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www.ildialogo.org Una lettera dal Sinodo per l'Africa,di Giuseppe Franzelli

Padre Giuseppe Franzelli, originario della provincia di Brescia, da Roccafranca, ora divenuto vescovo di Lira in Uganda, scrive da Roma le sue impressioni
Una lettera dal Sinodo per l'Africa

di Giuseppe Franzelli

Roma, 18 Ottobre 2009
    Giornata missionaria mondiale
Carissimi
 
vi scrivo da Roma, dove sto partecipando al sinodo dei vescovi sull’Africa. E’ sera tardi. Tra poco si conclude anche la giornata missionaria mondiale, celebrata oggi con il tema: “Le nazioni cammineranno alla sua luce” (Ap. 21.24).
 
Alzandomi stamattina, in una camera d’albergo vicino a S. Pietro, ho avuto per un attimo l’impressione di trovarmi fuori posto. “In una giornata come questa, io dovrei essere a casa mia, in missione,a Lira, in Africa!”, ho pensato istintivamente. Ma è subito prevalsa la consapevolezza che è proprio l’Africa che mi ha portato a Roma. Assieme ad altri vescovi, sono stato infatti scelto dalla conferenza episcopale per rappresentare l’Uganda alla seconda assemblea speciale del sinodo dei vescovi per l’Africa.
Il primo “sinodo africano” si è tenuto nel 1994 ed ha proposto la visione della Chiesa come “Famiglia di Dio” in Africa. A distanza di quindici anni, la Chiesa africana registra una impressionante crescita numerica: i 102 milioni di cattolici del 1994 erano già oltre 164 nel 2007, ed oggi ci sono altre 80 diocesi e 100 nuovi vescovi. Se la famiglia di Dio è cresciuta, sono però aumentati anche i problemi e le sfide che la Chiesa si trova ad affrontare. Oggi il continente africano è ancora afflitto da vari conflitti armati ma ancor più da povertà, condizioni climatiche avverse, degrado ambientale, corruzione, sfruttamento delle sue risorse naturali da parte di multinazionali straniere con la complicità di governi locali, da enormi ingiustizie sociali, da malattie come la malaria, la tubercolosi e naturalmente l’Aids, da ricorrenti siccità e conseguenti carestie che sono in effetti cause di ulteriori divisioni, ingiustizie e nuovi conflitti. Di qui la necessità di convocare un secondo “sinodo africano”, sul tema: “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, giustizia e pace”, illuminato dalle parole di Gesù: “Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo”( Mt. 5, 13.14).
Eccomi quindi a Roma, dal 4 al 25 Ottobre, con più di 240 vescovi riuniti insieme al Papa, per un intenso scambio di esperienze, discussione, preghiera e discernimento nel tentativo di individuare vie e mezzi concreti per costruire la pace, ristabilire la giustizia e riconciliare un continente ferito da troppe divisioni. Per questo, nonostante la lontananza dalla mia gente, sono contento di essere qui, in un momento in cui la Chiesa universale mette l’Africa al centro della sua attenzione. Ascoltando i vescovi africani denunciare con coraggio le ingiustizie di cui sono vittime i loro popoli e levare la voce invocando la solidarietà tutta la Chiesa, non posso fare a meno di pensare a Comboni. Giovane sacerdote, durante il Concilio Vaticano I del 1870, don Daniele correva da un padre conciliare all’altro, supplicando vescovi e cardinali di firmare il suo “Postulatum”, la richiesta di discutere nel Concilio il caso della “Nigrizia” e mettere le sorti dell’Africa Centrale, dimenticata e ignorata da tutti, al centro del cuore e della preoccupazione missionaria di tutta la Chiesa. La presa di Roma da parte delle truppe italiane portò alla sospensione del Concilio, e non se ne fece nulla. Comboni non si arrese e continuò il suo impegno, dando la vita per gli africani. Sono certo che il 10 ottobre, anniversario della sua morte e giorno della sua festa liturgica, San Daniele Comboni ha guardato con gioia allo spettacolo della sua “Nigrizia” posta finalmente da centinaia di vescovi africani al centro dell’attenzione e del cuore di tutta la Chiesa.
    
