- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (293) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org PRIMA CHE VENGA ARCHIVIATO,di Alberto Simoni

NUOVO DOCUMENTO CEI:
“Per un Paese solidale. Chiesa italiana e mezzogiorno”

PRIMA CHE VENGA ARCHIVIATO

di Alberto Simoni

Prime considerazioni di Alberto Simoni


Porta la data del 21 febbraio – I domenica di Quaresima – il nuovo documento della CEI “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e mezzogiorno”, che intende “riprendere la riflessione sul cammino della solidarietà nel nostro Paese, con particolare attenzione al Meridione d’Italia e ai suoi problemi irrisolti”, a vent’anni dalla pubblicazione del documento “Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno”, che a sua volta si rifà all’altro del 1981 “La Chiesa italiana e le prospettive del Paese”.
Sarebbe utile poterne fare una lettura parallela, ma per il momento forse è più urgente segnalare almeno l’ultimo in ordine di tempo, dopo che la stampa nazionale lo ha preso a suo modo in considerazione e prima che venga archiviato nella ricca biblioteca della CEI, senza che passi attraverso quella “fatica del pensare” a cui invece sembrerebbe invitare tutti.
Su due piedi si potrebbe dire che in questo documento c’è tutto e il contrario di tutto e che alla fine di diagnosi anche realistiche della situazione del Paese si arriva a prescrivere i soliti placebo, senza dire cosa una chiesa abbia fatto o lasciato fare in questi anni per quel “cammino di solidarietà”, che non può aspettare d’essere celebrato con un altro documento nei prossimi 20 anni.
Sì, si fa appello ai martiri (don Puglisi, don Diana, il giudice Rosario Livatino), ma ci si guarda bene dal dare sostegno a quanti lottano sulle stesse frontiere oggi e soprattutto non si spinge la chiesa intera – salvo retorici inviti e appelli finali – a portarsi su queste linee di frattura. Si può dire che per questa causa vengano spese le stesse parole e investite le stesse energie che sono all’ordine del giorno per la “difesa della vita”?   Non si tratta della stessa cosa?
In questo senso, una chiara chiave di lettura la si trova alla fine, al n.19, dove si legge: “Contro ogni tentazione di torpore e di inerzia, abbiamo il dovere di annunciare che i cambiamenti sono possibili. Non si tratta di ipotizzare scenari politici diversi, quanto, piuttosto, di sostituire alla logica del potere e del benessere la pratica della condivisione radicata nella sobrietà e nella solidarietà”. E allora saremmo tentati di leggere questo testo come un tentativo più o meno riuscito di quadratura del cerchio, nel senso di registrare cambiamenti in atto, possibili e anche necessari, ma esorcizzando “scenari politici diversi”. 
E tutto questo nella consapevolezza di “una trasformazione politico-istituzionale, che ha nel federalismo un punto nevralgico, e con un’evoluzione socio-culturale, in cui si combinano il crescente pluralismo delle opzioni ideali ed etiche e l’inserimento di nuove presenze etnico-religiose per effetto dei fenomeni migratori” (n.1). Ma mentre riguardo al federalismo si spende l’intero n.8, riguardo alla trasformazione politico-istituzionale sembra che non esistano problemi, e ogni cosa può rimanere apparentemente come era, anche se c’è uno strisciante attentato alla Costituzione e la convivenza civile è sempre più compromessa alla radice.
Ma forse ci è lecito leggere tra le righe, quando si dice che “si tratta, infatti, non soltanto del fare a cui sono abituati i governanti delle nazioni, ma del consegnare a Dio − nello spazio orante del discernimento spirituale e pastorale − tutto ciò che si condivide con la gente, cioè i pochi pani e i pochi pesci. In questa condivisione riuscita l’Eucaristia si rivela veramente come la fonte e il compimento della vita della Chiesa” (n.3). E ancora: “Per i discepoli di Cristo la scelta preferenziale per i poveri significa aprirsi con generosità alla forza di libertà e di liberazione che lo Spirito continuamente ci dona, nella Parola e nell’Eucaristia”. E se fosse un involontario rilancio della “Chiesa dei poveri” e di una “Teologia della liberazione”?
Questo primo approccio al documento CEI ha il solo scopo di richiamare l’attenzione e sollecitare la riflessione di tutti.  Almeno di quanti hanno a cuore le sorti del Paese, ma anche il destino di una fede evangelica che perde il suo sapore. (ABS) 
 
