono essere coerenti con quello. Se accettasse «questi» soldi, la gerarchia cattolica sarebbe complice del degrado etico in cui l’Italia è precipitata e precipita sempre di più.
 
Oggi è Natale e questo Natale ha un senso per chi crede e per chi non crede. Io so che questa sera qui in questa chiesa sono presenti persone non credenti, ma che si sono affini ad un modo di sentire. Ad essi io dico la mia stima da prete credente e ateo, praticante e agnostico, religioso e miscredente, profondamente prete e intimamente anticlericale. Non abbiate paura: non vi annetterò mai alla mia fede, ma vi chiedo di condividere una parte del vostro cammino nel segno del vangelo di Natale che tradotto laicamente acquista un valore universale, oltre i confini nazionali e della stupidità. Ecco il vangelo in traduzione laica:
 
«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (Cost. Ital. art. 3).
           
Vi auguro con le parole di Gesù: «Andate e anche voi fate così. Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (cf Lc 10,37; Mt 7,12).
Per dare ancora di più questo senso di universalità e di bellezza di un Dio sconfinato, scoppiato, di un Dio che si fa prossimo anzi bambino perché nessuno si senta estraneo all’amore di Dio, ho invitato Franca Fioravanti e Marco Romei del Teatro delle Nuvole che, dopo le letture, ci offriranno una riflessione stupenda, «AI GIORNI FUTURI», brani di vita di autori vivi e attuali, come attualizzazione della Parola di Dio. Sentirete la potenza e la bellezza baciarsi davanti a voi. Ne sono convinto: la Bellezza e la Sapienza salveranno il mondo. Per questo è Natale.
Buon Natale a tutti!
 

 


Santissima Trinità, Unico Dio,            Veni, Sancte Spiritus.
Spirito di sapienza e di scienza,          Veni, Sancte Spiritus.
Spirito di intelletto e di pietà,              Veni, Sancte Spiritus.
Spirito di pace e di mitezza,    Veni, Sancte Spiritus.
Spirito di bellezza e di bontà, Veni, Sancte Spiritus.
Spirito di consiglio e di fortezza,Veni, Sancte Spiritus.
Spirito di grazia e di preghiera,           Veni, Sancte Spiritus.
Spirito del Messia benedetto, Veni, Sancte Spiritus.
Spirito di Dio incarnato,          Veni, Sancte Spiritus.
Spirito di Gesù risorto,                        Veni, Sancte Spiritus.
Spirito dei figli di Dio,                        Veni, Sancte Spiritus.
Sapienza radiosa incarnata,     Veni, Sancte Spiritus.


 



Chi è Gesù?[3] Questa domanda percorre ogni pagina dei quattro vangeli (cf p. es. Mt 8,27; 21,10; Mc 8,27.29; Lc 5,21; 9,20; Gv 5,12; 9,36). Se vogliamo incontrarlo dobbiamo ripercorrere la sua esperienza umana, dalla grotta alla Croce. L’arte bizantina raffigura la culla di Gesù sempre a forma di sepolcro perché il Bambino che nasce è già illuminato dal mistero della morte che ne spiega la vita, proiettato sul monte Calvario dove regalerà se stesso per amore nostro e ci aprirà le porte della risurrezione. Questa notte nasce per noi la speranza che acquieta la nostra inquietitudine, secondo il grido di Sant’Agostino: «perché ci hai fatti per te, [o Signore] e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te»[4]. Non sprechiamo questo tempo di interiorità.
 
Personalmente come cristiano abolirei il Natale per non essere complice dello scempio che si compie in nome di Dio. Questa notte scegliamo di lasciarci scegliere e lasciamoci invadere dalla presenza di Dio che viene per celebrare non la sua nascita perché lui è eterno, ma per condividere la nostra «ri-nascita» di donne e uomini nuovi. Invitiamo i santi e le sante, i nostri amici che accompagnano la nostra vita e nutrono la nostra speranza.
 
Litanie della storia della salvezza (cantate)
 [Le litanie si cantano come nel Sabato Santo. Si risponde Prega per noi se l’invocazione è al singolare o Pregate per noi se è al plurale]
 
Santa Maria, Madre di Dio,
Santa Maria, figlia del tuo Figlio,       
Santa Maria, Madre dell’Unigenito di Dio,
Santa Maria di Nàzaret, regina della Palestina,            
San Giuseppe, padre adottivo del Signore,
Santi progenitori, Adamo ed Eva,
Santi patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe,
Sante Matriarche, Sara, Rebecca, Rachele e Lia,
Santo Mosè condottiero e guida d’Israele,
San Giosuè, antenato del Messia,
Santi Profeti, annunciatori del Cristo,
Santa Rut, antenata straniera del Signore,
Santa Tàmar antenata adultera del Messia,
Santa Ester, che hai liberato Israele dalla strage,
Santi Isaia, Geremia e Michèa profeti del Messia,
Santi Gioacchino ed Elisabetta genitori del Battista,
San Giovanni Battista precursore del Signore,
Santi Angeli festanti di Betlemme,
Santi Pastori che accogliete il Signore,           
Santi Magi, venuti ad adorare il Re d’Israele,
Santi Martiri innocenti, massacrati da Erode,
Santi Bambini vittime delle guerre,
Sante Bambine violate dagli adulti,
Santo Stefano, primo martire,
Santi carcerati innocenti uccisi dallo Stato,
San Torpete, martire della fede,
Santi e Sante Martiri testimoni del Vangelo,
Santi Pietro e Paolo, araldi del Vangelo,
Santi Apostoli ed Evangelisti, testimoni del Risorto,
Santi e Sante anonimi di tutti i tempi e di tutte le culture,
 
Accogliamo il vangelo dell’incarnazione, l’annuncio della nascita del Signore Gesù:
Oggi un Bimbo nasce per noi! Oggi un Figlio ci è dato per sempre!
Oggi il Verbo carne è generato. Il suo Nome è Gesù e significa «Dio è salvezza»!
E’ il Messia, il Redentore! Gesù di Nàzaret, il figlio di Maria, il Lògos eterno ebreo e palestinese per sempre.
Maràn athà – Signore nostro vieni, tu che eri, che sei e verrai ancora.
 
Il Verbo incarnato vive nel seno della Trinità, che adoriamo e invochiamo in questa notte di Veglia, segnandoci con il segno della croce che è il sigillo trinitario della nostra fede:
 
(ebraico)
Beshèm
ha’av
vehaBèn
veRuàch
haKodèsh.
Amen.
(italiano)
Nel Nome
del Padre
e del Figlio
e dello Spirito
Santo.
 
Nessuno si senta estraneo o fuori luogo. Questa è la notte di chi trabocca di gioia e di chi vive nel dolore; di chi è innamorato e di chi è arido; di chi ama e di chi è tradito; di chi è in salute e di chi è malato; di chi vive e di chi muore consapevoli che «sia che viviamo sia che moriamo, siamo del Signore» (Rom 14,8). Entriamo nella nostra coscienza, e affidiamo all’amore di Dio che supera sempre la nostra povertà e la nostra debolezza. Chiediamo perdono al Signore, con fiducia perché Egli è la Misericordia che ama. Esaminiamo la nostra coscienza
 
[Si fa un reale esame di coscienza , non simbolico, dopo qualche minuto]
 
[Seduti]Cappella MusicaleBenedetto Marcello (1686-1739):
Messa in canone per la Santità di Clemente XI: - Kyrie – Christe – Kyrie
 
 [Se non c’è la Cappella Musicale si proclamano le invocazioni seguenti]
 
[Signore, Dio-Bambino che sei nostro Giudice,                                 Kyrie, elèison!
Cristo, Principe di pace, sei il nostro Messia,                         Christe, elèison!
Signore, Salvatore del mondo, sei il nostro Redentore,                      Pnèuma, elèison!
Cristo, che nasci lontano dal lusso e dallo spreco,                 Christe, elèison!
Signore, che nasci tra i pastori, considerati impuri,                Kyrie, elèison!
Cristo, che hai voluto essere adottato da un Giuseppe,                      Christe, elèison!
Signore, che porti la pace e condanni ogni guerra,                 Pnèuma, elèison!
Cristo, che vuoi essere il Dio vicino ad ogni persona,                       Christe, elèison!
Signore, tu sei nostro Padre! Ascolta e perdona!                    Kyrie, elèison!]
 
Dio onnipotente, apparso a noi nella debolezza della fragilità umana, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen!
 
Cappella Musicale  - Benedetto Marcello (1686-1739):
Messa in canone per la Santità di Clemente XI: Gloria.
 

