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www.ildialogo.org Salvare la democrazia dalla dittatura della maggioranza,di Enrico Peyretti

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Salvare la democrazia dalla dittatura della maggioranza

di Enrico Peyretti

AA. VV. (Aldo e Giuseppe Bozzi, Domenico Gallo, Raniero La Valle, Pancho Pardi, Federica Resta), Dittatura della maggioranza , a cura di Patrizia Cecconi, ed. Chimienti, 2008, pp. 159, € 14,00.


Il sistema democratico è una scommessa fiduciosa sulla razionalità e moralità degli esseri umani: confida che, nella maggioranza, si affermi il meglio della nostra natura e che gli eletti siano i “migliori” (perciò la democrazia è la vera “aristocrazia”, governo dei migliori). Potrebbe realizzare l’antico mito del governo dei saggi. Ma come individuare i saggi? L’autonomina non vale! La monarchia del sangue o del denaro non assicura certamente saggezza. Dunque, affidiamo la scelta ai più, anche se possono sbagliare. Infatti, la democrazia rischia, come la scienza moderna, di affidarsi alle sole quantità, data l’incertezza sapienziale sulle qualità. Comunque, è quanto di meglio oggi abbiamo. Inoltre, i sistemi democratici prevedono, per quanto possibile, tutele contro i propri errori.
Per tutto ciò, la democrazia è un valore che va difeso anche dai suoi propri rischi, i quali si verificano quando diminuisce il controllo della rappresentanza popolare sul potere esecutivo. Bobbio diceva che la democrazia è capace di suicidarsi: pensava a quando i tedeschi votarono Hitler, ma ciò vale ogni volta che i cittadini si consegnano ad un eletto spogliandosi del diritto-dovere di partecipare e controllare, e quando della democrazia rimane la forma senza i valori umanistici che la sostanziano: la libertà di chi non è libero, la giustizia sociale, la pace che ripudia la guerra, l’abolizione dei privilegi, il libero dibattito pluralista.
Il popolo sovrano può venire “incantato” da qualche pifferaio urlante o suadente e corruttore, e può seguirlo fino all’abisso o alla servitù volontaria. Non è più autentica una democrazia quando alla stabilità degli esecutivi si sacrifica la rappresentanza del popolo nelle istituzioni, come è avvenuto in Italia con l’introduzione e l’esasperazione del principio maggioritario e con la forzatura dal pluralismo al bipartitismo; quando vengono ridotti diritti che nessuna maggioranza può toccare; quando si assiste a roghi di campi nomadi e simili violenze a sfondo razziale incoraggiate apertamente da componenti governative e da leggi discriminanti; quando qualcuno si sottrae al potere giudiziario e si fa una legge che non è più quella uguale per tutti (lodo Alfano); quando il potere parlamentare e legislativo è sottomesso all’esecutivo, ed è visto come fastidioso perditempo.
Il libro che presento è stato scritto prima del referendum Gazzetta (trattato specialmente da p. 33 a 37, poi 56, 106, 108, 117, 121, 141), per fortuna fallito, e dopo quello di riforma costituzionale della sola destra, respinto nel 2006. Gli autori sono qualificati studiosi del diritto e della storia costituzionale e impegnati nella difesa e affermazione della alta concezione politica scolpita nella nostra Costituzione democratica, sociale, personalista, comunitaria e pacifista del 1948. Il pericolo che una maggioranza, pur eletta in modo democratico, governi in modo dittatoriale, fu segnalato già nel 1835 da Alexis de Tocqueville (un suo testo è in appendice a questo volume), osservando la rivoluzione e la democrazia degli Stati Uniti d’America.
Gli Autori non esitano a paragonare al fascismo il programma della P2 che Berlusconi sta realizzando, e lo chiamano deuterofascismo (p. 65). Fu Berlusconi a parlare con ammirazione del potere che ebbe Mussolini, finora l’unico «premier in grado di decidere, di dare modernità e sviluppo al Paese» (Corriere della Sera, 12 dicembre 2007; qui Gallo, p. 53). Se non fosse documentato sembrerebbe una calunnia degli avversari. Del resto, Berlusconi comanda il suo partito senza neppure un’ombra di democrazia.
