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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Terremoti,di Gloria Capuano

Terremoti

di Gloria Capuano

Intervista ai vulcanologi Sergio e Ines Albergamo. Una riflessione dopo il terremoto in Abruzzo


Terremoti – Intervista
SCHEMA
( Gloria Capuano)
Si esordisce con l’intervistare due persone altamente qualificate sull’argomento: i vulcanologi Sergio e Ines Albergamo.
S’invita a intervenire sia per eventuali dissensi sia per richiesta di delucidazioni chiunque, qualificato o non, ne senta l’opportunità.
Si prega di escludere ogni argomento inficiato da appartenenze di qualsiasi tipo. Grazie. Gl.C.
Il seguente è lo schema dell’intervista.
- E’ assodato che tutto il mondo siede su una polveriera? Di che si tratta?
- E’ doveroso o sconsigliabile che la gente, ovunque, ne sia consapevole?
- Quale misura protettiva è prioritaria, la piena consapevolezza di cui sopra con le elementari accortezze per non rimanerne vittime, o la prevenzione a tutto campo?
- Qual è il limite oltre il quale non c’è consapevolezza che tenga così come gli accorgimenti salva-vita imparati?
In altre parole è giocoforza informare anche su l’ineluttabile? O è verosimilmente praticabile un’evacuazione in massa? Esistono esempi?
 
- Che cosa impedisce l’evacuazione quando non sono in gioco milioni di individui ma un numero di modeste proporzioni?
 
- Nel caso abruzzese che cosa è mancato per evitare il tragico bilancio di trecento decessi, uccisi dal sisma, o piuttosto da carenze di altro tipo?
 
-   Si è trattato d’assenza di previsione o di prevenzione o di educazione finalizzata a conoscere
  e convivere con i terremoti? O non piuttosto dell’inesistenza di un oculato e categorico
  rifiuto di licenze di costruzione senza caratteristiche progettuali antisismiche?
- O è da imputare alla trascuratezza e/o all’incompetenza circa una adeguata valutazione del terremoto già in corso, visto che alla gente sono giunti contrastanti inviti, dall’”abbandonate le abitazioni” al “non uscite di casa”?
 
