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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Ancora non ci siamo,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Ancora non ci siamo

di Giovanni Sarubbi

Un commento sull’assemblea di Firenze del 6 febbraio 2010


Si è partiti dal disagio, si è arrivati alla mistagogia. Questa in estrema sintesi può essere il senso della giornata che ho vissuto sabato 6 febbraio a Firenze al convegno dal titolo “Il Vangelo ci libera, e non la Legge”, per il quale il nostro sito ha proposto un documento critico di riflessione.
Mistagogia è parola difficile da comprendere immediatamente ai cittadini di oggi che sanno poco o nulla di teologia ma è parola molto antica nella storia della Chiesa nata al Concilio di Nicea nel 325 d.c. La mistagogia trovò ampio spazio nelle catechesi di Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo  e di tutta un’altra serie di padri della chiesa. La mistagogia trova grande spazio anche oggi nelle catechesi battesimali  ed è un termine molto diffuso in gruppi come quello dei neocatecumenali o del rinnovamento dello spirito, tanto cari a Giovanni Paolo II.
Ma ha senso parlare oggi di mistagogia, come ha fatto don Giannoni nelle sue conclusioni affermando che la chiesa “o sarà mistagogica o non sarà più chiesa”?
Crediamo di no! Per i non addetti ai lavori è come dire, a chi si trova a verificare ad un certo punto della sua ricerca di essere giunti ad un punto morto e senza sbocchi, di ritornare indietro al punto di partenza e ripercorrere la stessa identica strada fatta fino a quel momento, ritornando così allo stesso identico punto morto. E’ come quando davanti ad una segnalazione di errore prodotto dalla esecuzione di un programma su computer, si continui a fare sempre la stessa cosa senza leggere il contenuto del messaggio fornito che può aiutare a comprendere cosa è necessario fare. Chi giunge ad un punto morto nel corso di una sua ricerca deve tornare indietro al punto di partenza ma, per non ripetere gli stessi errori, deve necessariamente mettere in discussione le motivazioni che lo hanno indotto ad imboccare quella strada fallimentare.
Lo abbiamo già scritto nel nostro documento e lo ripetiamo: “Se nonostante il “vangelo che abbiamo ricevuto” siamo andati molto lontani da esso, dobbiamo mettere in discussione le radici stesse della interpretazione che di tale vangelo si è data, e non è una questione che si può eludere o aggirare, e la crisi che stiamo vivendo non è solo una questione di numeri, meno preti, meno praticanti, meno battesimi ecc.”. E di mistagogia è piena la dottrina della chiesa cattolica ed una sua riproposizione ci sembra una cosa peggiore del male.
Ma che cosa è la mistagogia? Riportiamo di seguito il significato della parola così come è riportato nel DIZIONARIO DI MISTICA di L. BORRIELLO - E. CARUANA M.R. DEL GENIO - N. SUFFI riportato sul sito www.clerus.org, quello della Congregazione vaticana per il clero.
 
MISTAGOGIA.
I. Il termine è greco, composto dal nome mystes (mistero) che forse deriva dal verbo myo (chiudere le labbra, essere chiuso) e dal verbo ago (condurre). Etimologicamente significa l'azione d'introdurre una persona nella conoscenza di una verità occulta e nel rito significativo di questa. Chi introduceva, generalmente un sacerdote, era detto mistagogo; la persona iniziata era chiamata miste.
II. Nell'antichità. I culti greco romani, nei quali era presente la m. erano vari: quello orfico, quello di Mitra, quello dionisiaco, quello eleusino di Demetra e Core, ecc. Erano forme religiose pagane di natura soteriologica. Quelle più antiche si riferivano, nei loro riti, alle forze generatrici della natura, specialmente a primavera. Quelle più recenti avevano riti che significavano un trasferimento delle forze della natura alla persona iniziata.
La mistagogia comportava generalmente, oltre gli attori principali, il mistagogo, il miste e la divinità, una preliminare abluzione del corpo, segno, a volte, di una purificazione morale; includeva, inoltre, la persuasione che il miste entrasse in un gruppo religioso particolare, diverso da quello in cui era vissuto fino ad allora; esigeva l'esoterismo, ossia il patto interiore, il segreto nel quale si costituivano l'iniziazione al culto e l'appartenenza ad esso, nonché l'indottrinamento e il ritualismo che portavano il miste all'unione (quasi identificazione) con la divinità alla quale si offriva il culto e, infine, la proibizione di comunicare ad estranei le verità e le pratiche rituali affidate agli iniziati.
La mistagogia non è assente nemmeno dalle religioni che, per contenuto di dottrina, si rifanno a una rivelazione soprannaturale. Esse propongono misteri, cioè verità incomprensibili alla ragione umana, che poi vengono, in qualche modo, espresse nel culto pubblico. Anzi si può affermare che quanto più una religione propone misteri di ordine sovrumano, con risvolti liturgici, tanto più gli adepti necessitano di m. perché il loro impatto con verità ineffabili, prima che comprensibili, possa essere dolce e graduale.
 
