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www.ildialogo.org A CHE COSA DEVO CHE LA MADRE DEL MIO SIGNORE VENGA A ME?,

IV AVVENTO – 20 dicembre 2009
A CHE COSA DEVO CHE LA MADRE DEL MIO SIGNORE VENGA A ME?

Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM


 

Lc 1, 39-45

 
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Ap­pena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bam­bino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orec­chi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo.
E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
 
Dopo  l’annunciazione l’evangelista ci presenta Maria raffigurata come “la nuova arca dell’alleanza”. L’antica arca dell’alleanza conteneva le tavole della legge, la nuova arca dell’alleanza, Maria, contiene un Dio che non si esprime attraverso la legge, ma attraverso l’amore.
E, come l’antica arca dell’alleanza portava benedizione a chi l’accoglieva, così è per Maria. Vediamo il Vangelo.
“In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, verso (o in) una città di Giuda”. E’ importante l’indicazione che ci dà l’evangelista. L’angelo aveva detto a Maria che Elisabetta, sua parente era incinta, attendeva anche lei un bambino. Ebbene Maria, una volta che si trova lei incinta di Gesù, del Figlio di Dio, non si mette sotto una campana di vetro, a farsi venerare come la madre di Dio, ma comprende che l’amore si trasforma in servizio e si mette a servizio.
Ma c’è un particolare interessante. Maria sta a Nazaret in Galilea, e i Galilei per andare a Gerusalemme o in Giudea, non percorrevano mai la regione montuosa, cioè la Samaria, perché era pericolosa, c’era inimicizia, c’era il rischio di rimetterci la pelle. Allora percorrevano sempre la strada più lunga, ma se non altro più sicura, della vallata del Giordano.
Ebbene, qui l’evangelista ci dice, invece, che Maria affronta la regione montuosa, affronta il pericolo, affronta il rischio, tanto è forte il desiderio di andare a mettersi a servizio della propria parente. E’ l’amore che non conosce difficoltà. Quindi passa per la Samaria, un strada che è senz’altro più breve, ma più pericolosa.
“Entrata nella casa di Zaccaria, salutò …”, e qui rimaniamo sorpresi, ci saremmo aspettati “entrata nella casa di Zaccaria, salutò Zaccaria”, il padrone di casa, invece Maria sembra ignorarlo. Maria ignoral’uomo del rito, l’uomo che era rimasto muto, il sacerdote, e invece si rivolge alla donna che come lei porta in sé una vita, “salutò Elisabetta”.
Maria entra e saluta, esattamente come l’angelo ha fatto con lei. “Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo”. E’ un saluto che ha comunicato vita, Maria è mossa dall’amore, l’amore che si fa servizio, e l’amore che si fa servizio comunica, arricchisce, colma la vita dell’altro. Allora il bambino lo sente tutto questo.
“Ed anche Elisabetta”, scrive Luca, “fu colmata di Spirito Santo”. L’evangelista anticipa in Maria quella che poi sarà l’azione di Gesù. Il compito di Gesù, riportato dell’evangelista, è quello di battezzare, cioè immergere in Spirito Santo. Ecco, tutto questo viene anticipato nella figura di Maria.
Maria battezza, colma di Spirito Santo la sua parente, Elisabetta. E lei, mentre il marito, il sacerdote, è muto, la donna, che porta la vita ed è piena dello Spirito, svolge il compito della profetessa e dice “Benedetta tu fra le donne”, questo è un titolo antichissimo che si dava alle grandi eroine di Israele, come Giaele, Giuditta, “e benedetto il frutto del tuo grembo!”
E si meraviglia, dice “A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo”. Questa comunicazione di vita, questa comunicazione di Spirito – ripeto è l’amore che si fa servizio e l’amore che si fa servizio comunica vita – non comunica soltanto un arricchimento di vita, ma produce gioia. E questo lo dice anche il piccolo nel seno della madre.
Ed ecco la prima beatitudine che riguarda Maria, “E beata colei che ha creduto”. Questa beatitudine a Maria, che si è fidata di qualcosa di inverosimile, è anche un rimprovero verso il marito. Se Maria è beata perché ha creduto, Zaccaria è infelice perché invece non ha creduto.
Quindi “beata colei che ha creduto”; Maria si è fidata. Per questo l’evangelista la proclama beata “nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.
Quindi in questo episodio vediamo la vergine, Maria, la sterile, Elisabetta, quelle che contro ogni aspettativa e contro ogni speranza si sono aperte alla vita. E con questo inno alla gioia che inizia con il piccolo Giovanni nel seno della madre, fra poco vedremo iniziare e dipanarsi tutta l’esistenza di Gesù e il suo messaggio, cioè la Buona Notizia.
 
 


Mercoledì 16 Dicembre,2009 Ore: 14:52
 
 
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