Gloria in excelsis Deo
GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI…
Et in terra pax hominibus bonæ voluntatis.
e pace in terra agli uomini di buona volontà.
Laudamus Te, benedicimus Te, adoramus Te, glorificamus Te,
Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo,
Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam, Domine Deus, Rex cœlestis, Deus Pater omnipotens.
ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente.
Domine Fili Unigenite, Jesu Christe,
Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, 
Domine Deus, Agnus Dei, Filius Patris:
Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre:
Qui tollis peccata mundi miserere nobis;
tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi;
Qui tollis peccata mundi suscipe deprecationem nostram,
tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica;
Qui sedes ad dexteram Patris miserere nobis.
tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi
Quoniam Tu solus Sanctus, Tu solus Dominus,
Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore,
Tu solus Altissimus, Jesu Christe,
tu solo l’Altissimo: Gesù Cristo,
Cum Sancto Spiritu in gloria Dei Patris. Amen.
con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.
 
Preghiamo (colletta). O Dio che hai illuminato questa santissima notte con lo splendore di cristo, vera luce del mondo, concedi a noi, che sulla terra lo contempliamo nei suoi misteri, di partecipare alla sua gloria nel cielo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo. Per tutti i secoli dei secoli. Amen!
 
Mensa della Parola nella Veglia della notte
Prima Lettura: Isaia9,1-3.5-6. Il binomio luce-tenebra è costante nella Bibbia, dalla prima pagina della Genesi alla 1a lettera di Giovanni (2,9) dove diventa sinonimo del binomio amore-odio. La 1a lettura, tratta dal profeta Isaia, descrive la deportazione degli Ebrei di Galilea a Babilonia. E’ l’anno 732 a. C. e gli Ebrei di Galilea sono deportati a Babilonia. Le tenebre di cui parla il profeta non sono metaforiche, ma sono reali perché era uso accecare con ferri roventi i prigionieri per impedire loro di fuggire o organizzare rivolte. Su questo sfondo di morte e di tenebra, il profeta Isaia proclama il Vangelo dell’Emmanuel/Dio-in-mezzo-a-noi. La discriminante del binomio luce-tenebra è un Bambino che porta in se stesso fin dalla nascita un progetto luminoso di liberazione e di redenzione. E’ ciò che celebriamo questa notte. Ogni bambino è una luce che accende il futuro.
 
Dal libro del profeta Isaia (9,1-6)
1 Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. 2 Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian. 4 Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. 5 Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. 6 Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti. - Parola di Dio.
 
Salmo responsoriale96/95, 1-2a; 2b-3; 11-12; 13Il Salmo è un inno che celebra la regalità divina e l’avvento del giudice del mondo. Forse in origine vi erano due composizioni separate. Secondo il più grande esegeta ebreo Rashì (sec. XI d.C.) l’inno verrà cantato in onore del futuro Redentore d’Israele. Noi lo cantiamo ora in onore del Lògos eterno che incontriamo e riconosciamo nel Bambino, Redentore d’Israele e Messia della Chiesa e del mondo.
 
Cappella Musicale:Rit. Oggi è nato per noi il Salvatore.
 


[L’Assemblea recita le strofe del salmo (insieme):]
 


1. 1 Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
2 Cantate al Signore, benedite il suo nome. Rit.
2. Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
3 In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutte o popoli dite le sue meraviglie. Rit.
3.11 Gioiscano i cieli, esulti la terra,

risuoni il mare e quanto racchiude;
12 sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta. Rit.
4.13 Davanti al Signore che viene,
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli. Rit.


Seconda lettura Tt 2,11-14. L’Autore della lettera è a contatto, forse in Roma, con ambienti dello stoicismo, corrente filosofica che ricerca il senso morale della vita. Egli prova a fondare la fede cristiana, nata nel giudaismo, come religione della salvezza in un contesto di virtù e di tensione morale proprie di una filosofia della vita come lo stoicismo. Nulla di straordinario dunque se non il tentativo di adattare l’evento Cristo alla nuova cultura con cui viene in contatto, seguendo il principio dell’incarnazione del Lògos che non s’identifica con alcuna cultura, ma si apre a tutte le condizioni umane. E’ un insegnamento per noi a non avere paura di incontrare culture e pensieri nuovi e diversi. Natale vuol dire «incarnazione»!
 
Dalla lettera di Paolo apostolo a Tito2,11-14
Figlio mio, 11 è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini 12 e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, giustizia e pietà,13 nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. 14 Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone. -Parola di Dio.
 
Vangelo Lc 2,1-14 [+15-20]. Giovanni, il precursore, è nato in casa dei suoi genitori attorniati dai loro vicini. Gesù nasce lungo la strada durante la trasferta imposta da un editto imperiale di censimento. I poveri nascono spesso per strada. I pastori che la società considera impuri, ricevono dall’«angelo del Signore» il primo vangelo: è nato il Salvatore. Tutti si aspettavano un Messia trionfante ed ecco un Bambino; un Re glorioso ed ecco la miseria oscena. Chi avrebbe potuto pensare che il Figlio di Dio fosse il bambino «che giace in una mangiatoia?» (vv. 7.12.16). E’ l’inizio di un drastico capovolgimento che Dio comincia da se stesso prima di chiederlo agli uomini e alle donne: «Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono… perché la stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1Cor 1,287-28 e 25). Questo e solo questo è il mistero di questa notte di fuoco.
 
Canto al Vangelo Lc 2,10-11
Alleluia, alleluia! Vi annuncio una grande gioia: / oggi è nato per voi un Salvatore, Cristo Signore. Alleluia!
 
Dal Vangelo secondo Luca 2,1-14 [+15-20]
1 In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2 Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3 Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4 Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5 Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6 Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell’alloggio.  8 C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9 Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10 ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11 oggi, nella città di Davide è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12 Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».  13 E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva: 14 «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
 
[Il testo che segue non é nel Lezionario, ma è aggiunto per completezza di senso, perché essenziale alla struttura del vangelo odierno]
 
Avvenne che, 15 appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». 16 Andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia.
17 E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18 Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. 19 Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. 20 I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Parola del Signore.
 
Spunti di omelia sostituita dal reading «AI GIORNI FUTURI»
di Franca Fioravanti e Marco Romei del Teatro delle Nuvole.
 
Spunti di omelia, affidati alla riflessione personale
Nel brano del vangelo di questa notte, tratto dal capitolo 2° del vangelo di Lc, domina l’effetto contrasto che mette in risalto ciò che questa notte avviene e stabilisce cosa è importante e cosa è apparenza. Ciò ci induce a rivedere quali sono i nostri criteri di valutazione, il discernimento dei fatti che viviamo. Di fronte all’imperatore Cesare Augusto sta una ragazza ebrea di nome Miriam. Il potente ed una bambina. 
-       L’imperatore governa il mondo, la ragazza è sola ed è soltanto incinta.
-       Da una parte, l’imperatore indice un censimento come segno di potere: contare i suoi sudditi per imporre tasse, dall’altra parte, l’oscura ragazza ebrea è in una relazione profonda con qualcun Altro a cui lascia il computo dei giorni del suo partorire. 
-       Il potente crede di governare il mondo e gli eventi, mentre la ragazza ebrea si accontenta di prendere coscienza che «si compirono per lei i giorni del parto» (v. 6) e si dedica alla nascita di suo figlio.
-       Il potente pensa di governare il mondo intero, l’adolescente ebrea partorisce soltanto la Vita.
-       L’imperatore con un solo ordine sposta milioni di persone costringendole ad ubbidirgli. Da parte sua, Maria mette in viaggio se stessa per andare a servire sua cugina Elisabetta che deve partorire: il potere e il servizio.
-       Il potente resta fermo nella sua reggia, la donna ebrea si mette in movimento.
L’imperatore è servito e ubbidito, la donna serve e si abbandona alla volontà del suo Creatore (Lc 1,38)[5].
                Il fulcro attorno a cui ruota la notte che stiamo vivendo è la «Parola», in latino Verbum, in greco Lògos, in ebraico Dabàr, in aramaico Memrà. La «Parola» è l’anima della comunicazione. Dio per comunicare con noi, si fa addirittura Parola cioè personifica la comunicazione stessa. In ebraico un solo termine, Dabar ha un doppio significato: Parola e Fatto/Avvenimento; un termine solo per definire due opposti. La Parola dunque accade perché non è un suono, ma un evento e questa notte noi apprendiamo che la Parola è una Persona che stabilisce con noi una relazione d’amore, una comunicazione di intimità che trasfonde la vita. Natale è entrare nella dinamica della comunicazione di Dio attraverso la Parola che diventa la nostra carne.
            San Francesco dice che questa notte Dio si è accorciato, si è fatto «verbum abbreviatum»[6]: «in principio» (Gen 1,1) Dio ha parlato con la creazione, pronunciando dieci parole, ora tutta la creazione si accorcia in una Parola in un Nome perché possa essere contenuta da ciascuno di noi e nessuno possa dire di non essere in grado di portarne il peso perché la Parola/le parole sono parte intima di noi stessi con cui realizziamo il nostro bisogno di comunicazione cioè di relazione. A differenza del Dio ebraico che in mezzo al suo popolo è il Dio Presente, ma assente, a differenza del Dio islamico che è un Dio separato e inavvicinabile, il Dio cristiano è un Dio di carne e sangue, un Dio impastato di storia ed eventi, un Dio così vicino da correre il rischio di non essere riconosciuto perché viene nelle sembianze di un bambino, nel volto di ogni uomo e donna che incontriamo sul nostro cammino.
Celebrare il Natale significa accorgersi di questo Dio che cammina con noi, accanto a noi, dentro di noi, vicino a noi perché lui è la Parola che vive nell’anima del nostro cuore. Ogni volta che tu…
-    fai una promessa d’amore gratuito, Dio è Parola incarnata nel tuo cuore.
-    guardi una persona con occhi accoglienti, Dio è Parola incarnata nel tuo sguardo.
-    ascolti il bisogno dell’altro, Dio è Parola incarnata nella tua vita.
-    senti il grido di chi invoca aiuto, Dio è Parola incarnata nel tuo orecchio.
-    tendi una mano a qualcuno, Dio è Parola incarnata nella tua carne.
-    perdi tempo con le persone e le ami, Dio è Parola incarnata nel tuo tempo d’amore.
-    presti denaro senza interessi, Dio è Parola incarnata nella tua giustizia.
-    accogli chiunque come figlio di Dio, Dio è Parola incarnata nella tua identità.
-    sei misericordioso con chi pecca contro di te, Dio è Parola incarnata nella tua fecondità.
-    compi gesti di pace e comunione, Dio è Parola incarnata nel mondo attraverso di te.
-    ami gratuitamente senza chiedere in cambio nulla, Dio è Parola incarnata senza fine.
-    condividi con gli altri ciò che sei e ciò che hai, Dio è Parola incarnata di risurrezione.
-    soffri unendoti alla sofferenza del mondo, Dio è Parola incarnata nel dolore del mondo.
-    sei te stesso/a, immagine e somiglianza di Dio, Dio è Parola incarnata che crea e rigenera.
-    a Natale, rinasci come creatura nuova, Dio è Parola che nasce in te e vi resta per l’eternità.
-    doni te stesso/a senza calcoli, Dio è Parola che pone in te la dimora della santa Trinità.
-    Ogni volta. Sempre!
 