Ebbene il cristianesimo constantiniano reinterpreta l’Evangelo di Gesù da un punto di vista mistagogico essendo ciò funzionale alla definizione di Gesù come “uomo-dio”, quindi oggetto misterioso da mettere sugli altari e attorno a cui creare una casta di sacerdoti.  Gesù viene reinterpretato come dio-mistero e come mistagogo dei suoi seguaci, generando il primo grande scisma rispetto al suo evangelo.
Durante il convegno il prof. Romano Penna, che è uno dei grandi storici del cristianesimo soprattutto della figura di Paolo, ha rimarcato, non senza un qualche sarcasmo rispetto alla decisione vaticana di far seguire all’anno paolino un anno sacerdotale, che nelle comunità paoline e negli scritti di Paolo non c’è mai alcuna figura sacerdotale, meno che mai quella del mistagogo così come è stato inteso dal quarto secolo in poi.
Ripartire dalla mistagogia significa allora riproporre lo stesso veleno che avvelenò il cristianesimo delle orgini con il suo innestarsi in una cultura ed una filosofia molto distante dall’evangelo proposto da Gesù che ha messo semplicemente al centro della sua predicazione l’uomo, l’umanità, il figlio dell’uomo. Paolo di Tarso, ha detto Romano Penna nel suo intervento, ha paragonato Gesù non a Mosè o ad Abramo ma ad Adamo, termine che è sinonimo di umanità. Dalla umanità alla umanità, questo il vangelo di Gesù.
Crediamo fermamente di non aver alcun bisogno di un “Vangelo mistagogico” o di una teologia che ripeta frasi come quelle oggi ripetute da tutti i gruppi cristiani ad ogni angolo del mondo quali “il padre ti ama, Gesù ti ama, Gesù ti ha salvato” e via dicendo. Lo dice anche Papa Ratzinger, ma questo non gli ha impedito di far ricevere in Vaticano coloro che hanno scatenato in Italia l’ondata di razzismo che sta producendo sofferenza e morte su milioni di migranti; non gli ha impedito di ricevere i guerrafondai come Bush,  o di fare da testimonial per le auto di lusso, o di concedere il funerale a Pinochet e negarlo a Welby.
Non abbiamo bisogno di una teologia ma di una “umanologia”, non abbiamo bisogno di una cristologia che continui a ripetere all’infinito una idea sacrale di Gesù, che magnifichi il suo essere dio e dimentichi il suo essere “figlio dell’uomo”.
Ad un certo punto del dibattito Pino Ruggirei ha affermato che “il problema è dio”, rispondendo quasi con rabbia alle molte domande che gli erano state poste dopo la sua relazione che non erano per nulla teologiche.
In un certo senso egli avrebbe avuto ragione se avesse inteso questa sua affermazione come critica all’uso della parola Dio da parte dei grandi sacerdoti di oggi e di tutti i tempi. Se lui avesse messo in discussione l’idea di Dio che ancora oggi viene diffuso avrebbe fatto un gran bene a tutti. Ma la sua relazione era orientata a tutt’altro, o meglio, come ha detto lui stesso, “a parlare d’altro”. Parlare di Dio o del peccato originale che tutti ci avvolge, o dell’essere la chiesa “la casa di Rahab” la prostituta, o del doversi far carico degli errori fatti dai responsabili delle chiese, finisce alla fine, al di là della buona fede di ognuno, per giustificare le scelte mostruose che il cristianesimo religione ha avallato nel corso dei secoli e che ancora oggi avalla.
Lo abbiamo detto in assemblea e lo ripetiamo: non si può più dire una cosa, belle parole come amore e quant’altro da un lato e dall’altro praticare tutt’altro. Ne si possono elaborare teologie che alla fine finiscono per dare risposte a ristretti gruppi ecclesiali ma che poi non sono in grado di dare alcuna risposta ai problemi dell’umanita. A chi ha ricordato la questione del “razzismo cristiano” oggi esistente in italia non si può dire che il problema è Dio. Bisogna dire che il problema sono gli uomini che utilizzano “dio” per opprimerli e che non c'è niente di misterioso o soprannaturale nelle scelte concrete delle gerarchie vaticane. Di fronte ad una scelta pratica di cui tutti possiamo comprendere i contorni ed il contenuto non si può invocare il mistero o parlare di “dio”, è un divagare di nessuna utilità se non quella di giustificare il male.
Dal convegno di sabato 6 febbraio è venuta dunque fuori un dato molto chiaro. A chi pensava che Firenze 1-2 potesse avere uno sbocco di tipo contestativo della chiesa istituzione don Giannoni ha detto chiaro e tondo che si debbono ricredere. Tutto ciò che è stato detto in quelle assemblee – ha affermato - è stato prima mandato al vescovo di Firenze che evidentemente lo ha approvato o quanto meno non ha contestato. Firenze 1 e 2 si possono così considerare una sorta di “sfogatoio con approvazione ecclesiastica”.
Anche chi come me sperava in un qualche riferimento all’esperienza della “chiesa confessante” tedesca di Barth e Bonhoeffer, è rimasto deluso. L’idea della contestazione è stata completamente cancellata dal panorama degli organizzatori, cosa che invece la “chiesa confessante” fece pagando anche duramente questa sua scelta.  
Dobbiamo ripartire dall’umanità. Lo ribadiamo e lo ribadiremo fino alla nausea. Altre prospettive per le chiese cristiane non ne esistono. Questo significa che continueremo ad essere attenti a tutto ciò che si muove in ambito cristiano, nella chiesa cattolica come nelle altre chiese, cercando di stimolare ognuno ad essere “buona notizia” per la umanità del nostro tempo.

