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www.ildialogo.org Solidarietà ai fratelli musulmani di Comitato promotore?!,di Gloria Capuano

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Solidarietà ai fratelli musulmani di Comitato promotore?!

di Gloria Capuano

E’ nota la mia speranza e fiducia nell’Islam moderato, perfino nella lotta contro il terrorismo islamico, oltre che nella comune meta di una Pace da tutti condivisa. Di più, ho ripetuto a costo d’essere noiosa che non vedo nessuno spiraglio di successo contro il terrorismo islamico senza la forza di persuasione diciamo strisciante o subliminale di un Islam moderato (tanto per usare un termine quanto mai comune). Per questo suppongo quanto mai comprensibile il mio amaro dispiacere di non poter essere solidale con i fratelli musulmani in questa occasione indipendentemente dall’addotta provocazione della Santanchè. Non approvo di certo qualsiasi provocazione ma è difficile ignorare che non ci sarebbe stata alcuna provocazione se non fosse in atto una continua provocante insistenza musulmana nel disattendere le leggi italiane a tutela dei diritti umani, dell’ordine pubblico e della sicurezza del Paese. In altre parole il netto rifiuto all’integrazione e la caparbia imposizione dei costumi islamici notoriamente per noi penalizzanti la donna.
Questo rilievo, per me fondamentale, è stato ampiamente documentato dai telegiornali televisivi anche in questa occasione di fine Ramadan. Ho visto con i miei occhi con molta facilità una persona, tra tanti musulmani raccoltisi per la fine del Ramadan, imprigionata nella nota foggia che non permette non dico una identificazione ma neppure di stabilire l’appartenenza di genere tanto forme capigliatura e volto erano occultati, impenetrabili. Fatte salve però due pupille queste sì a penetrare nell’aperta e fiduciosa esposizione dell’identità altrui. Altre persone di mia conoscenza hanno osservato altre presenze dello stesso tipo, non paludate in nero ma in bianco. Il filmato riprodotto nelle pagine del dialogo dunque non rispetta davvero l’intera verità dei fatti. La stessa considerazione vale a proposito della dichiarazione di una figura di spicco del mondo musulmano a proposito della Santanchè e cioè che non sarebbe stato suo compito protestare per l’impedimento all’identificazione di una persona quale che sia anche quando è la nostra legge a richiederlo. In un certo senso aveva ragione, non era compito della Santanchè, era ed è invece dovere di qualsiasi cittadino italiano.
Ma questa è polemica di comune profilo che non m’interessa. Quel che non comprendo è l’insistenza musulmana – lo ripeto - nel disattendere le nostre leggi, visto che riguarda un fondamentale presupposto all’integrazione. E chiarisco che se ritorno a ribadirlo lo devo esclusivamente all’intento d’essere di aiuto alla sorelle musulmane così come auspicano le non poche musulmane che per crescita culturale si battono a caro prezzo per la loro liberazione.
Di malavoglia perciò addito all’attenzione delle persone di buona volontà quanto sia fuori luogo tirare in ballo la libertà religiosa e anche le nostre suore. In un Paese, il nostro, letteralmente invaso da moschee (si confrontino con le chiese nei Paesi musulmani), e dove le suore hanno il viso perfettamente riconoscibile, si resta oltre modo stupiti che si spolverino giustificazioni così deboli (trite e ritrite) e lontane dalla verità. Perfino la faraonica moschea di Monte Antenne nel cuore di Roma centro del cattolicesimo mondiale dovrebbe suscitare qualche ripensamento. E’ stato come erigere una chiesa alla Mecca.
 Invito perciò i musulmani spogli da deformazioni preconcette a non insistere in tal senso per evitare il rischio di far apparire tutti i musulmani senza distinguo di sorta poco credibili; gli italiani rispettano pienamente la libertà religiosa ma si sentono offesi e mortificati se in nome di questa libertà si calpestano di fatto le nostre leggi e in particolare i sentimenti delle italiane.