- Ma se è vero che tutto il mondo vive su una polveriera non da oggi, almeno nei Paesi più avanzati non dovrebbero già essere in atto comuni misure di prevenzione?
- Che cosa è che manca, la giusta informazione dei politici e/o la loro sensibilità?, l’inadeguatezza economica dei cittadini e/o dei governi?
- O piuttosto quali drastiche iniziative e regole sono da adottare contro i soliti interessi speculativi che mirano a maggiori guadagni con il minor costo, fatto ancora più grave quando interessano edifici di pubblica utilità (scuole, ospedali, o, come è accaduto nel capoluogo Abruzzese, alloggi per studenti)?
- E’ o non è vero che in Europa l’Italia è il territorio più esposto al rischio sismico? E’
opportuno, o non, diffondere questo spiacevole primato (ne soffrirebbe il turismo o che altro 
ancora?, e sarebbero comunque remore accettabili)?
- E’ vero o non è vero che i terremoti non sono prevedibili? Non sarebbe utile un sistematico rilevamento del radon nelle zone più sensibili, sempre che questo gas sia idoneo allo scopo?
- E’ vero o non è vero che l’Aquila continuerà per cinque anni ancora a patire un più o meno 
 grave rischio sismico? Le Istituzioni sono adeguatamente informate e preparate a tale
previsione? Gli esperti sono adeguatamente e continuativamente collegati con le autorità
politiche anche in apparente silenzio sismico? Sanno gli esperti d’essere unico ponte tra la
realtà dei luoghi, quindi a protezione dei cittadini, e le decisioni politiche ch’essi dovrebbero
suggerire e controllare?
TERREMOTI
Ines e Serrgio Albergamo intervistati da Gloria Capuano
 - E’ assodato che tutto il mondo siede su una polveriera? Di che si tratta?
 - In realtà, La “vivacità” del pianeta terra comporta, per La vita ospitata, compreso l’ultimo arrivato, l’Uomo, una serie di incognite e di reali problematiche che debbono essere affrontate giorno dopo giorno, a! costo di una serie infinita di adattamenti, attraverso i quali gli esseri viventi hanno cercato di sopravvivere anche nelle condizioni più avverse. La realtà è che la Terra “vive” la propria esistenza nell’ambito di una logica che quasi sempre contrasta violentemente con quella del mondo umano, animale e vegetale. L’Uomo può riuscire, in alcuni casi, a modificare a proprio vantaggio un limitatissimo numero di ambienti: costruire città, ponti, strade e autostrade, porti, dighe gigantesche, perforare montagne con gallerie the possono svilupparsi anche sotto il livello del mare, coltivare spazi immensi, tagliare istmi e creare canali navigabili, volare nello spazio, andare sulla Luna, ecc. ecc., ma non potrà mai interferire nelle dinamiche che governano i comportamenti viscerali del nostro pianeta che, a loro modo, ignorano La presenza dell’umanità e potrebbero spazzarla via in un attimo e per sempre. E se l’Uomo dovesse scomparire, 1e albe, i tramonti, il vento La pioggia, i terremoti, i vulcani continuerebbero ancora nei milioni di anni a caratterizzare La Terra. Dunque La nostra permanenza, e non solo la nostra , è strettamente dipendente da un consenso della Terra, insomma da un consenso geologico, o, in casi rari ma non troppo, anche da un consenso per cosi dire spaziale, ovvero, dall’impatto di asteroidi, comete, meteore, ma questo è un altro argomento.
   - E’ doveroso o sconsigliabile che. la gente, ovunque, ne sia consapevole?
-I1 terremoto è un fenomeno naturale e quindi è doveroso che i cittadini siano preparati all’eventualità che esso possa verificarsi. Purtroppo manca generalmente,” una coscienza scientifica diffusa” e il cittadino impreparato potrebbe non comprendere certi meccanismi. Ad esempio: come far capire che un terremoto (tanto per restare in argomento) si potrà, anzi sicuramente, si ripeterà ancora? La gente dimentica, non ha la capacità di immagazzinare, o meglio di fare tesoro delle esperienze negative del passato e va a insediarsi nei territori che dovrebbero rimanere proprietà dei signori eventi naturali. Certo, è da considerare che non è semplice, per i non addetti ai lavori, entrare in logiche particolari come, ad esempio, avere cognizione degli abissi di tempo che caratterizzano gli eventi e le dinamiche geologiche, e come è altrettanto difficile far capire che un vulcano cosi detto “spento”, in relazione alla propria