 
2 - Dal documento Cei “Per un Paese solidale”
I GIOVANI IN PRIMA FILA NELLA PAROLA DEI VESCOVI
 
10 - Il flusso migratorio dei giovani, soprattutto fra i venti e i trentacinque anni, verso il Centro-Nord e l’estero, è la risultante delle emergenze sopra accennate. Oggi sono anzitutto figure professionali di livello medio-alto a costituire la principale categoria dei nuovi emigranti. Questo cambia i connotati della società meridionale, privandola delle risorse più importanti e provocando un generale depauperamento di professionalità e competenze, soprattutto nei campi della sanità, della scuola, dell’impresa e dell’impegno politico.
Anche le comunità ecclesiali subiscono gli effetti negativi di tale fenomeno, sperimentando al loro interno inedite difficoltà pastorali che pregiudicano considerevolmente la trasmissione della fede alle nuove generazioni.
 
11 - Il decennio successivo al 1989 è stato caratterizzato nelle regioni meridionali da un tasso di crescita che ha fatto sperare, anche se per poco, in una riduzione del divario con il resto dell’Italia. Tale tendenza positiva è stata parallela a una crescita della società civile, maggiormente consapevole di poter cambiare gradualmente una mentalità e una situazione da troppo tempo consolidate. Le coscienze dei giovani, che rappresentano una porzione significativa della popolazione del Mezzogiorno, possono muoversi con più slancio, perché meno disilluse, più coraggiose nel contrastare la criminalità e l’ingiustizia diffusa, più aperte a un futuro diverso.
Sono soprattutto i giovani, infatti, ad aver ritrovato il gusto dell’associazionismo – tuttora particolarmente vivace in queste regioni –, dando vita a esperienze di volontariato e a reti di solidarietà, non volendo più sentirsi vittime della rassegnazione, della violenza e dello sfruttamento. Per questo sono scesi in piazza per gridare che il Mezzogiorno non è tutto mafia o un luogo senza speranza. I loro sono volti nuovi di uomini e donne che si espongono in prima persona, lavorano con rinnovata forza morale al riscatto della propria terra, lottano per vincere l’amarezza dell’emigrazione, per debellare il degrado di tanti quartieri delle periferie cittadine e sconfiggere la sfiducia che induce a rinviare nel tempo la formazione di una nuova famiglia. Sono volti non rassegnati, ma coraggiosi e forti, determinati a resistere e ad andare avanti.
 
14 - Nelle comunità cristiane si sperimentano relazioni significative e fraterne, caratterizzate dall’attenzione all’altro, da un impegno educativo condiviso, dall’ascolto della Parola e dalla frequenza ai sacramenti. Sono luoghi «dove le giovani generazioni possono imparare la speranza, non come utopia, ma come fiducia tenace nella forza del bene. Il bene vince e, se a volte può apparire sconfitto dalla sopraffazione e dalla furbizia, in realtà continua ad operare nel silenzio e nella discrezione portando frutti nel lungo periodo» . Questo è il rinnovamento sociale cristiano, «basato sulla trasformazione delle coscienze, sulla formazione morale, sulla preghiera; sì, perché la preghiera dà la forza di credere e lottare per il bene anche quando umanamente si sarebbe tentati di scoraggiarsi e di tirarsi indietro» .
Il cristiano non si rassegna mai alle dinamiche negative della storia: nutrendo la virtù della speranza, da sempre coltiva la consapevolezza che il cambiamento è possibile e che, perciò, anche la storia può e deve convertirsi e progredire.
 
15 - D’altra parte, se non saranno per prime le nostre comunità a sentire il desiderio dello scambio e del mutuo aiuto, come potremo aspettarci che le disuguaglianze e le distanze siano superate negli altri ambiti della convivenza nazionale? Al contrario, proprio la forza di questo intreccio di volontà di condivisione e di arricchimento reciproco sul piano spirituale e pastorale diventa fermento, motivazione e incoraggiamento perché tutta la vita sociale, anche nelle sue dimensioni economiche e politiche, sia spinta verso traguardi sempre più alti di giustizia e di solidarietà.
 