Lc con il brano di oggi vuole farci sapere che Gesù non è nato nella solennità del Tempio o nella sontuosità di una reggia e sottolinea tre volte come fosse uno spartiacque che il Bimbo dato alla luce da quella ragazza appena adolescente nel silenzio anonimo dei poveri, è «avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia» (vv. 7.12.16; cf nota 5). Natale è tutto qui: un Bimbo «avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia»! La mangiatoia che l’arte bizantina rappresenta come sarcofago, come tomba è il segno che la vita nasce dalla morte: Gesù nasce nel rifiuto del mondo perché tutti aspettano il Messia e solo pochi lo sanno accogliere: coloro che erano esclusi da questa attesa perché emarginati e impuri. Il Bambino «avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia» si manifesterà totalmente nel dolore e nella morte di croce. Bisogna morire per rinascere e solo chi sa perdere se stesso, è in grado di ritrovarsi e di non perdersi mai più: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,23). Troppa retorica si fa intorno al Natale, perdendo di vista il nucleo essenziale, senza del quale ciò che facciamo questa sera è solo la rappresentazione di una fiaba e non il cuore stesso travolto e travolgente del mistero di Dio che si fa uomo per renderci più facile la possibilità d’incontrarlo e di amarlo. A natale bisogna sapere e avere coscienza che il Bambino che chiede di nascere…
-        è un extracomunitario perché è un palestinese di Nàzaret;
-        è un emigrato in Egitto, perché perseguitato politico e religioso fin dalla nascita;
-        è vittima delle leggi razziali e razziste delle politiche di espulsione perché senza permesso di soggiorno;
-        è ebreo di nascita e ricercato per essere eliminato;
-        è palestinese di nazionalità perché figlio di quella terra;
-        è un fuorilegge perché è un clandestino e ricercato dalla polizia;
-        è un poco di buono perché figlio di una ragazza-madre, appena adolescente;
-        è oppositore del potere religioso e politico e finisce morto ammazzato;
-        è povero dalla parte dei poveri e deve essere eliminato;
-        è un laico credente atipico e controcorrente;
-        è poco raccomandabile perché frequenta lebbrosi e prostitute;
-        è Dio perché i suoi pensieri non sono i pensieri dei benpensanti (Is 55,8).
 
A oltre mezzo secolo della Dichiarazione Universale dei Diritti e in Italia delle Costituzione, si discute ancora se i Musulmani devono avere la loro moschea, se gli immigrati sono persone o sono schiavi o sono bestie. Il Vangelo ci insegna che la persona, ogni persona è immagine di Dio e quindi è un «assoluto» invalicabile e questa rivelazione trova compimento nelle leggi umane che affermano il diritto di ciascuno di essere se stesso, di muoversi liberamente, di professare senza impedimenti la propria fede o religione o credenza. Vangelo e Diritti umani vanno di pari passo: negare questi significa rinnegare Dio. Davanti a noi c’è un’umanità sempre crescente che diventa sempre più povera perché il lavoro non è più garantito e tutelato, mentre viene esaltato solo e sempre il profitto di chi detiene le leve economiche del Paese. La crisi economica è solo figlia della speculazione che la politica economica liberista dei governi di destra hanno fomentato e foraggiato per imporre le loro leggi illiberali e antisociali. I costi delle perdite vengono scaricate sulla collettività: assistenza, scuola, sistema sociale, assistenza sociale diretta.
La realtà tragica è questa: siamo capaci di fare i gargarismi con i valori occidentali e cristiani, inneggiamo il presepe e per esso facciamo mostre, celebriamo il Natale come foglia di fico di una realtà che non esiste più perché resta solo l’inganno di una festa pagana e senza senso, in cui si è obbligati a fare finta di essere, salvo poi fare finta che i barboni non ci sono, dipingere gli immigrati sono i nemici da combattere, lasciare che il governo diminuisca sempre più gli spazi di democrazia e di partecipazione e non scandalizzarci più dell’enorme contraddizione tra il «gesto religioso» e le «conseguenze pratiche» che esso esigerebbe e che invece vengono smentite volutamente. Non so quanti di voi si rendono conto che oggi chi difende la religione cattolica è ateo, se va bene, agnostico e s’inginocchia e si profonde in riverenze verso il clero, per usare la religione a fini civili e polizieschi.
Natale è la contraddizione di Dio che non potendo essere visto e conosciuto, decide di farsi conoscere: egli stesso diventa esegeta di se stesso. A Natale Dio spiega Dio nell’unica maniera che a noi è possibile capire: facendosi uno di noi e rivelando il volto nascosto di Dio Padre nel volto visibile dell’Uomo e perché nessuno potesse avere anche la sola possibilità di avere paura, ha scelto la forma più indifesa e più disarmante: il Bambino. «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Non bastava. Dio vuole svelarci il suo volto di bambino povero e perseguitato, profugo, straniero, emigrante, clandestino: nessuno nel Regno di Dio ha le carte in regola per essere accreditato, nessuno è più in regola di un altro. Una sola condizione è necessaria: essere figli di Dio. Questo è il Natale, questa la nostra speranza. Tornando alle nostre case, uscendo da questa chiesa, impariamo a vivere nel mondo quello che abbiamo percepito qui: diventiamo anche noi esegeti di Dio, manifestando in pieno la sua umanità, riconoscendo negli altri la loro dignità di essere umani e figli di Dio.
Questo è il modo migliore per celebrare il Natale e l’anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. A Natale deve sempre esserci una croce accanto al Bambino per ricordare che quel Bimbo è il Crocifisso, è il Signore risorto. Dopo domani la Chiesa celebra la memoria di Santo Stefano, il primo martire: alla nascita è associato subito il sangue della vita. L’amore e il dolore, la pace e la guerra, il bene e il male coesistono nel mondo e spetta a noi fare esplodere la vita attraverso la testimonianza e la coerenza della nostra fede. Questo bambino «deposto in una mangiatoia» sarà anche il nostro giudice che non vorrà sapere da noi se abbiamo vissuto secondo «valori occidentali/cristiani»[7], ma se abbiamo vissuto con amore e per amore; se siamo stati egoisti e aperti al bisogno altrui; se ci siamo lasciati dominare dalla religione pagana o se abbiamo vissuto una vita di fede condivisa e partecipata con tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
Il Bambino che nasce questa notte, finirà ammazzato per vilipendio della religione e dell’ordine costituito: il potere religioso e politico coalizzati insieme faranno fuori il contestatore che ama i poveri e gli esclusi, che frequenta le prostitute e i pubblica, che sta dalla parte degli impuri e dei pagani. Nemmeno a Dio è permesso fare la scelta preferenziale dei poveri, perché i poveri sono pericolosi se prendono coscienza dei loro diritti e dalla loro dignità. Gesù però sarà rivoluzionario fino in fondo: lo uccideranno e lui risorge perché non accetta che la morte sia l’ultima parola. Da allora è iniziata la nostra storia personale e comune: siamo nati per risorgere. Non permettete che alcuno possa uccidere la vostra speranza di essere uomini e donne nuovi per un mondo nuovo perché Natale è l’annuncio profetico che la Resurrezione è possibile. Anzi è già compiuta e noi possiamo rinascere e risorgere ogni giorno, perché questo è Natale: Dio-con-noi-Emmanuel (cf Mt 1,23). Buon Natale a tutte e a tutti.
 
