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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Lettera a Papa Benedetto XVI,di Gloria Capuano

ASPI - Esercitazioni
Lettera a Papa Benedetto XVI

di Gloria Capuano

Primo titolo:   Ortaggi e frutta biologici; religioni biologiche?
 
Secondo titolo:
                        Quali sono le religioni che rispettano presunti canoni biologici?
                        Quali i motivi di questa osservanza?
 
Terzo titolo:
                         Può l’uomo evolversi senza aver superato certi malintesi presupposti  biologici?
 
(Gloria Capuano)
 
Santità,
             non mi ritenga irriverente, non lo sono. I titoli di cui sopra sono parte di una esercitazione empirica su l’uso dei titoli giornalistici allo scopo di decrittarne funzioni e intenzioni. Lo ritengo utile perché già dai titoli si delinea il malcostume aggressivo del giornalismo che prospera sullo scontro frontale. In calce alla lettera troverà la chiave di lettura dei titoli, sempre limitatamente al mio giudizio. Spero, anzi sono certa che ne sarà interessata essendo Sua prerogativa di massima responsabilità comunicare abitualmente ai fedeli e ai non fedeli.
La rassicuro, non sono irriverente essendo per di più culturalmente Cristiana e Cattolica, e ritengo che nessun malinteso formalismo possa essere ostativo della libertà dì espressione se onesta.
Questa lettera è una ricerca, una doppia ricerca, la prima finalizzata a capire ma soprattutto a sentire una verità interiore, la seconda, null’altro che umile richiesta di aiuto in questa operazione che forse attiene a ogni singola coscienza.
Spiego d’aver deciso di scriverLe anche perché credo che Lei stessa aspiri a conoscere più profondamente possibile il Suo gregge, a costo a volte di delusa amarezza, come forse potrebbe accadere nel mio caso.
Ma è appunto di amarezza che Le devo parlare, della grande amarezza, dello sconforto che non sono ancora riuscita a dissipare nell’averLa ascoltata, come sempre faccio con trepidazione, mentre pronunciava il Suo discorso per il nuovo anno.
Le mie umane logorate e quanto mai sensibilizzate antenne hanno vibrato violentemente nel sentirLa ammonire gli uomini, s’intenda i maschi, a non trattare le donne come loro schiave ma allo stesso tempo neppure permettere d’essere da esse dominati.
Vorrei essere capace di spiegarLe le ragioni del mio sconforto ma non so se ci riuscirò.
La prima Sua esortazione è sacrosanta e quanto mai funzionale ad una realtà nella quale sia pure sotto diverse apparenze, le donne vengono in genere trattate più o meno o come schiave o come subalterne. Fatte salve le solite eccezioni e guai se non ci fossero.
Ma la seconda raccomandazione e cioè che gli uomini dovrebbero cautelarsi dal rischio d’essere dominati dalle donne, non solo non riesco a comprenderla ma temo di poterla comprendere.
Poiché escludo che in Lei sia affiorato fuggevolmente il maschio secondo biologia, e che intendesse piuttosto dire all’uomo che maschio e femmina sono in perfetta parità simbiotica senza però purtroppo averlo detto, era umano ch’io accusassi uno sconfortante intimo contraccolpo. Sono certa però che tale omissione non sia stata intenzionale tra l’altro sapendo per personale esperienza che le parole nell’atto in cui si reificano escludono altre parole di diversa anche opposta valenza ma d’eguale peso e valore. Per questo, per capire o per trovare conferma e conforto, sempre attenendomi al profondo rispetto che nutro per Chi in terra rappresenta Dio, non posso che affidarmi a degli interrogativi.
-               Che cosa ha indotto il nostro Papa ha universalizzare l’idea del rischio di un ruolo dominante della donna sull’uomo e quindi ad allertare l’uomo contro di esso?
-               Qual è, in che cosa consisterebbe questo rischio e quale l’urgenza?
-               Dove Sua Santità ha intravisto la possibilità del rischio particolare che paventa o da dove trae origine?
-         Forse dall’essere anch’Egli parte dell’umanità magari colpito da  
-          particolari lontane dolorose esperienze esperite o in altri osservate ?
  -   O è forse ancora da dare credito all’idea che il rischio riguardi la                      sessualità nella quale la donna per tante ideologie retrive maschiliste è      considerata il diavolo tentatore?
-               Può mai essere ammissibile che ci si possa riferire alla storica misoginia maschile che trae origine dall’impulso a dominare tipico del maschio, il dominare su tutto (ambiente incluso) ritenendo il creato a suo esclusivo uso e godimento?
-               In una società dove Lei, Santità, condanna la condizione di schiavitù in cui è tenuta la donna, anche a volte da chi disattende l’insegnamento del Cristo, non sarebbe stato di maggiore realistica cautela non incentivare il timore di capovolgere radicalmente questo oppressivo assetto gerarchico così implicitamente giustificandolo?
 Mi arreca molto dolore che sia pure involontariamente Le sia stato possibile equiparare una realtà gravissima e tangibile a un rischio ipotetico, né la consapevolezza che in singoli casi possa accadere anche agli uomini d’essere oppressi da un prevalere femminile lo può giustificare.
-   Quale la vera ragione di questo annacquamento di una tragica            ubiquitaria realtà con ipotetici giustapposti imparagonabili pericoli?
     
