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www.ildialogo.org PACE IN TERRA: UNA STANZA PER TUTTE LE FEDI. Una coraggiosa e creativa proposta di Carlo Ossola e una risposta carica di riserve di Carlo Cardia.,a cura di Federico La Sala

L'EUROPA E IL PROBLEMA DEL CROCIFISSO. Come nel ’cielo’ della Costituzione, così nella ’terra’ di ogni città e di ogni paese, in ogni spazio pubblico ....
PACE IN TERRA: UNA STANZA PER TUTTE LE FEDI. Una coraggiosa e creativa proposta di Carlo Ossola e una risposta carica di riserve di Carlo Cardia.

Dopo la sentenza della Corte di Strasburgo sulle croci in aula, quale visibilità per le religioni nello spazio pubblico? Un dibattito sull'"Avvenire"


a cura di Federico La Sala

dibattito

   Dopo la sentenza della Corte di Strasburgo sulle croci in aula, quale visibilità per le religioni nello spazio pubblico? 
  Due intellettuali riscoprono una proposta «spirituale» del politico (cristiano) Hammarskjöld

Le fedi oltre il Crocifisso

 

 

 

 

A

 

  Ossola: «Luoghi dell’anima» contro il deserto religioso

  «Per superare il vuoto spirituale sancito dalla Corte europea, istituiamo negli ambienti pubblici - per concorso - una stanza per le fedi, impreziosita dalla bellezza dell’arte»

DI CARLO OSSOLA (Avvenire, 30.12.2009)

In luogo di abolire il Crocifisso, oc­correrebbe moltiplicare i luoghi di raccoglimento. Conosco almeno due luoghi - ma altri esistono certa­mente - nei quali questo convergere al centro di noi stessi nel raccoglimento e nella meditazione ha spazio proprio.

Uno, il più emblematico, è nel palazzo delle Nazioni Unite a New York; lo volle il segretario generale Dag Hammar­skjöld (uomo di alta spiritualità: le sue Tracce di cammino edite in Italia da Qi­qajon, tradotte in tutte le lingue, sono una summa della sapienza del cuore) e lo inaugurò con queste parole:

  «Cia­scuno di noi si porta dentro un noccio­lo di quiete, circondato di silenzio. 
  Questo palazzo, dedicato al lavoro e al­la discussione al servizio della pace, deve avere una sala dedicata al silen­zio, in senso esteriore, e alla quiete in senso interiore. L’obiettivo è stato crea­re in questa saletta un luogo le cui por­te possano essere aperte ai terreni infi­niti del pensiero e della preghiera. 
  Qui si incontreranno persone di fedi diver­se, e per questo motivo non si potrà u­sare nessuno dei simboli cui siamo a­bituati nella nostra meditazione. Esi­stono però cose semplici, che parlano a tutti noi nella stessa lingua. Abbiamo cercato questo tipo di cose, e crediamo di averle trovate nel raggio di luce che colpisce la superficie scintillante della roccia massiccia.[...] 
  La luce del cielo dà la vita alla terra su cui tutti ci trovia­mo: un simbolo, per molti di noi, di co­me la luce dello spirito dà vita alla ma­teria. Ma la roccia al centro della sala ci dice anche altro. Possiamo vederla co­me un altare, vuoto non perché non vi sia un Dio, non perchè si tratti di un al­tare ad un dio sconosciuto, ma perché è dedicata al Dio che l’uomo adora dandogli molti diversi nomi e molte diverse forme.[...] 
  Secondo un antico detto, il senso di un vaso non è il suo guscio, ma il vuoto. In questa sala è proprio così. La sala è dedicata a colo­ro che si recano qui per riempire il vuoto, con ciò che riescono a trovare nel loro centro interiore di quiete».

L’altro, di simile natu­ra, è la Sala de Reflexió, 1996, di Antoni Tàpies nel cuore della U­niversitat Pompeu Fa­bra, Cam­pus de la Ciutadel­la, Barce­lona.

Sa­rebbe ne­cessario che in ogni «luogo plu­rale » (aero­porti, ospeda­li, tribunali, eccetera, come già in parte av­viene) ci fosse­ro queste sale di raccoglimento - proprio per evi­tare che la can­cellazione di ogni simbolo porti ap­punto ai «non-luo­ghi » nei quali vivia­mo, denunciati da Marc Augé. 
  Vigereb­be, tra l’altro, per l’Italia, la Legge 29 Luglio 1949, n. 717 [e DM applicativo 23 marzo 2006]: «Norme per l’ar­te negli edifici pubblici»; essa prevede all’art. 1: «Le Ammini­strazioni dello Stato [...], non­ché le Regioni, le Province, i Co­muni e tutti gli altri Enti pubbli­ci, che provveda­no all’esecuzione di nuove costruzioni di edifici, pubblici ed alla ricostruzione di edifici pubblici, distrutti per cause di guerra, devono destinare all’abbelli­mento di essi mediante opere d’arte u­na quota non inferiore al 2%, della spesa totale prevista nel progetto».

