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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org FUORITEMPIO. OMELIE LAICHE (anno C),

Segnalazione libraria
FUORITEMPIO. OMELIE LAICHE (anno C)

Secondo volume a cura di Valerio Gigante – Luca Kocci


 E' uscito il nuovo volume FUORITEMPIO. OMELIE LAICHE (anno C).
Il volume, oltre che in libreria, può essere acquistato da Adista (tel. 06/6868692 e 06/68801924 o al link www.adistaonline.it/index.php?op=adistalibri) oppure
direttamente dall'editore Di Girolamo (tel. 0923/540339).
Di seguito una breve presentazione del libro, in allegato immagine di copertina e introduzione.

Presentazione

Valerio Gigante – Luca Kocci (a c. di), FUORITEMPIO. OMELIE LAICHE (anno C), Di Girolamo editore, Trapani, 2009, pp. 200, euro 15
Commenti al Vangelo della domenica affidati a uomini e donne, credenti, non credenti oppure cristiani non cattolici, laici o preti o religiosi che per scelta, per condizione o per decreto si trovano a vivere da credenti “sulla strada”, fuori da ogni protezione o benedizione del potere ecclesiastico. Riflessioni, non “prediche”, poco clericali, quindi; ma forse proprio per questo profondamente evangeliche, condotte da persone che hanno accolto l’invito di lasciarsi provocare dal dirompente messaggio di Gesù.
Ad alternarsi sulle pagine di questo libro, nato da una rubrica che Adista, storica agenzia progressista di informazione politico-religiosa (www.adista.it), ha inaugurato nel 1998, un eterogeneo e autorevole gruppo di “omileti”, significativo anche e soprattutto per un pubblico di lettori laici, poco addentro alle questioni del tempio, ma forse curiosi di leggere un commento al Vangelo sottratto al genere predicatorio, svestito del rassicurante ed asettico stile del linguaggio ecclesialese, che cerca di far risuonare la grazia dell’inquietudine, della domanda, dell’attesa, che evita vapori spiritualistici e languori buonisti, che tenta di “affliggere i consolati” – come proponeva don Tonino Bello – e di convertire i buoni.
Testi di Manfredo Araùjo De Oliveira, Tissa Balasuryia, Marcelo Barros, José Oscar Beozzo, Luigi Bettazzi, Luisito Bianchi, Leonardo Boff, Gabriella Caramore, Anna Carfora, Augusto Cavadi, Misa Chiavari, José Luis D'Amico, Vitaliano Della Sala, Tonio Dell'Olio, Erri De Luca, Nicoletta Dentico, Benedito Ferraro, Giovanni Franzoni, Jacques Gaillot, Rita Giaretta, Giulio Girardi, Maria Glora Ladislao, Raniero La Valle, Alberto Maggi, Lidia Maggi, Enzo Mazzi, Fausto Marinetti, Eugenio Melandri, Arturo Paoli, Ricardo Pérez Màrquez, Aloysius Pieris, Xabier Pikaza, Antonietta Potente, Samuel Ruiz García, Alessandro Santoro, Luciano Scaccaglia, Felice Scalia, Lilia Sebastiani, Alberto Bruno Simoni, Sergio Tanzarella, Paulo Teixeira, Efrem Tresoldi e Alex Zanotelli.


[nel precedente volume, FUORITEMPIO. OMELIE LAICHE (anno B), ancora disponibile, testi di: Vinicio Albanesi, Franco Barbero, Angelo Bertani, Luigi Bettazzi, Fausto Bertinotti, Leonardo Boff, Giancarlo Bregantini, Benedetto Calati, Gabriella Caramore, Anna Carfora, Giancarlo Caselli, Augusto Cavadi, Stefano Ceccanti, Giovanni Cereti, Vannino Chiti, Giancarla Codrignani, Vitaliano Della Sala, Nicoletta Dentico, Daniela Di Carlo, Giovanni Franzoni, Jacques Gaillot, Gianni Geraci, Rita Giaretta, Maria Caterina Jacobelli, Lidia Maggi, Giuliana Martirani, Enzo Mazzi, Arturo Paoli, Renzo Petraglio, Xabier Pikaza, Marco Politi, Antonietta Potente, Pasquale Quaranta, Armido Rizzi, Brunetto Salvarani, Mirella Sartori, Giorgio Tonini, Adriana Valerio, Marcello Vigli, Adriana Zarri]

 

 
 
SOLO PAROLE?
 