Santità, suppongo Le interessi conoscere un’opinione (che sia mia o di altri non importa) su quale sia il più deleterio crimine compiuto sulla donna oltre la violenza fisica. A me pare quello di escluderla dalla scolarità, dalla conoscenza, dall’uso critico dell’intelligenza (anche se veramente questo ultimo attributo risulta non cognito anche a troppi uomini, con effetti catastrofici). Eppure è piuttosto agevole la deduzione che “educando” una donna si educa una madre e i suoi eventuali figli e che quindi si può incidere sulla evoluzione della  società. E anche se nulla ci dimostra che la cultura genericamente intesa renda migliori, la considero pur sempre uno strumento di difesa e un fondamentale percorso (tra tanti altri) di crescita.
 
Né ho trovato motivo di conforto nella Sua ammonizione al sesso maschile quando sostanzialmente ha spiegato che Dio ha creato la donna non perché l’uomo ne faccia la sua schiava ma la sua compagna. Sì, non ho trovato motivo di conforto perché mi sono vista precipitare in una reattività forse plateale ma molto umana. Pur essendo abituate noi donne a doverci sentire satelliti e a considerare gli uomini altrettanti soli intorno ai quali ruotare, spiego che nel disappunto o meglio nello smarrimento seguito a tali parole mi è apparsa alquanto astrusa la congettura che Chi ci ha creati abbia ideato la donna per dare una compagna al figlio… di un’altra donna. Oppure ancora più paradossale, che sia stata creata quale compagna di un uomo…la sua stessa madre. Insomma nella mia consapevole ma innocente limitatezza non riesco a coniugare il concetto di una donna “offerta” a un uomo che però è nato da una donna, grazie a eguale compartecipazione del seme maschile e femminile e che poi quale prodotto del concepimento si è perfezionato attraverso una lunga fase di maturazione fino alla nascita reale, esclusivamente affidato alla donna.
Il mistero è totale, ma di reale purtroppo c’è l’errore, certamente non voluto da Dio, di un protagonismo maschile che a tutt’oggi non ha prodotto ancora una Civiltà della Pace. E il dubbio in me è forte, che cioè questa trasformazione della Civiltà da Civiltà di guerra a Civiltà di Pace sia impedita dall’ossessione della dominanza maschile constatato che una Civiltà della Pace non può che basarsi nel rispetto umanitario per ogni forma vivente, per primi tra tutti gli stessi esseri umani e ancora di più se possibile, nella totale equiparazione di genere.
Non sarà a questa assenza d’equiparazione che dobbiamo il persistere d’ogni forma di violenza?
E’ un’opinione. Da me molto sentita. Da altri molto condivisa.
 
Con fiduciosa certezza d’essere compresa, Santità, voglia accettare i miei cordiali e deferenti saluti.
 
                          Gloria Capuano
 
Analisi dei titoli
 
Il primo titolo potrebbe a una sensibilità musulmana suonare blasfemo, ma per la mentalità occidentale semplicemente scherzoso e blandamente provocatorio. Tuttavia, pur essendo quanto mai accattivante giornalisticamente, può sembrare irriverente. E’ da escludere? In un giornale normale sì, in un giornale satirico no, anche perché agita un problema tutt’altro che risolto. Però opterei per il no, perché (innocuamente) dissacrante in quanto punta a divertire l’utente grazie ad un disinvolto superficiale accostamento tra soggetti banali e soggetti di natura spirituale.
 
Il secondo titolo sembra non trovare alcuno svolgimento nell’articolo, mentre in realtà nell’osservare il comportamento della coppia umana prelude all’intento di una disamina antropologica in rapporto con le religioni, quindi propone di riflettere su di una dimensione di grande estensione culturale. Formalmente quindi quasi estraneo ai contenuti del testo è viceversa coerente quanto all’argomento se ulteriormente riflettuto. E potrebbe suggerire ad esempio un interrogativo di questo tipo: “E’ l’antropologia a condizionare le religioni o le religioni si avvalgono dell’antropologia?
Mi pare troppo per una semplice lettera così come per un eventuale articolo.
 
Il terzo titolo non so se rischia d’entrare  in rotta di collisione almeno con le tre religioni del libro: Ebraismo, Islam, Cristianesimo. Ma la cosa non è davvero semplice, i distinguo da fare superano dettami tramandati le diverse interpretazioni e le tante regole via via subentrate. Sarebbe un’appassionante ricerca che sicuramente filosofi e teologi hanno svolto e stanno ancora svolgendo. Non conosco i risultati, ma osservando la realtà che ci circonda, quali che siano, non mi sembrano confortanti.
Personalmente lo considero molto utile come input per una più generale riflessione. A me sembra il titolo più equilibrato pur aprendo a un confronto a tutto campo (ma senza animosità di sorta).
 
15/ 1/ 2010


Luned́ 18 Gennaio,2010 Ore: 11:59
 
 
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ASPI - Associazione Progetto Informazione per un GIORNALISMO di PACE

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