Giovanni Sarubbi

Firenze 2 - sei febbraio 2010
Resoconto dell'assemblea e i documenti presentati a cura della Redazione

 

I documenti relativi al primo convegno del 16 maggio 2009

18/05/2009 - Editoriale
Umanità Dio dei cristiani di Giovanni Sarubbi
Testo dell'intervento che avremmo voluto leggere il 16 maggio scorso a Firenze all'incontro "il vangelo che abbiamo ricevuto"

22/05/2009 - Editoriale
Una possibilità da non lascirsi sfuggire,di Giovanni Sarubbi
Un contributo al dibattito sul convegno dei cattolici del 16 maggio a Firenze

05/05/2009 - Il Vangelo che abbiamo ricevuto
 Il contributo della Redazione del sito www.ildialogo.org all’incontro di Firenze del 16 maggio



Lunedì 08 Febbraio,2010 Ore: 17:06
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Stefania Salomone Roma 09/2/2010 11.08
Titolo:La fede dei misteri...
Un mio conoscente dice spesso che siamo passati "dai misteri della fede alla fede dei misteri". E' questo che percepisco rispetto a questo incontro, al quale, per scelta, non ho partecipato. Addirittura abbiamo rispolverato antiche definizioni che speravamo fossero finite nella soffitta, come del resto tante altre, riportate in voga da questa istituzione ecclesiastica così nostalgica di un passato che allontana. Se ancora non ci basta tutto questo per decidere di ignorare ciò che la gerarchia dice e fa ... allora dove vogliamo arrivare? Cosa dobbiamo aspettare che faccia o dica? Se questa istituzione cattolica non ci rappresenta (e nel mio caso è proprio così) ma con chi intendiamo dialogare e perché?
Il problema è Dio... No il problema è l'uso che abbiamo fatto di questo Dio; quanto e come lo abbiamo svilito, quale volto orribile gli abbiamo attribuito, quali armi gli abbiamo messo in mano per terrorizzare la gente e tenerla in pugno.
Finché non avremo il coraggio di dire a voce alta, anche a muso duro, se necessario: "Io vi ignoro perché Dio non è quello che voi state spacciando per vero e spenderò la mia vita per farlo conoscere e sperimentare come Padre a tutti quelli che avrò la fortuna di incontrare."
La luce si limita a brillare nelle tenebre, non le serve dialogare col buio.

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