La Legge è disattesa. Sarebbe semplice applicarla ed aprire, per ogni nuovo e­dificio pubblico - scuole comprese - un concorso tra artisti perché progetti­no un «Luogo dell’anima»; ognuno vi potrà portare la propria speranza, la propria angoscia, la propria domanda di senso. Il bello e la dignità dell’uma­no unirebbero la loro crescita; altri­menti vale l’adagio antico, riconoscibi­le nella sentenza di Strasburgo: ubi desertum faciunt pacem appellant.

B.

  Cardia: ma la gente cerca i simboli del proprio credere

  «Positive le ’sale dello spirito’ nei palazzi internazionali. Mentre negli spazi del vivere comune è meglio non dare spazio a generici afflati spiritualistici»

DI CARLO CARDIA (Avvenire, 30.12.2009)

L a proposta di Carlo Ossola è senz’altro originale e suggesti­va, e potrebbe trovare positiva applicazione soprattutto nei grandi complessi internazionali dove sono presenti e lavorano continuativa­mente uomini e donne di tutte le fedi, e nei quali il bisogno di un luogo di raccoglimento può essere avvertito, e appunto sod­disfatto positivamen­te. Non a caso, la citazione più im­portante il prof. Ossola la riserva al palazzo delle Nazioni Unite, dove la sala di me­ditazione è stata realiz­zata per impulso di Dag Ham­mar­skjöld.

Più dif­ficile, e non esen­te da qual­che rischio, l’ipotesi di estendere l’esperienza un po’ in generale ad « aero­porti, ospedali, tribunali, eccetera. » per due ra­gioni. In ospedali e tri­bunali è assai dubbia l’utilità di una strut­tura del genere, dal momento che i degenti se hanno bisogno di un conforto, questo è il conforto della propria religione, non di un luogo astrattamente dedi­cato alla meditazio­ne, mentre nei tribu­nali la maggior parte delle persone sono di passaggio (un passag­gio molto differenziato, avvocati, giudici, im­putati, eccetera.).

Più in genere, però, oc­corre tener presente che nelle diverse nazio­ni, nelle strutture ordina­rie della vita sociale, l’esi­genza di cui parla Ossola è radicata nella propria religione di ap­partenenza (di quella maggioritaria, e delle altre di minoranze) e ciascuna di esse è incarnata (se così può dirsi) nei luoghi, nelle immagi­ni, nei simboli specifici che le sono propri.

Pensare che in una scuola di un paese cattolico, o di uno buddi­sta, o di uno islamico, le persone accettino di inverare il legame per­sonale con la propria chiesa in un luogo vuoto di simboli e segni, nel quale il vuoto stesso voglia rappre­sentare ciò che non può dire, mi sembra collida con alcuni profili della psicologia elementare religio­sa.

Incidentalmente, si può rilevare che il riferimento alla legge del 1949 che prevede la destinazione del 2% delle spese per l’abbelli­mento con opere d’arte degli edifici pubblici non sembra afferente alla proposta di cui si parla. Giusta­mente, Carlo Ossola precisa in a­pertura del suo intervento che non bisogna abolire il Crocifisso. Ed in effetti la sua proposta non è alter­nativa alla presenza del Crocifisso (o ad altro simbolo religioso), ma si presenta come aggiuntiva in un mondo nel quale la complessità, e la velocità, della vita quotidiana to­glie spazio e tempo a quel bisogno di intimità spirituale che gli uomini avvertono in diversa maniera.

Oc­corre, quindi, riflettere sulla sua « fattibilità » soprattutto nei luoghi e negli spazi nei quali può essere uti­le, tenendo presente comunque l’e­sigenza che non venga utilizzata o strumentalizzata (oggi tutto è pos­sibile) per altre finalità, come quel­la di diluire il bisogno religioso in un più generico afflato spiritualista proprio delle filosofie moderne di più vago tenore teista o trascen­dentalista. Non è questo, certamen­te, lo spirito della proposta che ho commentato, però è bene coglierne tutti gli aspetti positivi, insieme ad eventuali sia pure ipotetici rischi di utilizzazione strumentale.


Sul tema, in rete e nel sito, si cfr.:

  LA CHIESA CATTOLICA, IL BERLUSCONISMO, E L’ITALIA: BIBBIA, COSTITUZIONE E SCUOLA. DOPO IL SINODO DEI VESCOVI, L’URGENZA E LA NECESSITA’ DI FARE CHIAREZZA. PER UN DIALOGO VIVO E FECONDO, UNA NOTA

  PER L’ITALIA, "DUE SOLI". Per una nuova laicità, un nuovo cristianesimo!!! Come MARIA: "FIGLIA DEL TUO FIGLIO", Così GIUSEPPE: "FIGLIO DEL TUO FIGLIO"!!! Dante non "cantò i mosaici" (Carlo Ossola) dei "faraoni", ma soprattutto la Legge del "Dio" di Mosè di Elia e di Gesù, del "Dio" dei nostri "Padri" e delle nostre "Madri".

  CATTOLICESIMO E BERLUSCONISMO: LA FAMIGLIA CATTOLICA, UN’ICONA DEL DIO "MAMMONA"("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006), VENDUTA A "CARO-PREZZO" COME UN’ICONA DEL DIO-AMORE ("CHARITAS", "AGAPE") DI GESU’, GIUSEPPE, E MARIA.



Mercoledì 30 Dicembre,2009 Ore: 16:32
 
 
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