scala temporale, sta facendo un sonnellino, mentre per noi mortali trascorrono tempi lunghissimi, centinaia, migliaia di anni e nessuno si rende conto, ad esempio, della pericolosità di quel rilievo montuoso, magari un po’ irrequieto, che, di tanto in tanto, fa udire i propri umori con tremolii. mentre le abitazioni continuano a crescere sulle sue pendici. Poi improvvisamente si “sceta“come dicono i napoletani e, in certi casi, si salvi chi pub: Le antiche città di Pompei e di Ercolano ne sono la dimostrazione. Allora, vivere nell’ignoranza? O essere tutti dotti e “dannarsi” ad un minimo segnale, che potrebbe poi non risultare di alcuna pericolosità? I giapponesi, tanto per fare un esempio, sono bene addestrati ad affrontare situazioni d’emergenza come i terremoti (vivono in una terra ingrata e ballerina, un po’ come noi qui in Italia) a continuamente tutti, bimbi e adulti, si allenano in massa durante La simulazione di eventi catastrofici. Chi vive in aree a rischio terremoti, deve imparare a convivere con essi, cioè deve conoscere le migliori difese per ridurre le vittime e i danni e deve essere consapevole che dove si è già verificato un sisma catastrofico in passato è molto probabile che si ripeta in futuro. I tempi geologici non sono quelli della vita umana ed il tempo di ritorno di un terremoto catastrofico, nella medesima zona, potrebbe essere nell’ordine di varie decine, centinaia o anche migliaia di anni.
  -Quale misura protettiva è prioritaria, la piena consapevolezza di cui sopra con le elementari accortezze per non rimanere vittime o la prevenzione a tutto  campo?
  -Ambedue i settori, quello della piena consapevolezza di un possibile evento sismico e le conseguenti elementari difese di protezione personale, nonché La prevenzione, in particolare per quanto riguarda la progettazione di costruzioni antisismiche, il rinforzamento di quelle già esistenti, e il miglioramento del livello di preparazione a gestire un’emergenza sismica, compito degli enti locali, sono ugualmente prioritari. Sono necessari corsi di addestramento affidati alla Protezione Civile del luogo, ente, attualmente, non abbastanza efficiente ad intervenire preventivamente e ogni qualvolta si verifichi una catastrofe. Piena informazione ed esercitazioni a cominciare dagli asili e scuole elementari, affinché ognuno acquisisca la consapevolezza che, nel corso della propria vita, eventi sismici potrebbero verificarsi
  --Qual è  il limite oltre il quale non c‘è consapevolezza che tenga così come gli accorgimenti salvavita imparati? In altre parole è giocoforza informare anche e su 1‘ ineluttabile? O  è verosimilmente praticabile un’evacuazione di massa? Esistono esempi?
  - Le evacuazioni di massa non sempre sono consigliabili, per il semplice fatto che l’evento catastrofico temuto potrebbe annunciarsi, ma non verificarsi o viceversa: non annunciarsi e verificarsi. Che fare? La autorità preposte si trovano “tra 1’ incudine a il martello”; se tacciono e La catastrofe si verifica, oppure se danno l’allarme e non accade nulla, le conseguenze consisterebbero, in ambedue i casi, in spese enormi e probabili vittime per il caos creato dal panico. (Si calcola, ad esempio, che qualora nei paesi intorno al Vesuvio, ove vivono circa 750.000 persone, ci fosse un allarme e un ordine di evacuazione, i morti per La confusione e per gli infarti supererebbero La 100.000 unità).Pertanto ci si trova sempre in un gran dilemma, perché attualmente La previsione di un sisma non è tecnicamente possibile; c’è soltanto da augurarsi che in un prossimo futuro possa diventare una realtà. La sequenza di scosse di bassa magnitudo registrate nell’aquilano non potevano essere considerate elemento precursore di un forte evento.
La popolazione deve conoscere la situazione geologica del territorio e le caratteristiche degli edifici in cui vive e sapere che, con 1'applicazione di determinati criteri antisismici può, generalmente, sentirsi sicura, inoltre, deve essere allenata a un'eventuale evacuazione di massa, come avviene in Giappone e in alcuni centri della California. Anche a Napoli si simulano evacuazioni di massa da rischio vulcanico. 
-Che cosa impedisce l'evacuazione quando non sono in gioco milioni di individui ma un numero di modeste proporzioni?
 