[Breve pausa di silenzio e riflessione, poi segue rinnovo delle promesse battesimali in sostituzione del Credo]
 
PROFESSIONE DI FEDE
Credete in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra? Credo.
Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria vergine, morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra del Padre?                                                          Credo.
Credete nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna?                                                               Credo.
 
Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. Questa è la fede nella quale siamo stati battezzati e siamo rinati. Questa è la fede che noi ci gloriamo di professare, in Cristo Gesù nostro Signore. Amen
 
Preghiera dei fedeli
Siamo venuti questa notte dalle nostre diversità, da diverse parti della città portando con noi gioie e dolori, tristezze e speranze, angosce e progetti di vita. Dio solo sa scrutare il nostro cuore e solo Lui sa valutare i nostri bisogni in ragione della nostra salvezza. Deponiamo su questo altare, tutto ciò che abita il nostro cuore perché lo Spirito Santo trasformi tutto unendolo al pane e al vino.
 
[Franca Fioravanti e Marco Romei a cui tutti rispondono:]
 
Su noi qui presenti che seguiamo la stella per trovare il Bambino!
Sugli ammalati nelle nostre case, e in ogni luogo di dolore!                       Vieni, Signore Gesù!
Sui bambini custoditi dal nostro amore e sui bambini abbandonati,
Sui nostri figli lontani, sui nostri cari vicini o distanti!                   Vieni, Signore Gesù!
Su quanti amiamo e sono con noi in questi giorni di Natale,
Su chi lavora, su chi non ha lavoro, su chi cerca lavoro!               Vieni, Signore Gesù!
Su chi ha un’angoscia e un dolore, una piaga o disperazione!
Su chi è felice e sereno, amato e riamato, accolto e stimato!                     Vieni, Signore Gesù!
Su chi è ferito nell’amore per tradimento, per abbandono o superficialità!
Su chi perdona e chiede perdono, rinnovando il volto dell’Amore,           Vieni, Signore Gesù!
Su chi è senza casa e senza dignità, senza speranza e senza sogni!
Su chi crede e su chi non crede, su ogni uomo e su ogni donna,     Vieni, Signore Gesù!
Sugli innamorati e le innamorate, segni viventi di Dio che è Amore!
Su chi soffre per amore, su chi cura ferite d’amore,                                  Vieni, Signore Gesù!
Sulla città di Betlemme, cuore del mondo e chiave della pace nel mondo!
Su tutto il mondo, martoriato da guerre, carestie e siccità,                       Vieni, Signore Gesù!
Su di noi e sul nostro cuore, oggi, domani, sempre nel Nome Santo di Dio:
Sugli immigrati e sugli esuli, i rifugiati politici e i dispersi,                        Vieni, Signore Gesù!
 
[Tutti insieme:] Su tutti noi sia la luce del Natale, la conversione del cuore e la forza
dello Spirito per essere uomini e donne nuovi per un mondo nuovo,. Amen! Amen!
 
 
LITURGIA EUCARISTICA
Prima di presentare le offerte all’altare, ascoltiamo la Parola del Signore: «Se tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24). Questa Parola è per noi un comandamento perché nessuno può celebrare il Signore nell’Eucaristia senza avere partecipato il perdono che abbiamo ricevuto. Entriamo nel Santo dei Santi. Lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo e lasciamo convertire dalla grazia di Dio. Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano. Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.
 
DURANTE LO SCAMBIO DELLA PACE E LA PRESENTAZIONE DEI DONI, ORGANO:
-       Girolamo Frescobaldi:  Corrente – Passacagli
 
[Dopo lo scambio della pace, si fa anche la raccolta: abbia un senso sacramentale di condivisione con la parrocchia che viene incontro senza rumore a chi ha bisogno]
 
 
Invochiamo il dono della pace che ci siamo scambiati su di noi, sulle persone che amiamo, che ci fanno soffrire, sulle nostre famiglie, sulla Chiesa e sul mondo, dicendo tutti insieme:
 
Signore Gesù Cristo, che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi do la pace, vi do la mia pace”, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni per tutti i secoli dei secoli. Amen.
La Pace del Signore sia con Voi       E con il tuo Spirito
Prima di presentare le offerte, memori delle parole del Signore che c’invita a riconciliarci prima di celebrare l’Eucaristia, scambiamoci un gesto sincero di pace e di accoglienza.
 
Presentazione delle offerte [la benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]
 
Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna.                         Benedetto nei secoli il Signore.
 
Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.
Il Signore riceva questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.
Preghiamo (sulle offerte). Accetta, o Padre, la nostra offerta in questa notte di luce, e per questo misterioso scambio di doni trasformaci nel Cristo tuo Figlio, che ha innalzato l’uomo accanto a te nella gloria. Per Cristo nostro Signore. Amen!
PREGHIERA EUCARISTICA [Messa dei Fanciulli I]
 
Il Signore sia con voi                         E con il tuo spirito.     In alto i nostri cuori              Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio                  E’ cosa buona e giusta.
 
O Dio, nostro Padre, tu ci dai la gioia di riunirci nella tua Chiesa per dirti il nostro grazie con Cristo Gesù tuo Figlio. Egli è il Verbo incarnato che rivela agli occhi della nostra mente la luce nuova della tua Gloria.
Gloria a te, Signore! Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia (cf Is 9,2).
 
Tu ci hai tanto amato, che hai dato a noi il tuo Figlio Gesù per condurci fino a te.
Gloria a te, Signore! Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio (cf Is 9,5).
 
Tu ci hai tanto amato, che hai dato a noi il tuo Santo Spirito per formare in Cristo una sola famiglia che questa notte adora il Dio invisibile venuto in mezzo a noi.
Gloria a te, Signore! Il popolo che camminava nelle tenebre, ha visto una grande luce (cf Is 9,1).
 
Per questi doni del tuo amore ti rendiamo grazie, o Padre, e uniti agli angeli e ai santi, cantiamo la tua gloria:
 
Cappella Musicale: Sanctus
 
Sia benedetto Gesù Cristo, tuo Figlio, che ci hai mandato, amico dei Piccoli e dei Poveri, degli Immigrati e degli Esclusi, dei Rom e dei Barboni, dei Clandestini e delle Prostitute, dei Gay e delle Minoranze,
Tu Principe della pace, amico di pubblicani e peccatori, noi ci avviciniamo a te per ascoltarti.
 
Egli ci ha insegnato ad amare te, nostro Padre, e ad amarci tra noi come fratelli e sorelle senza distinzione di lingua, di cultura, di religione e di sesso.
Tu sei l’Emmanuele-Dio-con-noi! Avevi fame, avevi sete, eri straniero, stavi in carcere, eri nel bisogno e ti abbiamo assistito!
 
E’ venuto a togliere il peccato, il male che allontana gli uomini da te e li rende nemici tra loro.
Ogni volta che abbiamo fatto qualcosa al più piccolo dei fratelli e delle sorelle del Signore, lo abbiamo fatto a te, Padre dei poveri, nostro Dio (cf Mt 25,39-40).
 
Ci ha promesso il dono dello Spirito Santo che rimane sempre con noi perché viviamo come tuoi figli.
Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra alle persone che amano e costruiscono la Pace.
 
Ora ti preghiamo: Dio nostro Padre, manda il tuo Santo Spirito, perché questo pane e questo vino diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, nostro Signore.
Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia (cf Lc 2,7).
 
Prima della sua morte sulla croce, egli ci lasciò il segno più grande del suo amore: nell’ultima cena con i Suoi discepoli, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede loro e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO E’ IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.
Oggi nella città di Davide, sei nato per noi Salvatore: Tu se il Cristo Signore, Lògos fatto carne (Lc 2,11).
 
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice del vino e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli e disse: PRENDETE E BEVETENE TUTTI:QUESTO E’ IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.
Questo per noi è il segno: abbiamo trovato un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia.E’ il Signore Gesù! Si offre per noi! (cf Lc 2, 12).
 
Poi disse loro: FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2,14).
 
Mistero della fede:
In principio sei il Verbo e sei presso Dio e sei Dio. Sei il Signore morto e risorto e noi attendiamo la tua venuta alla fine del mondo (cf Gv 1,1).
 
Noi ricordiamo, o Padre, il tuo Figlio Gesù, morto, risor­to, salvatore del mondo. In questa notte santa si offre nelle nostre mani per mezzo di Maria e noi lo accogliamo e l’offriamo a te nostro sacrificio di riconciliazione e di pace.
Siamo venuti a  Betlemme a vedere il Signore che è nato per noi (cf Lc 2,15).
 