Chiuso questo per me noioso e critico insoluto contrasto prego le persone disponibili a seguire diversi punti di vista, tra i quali il mio, l’unico del quale rispondo.
Già vedere un essere umano ridotto ad assumere un aspetto quanto mai lugubre, il nero totale, risulta alla sensibilità occidentale come un vero e proprio pugno nello stomaco. Quando poi si evidenzia che questo essere è di sesso femminile la cosa si esacerba perché noi occidentali abbiniamo al colore nero l’idea di morte, mentre – sempre nei Paesi Occidentali - la donna risulta intimamente connessa con la vita. Perfino i quanto mai biasimevoli burqa delle donne afgane offrono ad occhi occidentali una boccata d’ossigeno grazie ai colori bellissimi dei tessuti spesso adoperati. Aggiungo a giustificazione di questi costumi il non trascurabile rilievo di una ragione pratica a cavallo tra un criterio sanitario e uno estetico: il caldo eccessivo (o forse anche il freddo eccessivo) di quei luoghi che portano a coprirsi al massimo possibile e la polvere delle strade quanto mai deleteria per la bellezza dell’epidermide femminile, cui si deve purtroppo aggiungere un ultimo ma essenziale rilievo:il burqa come segno di non disponibilità alle altrimenti legittimate spesso violente voglie o punizioni maschili. Ma qui da noi tutto è diverso, nel bene e nel male, e allora perché insistere nell’esibire certi costumi specie quelli veramente eccessivi e poco rassicuranti? Perché non evitare certe prese di posizioni che producono inevitabilmente comportamenti reattivi?
 Se poi dall’esteriorità ci avventuriamo nelle diverse e numerose riflessioni su i valori e significati profondi che essa segnala noi occidentali ci leggiamo una condizione costrittiva della donna non secondo i canoni religiosi ma secondo certe estremizzate interpretazioni maschili di detti canoni. Né la reiterata difesa femminile nel dichiararsi libere di scegliere e nient’affatto costrette rinforza ancora di più la nostra convinzione che trattasi di una penosa sudditanza di genere. Infatti non appare davvero agevole e priva di rischio per una musulmana derogare da certi costumi contro le severe aspettative culturali dei loro ambienti. Parliamo del maschio dal quale dipende non solo la possibilità di una buona convivenza – visto che un po’ovunque nel mondo ma sopratutto in certi luoghi la donna vive esclusivamente di affetti - ma anche la sua stessa sopravvivenza (raramente o forse è meglio dire mai difesa e tutelata dalle leggi, vedasi la Sharia). Non per nulla le non poche donne musulmane culturalmente maggiorenni sono da considerare delle vere e proprie eroine che l’Occidente ha il torto di non portare adeguatamente a conoscenza del mondo intero. Mondo scioccamente invaso da veline ed esibizionismi noiosi, superflui e riduttivi della personalità femminile anche se forse riscattati da una sorta di rivendicazione della libertà corporale e dall’uso di attributi attinenti ai canoni della bellezza tanto celebrata dalla tanto mitizzata funzione dell’arte non solo figurativa. Come suppongo evidente Oriente e Occidente eccedono in opposti modelli comportamentali, sempre però riguardanti la donna, al maschio l’esclusiva di dettare regole.
Ma siamo ancora all’esteriorità.
Nel tentativo di entrare nelle riflessioni che mi sono congeniali andiamo per gradi e invitiamo pertanto a considerare il dato di fatto che sono i musulmani ad affluire nel nostro Paese e non viceversa, non può non meravigliare dunque che essi pretendano che sia il Paese ospitante ad adeguarsi alle loro regole e non viceversa, in nome del rispetto delle differenze culturali e dei costumi quando non, nientemeno, della libertà religiosa. Non può non essere tenuto dunque nel debito conto l’uso parziale cioè di comodo delle nostre leggi, e il mancato rispetto delle stesse quando non sono condivise. Né dovrebbe essere trascurato il confronto con i Paesi musulmani dove non sempre esiste una garanzia sulla libertà religiosa o dove per i cristiani risulta assai difficile sia la pratica religiosa sia la stessa appartenenza cristiana, spesso pagata con la vita ( ciò spiegherebbe anche la scarsa richiesta di chiese da parte di fedeli spesso costretti a fuggire o a nascondere a proprio rischio e pericolo la propria identità religiosa).
