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www.ildialogo.org La lezione di Copenhagen,di Michele Zarrella

Ambiente - Riflessione
La lezione di Copenhagen

di Michele Zarrella

Un mese fa si spegnevano i riflettori sul convegno di Copenhagen. Il mondo si aspettava dei programmi e delle cifre che stabilissero le limitazioni delle immissioni di gas serra nell’atmosfera. Niente di tutto ciò, solo propositi e buone intenzioni. Pochi risultati fra cui: impegni a conservare le foreste e 100 miliardi di dollari da elargire ai paesi in via di sviluppo entro il 2020. Ma senza regole, né programmi e né meccanismi precisi su come attuarli. Senza stabilire come e quando. Tutte promesse e proclami. Ottimi entrambi, ma con gambe corte per camminare. Ne abbiamo avuto già un esempio col trattato di Kyoto del 2005, benché sottoscritto da molti paesi non viene rispettato.
Quindi una delusione grande perché ci si aspettava che da un summit dove partecipavano più di 100 capi di stato o di governo si uscisse con qualche risultato valido che pensasse di più al futuro del pianeta. Un pianeta che insieme all’atmosfera che lo avvolge costituisce un organismo vivente che amo chiamare Gaia come fece lo scienziato inglese James Lovelock, nel 1979.
Unica nota positiva del convegno di Copenhagen è stata la certezza unanime che l’uomo e le sue attività stanno incidendo sul riscaldamento globale e che bisogna assolutamente prendere dei provvedimenti e che Gaia non può sopportare un aumento di temperatura superiore a due gradi centigradi altrimenti rischiamo di andare incontro a disastri planetari: aumento di fenomeni atmosferici estremi, scioglimenti dei ghiacciai, desertificazione, innalzamento del livello e della temperatura dei mari, pressione demografica, ecc.. Oggi chi parla di cambiare il modello di sviluppo della società non viene più considerato un “matto” da isolare nell’interesse supremo del profitto. Ma l’umanità sembra che non sia disposta a mettere in atto i cambiamenti necessari per salvare Gaia, il pianeta che vive. La gente deve rendersi conto che il problema va affrontato con decisione e urgenza. Ma come?
Il primo passo è stato fatto a Copenhagen: si è preso coscienza del problema. Il secondo è che l’attuale modello di società consumistica, se utilizzato da tutta la popolazione del pianeta ci porterà, come un treno, verso un baratro.
La parola chiave di tutto è: energia. Cioè la capacità di ogni sistema di compiere lavoro, trasformandosi. L’energia non si crea né si distrugge, ma si trasforma. Però la conseguenza è che in ogni processo una parte dell’energia va ad aumentare l’entropia del sistema che in termini semplici possiamo chiamare disordine, caos, e nel nostro caso inquinamento.
Consumare equivale sempre a inquinare e sprecare equivale a inquinare inutilmente. Quando un’auto sta ferma nel traffico, bruciando benzina, il PIL cresce, ma non tiene conto dei danni che fa all’ambiente. Non possiamo più ragionare su principi che il libero mercato, la crescita economica, il consumo sfrenato ci farà ricchi e trascuriamo le ricadute sull’ambiente. Dobbiamo mettere in conto la salute delle specie viventi, l’inquinamento, l’effetto serra, i cambiamenti climatici, l’aumento del caos, ecc. Dobbiamo metter in conto che il sistema Gaia consente il nostro tipo di vita, entro certi limiti che non devono essere travalicati.
Allora se Copenhagen non ha dato i risultati che avevamo auspicato, penso che questo dipende un po’ da ognuno di noi. Perché un mondo migliore non viene da 100 capi di stati migliori. Un mondo migliore viene da tanti uomini migliori. I capi di stato fanno quello che i cittadini chiedono di più.
Il cambiamento dei nostri comportamenti è assolutamente indispensabile per indurre a catena, gli altri cambiamenti: economici, politici, etici e morali. Ognuno di noi nel proprio piccolo è un sistema che compie lavoro e in ogni sua azione contribuisce all’aumento dell’inquinamento. Quindi ognuno di noi deve mettere in atto comportamenti più sobri, solidali e rispettosi dell’ambiente, improntando le proprie azioni e le proprie scelte al giusto dispendio di energia. Per esempio, se devo comprare un elettrodomestico, diciamo una lavatrice, devo prenderla di classe A o A+ che consuma meno di quelle di classe B, C, D. Così per qualsiasi altro prodotto, lampade, automobili, cibo, ecc. devo scegliere sempre quello meno energivoro. Queste scelte è vero che inizialmente hanno un costo maggiore, ma verranno ripagate nel tempo col risparmio di energia e col minor inquinamento. In seguito a queste scelte le industrie orienteranno la loro produzione verso quegli apparecchi che il mercato richiede ed i costi si abbasseranno.
Pertanto ognuno di noi, per prima, deve mettere in atto questi comportamenti iniziando dai luoghi in cui vive: la casa e il luogo di lavoro. Senza nulla togliere alle comodità a cui siamo abituati, possiamo staccare la spina degli apparecchi elettrici in standby, spegnere stufe e lampade quando usciamo dalla stanza, abbassare la temperatura di almeno tre gradi indossando, se necessario, un pullover, sostituire le lampade ad incandescenza con quelle a basso consumo o con quelle a led, i vetri semplici degli infissi con vetri camera, la vecchia caldaia con quella a condensazione, installare un impianto fotovoltaico sul proprio tetto ed auto prodursi l’energia elettrica.
Per spostarci, possiamo camminare a piedi o utilizzare la bici, oltre a far bene al pianeta facciamo bene alla nostra salute. Per la nostra mobilità utilizziamo piccole utilitarie che consumano poco. Oltre il 70% delle auto sono occupate da una sola persona. È logico muoversi con automobili sempre più grandi e più inquinanti? È un’azione da homo sapiens sapiens che un’auto di tre tonnellate e mezzo di ferraglia inquinante trasporti una persona di ottanta chili?
Beh, allora cominciamo a riflettere e a comportarci di conseguenza, a non farci imbonire dalla pubblicità, a fare delle scelte consapevoli e rispettose dell’ambiente, son sicuro che i capi di stato ci seguiranno. Questa è la lezione che dobbiamo afferrare da Copenhagen.
Gesualdo, 18 gennaio 2010
Michele Zarrella


Marted́ 19 Gennaio,2010 Ore: 12:09
 
 
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