-Spesso le persone rifiutano il consiglio di evacuare per incredulità o attaccamento alle proprie cose. Si può ricorrere all'evacuazione forzata in caso di certezza di un evento grave.
 
-Nel caso abruzzese che cosa è mancato per evitare il tragico bilancio di trecento decessi, uccisi dal sisma o da carenze di altro tipo?
 
- I danni provocati dal sisma abruzzese del 6 aprile 2009 sono il classico esempio della trascuratezza e della superficialità degli Enti locali responsabili della sicurezza civile; Enti ai quali era stata sottoposta, dalla Commissione Grandi Rischi, la mappatura precisa degli interventi agli edifici collocati nell'area a maggior rischio, evidenziando la necessità di verificare le controsoffittature, i camini, i cornicioni, ecc., in condizioni precarie, mappa voluta dal governo, ma disattesa.
 Allarmi erano stati annunciati dai giovani alloggiati alla Casa dello studente, dove si erano verificate anomalie nella struttura, causate da sciami sismici di ridotta entità, anomalie significative riguardo la sicurezza. Purtroppo tutto è stato ignorato dalle competenti Autorità locali, eppure, le cronache storiche testimoniano i vari eventi avvenuti in passato nel territorio, come ad esempio quelli del 1315, 1439, 1456, 1461, 1703 che distrussero o danneggiarono gravemente L'Aquila (da Natura Nascosta, numero 38, 2009 ). Si hanno notizie di terremoti anche dai tempi dell'Impero Romano e del Periodo Repubblicano, nonché di eventi precedenti "scritti" nella morfologia del territorio: faglie, fratture, scalini rocciosi testimoni di rigetti causati da bruschi movimenti della componente litologica. E' da considerare che la città giace su un terreno costituito dall'ex fondo di un lago del Quaternario (inizio era Quaternaria o Neozoica circa 1,8 milioni di anni fa ), quindi su un terreno incoerente, scomponibile da scuotimenti tellurici.
Il terremoto che ha colpito L'Aquila non costituisce una novità e, data la situazione tettonica dell'area, è ragionevole non ignorare l'eventualità di ulteriori eventi sismici.
 
