- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (458) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org don Giuseppe Lo Nigro, Parroco di Parco,di Giuseppe Castellese

don Giuseppe Lo Nigro, Parroco di Parco

di Giuseppe Castellese

…quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui (Gv.11, 47-48)
 
Un ricordo di Giuseppe Castellese
 
Il parroco don Giuseppe Lo Nigro di cui dal centro diocesi mi si chiede un ricordo, non entra nell’identikit del “santo”… almeno come “stereotipo” di persona edificante perché incline alla bonomia insapida della persona pia dalle devozioni innumerevoli e perciò lontano dalla realtà di quanti, nel bisogno o nella disperazione, gli sono prossimo. Ma egli certamente “è” (se crediamo nella promessa del Signore) uomo di Dio.
 
Un uomo di Dio…
Così me lo definì circa 20 anni fa, quando chiesi di lui a mons. Francesco Guercio più che ottuagenario: questi, fresco di ordinazione, a soli 22 anni era arrivato arciprete ad Altofonte (fino al 1930, Parco) appena 3 o 4 anni dalla morte del Parroco Lo Nigro (ultimo dei parroci e, forse nella sostanza, ultimo “abate” di Santa Maria d’Altofonte). Mi disse, mons. Guercio, che aveva trovato il paesino “traumatizzato” dalla morte repentina, inattesa e sconvolgente di quello che la gente avvertiva come “vero” padre di Parco.
 
…che anticipò i grandi temi del Concilio
Mentre mons. Giuseppe Petralia, a due anni dalla ordinazione presbiterale (1928), per una sua casuale presenza in Parco, trovava una comunità frastornata, mons. Guercio mi disse: il parroco Lo Nigro anticipò di 50 anni i grandi temi che sarebbero stati del Concilio Vaticano 2° e ciò non soltanto “nell’enunciazione” ma “buttandosi” nella nuova prassi “liturgica (il canto in italiano), pastorale e sociale” che gli veniva sollecitata non solo dalla “Rerum novarum o dai progetti dell’Opera dei Congressi e poi dalle prime settimane sociali”.
 
E fu subito “prete sociale”
Il giovane don Giuseppe Lo Nigro (ordinato a dicembre dell’anno 1900) si fece subito “prete sociale” vivendo con i suoi poveri (allora potevano essere solo nullatenenti contadini, novelli “servi della gleba”) i drammi pesantissimi, postumi alla conquista garibaldina che aveva scombussolato gli equilibri, pur esistenti, nella vita economica, sociale, ecclesiale della Sicilia.
Efficace prete sociale era potuto essere per una serie di relazioni nell’intelligenza con personaggi di altissima levatura come il grande Salvatore Riccobono da San Giuseppe Jato (il “romanista”, grande a livello mondiale, che nel “900” ricostruì scientificamente il diritto romano) e poi don Sturzo e gli uomini della linea “sociale” del Partito Popolare.
 
 
… ma non “modernista”
Così avvenne che mentre i molti preti “intellettuali”, anche suoi amici, rimasero impigliati nella “forzatura” ideologica del modernismo, don Giuseppe Lo Nigro, mantenendo un profilo solo apparentemente più cauto, si ritrovò in prima frontiera secondo il parametro fissato dall’Unico Maestro: amatevi come io vi ho amato.
 
Agàpe, Amore che si dona
Il parroco don Giuseppe è tra i primi a capire e mettere in pratica Dio (padre e madre) Agàpe, Amore che si dona senza chiedere in cambio “fumi di olocausto”. Ma la pratica dell’amore non fu, e non può essere, cataratta che annebbia la visione della realtà (anche ecclesiale). Gesù, nostro Signore è chiaro: Egli viene per sciogliere e non per legare.
 
Le grandi potenzialità della Chiesa di Parco
Il parroco Lo Nigro ebbe contezza delle grandi potenzialità della Chiesa di Parco, se ricollegata alle origini, alla sua primigenia identità di Chiesa abbaziale “cistercense”. Tant’è che lo si ritrova impegnato nella tessitura di rapporti (da studiare e verificare) con la Chiesa della Magione in Palermo che nel frattempo aveva avuto la “commenda” sulle residue realtà abbaziali del palermitano.
I “molti segni”, sconvolgenti per il “potere di questo mondo”, compiuti dal parroco Lo Nigro, sono “i segni del pastore quello bello”, non del mercenario. E pertanto, l’uomo di Dio, nella “sua fede genuina e senza orpelli”, non fu il “zelante esecutore” ma colui che seppe “parlare con la libertà dei figli di Dio” perché poi, nel giorno del giudizio, non si potesse rimproverargli di non avere detto.
 
Un probabile Mazzolari del sud
Così, se il parroco Lo Nigro fosse vissuto oltre i 51 anni, l’avremmo visto, sentito (come tanti altri probabili don Mazzolari del Sud) interpellato come “tromba dello Spirito Santo nel palermitano”.
I “segni” del parroco Lo Nigro furono orientati al riscatto del popolo di Parco: oltre che istituire la prima sezione di Azione Cattolica a Parco (contemporanea quella di Partinico), la sua attenzione pastorale era tutta mirata alla “crescita integrale” delle giovani generazioni;
se era co-fondatore della Cassa Rurale ed Artigiana, si faceva poi precursore di “riforma agraria”, rilevando e riscattando, in pieno fascismo, quel feudo dello “Strafatto” (l’odierno territorio di Poggio S. Francesco) che era poi, con la “Sala di Partinico”, uno dei primi territori in dotazione feudale all’Abbazia cistercense Santa Maria d’Altofonte.
 
Le “granges”, unità produttive
Il parroco Lo Nigro, nella distribuzione-assegnazione della terra aveva ripercorso l’itinerario della tradizione dei cistercensi che, da Barcellona di Spagna, arrivati a Parco (parco di caccia del re normanno) nel 1307, avevano portato non solo le loro tecnologie (diremmo oggi lo “know how”) sperimentate e diffuse attraverso i monasteri in tutta Europa, ma una prassi scombussolante lo stesso sistema feudale (feudatario, vassallo, valvassore. valvassini, servi della gleba): i monaci cistercensi, oltre che anticipare, nella “organizzazione scientifica del lavoro”, i primi grandi economisti dell’era moderna, usavano dividere le terre dei loro feudi in “granges” equiparabili a odierne “unità produttive agricole” che affidavano a loro diretti collaboratori (il più delle volte fratelli conversi).
Padre Giuseppe Lo Nigro seguì questo metodo nell’assegnazione della terra a famiglie nullatenenti di Parco e ciò dovette sembrare “destabilizzante” anche a quelli che erano “i superiori” del tempo.
Il parroco don Giuseppe, nato in Parco il 12 giugno 1878, vi morì il giorno 5 marzo 1930, durante la cerimonia delle ceneri, adagiato per terra ai piedi dell’altare maggiore della chiesa abbaziale.
 


Domenica 06 Dicembre,2009 Ore: 16:12
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Cristo non si e' fermato ad Eboli

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info