Personalmente, il mio piccolo contributo al sinodo lo sento e vivo proprio in continuità con il tentativo comboniano di dare voce all’Africa. Lo faccio insistendo sull’importanza di un uso più coraggioso e coordinato dei mezzi di comunicazione sociale. Si tratta innanzitutto di diffondere meglio e con più efficacia in tutto il continente la buona notizia del Vangelo, l’unica capace di portare davvero riconciliazione, giustizia e pace durature. Dalle 15 radio cattoliche all’epoca del primo sinodo africano, siamo ora giunti a 163, in 32 paesi del continente. Ne abbiamo una anche a Lira: Radio-Wa, cioè “la nostra radio”. Da qualche tempo, ogni domenica sera parlo alla mia gente dei problemi, speranze ed iniziative della Chiesa di Lira. Nominato dalla conferenza episcopale ugandese come responsabile nazionale dei mezzi di comunicazione sociale, sto tentando di spingere le varie radio diocesane a collaborare e lavorare in rete, scambiando notizie e programmi, unendo gli sforzi per avere un maggiore impatto nell’evangelizzazione e nella formazione di un’opinione pubblica informata, cosciente dei propri diritti e responsabilità in campo civile, sociale, politico e religioso. Non è certo facile. Non più tardi di un mese fa, nel corso di disordini e sparatorie in cui mi sono trovato casualmente coinvolto io stesso a Kampala, una nostra radio cattolica è stata chiusa dal governo. Abbiamo dovuto ricorrere personalmente al Presidente dell’Uganda perché fosse riaperta. Del resto, qualche anno fa, durante la guerriglia, la nostra radio di Lira è stata bruciata dai ribelli, irritati dal successo di un programma che aveva convinto molti di loro a deporre le armi e tornare a casa!
Oltre ad assicurare una migliore comunicazione e comunione all’interno della Chiesa e del continente africano, l’uso coordinato ed in rete dei mezzi di comunicazione a nostra disposizione potrebbe e dovrebbe permetterci di far sentire più forte al mondo la voce dell’Africa vera. Quella di un continente che non è solo luogo di miseria e continue tragedie, ma anche e prima di tutto un’Africa che affronta con coraggio e speranza i suoi problemi, capace di attingere alle sue migliori tradizioni e di offrire al mondo modelli inediti e concreti di riconciliazione e soluzione dei conflitti. E’ la voce di questa Africa che bisogna far ascoltare.
E’ quello che sto cercando di fare in questi giorni, anche al di fuori degli impegni e del lavoro intenso del sinodo, con varie interviste in inglese, francese e spagnolo a Radio Vaticana, ed altre a Sat 2000, al Tg 1 per la Rai… Sono cose che richiedono tempo e pazienza, ma le faccio volentieri perché sono convinto che fare missione oggi significa anche dare voce all’Africa e alla sua gente. Agli oltre 100 mila immigrati, in gran parte africani, che ieri hanno pacificamente marciato per le vie di Roma per chiedere di essere trattati con il rispetto dovuto ad ogni uomo, ma anche ai 7 giovani cristiani crocifissi nel Sud Sudan poco tempo fa dai ribelli del LRA nel silenzio ed indifferenza quasi totale della nostra stampa. In fondo, anche questa lettera circolare è un piccolo tentativo di comunicare e condividere con voi il dono e il compito della missione. Uno strumento di comunione ed un ponte con l’Africa.
 
Approfittando della pausa domenicale dei lavori sinodali, oggi sono andato a pranzo dalle suore missionarie comboniane. Volevo rivedere e salutare Sr. Rachele. Nell’ottobre 1996 Sr. Rachele ha inseguito i ribelli del LRA che avevano rapito 139 ragazze della scuola di Aboke, nella mia diocesi. E’ riuscita a farsene restituire 109, ma ha dovuto lasciare nelle mani dei guerriglieri le altre 30. Da allora, Rachele non ha mai smesso di lavorare e soprattutto pregare per il loro ritorno. Ancor oggi, parlando delle “sue ragazze”, le luccicano gli occhi.
Domani andrò a trovare i rappresentanti di tutti i comboniani, riuniti a Roma nel  Capitolo Generale per eleggere la nuova direzione dell’istituto e rilanciare la nostra presenza missionaria nel mondo. Come Sr. Rachele e tutti i comboniani, anch’io porto nel cuore l’Africa e la mia gente, ovunque sia e vada. Ieri, incontrando e salutando brevemente il Papa, gli ho portato i saluti e la richiesta di una benedizione da parte dei carcerati che ho visitato recentemente nella prigione centrale di Lira, quasi 600, stipati in un ambiente costruito dagli inglesi nel lontano 1930 per non più di 200 persone. Un po’ sorpreso dalla richiesta, Benedetto XVI l’ha accolta e mi ha assicurato una benedizione particolare per loro e per tutta la mia diocesi.
E così, con la benedizione del Papa ed il messaggio di riconciliazione, giustizia e pace del sinodo, torno in Uganda il 31. Ringrazio quanti in questi mesi hanno generosamente e con sacrificio aiutato la missione della Chiesa di Lira.  Ad ognuno di voi chiedo di accompagnarmi con la preghiera. Il Signore Gesù vi benedica e vi dia la sua gioia e la sua pace!
P. Giuseppe
franzelli@gmail.com


Domenica 22 Novembre,2009 Ore: 17:16
 
 
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