- Si è trattato d’assenza di previsione o di prevenzione o di educazione finalizzata a conoscere e convivere con i terremoti? 0 non piuttosto dell'inesistenza di un oculato e categorico rifiuto di licenze di costruzione senza caratteristiche progettuali antisismiche?
- Il Consiglio Nazionale delle Ricerche, con il “Progetto finalizzato Geodinamica" ha provveduto a classificare il territorio nazionale sulla base dei dati sismici disponibili in letteratura e delle caratteristiche geologiche rilevate e ha evidenziato le aree dove “per legge” debbono essere presi provvedimenti contro gli effetti dei terremoti, non sempre osservati. Attualmente non è possibile la previsione e l’unica prevenzione consiste nel progettare edifici antisismici al fine di evitare catastrofi. Le licenze di costruzione e il controllo sui materiali e le tecniche sono compito e responsabilità degli Enti locali.
- O è da imputare alla trascuratezza e/o all'incompetenza una inadeguata valutazione de terremoto già in corso, visto che alla gente sono giunti contrastanti inviti, dall' “abbandonare le abitazioni al “non uscire di casa”?
- Quando si verificano i cosi detti sciami sismici di lunga durata, generalmente si suppone trattarsi di fenomeno che facilita lo “scarico” di energia accumulata nel tempo nella compagine rocciosa. Il tremolio, quasi continuo, di solito assume il significato di dissipazione dell’energia. Nessuno, nel caso specifico della zona aquilana, poteva sospettare un’improvvisa accelerazione, come purtroppo è avvenuto.    L’ostacolo che impediva un tranquillo scorrimento delle due parti rocciose interessate, ha posto resistenza per un certo periodo di tempo, poi l’improvviso cedimento ha provocato il sisma catastrofico del 6 aprile 2009,i cui effetti sono stati percepiti per un ampio raggio, Roma compresa. Numerosi terremoti, che in passato hanno recato gravi danni a questa città, sono da imputare anche a sollecitazioni telluriche provenienti dal territorio aquilano (da: Storia archeologica e sismologia 1989, INGV).   Per ridurre al minimo i danni ed evitare vittime occorrono, come già detto, costruzioni antisismiche e addestrare la popolazione a difendersi dagli effetti del terremoto.   Per quanto riguarda restare nella propria abitazione o abbandonarla in fretta, è da considerare che, se si abita in condomini a più livelli, dove le uniche vie di fuga sono le scale o gli ascensori, queste sono le prime due strutture a cedere e crollare, quindi è bene trovare rifugio sotto i tavoli, i letti o al riparo dalla caduta degli oggetti, restare in piedi sotto gli archi delle porte, gli architravi, vicino ai muri maestri o negli angoli delle stanze, perché nel caso di crollo dei pavimenti, gli angoli solitamente, rimangono quali anguste mensole sospese. Fuggire poi immediatamente nel momento di pausa e raggiungere un’area aperta, uno spazio dove difendersi dalla caduta di vasi di fiori, tegole, calcinacci, cavi elettrici, ecc.. E’ più facile cercare la sicurezza per chi abita in piccole strutture.
  -Ma se è vero che tutto il mondo vive su una polveriera non da oggi, almeno nei Paesi più avanzati, non dovrebbero già essere in atto comuni misure di prevenzione?
  -Il modello della tettonica a zolle ci dimostra che i terremoti si addensano lungo aree preferenziali, che sono quelle in cui le zolle interferiscono tra loro.   Le aree delta terra maggiormente a rischio sono la così detta “Cintura di fuoco” nell’Oceano Pacifico; altre zone di estrema instabilità sono la California, il Giappone, la fascia Pirenei, Alpi, Dinaridi, Grecia, Turchia, ecc.. L’Italia, tranne la Sardegna, è una di queste zone.   Esistono normative per rendere minimi gli effetti di un evento sismico sulle persone e sulle costruzioni, ma non sempre vengono applicate, perché, in genere, la società dimentica il vissuto o l’informazione e si agita e si prodiga solo nel momento di crisi.
  - Che cosa é che manca, la giusta informazione dei politici e/o la loro sensibilità?, l‘inadeguatezza economica dei cittadini e/o dei governi?
- La ricerca che ha come obiettivo la difesa dai terremoti è in continua evoluzione ed è basata su uno studio che evidenzi la relazione dei medesimi e le strutture geologiche e la relativa ingegneria antisismica.   Purtroppo la spesso lamentata situazione economica dei governi regionali, provinciali e comunali e quella del singoli cittadini non permettono un'efficace applicazione della legge circa le costruzioni antisismiche. E’ da considerare che spesso le lamentate scarse finanze sono da imputare soltanto alle scelte non prioritarie dei responsabili. E per ricordare uno del tanti casi eclatanti finanziati con denaro pubblico è il corso preparatorio per partecipare alla scelta televisiva per il ruolo di veline, invece che alla raccolta dei rifiuti e alla generate igiene della città, ecc..
  - O piuttosto quali drastiche iniziative e regole sono da adottare contro i soliti interessi speculativi che mirano a maggiori guadagni con il minor costo, fatto ancora più grave quando interessano edifici di pubblica utilità (scuole, ospedali, o, come è accaduto nel capoluogo Abruzzese, alloggi per studenti!)
  - Le aree ritenute maggiormente esposte a rischio terremoti, ripeto, sono soggette, per legge, a costruzioni antisismiche. Purtroppo, spesso mancano i controlli delle Autorità locali preposte. In particolare mancano i controlli sugli appalti per gli edifici pubblici, dove può concentrarsi la maggiore speculazione.   Oggi, sia la maggior parte del cittadini, dei media e dei politici sono coinvolti da ben altri argomenti, e alcuni di totale banalità, di cui ne è esempio eclatante il “Grande Fratello,” tanto osannato, ma cosi lontano da un progresso culturale.
- E' o non è vero che in Europa l’Italia é il territorio più esposto al rischio sismico? E’ opportuno, o non, diffondere questo spiacevole primato (ne soffrirebbe il turismo o che altro ancora?, e sarebbero comunque remore accettabili?).