E procedo per giungere al punto che a me sta a cuore pur non essendo chiaro neppure a me stessa se mi rivolgo alle donne o agli uomini musulmani. Gli uni e le altre non possono non essere consapevoli di quanta ansiosa sofferenza essi causino certamente a noi italiani, e soprattutto a noi italiane, certi costumi fortemente riduttivi dei diritti umani, che portano a una forte regressione dell’evoluzione femminile faticosamente guadagnata dalle nostre ascendenti. Il nostro Paese, come tutte le democrazie, mostra senza ombra di dubbio fenomeni collettivi marcatamente negativi quanto a moralità, politica e civile. Ciò dipende dalla enormemente difficile gestione della libertà individuale e del complesso compito di chi è al governo oggi.. E’ fuor di dubbio che i Paesi totalitari sono assai più facili da gestire, non attribuendosi alle singole persone alcun valore. Non che nelle democrazie questo riconoscimento dei diritti umani abbia dato adito ad un idilliaco clima sociale, ma almeno è nell’intenzione del legislatore e nell’aspettativa degli stessi cittadini.
Ora non vedo la ragione per la quale i musulmani ospitati rifiutino di adoperarsi per il nostro miglioramento, di contribuire alla gestione di questi diritti prima di tutto rispettando le nostre leggi e ancora di più non irrigidendosi in costumi che rappresentano per noi un vero e proprio schiaffo alla nostra faticosissima aspirazione a una più coerente e civile democrazia, e uno svilimento dei valori fino ad adesso conquistati.
Si aggiunga poi la degenerazione dei valori musulmani propri del terrorismo musulmano (mi scuso per l’eccessiva generalizzazione data la grande varietà delle sue diverse matrici ideologiche) che non solo si è dato come programma l’annientamento dei cosiddetti infedeli, gli occidentali, ma  forse ancora di più dei musulmani non entusiasti di una eventuale colonizzazione del pianeta mediante il terrore. Non è possibile ignorare quanto sia difficile distinguere un musulmano fortemente radicalizzato, da un terrorista; se lo si tenesse sempre presente forse potrebbe essere più facile comprendere l’inopportunità del rigetto dell’integrazione nei valori essenziali ( sopratutto il rispetto dell’integrità psicofisica, dei diritti umani, e della libertà femminile) e nelle fogge che spesso nelle forme più accentuate inducono per se stesse il timore di un camuffamento terroristico. Allora, perché almeno le donne - che si dice e si spera siano più sensibili alla Pace quale prioritario diritto umano - non ammorbidiscono il loro comportamento, qui dove è possibile, e non lo rendono più duttile per delicata civile affettuosa considerazione della sensibilità delle donne occidentali? Perché tanta granitica osservanza di esteriorità? E quanto gioca la paura certamente più motivata dei fondamentalisti musulmani che dell’apparente razzismo, perché di tipo reattivo, degli occidentali?
Come può sfuggire che un eventuale viraggio in tal senso sarebbe una grande lezione di progresso dell’idea del rispetto umano cui tutti necessitano mediante una rinuncia in fondo modesta perché incide su un connotato identitario esteriore? Perché non ricambiare la nostra ospitalità e i nostri più che comprensibili timori con ora ragionevoli ora essenziali adeguamenti che ci rassicurino e ci dimostrino d’essere da loro non giudicate o forsanche considerate nemiche? Come non coltivare nell’animo il traguardo che noi ci si possa sentire amate di quell’ amore fatto di solidarietà e di determinazione alla Pace che tutte le donne del mondo dovrebbero coltivare come sentitissimo e superlativo fiore all’occhiello?