Dal 1992, per il crollo dei partiti, è avvenuto il passaggio da «una democrazia della rappresentanza a una democrazia dell’investitura», e «nessuno si è reso conto che non si instaurava solo un nuovo regime, ma un’altra cultura e un altro modello di convivenza sociale», una «cultura di inimicizia, di conflitto e di violenza», fino a leggi dettate non dalla paura, ma «dal razzismo, dall’odio e dal rifiuto, esattamente come erano le norme antisemite» (La Valle, p. 63-66). L’opposizione attuale è fiacca, timida e incerta nel denunciare questa degenerazione civile. Perciò occorrono voci forti della cultura, come in questo libro, che speriamo la sveglino. 
L’attuale legge elettorale (definita una “porcata” da Calderoli che l’ha fatta), «è la riedizione della legge elettorale fascista del 1928» (p. 110). Come quella, avvilisce il Parlamento, nominato dai partiti con liste bloccate di candidati. I parlamentari, scelti dai partiti per meriti anche extrapolitici, e non dagli elettori, votano puramente su comando dei partiti (contro l’art. 67 Cost.). Un Parlamento così svilito svuota la democrazia. Nessuno più sospetta che fare politica è anzitutto pensare, e pensare confrontandosi liberamente e ragionevolmente, cioè “parlamentare”. L’essenza della politica democratica è stata sacrificata alla politica del “fare”, senza luce di pensiero, senza condividere la ricerca del “bene comune”, perché chi comanda ha già deciso il “bene proprio”. Chi vota nella maggioranza è un servo del padrone, chi vota nella minoranza fa un’opposizione impotente. E nessuno è un deputato del popolo, scelto dall’elettore. Tutto è più grave di quanto si dice e di quanto i cittadini sappiano, distratti dal “divertificio” nazionale, e dalla politica delle apparenze. È da svegliare l’opposizione, ma prima ancora i cittadini imbambolati. «Oggi il 99% del corpo elettorale ignora che il “premierato assoluto” al quale ancora oggi aspira il polo di centro-destra equivale alla instaurazione di un nuovo regime autoritario» (p. 118).
Perciò gli Autori ritengono “anticostituzionale” la proposta referendaria Guzzetta (p. 121), che, a loro giudizio, mira «ad ottenere l’identico risultato fallito a Berlusconi a causa del referendum che bocciò la sua riforma costituzionale», a sua volta fotocopia della riforma mussoliniana del 1925 (p. 106, nota).
In particolare, i due Autori esponenti della Fondazione Bozzi sviluppano il confronto tra la modifica della Costituzione tentata dalla destra nel 2005, la proposta Gazzetta omogenea a quella riforma autoritaria, e le leggi fasciste (dalla legge Acerbo del 1923, alle elezioni del 5 aprile 1924, alla profonda modifica dello Statuto Albertino con la nuova forma di Governo stabilita con la legge 24 dicembre 1925, ai successivi perfezionamenti della legge Acerbo nel 1928), tanto che parlano di un «parallelismo perfetto» tra 1925 e 2005 (p. 105). Essi parlano di «Costituzione e democrazia verso l’estinzione» nel titolo di un paragrafo (p. 114). Se queste parole sembrano eccessivamente pessimiste, non è eccessivo l’allarme per gli stravolgimenti del nostro sistema costituzionale, che stabilisce «la centralità del Parlamento e la sua funzione indipendente e dialettica nei confronti del Governo, fortemente volute dai costituenti» (p. 116). L’ignoranza astuta, insediatasi a governare, ritiene, per i propri interessi, che i tempi cambiati possano rovesciare questo principio di civiltà e libertà.
La Fondazione Bozzi propone un manifesto politico (qui sintetizzato da p. 121 a 131), che prospetta le modifiche miranti a rafforzare le tutele costituzionali, nello spirito dei costituenti, per garantire la rappresentanza in Parlamento della volontà dei cittadini elettori. Sono cose da conoscere, con urgenza.
Enrico Peyretti, 23 agosto 2009


Marted́ 01 Settembre,2009 Ore: 15:13
 
 
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