Ascolta, o Padre, la nostra preghiera e dona lo Spirito del tuo amore a tutti quelli che partecipano alla tua mensa; fa che diventino un cuor solo e un'anima sola nella tua Chiesa, con il nostro papa …, il vescovo …, i nostri cari … con quanti amiamo e con coloro che lavorano per il bene del tuo popolo.
Donaci lo Spirito , o Signore, per avere sempre la forza di stupirci della tua povertà (cf Lc 2,18).
 
Benedici e proteggi, o Padre, le nostre famiglie e tutte le famiglie del mondo: gli innamorati, i separati, i divorziati, uomini e donne, i ragazzi disorientati, i giovani precari e senza un chiaro futuro, gli ammalati e i moribondi.
Fa’ che amiamo senza interesse per imitare te che vieni Bambino, sacramento del perdono e delle misericordia di Dio giusto e santo.
 
Ricordati dei nostri morti che sono viventi in te e presenti a noi; ricordiamo i nostri morti … : prendili nella tua casa.
Accogli coloro che muoiono questa notte nella tua casa per i meriti della tua nascita.
 
Padre santo, concedi a noi tuoi figli di venire un giorno a te nella festa eterna del tuo Regno con la beata Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra, con tutti gli amici di Gesù canteremo per sempre la tua gloria.
Con Maria, conserviamo nel nostro cuore il gusto della tua Parola, il sapore del Pane che ci nutre, il mistero di questa notte d’amore.
 
PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO, A TE, DIO PADRE ONNIPO­TENTE, NELL’UNITÀ DELLO SPIRITO SANTO, OGNI ONORE E GLORIA PER TUTTI I SECOLI DEI SECOLI. SIA GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI E SCENDA SULLA TERRA LA PACE E LA GIUSTIZIA. AMEN.
 
Padre nostro
[Gesù ha insegnato il «Padre nostro» nella lingua parlata da Maria e Giuseppe, la lingua aramaica. E’ buona cosa ascoltarlo e pronunciarlo nella stessa lingua parlata dal Figlio di Dio.
Ci facciamo voce di tutta l’umanità, consapevoli che ogni volta che preghiamo il Padre qualificandolo come «nostro», noi impegniamo la nostra fraternità all’accoglienza cosciente e attiva di tutti, senza escludere alcuno in ragione della lingua, razza, religione, cultura e provenienza. Nessuno può invocare Dio come «Padre nostro» se nutre sentimenti razzisti o se definisce qualcuno con l’insulto di «extracomunitario» perché nella Casa del Padre tutti sono «comunitari», cioè figli allo stesso modo, con gli stessi doveri e gli stessi diritti. La preghiera del «Padre nostro» è l’antidoto contro ogni forma di razzismo, di pregiudizio e di paura, diversamente ci escludiamo da soli dalla universale paternità di Dio. Questo è il grande impegno di civiltà: Dio è Padre di tutti e tutti sono tra loro fratelli e sorelle, senza distinzione di razza, sesso, religione e cultura.
 
Con questi sentimenti, idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià
sia santificato il tuo nome
itkaddàsh shemàch
venga il tuo regno
tettè malkuttàch
sia fatta la tua volontà
tit‛abed re‛utach
come in cielo così in terra
kedì bishmaià ken bear‛a.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh
e rimetti a noi i nostri debiti
ushevùk làna chobaienà
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori
kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà
e non abbandonarci alla tentazione
veal ta‛alìna lenisiòn
ma liberaci dal male. Amen!
ellà pezèna min beishià. Amen!

 
COMUNIONE:  Anonimo (XVII sec.): Jesu redemptor omnium
 
Prologo del Vangelo di Giovanni Gv 1,1-18
(traduzione letterale dal testo greco di Paolo Farinella, prete)
 
1 In principio era il Lògos, / il Lògos era volto verso Dio / e il Lògos era Dio.
2 Egli era in principio volto verso Dio. / 3Tutto fu fatto per mezzo di lui, / e, fuori di lui, [tutto] diventò niente.
 
4 In [tutto] ciò che fu fatto [il Logos] era vita / e [la] vita era la luce degli uomini;
5 la luce brilla nelle tenebre, / ma le tenebre non l’hanno accolta.
 
6 Venne un uomo inviato da Dio. / Il suo nome era Giovanni. /
7 Egli venne in vista della testimonianza
per rendere testimonianza alla luce, / perché tutti credessero per mezzo di lui. /
8 [Egli] non era la luce, ma era necessario che lui rendesse testimonianza alla luce.
 
9 [Il Logos] era la luce vera, / che illumina ogni uomo, / [egli] che è venuto nel mondo,
10 Egli era nel mondo / e il mondo fu fatto per mezzo di lui, / eppure il mondo non lo riconobbe.
 
11 [Egli] venne fra la sua gente, / ma i suoi non l’hanno accolto.
12 A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio, / [sì] a quelli che credono nel suo nome,
13 i quali non da sangue, né da volere di carne, / né da volere di uomo, / ma da Dio sono stati generati.
 
14 E il Lògos carne fu fatto / e venne ad abitare in mezzo a noi, / e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre, / pieno [della] grazia della verità.
 
15 Giovanni rende testimonianza a suo favore / e ha gridato dicendo: «Ecco l’uomo di cui io dissi:
Colui che viene dopo di me / è passato avanti a me, / perché era prima di me».
 
16 Poiché della sua pienezza / noi tutti abbiamo ricevuto / e grazia per grazia;
17 perché la legge fu data per mezzo di Mosè, / la grazia della verità fu fatta (fu data) / per mezzo di Gesù Cristo.
 
18 Nessuno ha mai visto Dio: / il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre,
lui [ce] ne ha fatto l’esegesi / [ce] ne ha dato la spiegazione.
 
Conclusione. Questa notte, Dio continua a venire per dirci Io-Sono Dio e sono «umano»: accessibile e vicino. Oggi ognuno sappia di essere importante per Lui. Natale è abituarsi a sapere ricevere senza condizioni. 
 
Il Signore che è nato per noi è con tutti voi!                        E con il tuo spirito!
Il Signore che in questa notte santissima ha visitato il vostro cuore vi benedica e vi protegga.        Amen!
Il Dio che è nato da Maria nella pienezza del tempo vi colmi della pienezza del suo amore.           Amen!
Il Dio che nessuno può vedere senza morire, vi mostri il suo volto nel Bimbo che celebrate.          Amen!
Il Dio che i cieli non possono contenere, venga in voi e vi stabilisca la sua Dimora.                        Amen!
Il Dio che viene a giudicare le genti, vi immerga nella sua misericordia, incarnata per noi. Amen!
Il Dio che è sempre fedele, anche se voi siete infedeli, vi doni la sua pace e la sua luce.                 Amen!
Il Dio che viene a noi Bambino in ogni bambino e bambina, sia davanti a voi per guidarvi.            Amen!
Il Dio che è avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, sia dietro di voi per difendervi. Amen!
Il Dio che Maria, la Madre, offre al mondo come Redentore, sia accanto voi per confortarvi.         Amen!
 
E su tutti voi, che avete partecipato a questa veglia di Natale, discenda dal cielo
la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.    Amen!
 
Andando nella vita del mondo, portiamo a tutti il dono gratuito del nostro amore e della nostra accoglienza. Questa notte, domani, sempre: non abbiate paura di Dio che si fa Bambino perché ciascuno di noi possa diventare adulto nella fede e nell’amore. Fino alla fine dei tempi.L’Eucaristia è terminata come rito, l’Eucaristia inizia come vita: andiamo nel mondo e portiamo frutti di pace e di rinascita!
Rendiamo grazie a Dio che nasce per noi! Con l’aiuto dello Spirito Santo vogliamo andare nel mondo e portiamo frutti di amore nel Nome di Dio che abbiamo incontrato questa notte. 
 
Con amicizia e dal profondo del cuore a tutti Buon Natale!
 
