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www.ildialogo.org E NOI CHE COSA DOBBIAMO FARE?,

III AVVENTO – 13 dicembre 2009
E NOI CHE COSA DOBBIAMO FARE?

- Commento al Vangelo di p. Alberto MaggiOSM


Lc 3, 10-18
 
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Le folle che erano accorse al battesimo al fiume Giordano, Giovanni il Battista le aveva apostrofate dicendo “Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all’ira imminente?” Perché il giorno del Signore i profeti l’avevano presentato come il giorno dell’ira. E diceva loro “fate opere degne di conversione”.
Allora vediamo la reazione nel brano della liturgia di oggi dove ci sono tre gruppi ben distinti. Sono le folle, i pubblicani e i soldati. “Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?», e la risposta del Battista non dirà nulla che riguardi il Dio, che riguardi la religione, che riguardi il culto.
L’abbiamo già visto nella volta scorsa che la conversione alla quale Giovanni Battista invita non è il ritorno religioso a Dio, ma un cambio di comportamento nei confronto degli altri. Allora Giovanni Battista alle folle dice “«Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto»”.
Cioè la condivisione. Con Giovanni Battista inizia a cambiare il rapporto con Dio, che poi sarà portato a compimento da Gesù, e cambia anche il senso del peccato: il peccato non è un’offesa a Dio, ma un’offesa all’uomo. E’ qui che allora bisogna riparare. Poi si affacciano anche dei personaggi sorprendenti, “Vennero anche dei pubblicani”. Che vanno a fare i pubblicani?
Per i pubblicani, categoria dannata, non c’era più nessuna speranza; anche se pubblicano un giorno poi si fosse convertito, per lui ormai c’era la macchia, il marchio indelebile della persona impura, per cui non c’era più speranza. Quindi anche loro “vanno a farsi battezzare e chiedono”, letteralmente, “cosa facciamo”? Cioè: e noi? C’è una speranza anche per noi? C’è qualcosa anche per noi?
Ebbene, sorprendentemente per loro, Giovanni Battista non chiede di cambiare mestiere perché non potevano non farlo, ma dice “«Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato»”. Questo è uno scandalo: ammette al Regno di Dio, attraverso la conversione, anche persone che, per la loro condotta pubblica morale o religiosa, sono immorali. E quindi Giovanni Battista li ammette a condizione che non esigano nulla di più di quanto sia stato fissato.
E intervengono anche i soldati. I soldati, probabilmente pagani, che chiedono anche loro che cosa devono fare, e la risposta è “«Non maltrattate»”, il verbo indica non prendere il denaro con violenza, “«Non estorcete»”, cioè non prendere denaro con ricatto, “«niente a nessuno e accontentatevi delle vostre paghe»”, evitare l’ingiustizia.
Quindi, tre gruppi, le folle giudee, gli esclusi da Israele com’erano i pubblicani, e gli esclusi dal Regno di Dio, com’erano i pagani. Ebbene, c’è posto per tutti quanti. Continua l’evangelista “Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo”, cioè il Messia, era questa l’attesa.
Giovanni rispose a tutti dicendo “«Io vi battezzo con acqua»” - l’acqua è un elemento che è esterno all’uomo - “«ma viene colui»”, per comprendere quest’espressione del Battista ora bisogna rifarsi all’istituzione giuridica del matrimonio. Dice Giovanni Battista “«che è più forte di me e a cui non sono degno di slegare i legacci dei sandali»”.
A che cosa si riferisce Giovanni Battista? Alla legge del levirato. La legge del levirato consisteva in questo: quando una donna rimaneva vedova, senza un figlio, il cognato – da qui il termine “levirato”, “levir” significa cognato – aveva l’obbligo di metterla incinta. Quando, per qualche motivo il cognato rifiutava, colui che aveva diritto dopo di lui, procedeva alla cerimonia dello scalzamento, scioglieva il sandalo della persona che doveva mettere incinta questa vedova, ci sputava e questo significava “il tuo diritto di mettere incinta questa donna passa a me”.
Ed era un’espressione anche abbastanza vergognosa. I riferimenti su questo li troviamo nel libro
Deuteronomio, al capitolo 25, oppure nel libro di Rut, al capitolo 4. Allora Giovanni Battista, non sta facendo una lezione di umiltà, ma dice “non prendete me come colui che deve fecondare questa vedova”. Chi è questa vedova? Il rapporto tra Dio e il popolo era raffigurato come quello tra uno sposo e una sposa.
Ma erano tanti i peccati, tante le infedeltà di Israele, che si considerava questo rapporto ormai concluso e Israele si sentiva come una vedova del suo Signore. Allora “colui che viene a rigenerare vita in questa vedova non sono io, ma è colui che è più forte di me”. Perché, ha detto Giovanni Battista “«Io vi ho battezzato con acqua, adesso invece vi battezza in Spirito Santo»”, e lo Spirito Santo è un’immersione interiore, intima, profonda, dell’amore di Dio che rende poi capace l’uomo di trasformare la propria esistenza.
Però Giovanni Battista ha detto “«Vi battezzerà in Spirito Santo»”, lo Spirito che comunica vita, “«e fuoco»”, è il fuoco del castigo, come lui specifica “«tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile»”. Ecco, questaera l’immagine del Messia che comunicava vita ai suoi seguaci, ma puniva e castigava le personeinfedeli, le persone impure.
Ebbene Gesù prenderà le distanze, Giovanni si è sbagliato. Quando, negli Atti degli Apostoli Gesù dovrà citare Giovanni, dirà “Giovanni ha battezzato con acqua, invece voi sarete battezzati in Spirito Santo tra non molti giorni”. E il fuoco Gesù lo omette, perché il Dio di Gesù non è il Dio di Giovanni che premia i buoni e castiga i malvagi, ma è un Dio il cui amore si rivolge a tutti quanti, a tutte le persone.


Mercoledì 09 Dicembre,2009 Ore: 17:18
 
 
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