16 - In una prospettiva di impegno per il cambiamento, soprattutto i giovani sono chiamati a parlare e testimoniare la libertà nel e del Mezzogiorno. Non sembri un paradosso evocare il bisogno di riappropriarsi della libertà e della parola in una società democratica, ma i giovani del Sud sanno bene che cosa significhino omertà, favori illegali consolidati, gruppi di pressione criminale, territori controllati, paure diffuse, itinerari privilegiati e protetti. Ma sanno anche che le idee, quando sono forti e vengono accompagnate da un cambiamento di mentalità e di cultura, possono vincere i fantasmi della paura e della rassegnazione e favorire una maturazione collettiva. Essi possono contribuire ad abbattere i tanti condizionamenti presenti nella società civile.
L’esigenza di investire in legalità e fiducia sollecita un’azione pastorale che miri a cancellare la divaricazione tra pratica religiosa e vita civile e spinga a una conoscenza più approfondita dell’insegnamento sociale della Chiesa, che aiuti a coniugare l’annuncio del Vangelo con la testimonianza delle opere di giustizia e di solidarietà.
 
17 - A maggior ragione ci sentiamo provocati dalla sfida educativa sul versante intraecclesiale della catechesi. Questa pure, nelle parrocchie e in ogni realtà associativa, va ripensata e rinnovata. Essa dev’essere dotata il più possibile di una efficacia performativa: non può, cioè, limitarsi a essere scuola di dottrina, ma deve diventare occasione d’incontro con la persona di Cristo e laboratorio in cui si fa esperienza del mistero ecclesiale, dove Dio trasforma le nostre relazioni e ci forma alla testimonianza evangelica di fronte e in mezzo al mondo. Da essa dipende non soltanto la corretta ed efficace trasmissione della fede alle nuove generazioni, ma anche lo stimolo a curare e maturare una qualità alta della vita credente negli adolescenti e nei giovani.
 
19 – Per le comunità cristiane e per i singoli fedeli un atteggiamento costruttivo rappresenta lo spazio spirituale entro cui progettare e attivare ogni iniziativa pastorale per crescere nella speranza. Svelare la verità di un disordine abilmente celato e saturo di complicità, far conoscere la sofferenza degli emarginati e degli indifesi, annunciando ai poveri, in nome di Dio e della sua giustizia, che un mutamento è possibile, è uno stile profetico che educa a sperare. Occorre però che il senso cristiano della vita diventi fermento e anima di una società riscattata da ritardi e ingiustizie, capace di stare al passo del cammino economico, sociale e culturale del Paese intero.
 
20 - Scriviamo a voi giovani, perché sappiate che in voi Cristo vuole operare cose grandi: rivestitevi perciò di speranza e costruite la casa comune nel vincolo dell’amore fraterno e nella fede salda. Se la parola di Dio dimora in voi, potete vincere il maligno in tutti i suoi volti (cfr 1Gv 2,14) e dare un futuro alla nostra terra.
 
 
3 – Dal documento CEI del 1981
 “La Chiesa italiana e le prospettive del paese” (n.29)
 
Dobbiamo chiederci perché la proposta cristiana, per sua natura destinata a dare pieno senso all'esistenza, è stata inadeguata alla richiesta dei giovani e degli uomini del nostro tempo, e quali responsabilità ora ci attendono. Troveremo di certo una carenza grave del nostro esplicito annuncio di Cristo e della nostra testimonianza di fede. Ma impareremo anche a delineare un'organica pastorale della cultura, che sappia sì giudicare e discernere ciò che c'è di valido nei sistemi culturali e nelle ideologie, ma più ancora sappia puntare su tutto ciò che affina l'uomo ed esplica le molteplici sue capacità di far uso dei beni, di lavorare, di fare progetti, di formare costumi, di praticare la religione, di esprimersi, di sviluppare scienze e arte: in una parola, di dare valore alla propria esistenza (cf. GS 53). È evidente che la elaborazione di una cultura intesa in questi termini è compito primario di tutta la comunità cristiana, che lo realizza con chiare proposte di valori e con lo specifico impegno dei laici - degli intellettuali ma anche dei laici più umili - nel terreno della vita quotidiana, dove occorre capacità di dialogo, di confronto, di fondato giudizio, di fattiva promozione umana.

Articolo tratto da:

FORUM (191 26 febbraio 2010) Koinonia

http://www.koinonia-online.it

Convento S.Domenico - Piazza S.Domenico, 1 - Pistoia - Tel. 0573/22046



Domenica 28 Febbraio,2010 Ore: 15:35
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Politica

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info