Come pensiamo di adoperarci per la Pace se ci si comporta con caparbietà in contrasto ripeto non solo delle leggi del Paese ospitante ma sopratutto della sensibilità dei suoi cittadini, questi oltre tutto già messi a dura prova da un terrorismo che supera di gran lunga i nefasti fastigi di un Nazismo, di un Comunismo e in un certa fase regressiva di un Fascismo, tutti parti mostruosi, abnormi nella loro attuazione quando non nella stessa specificità ideologica? Perché le donne musulmane (e gli uomini dai quali appaiono soggiogate) che hanno scelto il nostro Paese per viverci e dare vita a nuovi cittadini italiani non scelgono d’integrarsi soprattutto negli ambiti che a noi causano forti e mortificanti turbative? Perché non confermare con gelosia l’appartenenza musulmana nel portamento e nel comportamento arricchendola semmai con quanto di meglio può offrire la nostra esperienza occidentale? E soprattutto perché queste donne non scelgono di attestarsi a quel livello umano superiore alla politica e alle stesse religioni (almeno finché queste ultime  incapaci di contemplare un unico imperscrutabile Principio Creatore, da tutti indicato per povertà linguistica Dio)? Un coltivato consapevole senso umanitario vale molto ma molto di più di qualsiasi legge e di qualsiasi ideologia politica e religiosa troppo sofferenti a causa di interpretazioni e manomissioni devianti deteriori. Diceva Madre Teresa:” Noi ci adoperiamo affinché una cristiano sia un buon cristiano, un musulmano un buon musulmano e un ebreo un buon ebreo..”
No, non posso esprimere in questo caso solidarietà ai fratelli musulmani anche se stigmatizzo qualsiasi forma di violenza a scopo provocatorio, e vorrei che il mio punto di vista trovasse accoglienza presso le sorelle musulmane almeno come disponibilità a una  elaborazione che vada molto oltre il razionale, quella cioè che impegna la sfera dei sentimenti.
In ultimo – tornando al prosaico - si consideri che l’esibizione di fogge che occultano sia la femminilità che l’identità di una persona impediscono una condizione di parità nella reciproca conoscenza (ci si sente spiati mentre si è in un certo senso nudi; le persone bene educate, da noi, si tolgono gli occhiali da sole quando fanno una nuova conoscenza), esasperano quindi la comprensibile ansietà per il rischio terroristico e ancora di più appaiono quale in realtà sono – è bene ripeterlo - una profonda mortificazione per l’evoluzione femminile. Evoluzione secondo i criteri occidentali e ancora di più cristiani peraltro davvero non tanto dissimili da quelli musulmani quanto a moralità, forse dissimili invece nel diritto alla libertà delle proprie scelte e nel ben diverso criterio circa la dignità muliebre (almeno sul piano teorico).
Tutto questo nel presupposto o nella speranza che solo il libero sviluppo con il dovuto  riconoscimento ad esso relativo di parametri culturali peculiari del potenziale femminile avrebbe la mite forza illuminante di condurre l’umanità a superare una “etologia” troppo simile anzi peggiorativa di quella che regola il mondo animale.
Se riflettessimo tutti e sopratutto tutte in tal senso tanti equivoci si affloscerebbero senza poter avere alcuna presa che generi ostilità.
Mi dispiace ma non cesso di sperare.

Sullo stesso argomento vedi anche i seguenti articoli :

Il velo? il problema è in chi lo guarda!,di Stefano Allievi*

Daniela Santanche' : ecco le immagini della presunta aggressione

Ottava giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamicoSolidarietà ai fratelli musulmanidi Comitato Promotore

Intervista a Silvio Viale sul certicato medico della Santanchè

Solidarietà ai fratelli musulmani,di Annalisa Portioli



Mercoled́ 30 Settembre,2009 Ore: 14:43
 
 
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