- Il terremoto viene classificato in base all’energia rilasciata e alla relativa struttura geologica del territorio in cui si verifica, quindi può accadere che la massima magnitudo storicamente registrata provochi catastrofe in un’area e danni minori in un'altra. E’ anche da considerare che una sequenza di scosse di bassa magnitudo, come verificatosi per vari mesi nell’aquilano, non può essere ritenuta precursore di un forte evento.   In Europa, l’Italia è il territorio a maggior rischio sismico e gli abitanti devono esserne informati, perché comprendano la necessità di costruire i nuovi edifici e rafforzare quelli vecchi in modo da poter resistere a ogni calamità, come stabilisce la legge. La Protezione Civile locale deve organizzare corsi di addestramento, come si sta già realizzando molto bene nell’area vesuviana (il vulcano più pericoloso del mondo, causa le scellerate costruzioni sulle sue pendici, con una densità di popolazione di circa 750.000 persone). Insediamenti a rischio sono anche quelli costruiti sui greti dei fiumi e dei torrenti perché, in occasione di nubifragi, le acque possono facilmente trasformarsi in micidiali assassine.   Questo quadro geologico non nuoce minimamente al turismo, il cui richiamo é dovuto proprio a quelle straordinarie bellezze, a quei paesaggi incantevoli (Catena Alpina, Appenninica, isole) create dalle dinamiche tettoniche sopra citate e che comportano, purtroppo, fasi telluriche.
- E' vero o non é vero che i terremoti non sono prevedibili? Non sarebbe utile un sistematico rilevamento del radon nelle zone più sensibili, sempre che questo gas sia idoneo allo scopo?
- Come già. detto, in Italia si è provveduto a classificare il territorio sulla base dei dati sismici conosciuti, e delle caratteristiche geologiche. La previsione basata sull’osservazione di vari fattori poco scientifici (orientativi, ma molto poco affidabili), quali leggere scosse sismiche, variazione della conduzione elettrica e del magnetismo delle rocce, variazione dei flussi di sorgenti sotterranee, variazioni di temperatura non stagionali, rilevamento del Radon, un gas da lungo tempo studiato senza giungere a soluzioni utili., tutti elementi che, comunque, non offrono una corretta previsione del luogo preciso e della forza che potrebbe avere 1'eventuale terremoto. E’ da dire che la previsione non è un’alternativa alla prevenzione, ma ambedue potrebbero costituire una buona difesa. Con un valido servizio della Protezione Civile locale, oggi è possibile non determinare la fuga dalle città, ma mettere in stato di preallarme impianti industriali chimici, centrali elettriche, grandi dighe, grossi viadotti, strutture tecnologicamente avanzate, ma che possono essere considerate, sotto l’azione sismica, più pericolose delle centrali nucleari stesse, ecc., e in particolare, mettere in preallarme le Autorità responsabili della protezione civile locale.   Attualmente, non è possibile prevedere il terremoto, ma su base nazionale e internazionale si sta conducendo una efficace organizzazione di ricerca, che si spera possa dare presto certezze al riguardo. E’ crescente l’interesse dell’osservazione dei precursori sismici attraverso i satelliti, un settore in partenza, in cui ha già investito la Francia e vi si sta avviando anche la Cina. Si ê ancora in fase esplorativa, ma considerato l’alto rischio a cui siamo tutti soggetti, non si deve lasciare nulla di intentato.   E’ stata elaborata dal Centro EISMIC una mappa di vulnerabilità, suddivisa, per classi di rischio con una risoluzione a scala comunale, riferita alla Campania, ma poi allargata a tutto il territorio italiano. La mappa riguarda soltanto la previsione dell’eventuale danno potenziale.
- E’ vero o non è vero che L'Aquila continuerà per cinque anni ancora a patire un pù o meno rischio sismico? Le Istituzioni sono adeguatamente informate e preparate a tale previsione? Gli esperti sono adeguatamente e continuamente collegati con le autorità politiche anche in apparente silenzio sismico? Sanno gli esperti di essere unico ponte tra la realtà del luoghi, quindi a protezione dei cittadini, e 1e decisioni politiche che essi dovrebbero seguire e controllare?
- L’Aquila non continuerà per cinque anni a subire rischi sismici, ma li subirà per millenni, con pause più o meno lunghe: di decine, centinaia o anche migliaia di anni. Fenomenologia da non assimilare alle cosi dette “ repliche di assestamento “, ma ai tempi geologici necessari al rilascio dell’energia, che si va accumulando lungo piani di frattura sui quali le masse rocciose si spostano lentamente. Generalmente i forti terremoti in Abruzzo hanno periodi di ritorno molto lunghi e molte sequenze, in tempi recenti, non si sono risolte in eventi disastrosi ,e non possono essere considerate fenomeni precursori.   In genere, più tempo passa dalla fine di un grande rilascio di energia e dallo sciane sismico conseguente, come avvenuto il 6 aprile 2009 nell’area aquilana, più si accumula nuovamente energia nel segmento di faglia che ha generate l’evento catastrofico e più aumenta la probabilità di un altro sisma di elevata magnitudo. Il tutto si collega ai movimenti tettonici che hanno date origine alla Catena Appenninica, ancora oggi in fase di elevazione e di convergenza Est. E’ stato rilevato che a un terremoto catastrofico, generalmente, ne seguono altri, in un arco di tempo abbastanza breve, su altri vari segmenti delta stessa faglia. Tecnicamente si parla di “apparente silenzio sismico “, perché in realtà, a livello strumentale, non esiste pausa. La Terra trema più o meno intensamente perché è un pianeta che vive, diversamente sarebbe un pianeta così detto “morto”. In Italia esistono diverse stazioni di rilevamento sismico locali, gestite da Enti pubblici o Università, a fini prevalentemente scientifici. La rete sismica nazionale è gestita dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e copre, con numerose stazioni di rilevamento, tutto ii territorio nazionale, stazioni che sono tutte collegate, via cavo telefonico o via radio con il centro di registrazione nella sede dell’Istituto. Qui, il sisma viene localizzato geograficamente, viene determinata la magnitudo, e la profondità locale (epicentro) e immediatamente vengono allertate tutte le autorità preposte alla sicurezza civile. Il terremoto, prima o poi ritorna, quindi tutti devono avere conoscenza di questo fenomeno naturale, in particolare coloro che vivono in aree sismiche. Le Istituzioni pubbliche locali devono essere in grado di gestire le emergenze, avere personale qualificato, mezzi per un lavoro preventivo e di intervento qualora se ne verifichi la necessità.
10/01/2010
GEOLOGIA DELL’APPENNINO
 
