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www.ildialogo.org “E LO CHIAMARONO BENIAMINO”,(A CURA DI CARLO CASTELLINI)

“E LO CHIAMARONO BENIAMINO”

(A CURA DI CARLO CASTELLINI)

La figura di Beniamino Placido


La figura di Beniamino Placido scrittore, critico, letterario, originario di Rionero in Vulture (Potenza), dove era nato nel 1929 fu collaboratore delle pagine letterarie di “La Repubblica”. Il ruolo della nonna Teresa, praticamente analfabeta, sulla formazione di Beniamino e sulla conoscenza della Bibbia, di Giovanni Diodati, specie dell’antico testamento, di cui riconosce un grande fascino che non viene meno non ostante le mille traduzioni in altre lingue. e’ morto mercoledi’ 6 gennaio 2009 a Cambridge all’età di 80 anni.

Così si vede e si presenta al pubblico dei lettori, BENIAMINO PLACIDO, in questa pagina autobiografica, che consegnò tanti anni or sono, a una pagina della BIBBIA PER FAMIGLIA, che concedeva la parola a PERSONE DEL MONDO DELLA CULTURA, pagina allora coordinata dal Presidente della Biblioteca Ambrosiana, Gianfranco Ravasi, biblista. ed ora Presidente del Dicastero per la Cultura Pontificio.(CARLO CASTELLINI).

“Mia nonna paterna si chiamava TERESA. Era contadina, figlia di contadini. Madre a sua volta di contadini che poi sarebbero riusciti, a prezzo di fatiche inenarrabili, ad elevare un tantino il loro stato sociale. Mia nonna TERESA era analfabeta. Totalmente analfabeta. E tuttavia conosceva la Bibbia. Ce ne raccontava alcune storie, alternandole con le favole popolari. Dove le avesse apprese, quelle storie bibliche – specie quella di GIUSEPPE E I SUOI FRATELLI – la sua preferita -, è un mistero. Certo non in chiesa. Quei poveri preti di campagna di una volta, all’ANTICO TESTAMENTO, non ci arrivavano.

Quando ho provato a chiederlo in giro, erano già passati troppi anni. Il filo della memoria si era spezzato. Ci può essere un avvenimento più triste? Nessuno dei familiari era più in grado di ricostruire il come e il perché. Un erudito locale provò una volta ad azzardare: dev’essere perché circolava da quelle parti la BIBBIA DEL DIODATI. Figuriamoci. Quando l’ho avuta per le mani, la SACRA BIBBIA di GIOVANNI DIODATI, di nazione lucchese (1641), mi sono reso conto che si trattava di un volume massiccio, pesantissimo. Un libro così grande e grosso avrebbe fatto impressione. Sarebbe stato notato e ricordato. Qualche copia ne sarebbe rimasta in giro. E poi, l’ho detto, mia nonna era analfabeta.

Eppure la storia di GIUSEPPE E I SUOI FRATELLI, ce la sapeva raccontare. Ci teneva. Mi chiamo BENIAMINO, perché così ha voluto lei. Ce la raccontava con piglio sbrigativo quando ci si metteva di mezzo la moglie di POTIFAR. Quella sfacciata, che tenta di sedurre il casto GIUSEPPE. Lei diceva: quella scostumata. Ce la raccontava con toni lenti, profondi, quando arrivava il tempo delle sette vacche grasse e delle sette vacche magre. In quella civiltà contadina le carestie erano cose serie. Oltreché frequenti. Anzi, endemiche. Pensate, bambini – ci diceva – sette anni di vacche magre….

Qualche anno più tardi, mi sono sorpreso a pensare che in fatto di BIBBIA, la mia ignoranza era superiore a quella di mia nonna. Eppure mi avevano tenuto agli studi, con non pochi sacrifici (ma che diavolo mi avevano insegnato a scuola?). Eppure lei non sapeva né leggere, né scrivere. Morso da un qualche senso di vergogna sono corso ai ripari. Ho cominciato a leggerla la BBBIA. Anche a studiarla. E una volta cominciato, non ho più smesso. Adesso, non saprei più farne a meno.

Che cosa ci trovo? Non saprei dire. E allora mi affido ad una abbreviazione. Ci trovo tutto. Storie tenerissime e storie crudeli. Storie di religione e di empietà, di dedizione e di rancore. Storie di un’esistenza ch epuò esser durissima e ingrata ma non è mai banale. Quando posso, per riposarmi dalla lettura, mi fermo accanto ad un pozzo, ad una sorgente. E lì (furbissimo) aspetto che venga una donna. Una delle meravigliose donne della BIBBIA, che portano un’anfora sulla spalla, e da quell’anfora offrono da bere a chi è (o dice di essere assetato). Possono chiamarsi REBECCA, possono chiamarsi RACHELE. Sono donne semplicissime. Probabilmente analfabete, come mi9a nonna. Ciascuna di loro è più affascinante di tutte le dive di Hollywood messe insieme.

Per questi motivi laici, mondani (ma spero non irrispettosi), leggo la BIBBIA. Giacché sono laico, mi si può tranquillamente chiedere: non c’è qualcosa di miracoloso nella BIBBIA? Rispondo tranquillamente che sì, che c’è. Consiste in questo. Quando si riesce, dopo qualche anno, di studio e molti sacrifici – ad accorciare le distanze dal testo, a guardarlo in faccia, il testo originale ebraico dell’ANTICO TESTAMENTO, si ha una sorpresa.

A rigor di termini, l’ANTICO TESTAMENTO, dovrebbe essere assolutamente intraducibile. Nulla può rendere la densità compatta di quel linguaggio, stracarico di risonanze che si danno appuntamento da ogni parte. Eppure è stato tradotto mille volte, nelle lingue più diverse, senza perdere il fascino. Sarà un miracolo laico, ma è un miracolo”. (BENIAMINO PLACIDO). A CURA DI CARLO CASTELLINI.



Venerd́ 15 Gennaio,2010 Ore: 19:06
 
 
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