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www.ildialogo.org Fratelli musulmani,di Don Giuliano Zatti

Dialogo cristiano-islamico
Fratelli musulmani

di Don Giuliano Zatti

Una diocesi del nord est, quella di Padova, è fortemente impegnata nel dialogo con il mondo islamico, fino a sostenere pubblicamente la richiesta delle associazioni musulmane locali di una nuova moschea in città.


La città e la diocesi di Padova sono caratterizzate su più fronti da una grande ricchezza di esperienze, cultura e iniziative: in questo quadro si colloca l'attenzione con cui da tempo la Chiesa padovana guarda ai musulmani. Come accade un po' ovunque, la Caritas, le parrocchie, il volontariato, le associazioni, la pastorale sociale e le congregazioni religiose hanno cercato di offrire risposte simili e differenziate agli immigrati di fede musulmana. Inoltre, circa vent'anni fa è nato il Gruppo di ricerca sull'islam, nell'ambito della Commissione diocesana per l'ecumenismo e il dialogo, che aveva come scopo la promozione della conoscenza dell'islam e dei suoi contenuti, partendo dal testo fondante, il Corano, ma anche dalla tradizione e dall'attualità.
Nell'ottobre 2001 il Servizio diocesano per le relazioni cristiano-islamiche ha sostituito il precedente Gruppo di studio, con lo scopo di accentuare in chiave pastorale le relazioni con la realtà musulmana. Il Servizio, in collaborazione con centri ecclesiali italiani, con uffici diocesani e realtà del territorio, si rivolge innanzitutto alle comunità ecclesiali, ma anche alla scuola e alla società per fornire strumenti, sussidi, occasioni di incontro, di dibattito e di evangelizzazione, avvalendosi della riflessione e dell'esperienza di tanti che nel mondo della cultura, del diritto, del sociale, delle migrazioni e della carità si imbattono quotidianamente con i musulmani. Espressione del Servizio è il sito www.padovaislam.it . Il Servizio è nato senza tanti clamori, per porsi con efficace discrezione accanto alle situazioni che fossero venute via via creandosi. Se non sono mancate iniziative di tipo culturale e aggregativo, attualmente le proposte, rivolte alle parrocchie, sono finalizzate a creare occasioni di incontro tra persone nei luoghi in cui già vi sia una presenza riconosciuta di musulmani, soprattutto legata al culto.
Nell'autunno 2008 è stato preparato per i preti della diocesi il sussidio pastorale Le comunità cristiane e i musulmani, che l'episcopato triveneto ha voluto fosse poi ristampato e inviato a tutto il clero del nord est (febbraio 2009): una sorta di novità nel panorama pastorale nazionale, che mette assieme le indicazioni dell'episcopato italiano in merito al dialogo interreligioso, all'integrazione e ai musulmani, assieme a indicazioni operative sui vari luoghi e ambiti della convivenza, senza dimenticare riferimenti bibliografici utili, legislazione di riferimento e consigli vari.
Il Servizio collabora con il locale Dipartimento di sociologia, al cui interno operano docenti che si occupano di islam, come Enzo Pace, Stefano Allievi e Chantal Saint Blancat: unire le competenze di tanti è un servizio non semplice, ma di sicuro utile al fine di porre bene le questioni, senza tacere il fatto che alla comunità ecclesiale serve molto mettersi in ascolto degli approcci altrui. Credo che la comunità ecclesiale debba anche ringraziare la comunità civile, in tutte le sue componenti e a qualunque posizione partitica appartenga, chiamata ad operare costantemente e spesso in situazione di urgenza nel tentativo di porre gesti di coesione sociale e nell'impegno poco gratificante di gestire fenomeni nuovi. Non va disattesa la comune ricerca di scelte adeguate, condivise e significative.
A questo proposito devo inevitabilmente ricordare due circostanze. A Padova esiste da anni un luogo di culto musulmano (la sala di Pontevigodarzere), ma a seguito dei fatti che hanno visto protagonista il quartiere cittadino di via Anelli nell'estate 2006, con lo sgombero conseguente, il Comune di Padova si è attivato perché la piccola sala di preghiera ivi esistente fosse momentanemente spostata in un vicino supermercato dismesso. Successivamente l'amministrazione ha individuato un luogo di periferia (in via Longhin) dove la comunità avrebbe potuto trasferirsi, suscitando però un ampio dibattito in merito alle modalità della scelta, alle garanzie richieste e ai risvolti economici. La