Omelia (dal greco homilein) significa conversare, intrattenere. Qualcosa di più e di diverso dalle prediche unidirezionali cui troppo spesso assistiamo nelle nostre chiese e che in questi nostri tempi vengono pronunciate sempre più frequentemente dai tanti pulpiti reali o mediatici, laici o confessionali che ci circondano.
“Conversazione”, quindi, sulla parola di Dio e sul Vangelo in particolare. Una parola che non è stata pensata da Gesù per essere cristallizzata in una dimensione ‘sacrale’, cioè separata e distante; e nemmeno per essere affidata, custodita ed interpretata da una casta sacerdotale che si ritiene mediatrice assoluta tra Dio e il popolo, da “ministri del culto” che si pongono al di sopra degli altri, che osservano e giudicano con il metro di una legge che essi stessi hanno stabilito, piuttosto che nel segno della fraternità, della condivisione e della caritas che – ce lo ha ricordato papa Benedetto XVI nella sua enciclica – per la gerarchia è tale solo se “in veritate”, mentre san Paolo parla di “veritas in caritate” (cfr. Ef 4,15). La parola di Gesù è invece una parola che sottrae il consenso alle strutture religiose, economiche e politiche di questo mondo. Perché è una parola dinamica, affidata ai poveri ed agli oppressi affinché loro la rendano parola di liberazione: “Io sono venuto a portare un fuoco e che cosa posso desiderare se non che esso divampi?”.
Per questo il Vangelo, l’annuncio, la buona novella, non può essere un messaggio che tranquillizza le coscienze, che legittima lo stato di cose presenti. Esso è invece soprattutto parresia (dal greco: pan=“tutto” e rhema=“ciò che viene detto”), cioè discutere di tutto, con coraggio e con franchezza, senza reticenze, paure ed equilibrismi.
La stessa storia dell’uso di questa parola nella Bibbia è particolarmente rivelatrice: nell’Antico Testamento parresia indica una forma di fierezza, quasi di arroganza: è la forza di chi è consapevole di valere più degli altri, di chi vuole valere più degli altri e guarda con disprezzo gli umili, i poveri, i diseredati.
La novità fondamentale del Nuovo Testamento è che Gesù ha dato questo senso di forza, di sicurezza nel parlare insito nel termine parresia agli inermi, agli umili, ai poveri, a coloro che fino ad ora erano oppressi nei loro diritti e venivano guardati con disprezzo dai potenti. È proprio in forza di questa parresia che Pietro e Giovanni, i quali subito dopo la Pentecoste “insegnavano al popolo e annunziavano in Gesù la risurrezione dai morti”, non arretrano di fronte ai sacerdoti, ai capi del tempio e ai sadducei che li avevano fatti imprigionare nel tentativo di arrestare la loro predicazione libera e coraggiosa: “Giudicate voi se è giusto, davanti a Dio, ubbidire a voi anziché a Lui – rispondono Pietro e Giovanni di fronte al Sinedrio –. Noi non possiamo non parlare delle cose che abbiamo viste e udite” (At 4,19-20).
Ecco quindi le necessità di una fede che si assume la responsabilità del tempo presente senza fuga nel futuro apocalittico né consolazione in una dimensione trascendente e spiritualistica che annulla la concretezza - spesso drammatica - dell’immanente. La distruzione del tempio, che Gesù promette di ricostruire in tre giorni (Gv 2,18-19), significa infatti liberazione dalla schiavitù dell’alienazione religiose per restituire all’uomo tutta intera la sua autonomia e la sua responsabilità.
Il tempio non ha così più alcun significato. Non è più il luogo privilegiato dell’incontro con Dio, dove il sacerdote entrava una volta all’anno per offrire – all’interno del sancta sanctorum – in vittima un capretto e purificare così il popolo intero. Per il Gesù dei Vangeli il tempio non ha più senso. Come non lo hanno più i suoi sacerdoti, che presso gli ebrei erano una casta importantissima e sceltissima: provenivano tutti dalla tribù di Levi, e se discendevano dalla stirpe di Aronne avevano un livello gerarchico distinto; e solo se nascevano dalla famiglia di Sadoc (sadducei) erano destinati al sommo sacerdozio.
Ecco perché le omelie che presentiamo per questo ciclo liturgico, l’anno C, tratte da una rubrica che Adista, storica agenzia progressista di informazione politico-religiosa (www.adista.it), ha inaugurato nel 1998, sono tutte rigorosamente “Fuori-tempio”. Anzitutto perché sono riflessioni sul Vangelo della domenica e delle altre festività liturgiche della Chiesa cattolica affidate non ai “sacerdoti” del tempio, ma “al popolo di Dio in cammino”, a uomini e donne, credenti, non credenti, laici o preti o religiosi che per scelta, per condizione o per decreto non predicano nel tempio, ma vivono “sulla strada”, fuori da ogni protezione o benedizione del potere ecclesiastico e che parlano con franchezza evangelica. E poi perché le omelie che proponiamo intendono essere integralmente laiche, per rivolgersi a tutti coloro che - credenti e non credenti - avvertono il fascino del messaggio di Gesù di Nazareth e sentono l’urgenza di impegnarsi nella costruzione di un orizzonte diverso, ispirato alla fraternità e alla giustizia. E ancora, perché si tratta di omelie che non commentano una storia chiusa in sé, ma cercano di percorrere sentieri inesplorati e incerti che portano verso un futuro colmo di attese e gravido di storia; “conversazioni” che cercano di lasciare che nel silenzio, nell’attesa, nell`inquietudine delle domande, piuttosto che nella falsa certezza di tante risposte e nelle parole sontuose e magniloquenti, la Parola riceva il suo senso più vero. Quello che si incarna nella storia e, soprattutto, in quella dei popoli crocifissi della terra.
Valerio Gigante e Luca Kocci

 



Domenica 20 Dicembre,2009 Ore: 19:54
 
 
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