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www.ildialogo.org Dopo gli arresti di Gianni Nicchi e Gaetano Fidanzati la Mafia č pių debole?,di Roberto Malini

Dopo gli arresti di Gianni Nicchi e Gaetano Fidanzati la Mafia č pių debole?

di Roberto Malini

Roma, 6 dicembre 2009. Gli arresti dei mafiosi Gianni Nicchi e Gaetano Fidanzati sono eventi importanti, nella lotta contro la criminalità organizzata, ma i proclami del ministero degli Interni, secondo i quali si tratterebbe di un colpo mortale inferto alla Mafia non trovano, purtroppo, riscontro nella realtà. Gianni Nicchi, detto "U picciotteddu", era reggente del mandamento Pagliarelli, dopo l'arresto del padrino Antonio Rotolo. Ha tentato nel 2006 di scalare le gerarchie, ma dopo aver fallito l'incarico di assassinare il boss Salvatore Lo Piccolo e suo figlio, è caduto in disgrazia ed è stato costretto a nascondersi a Milano. In seguito all'arresto dei Lo Piccolo ha potuto rientrare a Palermo, ma non è mai stato un boss. Alcuni anni fa, il pm Francesco Del Bene l'ha definito un semplice killer, mentre il pubblico ministero antimafia Antonio Ingroia ha dichiarato che Nicchi - come del resto Matteo Messina Denaro, che il ministero degli Interni indica quale "capo della Mafia" in base a un articolo apparso su L'Espresso - è troppo giovane per aspirare a una posizione di comando. Sicuramente aveva molti nemici ed era "sacrificabile" per una causa importante. In questo senso il suo potrebbe essere un arresto "a orologeria". Sicuramente, non è una perdita irreparabile per Cosa Nostra, che è simile a una struttura militare - come rivelato anche da Tommaso Buscetta - o a una multinazionale, con centinaia di comandanti (o "manager") facilmente sostituibili e un governo malavitoso avvolto dall'anonimato, anch'esso intercambiabile, perché dotato di figure-ombra. Cosa Nostra ha un "fatturato" annuo in Italia di oltre 150 miliardi di euro, somma che va triplicata se si considera il giro d'affari internazionale. Se Gianni Nicchi avesse un ruolo centrale, le autorità, dopo averlo tenuto sotto controllo, verificandone i contatti con i sottoposti e i capi più anziani, avrebbero corredato il suo arresto con decine di altri arresti di grande peso strategico, scoprendo una rete capace di muovere, appunto, miliardi di euro attraverso attività illecite. Gaetano Fidanzati, arrestato a Milano, è un vecchio, storico boss, oggi 74enne. Negli anni 1960 e 1970 era un pezzo grosso, con un'enorme disponibilità di mezzi, ma da anni viveva in latitanza e alle sue speranze di tornare in cima alla gerarchia non corrispondeva più un vero potere. I due mafiosi rientrano nella lista del ministero degli Interni dei "30 criminali più ricercati", ma si tratta di una lista poco attinente all'attualità dei poteri di Cosa Nostra, N'drangheta e Camorra. Sicuramente il loro arresto costituisce un successo della magistratura e delle forze dell'ordine, ma suscitano qualche sospetto il clamore mediatico sollevato in conseguenza alle operazioni di polizia proprio in coincidenza delle rivelazioni del pentito Spatuzza e le conclusioni iperboliche divulgate dalle Istituzioni italiane, che per la seconda volta in pochi mesi* annunciano di avere "sconfitto la Mafia", quando non ne hanno evidentemente neppure scalfito la poderosa presenza in Italia e nel mondo.

 
* La prima volta è stata il 23 maggio scorso, quando il ministro della Giustizia ha dichiarato che "oggi i mafiosi più noti, i killer, i boss sono tutti al carcere duro e al carcere duro resteranno".

 
Nella foto, copertina de L'Espresso che presenta Matteo Messina Denaro quale "capo della Mafia".  In realtà non esiste un "capo della Mafia", perché si tratta di un'organizzazione a cupola composta da "mandamenti", ognuno dei quali ha una gerarchia di comando. Quando il capo di un mandamento viene arrestato o perde il suo potere, è sostituito dal suo vice. La leggenda del "capo della Mafia" è servita spesso a politici e autorità per parlare di "Mafia decapitata" o anche di "Mafia sconfitta".

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Lunedė 07 Dicembre,2009 Ore: 15:41
 
 
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