soluzione sembrava ormai raggiunta quando invece la comunità musulmana coinvolta si è ritirata dal progetto, individuando un altro luogo di periferia (vicino all'ippodromo), dove trasferire la propria sede. Intanto, nel maggio 2008, la diocesi di Padova aveva presentato la nota Un contributo della Chiesa di Padova alla riflessione sui luoghi di culto musulmani, ricordando anzitutto che la comunità ecclesiale "cerca di muoversi in fedeltà al Vangelo e nella ricerca del bene delle persone, in libertà e nella logica del bene comune". Una volta ribadito il diritto ad una effettiva libertà religiosa, nell'osservanza delle leggi e delle procedure - cui peraltro tutti si è tenuti - si ricordava che la questione della moschea è per i cittadini occasione per apprendere la diversità, il rispetto ed il confronto. Allo stesso tempo si affermava: "Dai credenti musulmani, pur comprendendo gli inevitabili problemi legati al processo migratorio, ci aspettiamo un'assunzione di responsabilità nei confronti del contesto locale, convinti che un vero inserimento si attui grazie all'acquisizione convinta dei doveri civili e a relazioni ispirate al reale desiderio di una società comune. Ciò comporta, ad esempio, un maggiore inserimento nella vita sociale, senza ripiegamenti esclusivi all'interno del proprio gruppo di riferimento".
La nota è stata rilanciata dalla stampa nazionale, riscuotendo consensi e contrapposizioni aspre. La stessa cosa è capitata quando, dopo un dibattito pubblico sui fatti già esposti (giugno 2009), si era ventilata da più persone l'ipotesi che fosse la società civile a sostenere la stessa comunità islamica coinvolta, fornendo quegli aiuti economici e quell'assistenza che lo Stato, le Amministrazioni e la politica, in quanto tali, non sarebbero stati in grado di fornire facilmente, partendo dal presupposto che una buona risposta condivisa, data a tempo opportuno, può servire la reale convivenza, sostenere l'integrazione e favorire la trasparenza delle intenzioni. Per questo motivo, nella home page del sito del Servizio era comparso un invito in questo senso, con la richiesta di un eventuale contributo economico. A distanza di mesi, quando la stampa si è accorta del gesto, si è avuto un ulteriore attacco di esponenti politici - immancabilmente presenti nel dibattito in questione - che dissentivano nel modo più totale dall'iniziativa. Si è quindi ritenuto opportuno togliere dal sito la segnalazione, per altro non ben contestualizzata, per evitare ulteriori commenti inutili e in attesa dei successivi sviluppi della faccenda.
Sicuramente ci accorgiamo che la comunità ecclesiale è oggi chiamata ad una inedita e non prevista "cura pastorale" nei confronti dei credenti musulmani: ai compiti tradizionali si aggiungono ora domande di altro genere che non venivano messe in conto, davanti alle quali si è tutti impreparati e per le quali si stanno ancora "prendendo le misure".
Da parte nostra, vorremmo non si dimenticasse mai la qualità delle relazioni, l'educazione esigente, paziente e non sprovveduta alla convivenza solidale, senza con questo dimenticare il senso di paura e di disagio che le comunità stesse o i singoli manifestano in più occasioni. Come comunità cristiana patavina, pacatamente, ma in forma altrettanto netta, ci preme operare per la costruzione di una società dove non siano la paura, il timore o la poca informazione a pregiudicare scelte di più ampio respiro, che crediamo debbano qualificare il nostro agire di credenti. L'intelligenza della fede, ma anche ogni tentativo concreto di quotidiana convivenza, necessitano di motivazioni profonde e condivise.
È certamente vero che non tutti si è tenuti a sapere tutto e a fare tutto, ma questo non ci toglie dall'imbarazzo e dalla fatica di definire i confini della fede davanti alle "parole nuove" che Dio sta pronunciando. Io credo che l'islam sia una di queste. E ci auguriamo tutti che Dio abbia a suscitare dentro di noi e in mezzo a noi anche una "vocazione al dialogo", che non sia mestiere di qualcuno, quanto piuttosto atteggiamento di molti.
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* Responsabile del Servizio diocesano per le relazioni cristiano-islamiche, Padova
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da Adista Segni nuovi n. 13 del 13/02/2010
 



Giovedì 11 Febbraio,2010 Ore: 15:19
 
 
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