Conclusione: Johann Sebastian Bach: Toccata su Corale BW729A
 
Appendice alla Veglia di Natale
 
Nota storica sulla data di Natale.
Nei sec. II-III dell’èra cristiana in tutto l’Oriente, alla data del 6 gennaio, si celebrava una festa generica detta Epifania (manifestazione) che inglobava la memoria del Natale e dei Magi. In Spagna, invece, nel sec. IV si celebrava il Festum Nativitatis Domini Nostri Jesu Christi. San Giovanni Crisostomo (345 ca.-407) in un’Omelia sul Natale, pronunciata nel 386, dichiarava che nella chiesa di Antiochia già da dieci anni vi era l’uso di celebrare la Nascita del Salvatore il 25 dicembre insieme alla chiesa di Roma dove, come anche a Milano, fin dal 336 si celebrava il Dies natalis Domini al 25 dicembre che era considerato il giorno genetliaco di Gesù. Papa Liberio nel 354 separa le due feste di Natale che assegna al 25 dicembre e dell’Epifania che assegna al 6 gennaio. Le due feste sono ancora accorpate al 6 gennaio nella chiesa ortodossa e armena (cf Dictionnaire de Spiritualité, f. LXXII-LXXIII, Paris 1981, 385)[8].
I cristiani del nord del mondo celebrano il natale al 25 dicembre di ogni anno in inverno, mentre i cristiani del sud del mondo lo celebrano in estate. Il 25 dicembre è una data puramente convenzionale: essa è in relazione al 25 marzo, giorno in cui, secondo la tradizione, nella casa di Nazareth l’Angelo annunciò a Maria il concepimento di Gesù. Maria partorisce il Figlio nove mesi dopo il 25 dicembre. E’ il Natale. Oggi celebrano il Natale nello stesso giorno i cattolici, gli ortodossi e gli anglicani. Gli Ebrei sabato scorso hanno concluso la festa di Chanukkàh, ovvero la festa delle luci che dura otto giorni. Questa notte vogliamo essere in comunione con tutti. Il 25 dicembre è legato anche al solstizio d’inverno, dedicato al «dio Mitra», venerato in Roma e Oriente come il «Sole Invitto».
Nella notte più lunga dell’anno noi celebriamo la memoria di Colui che disse:«Io-Sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino» (Ap 22,16). Questa notte noi accogliamo la Sapienza che presiedette alla creazione, entrando con lei nella Tenda che ha piantato in Giacobbe ( Sir 24,8), la stessa che accoglie il Lògos eterno divenuto carne/fragilità per noi (Gv 1,14). Questa notte sia nostro l’atto di fede di Salomone re e profeta che all’inaugurazione del Tempio di Gerusalemme, non esista a proclamare: «Preferii [la Sapienza] a scettri e troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto; non la paragonai neppure ad una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è un po’ di sabbia…L’amai più della salute e della bellezza, preferii il suo possesso alla stessa luce perché non tramonta lo splendore che ne promana» (Sap 7,7-10).
 
Il Natale e il culto misterico di Mitra
Il Natale cristiano nasce nel contesto del culto al dio Mitra, che si celebrava nel solstizio d’inverno, in cui si ha il giorno più corto dell’anno e la notte più lunga. In onore di questo dio, venerato come «Sole Invitto» nella notte si celebravano riti magici, baccanali e orge sessuali in cui avevano un posto privilegiato le «vergini» che sacrificavano al dio della luce la loro verginità[9]. La Chiesa oppone a queste celebrazioni l’austera memoria del Verbo incarnato che nasce in una stalla, nella povertà più estrema. Essa fissa il Natale al 25 dicembre perché in questo giorno si compiono i nove mesi della gestazione iniziati il giorno dell’annunciazione avvenuta il 25 marzo, intorno all’equinozio di primavera. Il 25 dicembre è anche vicino al solstizio d’inverno ed è adatto a celebrare la nascita «verginale» di Gesù che viene celebrato come «sole che mai tramonta»[10]. Diamo di seguito alcune informazioni sul culto del dio Mitra per avere un’idea del clima che circolava all’inizio dell’era cristiana.
Il culto del dio Mitra di origini persiane si diffuse in modo massiccio a Roma verso la fine del sec. I d.C. Era una religione riservata agli iniziati per cui il culto è segreto: si celebrava in luoghi sotterranei detti mitrei. Il nuovo adepto doveva percorrere tramite prove e cerimonie sette gradi prima di entrare nel mistero della conoscenza: corvo, ninfo, soldato, leone, persiano, corriere del sole, padre. Pare che lo stesso imperatore Nerone fosse uno di questi iniziati. Il culto di Mitra fu introdotto nel mondo greco-romano dai pirati di Cilicia, deportati da Pompeo nel 67 a.C. in Grecia. Da qui al seguito delle legioni romani (molti soldati erano iniziati) si diffuse velocemente in Italia, in Dacia (Romania-Moldavia), Pannonia (parte di Ungheria, Austria e Slovenia), Mesia (Bulgaria), Britannia e Germania.
Mitra nasce con in mano una fiaccola ed un coltello. Con il lancio di una freccia fa scaturire acqua da una roccia, segno di vitalità e purificazione. Egli stipula un patto con il dio Sole. Da questo momento le due divinità saranno associate fino ad essere identificate. Anche il dio Veruna (il greco Urano) è associato a Mitra e insieme personificano la notte e il giorno: Veruna castiga i malvagi (notte) e Mitra protegge la giustizia e gli uomini onesti (giorno). Il centro del culto è la tauroctonìa (il sacrificio del toro), simbolo della fecondità universale e sempre presente in tutti i mitrei.
Accanto al toro vi sono altri figure simboliche: il serpente che beve il sangue del toro lo scorpione che gli punge i testicoli (tutti e due cioè vogliono impedire la fecondità della terra), il cane che bevendo il sangue del toro acquista energia e vitalità che trasferisce alla terra perché dalla sua coda germoglia il grano, simboli della risurrezione della terra e un corvo che fa da tramite tra il Sole-Mitra e la terra. Il dio Mitra è accompagnato da altre due divinità, Catèus e Cautòpates raffigurati sempre con le fiaccole, simbologia plastica di una trinità solare che raffigura il ciclo quotidiano del sole all’aurora, a mezzogiorno e al tramonto.
Il mitraismo fu uno dei principali antagonisti del cristianesimo sul quale avrebbe prevalso il culto di Mitra senza l’apostolo infaticabile delle genti, San Paolo di Tarso che lo diffuse capillarmente in tutto il Medio Oriente, la Grecia, parte dell’Asia fino Roma, cuore dell’impero, segnando così il declino del mitraismo. Mitraismo e il Cristianesimo comunque sono due religioni apocalittiche: rappresentano l’eterno combattimento del bene contro il male, dei figli della luce contro i figli delle tenebre. L’imperatore Aureliano (270-275 d.C.) eleva il culto del Sole a religione di stato. Costantino che deve la sua prima vittoria ai cristiani, ribalta la situazione con l’editto del 313 d.C. a favore del Cristianesimo. Giuliano l’Apostata (361-363) cerca di riportare in auge il culto di Mitra, ma inutilmente perché nel 394 d.C. con la vittoria di Teodosio su Eugenio, il Cristianesimo diventa religione di stato e i mitrei saccheggiati e distrutti per fare posto alle nuove chiese e basiliche cristiane. Famosi in Roma sono i mitrei del Circo Massimo e S. Clemente ancora oggi visitabili.
 
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Natale 2009 – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete + Appendice
© Nota: L’uso di questi commenti è consentito citandone la fonte bibliografica
Paolo Farinella, prete – 24/12/2009 – San Torpete – Genova
 
 


Teatro delle Nuvole presenta
“Ai giorni futuri”
Reading di Franca Fioravanti - Elaborazione drammaturgica di Marco Romei
 
Per gli emarginati,la rinuncia alla battaglia è una risposta all’arroganza delle cose e delle persone. L’impossibilità di integrarsi in un certo mondo, di vivere relazioni umane, di ascoltare il canto dell’universo, costringe alcune persone a relegarsi in un mondo altro.
Gli artisti, d’altronde, devono essere intellettuali in azione che si insinuano nelle smagliature della storia con la propria visione del mondo, che cercano di rifondare i valori della cultura e, quindi, della società.
Quando la civiltà dell’immagine fagocita ogni altra conoscenza, quando il mondo va in frantumi, si sente il bisogno di ricordare le voci troppo spesso dimenticate dei nostri padri: ascoltare il passato per migliorare il presente.
Quando l’etica e la giustizia diventano un “non valore”, a noi piace, insieme ai nostri poeti, ripensare al valore della bellezza, alla speranza del non adattamento, a come opporsi all’oscurità, a come, in definitiva, strappare la gioia ai giorni futuri.
 
Margherite Yourcenar, Memorie di Adriano
Mi sentivo responsabile della bellezza del mondo.
Volevo che le città fossero splendide, piene di luce, irrigate d’acque limpide, popolate da esseri umani il cui corpo non fosse deturpato né dal marchio della miseria o della schiavitù, né dal turgore di una ricchezza volgare; che gli alunni recitassero con voce ben intonata lezioni non fatue; che le donne al focolare avessero nei loro gesti una sorta di dignità materna, una calma possente; che i ginnasi fossero frequentati da giovani non ignari dei giochi né delle arti; che i frutteti producessero la più bella frutta.
Volevo che l’immensa maestà della pace romana si estendesse a tutti, insensibile e presente come la musica del firmamento nel suo moto; che il viaggiatore più umile potesse errare da un paese all’altro senza formalità vessatorie, senza pericoli, sicuro di trovare ovunque un minimo di legalità e di cultura; che il mare fosse solcato da belle navi e le strade percorse da vetture frequenti; che, in un mondo ben ordinato, i filosofi avessero il loro posto e i danzatori il proprio.
A questo ideale ci si avvicinerebbe spesso se gli uomini vi applicassero una parte di quell’energia che vanno dissipando in opere stupide e feroci.
 
Bertolt Brecht, L’opera da tre soldi - Dalai Lama, discorso
Vi sono alcune cose – poche –  capaci di commuovere l’uomo, ma il male è che , se le usate di frequente, perdono il loro effetto.
Perché gli uomini hanno la tremenda facoltà di rendersi di punto in bianco insensibili a proprio piacimento.
Così per esempio avviene che un uomo che veda un altro uomo fermo all’angolo della strada con un moncherino al braccio, la prima volta resti così turbato da dargli senz’altro dieci centesimi.
Ma la seconda volta gli dà soltanto cinque centesimi, e se lo vede una terza volta, lo consegna tranquillamente alla polizia.
A che servono le più belle massime, se vanno così presto fuori d’uso?
La compassione vera è correlata alla saggezza, quindi la gente ha l’impressione che la compassione sia un sentimento di pietà, ma questo è sbagliato.
Non solo la compassione è un sentimento di sentirsi vicini ad una persona oppure alla gente, ma è anche un sentimento di rispetto, di interesse per gli altri. La compassione si basa sul riconoscimento che tutti gli esseri umani sono uguali, e tutti hanno il diritto di sconfiggere la sofferenza.
Su queste basi si può sviluppare un interesse vero per il benessere, per il destino del nostro prossimo. E non ha importanza sapere se queste persone abbiano o meno un atteggiamento amorevole nei nostri confronti, perché il nostro interesse per il prossimo è imparziale.
La compassione genuina è una sorta di combinazione fra intelligenza e saggezza.
 
Bertolt Brecht, A coloro che verranno ( frammenti)
Davvero, vivo in tempi bui !
La parola innocente è stolta.
Una fronte distesa, vuol dire insensibilità.
Chi ride, non ha ancora saputo la brutta notizia.
Quali tempi sono questi, quando discorrere d’alberi è quasi un delitto,
perché su troppe stragi comporta il silenzio !
E l’uomo che ora traversa tranquillo la via
mai più potranno raggiungerlo gli amici che ora sono nell’affanno?
E’ vero, ancora mi guadagno da vivere.
Ma, credetemi, è appena un caso.
Nulla di ciò che faccio mi autorizza a sfamarmi
Per caso mi risparmiano: basta che il vento giri, e sono perduta.
“Mangia e bevi , e sii contenta di averne! “, mi dicono.
Ma come posso io mangiare e bere, quando quel che mangio lo strappo a chi ha fame,
e manca a chi ha sete il mio bicchiere d’acqua?
Eppure mangio e bevo.
Davvero, vivo in tempi bui.
Anche l’odio contro la bassezza stravolge il viso.
Anche l’ira per l’ingiustizia fa roca la voce.
Noi che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza,
noi non si potè essere gentili.
 
Peppe Lanzetta, da “Balla coi topi
Batti forte e non fermarti, cuore sporco,
i tuoi ventricoli sono zeppi di liquami e pieni d’amore,
il tuo battito è battito che conosco, che mi piace, che mi dà gioia, ritmo, e mi fa stare sveglia tutta la notte, anche se attorno a me c’è una gran puzza che non mi fa respirare…
Cuore che riconosci i cuori come te, solitari e disperati, bagnati e poi riasciugati dal tuo stesso calore, non perderti, non smarrire mai la tua via, cuore leale, cuore che volevi cambiare il mondo, cuore che c’hai creduto e per questo ancora batti, resisti…
Lascia che tradisca il fegato, lo stomaco, o l’intestino, ma tu no, tu devi resistere perché non ti cambierei, non ti trapianterei, non ti lascerei, sporco muscolo accattone, compagno di notti in cui non succedeva niente, compagno di momenti meravigliosi in cui ti sentivo ancheggiare come uno sballato, ti sentivo far casino dalla felicità per poi rientrare nella tua normalità…
Non so perché ti dica tutto questo, cuore mio, forse perché so che almeno tu mi avresti ascoltato, e per me è già tanto, ti assicuro, persi come siamo in questo deserto che ci circonda…
 
Leo de Berardinis, frammenti da “L’uomo capovolto
Io non sono che aggrovigliati ricordi
e fra quelli più antichi
più tenace un ricordo
calde acque rigavano il viso…
Chi mi darà l’amore
per la fiumana umana , derelitta storpia miserabile
che sono io
chi mi darà la forza
di strappare dai vostri cuori dolenti
il mio cuore dolente
chi la forza di accusarvi o di perdonarvi
chi la speranza che cambiandoci possa cambiare il mondo?
Siamo tutti nello stesso cielo , curvato su di sé
e bisognerebbe violentarlo il cielo
sbucare dall’altra parte tutti insieme
ed esausti tirare un respiro di sollievo
per il gran peso dell’universo
che ci siamo strappato dall’anima.
Anima dolorosa
anche nella pietra
e per questo la consola il mare
e la bacia scintillante sotto il sole.
 
 
E. Berlinguer + William Shakespeare, King Lear,
Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri, gli emarginati, gli svantaggiati vadano difesi,
e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni,
e di cambiare le proprie condizioni; che certi bisogni sociali e umani vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino alla cosa pubblica debba essere assicurata.
Poveri, nudi, infelici,
ovunque voi siate, a sostenere l’assalto di questa spietata bufera,
come potrete difendervi da un simile tempaccio, voi, a capo scoperto;
cogli scarni fianchi avvolti in quattro stracci tutti strappi e finestre?
Oh, di questo mi sono preso troppo poca cura:
eccoti, lusso, una medicina:
esponiti a provare ciò che provano i miseri,
e su di loro lascerai cadere il superfluo,
a dimostrate più grande la giustizia dei cieli!
Il dare agli altri dovrebbe eliminare il superfluo,
ed ogni uomo avrebbe il necessario.
 
Teatro delle Nuvole: 3381874187 info@teatrodellenuvole.it www.teatrodellenuvole.it
 
 


[1] I testi liturgici sono tratti dal nuovo lezionario, entrato in vigore con la 1a domenica di Avvento-A (2007).
[2] Benedetto Marcello (1686-1739) è una personalità esemplare tanto per la sua posizione sociale di nobile, con incarichi di servizio verso lo Stato, quanto per la sua attività ininterrotta di poeta e scrittore. La sua vita fu caratterizzata da un continuo intrecciarsi di ruoli: avvocato, giudice, amministratore, poeta, filologo, musicista e compositore, attività quest’ultima che gli valse il titolo di «principe della musica sacra». Marcello non era particolarmente portato per gli strumenti, ma già in tenera età rivelò però una spiccata propensione per la musica vocale, spaziando in tutti i generi, non trascurando contemporaneamente la composizione e il contrappunto, che approfondì con Francesco Gasparini. Nel 1711 era ormai affermato compositore, tanto da poter sottoporre la Messa in Canone, dedicata a Papa Clemente XI, all'Accademia Filarmonica di Bologna, in cui fu ammesso nel mese di dicembre. Nella Messa, in do maggiore e a 4 voci, Marcello utilizza differenti tipologie di canone (composizione contrappuntistica che unisce ad una melodia una o più imitazioni, che le si sovrappongono progressivamente a criteri compositivi che si rifanno agli antichi contrappuntisti), senza trascurare però la stessa elegante cantabilità che troviamo nelle sue sonate strumentali. La composizione venne dedicata a Clemente XI, lo stesso papa per il quale anche Alessandro Scarlatti aveva composto almeno due messe, dette appunto “clementine”, in cui la severità del contrappunto sottolineava l’ideale del ripristino di uno stile “osservato” di stampo palestriniano. Il manoscritto autografo è conservato presso la Biblioteca Marciana di Venezia.
 
[3] Di Gesù sappiamo che … [segue pagina seguente]
-    nato intorno al 6/7 a.C.[3] da una ragazza-madre appena adolescente, di nome Miriàm/Maria;
-    è nato a Betlemme, a sud d’Israele, patria del casato di Davide da cui discende Giuseppe;
-    è nato in una zona abitata da pastori, considerati dalla religione ufficiale persone impure;
-    fu circonciso a Gerusalemme otto giorni dopo la sua nascita;
-    trascorse la sua vita a Nàzaret, nel nord della Palestina;
-    al compimento del 12° anno di età (inizio del 13°),  nel Tempio di Gerusalemme celebrò il rito della «Bar-mitzvàh – Figlio del comandamento», inizio della maggiore età (cf Lc 2,41-50);
-    predicò per la Palestina e anche fuori i confini per circa un anno, un anno e mezzo;
-    si scontrò con il potere religioso e il potere politico;
-    non apparteneva alla casta sacerdotale;
-    fu condannato a morte come «rivoluzionario» dal Sinedrio e crocifisso dai Romani, nemici alleati per l’occasione;
-    muore all’età di circa 36 anni (30/33 d. C. ?), la stessa età di Isacco quando fu legato sul monte Moria per essere sacrificato;
-    risorge da morte alle prime luci dell’alba del sabato, dando inizio all’avventura della nuova Alleanza;
-    non lasciò nulla di scritto, ma solo dodici apostoli e altre apostole che inviò nel mondo;
-    le sue parole sono raccolte in quattro vangeli che persone innamorate di lui hanno scritto per i loro contemporanei e per noi che questa notte li ascoltiamo e vogliamo tramandare ai nostri figli.
[4] Quia fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te- Ci hai creati per te e il nostro cuore resta inquieto finché non trova riposo in te (S. Agostino, Confessiones, I, 1, PL 32).
[5] Non vi può essere contrasto più grande di quello descritto per la nascita di Gesù. Anche in confronto con Giovanni Battista, tutto è capovolto: a) l’annuncio della nascita di Giovanni avviene nella sontuosità del Tempio, l’annuncio della nascita di Gesù avviene a Nàzaret nella regione della Galilea equiparata alle nazioni pagane e sprezzantemente chiamata: «Galilea delle Genti» (Mt 4,15); b) Giovanni nasce a casa sua, Gesù è emigrante e nasce in viaggio lungo la strada; c) la nascita di Giovanni richiama parenti e vicini, la nascita di Gesù solo i pastori, legalmente impuri e socialmente emarginati. Tutta la vita di Gesù è un contrasto e un capovolgimento che ci mostra come il Dio di Gesù viene in modo inatteso e fuori da ogni schema e preconcetto. Di fronte ad un imperatore che ordina, Maria si realizza nel volere di un Altro: «Oh, sì! Che possa accadere in me secondo la tua Parola» (Lc 1,38) e in lei la «Parola carne fu fatta» (Gv 1,18). La stessa Parola che questa notte diventa Pane per nutrire la nostra sete di vita e di amore: anche la cittadina dove Gesù nasce è un annuncio profetico: Betlemme in ebraico significa Casa del pane.
[6] Regola Bollata (1223), IX,2 in Fonti Francescane, Movimento Francescano, Assisi 1977 (2a rist. 1978) n. 98.
[7]Cristo si è incarnato nell’umanità, è diventato uomo del suo tempo e si è inserito nella cultura della sua gente, alla quale ha proposto un incontro d’amore, un progetto di vita che si può e si deve costruire in ogni civiltà, in ogni cultura, in ogni tempo e geografia: «Andando per il mondo intero, annunciate il vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15). Questa notte noi siamo qui per fare memoria non di un valore modello, ma di una Persona, anzi di un Bambino che è Dio che si fa Uomo. L’eternità che diventa temporalità. Il trascendente si fa immanente. l’unità dei contrari. Se solo fossimo in grado di comprendere la drammaticità sconvolgente di questo «evento», capiremmo che celebrare il Natale significa solo che Dio si è messo davanti a noi perché noi non smarriamo più noi stessi. Questo Bambino viene a dirci che Dio è vicino a ciascuno dovunque egli sia, comunque sia, con chiunque sia. Anche se uno è immerso nel male, non è solo perché in quell’abisso, Dio è presente e soffre e porta la croce per sortirne insieme. Questo Bambino viene a dire che ciascuno di noi è importante per il Creatore che viene a fissare la sua dimora nella nostra casa, nel nostro lavoro, nelle nostre sofferenze, nelle nostre gioie, nella nostra famiglia, nella nostra solitudine e depressione, nella nostra paura. Egli viene anche a prendere possesso della nostra gioia, della nostra felicità, della nostra speranza, dei nostri progetti di vita. A Natale non nasce Dio perché egli è l’Eterno, ma ri-nasciamo noi che abbiamo bisogno di conversione per adeguarci al disegno di amore di Dio. Questa notte dobbiamo domandarci se vogliamo restare superficiali e accontentarci delle briciole di una religiosità banale che si nutre di qualche atto di culto di tanto in tanto o se invece vogliamo vivere una vita di fede che si nutre di incontri e passioni, di amore e di volti, una vita di fede che accetta la sfida di questo Bambino, una sfida da condividere con donne e uomini, qui e in tutto il mondo come uomini e donne delle Beatitudini e del Padre nostro. Se a Natale Dio nasce per noi e in noi, a Natale anche noi possiamo rinascere in Dio e volgendoci attorno troveremo trasfigurati i volti delle persone che amiamo, scopriremo che gli avvenimenti che popolano la nostra vita sono i nuovi comandamenti di Dio che celano e svelano la sua Presenza/Shekinàh, saremo a nostra volta trasformati perché impareremo che in ogni volto, in ogni evento, nel nostro cuore abita Dio che lo ha scelto come tenda del suo amore. Impareremo che a Natale ciascuno di noi è la Tenda del Convegno e la Dimora di Dio fatto uomo che ci chiede di prendere in custodia questo Bimbo per farlo crescere dentro di noi e fuori di noi a sua immagine e somiglianza. Impareremo che a Natale, in fondo, è proprio Dio, è questo Bambino che si prende cura di noi. Senza paura noi possiamo prenderlo in braccio e in ginocchio professare la nostra fede insieme all’Apostolo Tommaso: «Signore mio e Dio mio!». Scegliere il Natale vuol dire annunciare che una nuova èra è cominciata, un’èra dove gli ultimi e i poveri saranno i primi, l’èra del Regno di Dio, l’èra delle Beatitudini. Senza calcoli e senza interessi. E’ il capovolgimento delle situazioni descritto anche da Maria nel Magnificat. Se il primo Natale fu la nascita, il nostro Natale è la ri-nascita ad una vita nuova e diversa, perché quel Bambino in mangiatoia non è un simbolo, ma il volto vero del Dio che giudicherà la nostra esistenza: Avevo fame, sete… ero prigioniero… profugo… senza casa… e mi avete fatto nascere… Quando Signore?… Ogni volta che avete fatto queste cose al più piccolo dei miei fratelli, voi le avete fatte a me (cf Mt 25, 13-45).
[8] L’autore di uno scritto anonimo, Adversus Judaeos/Contro i Giudei (8,11-18, CCL 2, 1954, pp. 1360-64) attribuito da alcuni a Tertulliano (150/160-220), già nella seconda metà del sec. II, riteneva che Cristo fosse nato il 25 marzo e fosse anche morto lo stesso giorno. Doveva essere così perché la perfezione della natura divina di Cristo esigeva che gli anni della sua vita sulla terra dovevano essere anni interi senza frazioni. E’ evidente che siamo in piena speculazione teologica fuori da ogni spiegazione storica. Clemente d’Alessandria (160-240) testimonia che i cristiani copti celebravano non solo l’anno, ma anche il giorno della nascita del Salvatore e cioè il 25° giorno del mese di Pachòn (15 maggio) o il 25 del mese Pharmùth (20 aprile) e sostiene che non esiste una tradizione univoca e condivisa sulla data esatta della nascita del Salvatore (Stromates I, 21, PG 8,888).
[9] Nei primi secoli, i cristiani celebrano il Natale come argine e contrapposizione alle licenziose festività dell’equinozio d’inverno in onore del dio-Mitra, divinità di origine persiana onorata come Sol invictus/Sole invitto (v. pag. 23), in onore del quale in pieno inverno si è sviluppa una festa centrata sul simbolismo della luce, molto diffusa nell’impero romano tra i sec. I-III d.C., tanto che l’imperatore Diocleziano (284-305 d.C.) proclama il dio-Mitra «sostegno del potere imperiale», incrementandone il culto. In questa festa tutto diventa lecito perché crolla ogni freno inibitore e si scatena ogni sorta di trasgressione specialmente sessuale. Non di rado la festa è occasione per vendette personali fino all’omicidio.
[10] Nello stesso periodo il 25 del mese di Kislèv, corrispondente ad una data tra il 15 e il 25 dicembre ca. i Giudei celebrano la festa ebraica di Chanukkàh (= illuminazione), detta anche Chàg Haneròth (Festa dei lumi), Chàg Haurìm (Festa delle luci) e Chàg Hamakkabìm (Festa dei Maccabei), in riconsacrazione del Tempio riconquistato da parte di Giuda il Maccabeo nell’anno 165 a.C. La Chiesa per non isolare i cristiani accerchiati dal culto del dio-sole/Mitra e dalla ebraica Festa delle luci, inventa la celebrazione del Natale del Signore, il Sole che sorge e mai tramonta. A Natale non domina solo il simbolismo della luce che contrasta il buio della notte, ma celebra Cristo stesso «Luce che illumina le genti» (Lc 2,32), «Stella luminosa del mattino» (Ap 22,16), Sapienza di splendore «che non tramonta» (Sap 7,10). Celebrare il Natale in pieno inverno è un atto di coraggio e di speranza, un invito a guardare oltre le apparenze: il seme morto e sepolto nei solchi, le giornate brevi e buie, il senso di morte che tutto pervade è la premessa della primavera quando la vita danzerà e sconfiggerà la morte in vista dell’estate che porterà la gioia del raccolto ed dell’abbondanza, simbolo di pienezza di vita.


Mercoledì 23 Dicembre,2009 Ore: 11:37
 
 
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