PREMESSA
La geologia dell'Italia si inserisce nel quadro geodinamico della geologia del Mediterraneo. La catena appenninica è costituita dalla sovrapposizione di un certo numero di unita tettoniche ognuna delle quali ha caratteristiche stratigrafiche diverse.   .   I principali problemi della geologia italiana sono proprio quelli che riguardano i rapporti stratigrafici originari di queste unità tettoniche. La definizione dell’attuale posizione geometrica e la ricostruzione dei meccanismi della tettonizzazione rappresentano i principali obbiettivi della Geologia dell'Appennino. La paleogeografia italiana si basava principalmente sulle poche successioni autoctone. I modelli strutturali che verranno proposti non permettono più di mantenere questo postulato. Le nuove teorie hanno già dato luogo, per ciò che concerne l’area mediterranea, a diverse interessanti applicazioni, anche se devono essere rivisti e modificati man mano che le discussioni si amplieranno con nuova documentazione. Si ritiene che l'area subalpina sia stratigraficamente e strutturalmente legata, da un lato al sistema appenninico e dall’altra al sistema dinarico. Il nostro punto di partenza, per decifrare la “storia” geologica dell’Italia, vista anche in un contesto di ricostruzione paleogeografica, è di ritenere come certo che "l'edificio" alpino appartiene alla geologia del continente europeo mentre quello appenninico al supercontinente africano. Una più ampia visione sarà data sulla evoluzione dei bacini sedimentari appenninici legata all’orogenesi appennina; verranno inoltre fornite informazioni riguardanti i bacini sedimentari post- o tardogenetici, il tutto documentato da approcci diretti condotti in anni di ricerche. Saranno trattate tematiche riguardanti i depositi clastici, torbiditici intercalati in formazioni a sedimentazione emipelagica. Essendo la geologia dell’Appennino alquanto complessa e di difficile interpretazione si da per scontata una minima preparazione di base da parte del lettore.
Ines e Sergio Albergarno
 
CENTRO STUDI SCIENZE NATURALI E SPELEOLOGICHE - Roma
Geologia dell’Appennino
Allo scopo di interpretare la “storia” geologica dell’Appennino cerchiamo di proiettare i vari settori in un diverso assetto da quello attuale, cercando di ricostruire la situazione precedente all’orogenesi della catena appenninica e di “costruire” una zonazione dei bacini sedimentari nella loro globalità. La geologia dell'Italia appare complicata dal suo stesso coinvolgimento con mondi diversi: Africa, Europa, Atlantico, Egeo, ecc., oltre che a tutte le dinamiche relative che si sono succedute net tempo. La penisola italiana è stata al centro o teatro di aperture, chiusura, collisioni, rotazione ed oceanizzazione; è una terra che mostra catene montuose a vergenza europea e altre a vergenza africana, con aree di avampaese sia europeo sia africano; il tutto deformato in una serie di incastri multipli, a incerti sovrascorrimenti che lasciano largo spazio ad una continua revisione delle molteplici interpretazioni fino ad ora formulate dagli studiosi. In queste condizioni le divergenze tra i vari ricercatori e le varie scuole di pensiero sono purtroppo inevitabili e trovano ovvie giustificazioni nelle particolari condizioni già accennate. Nonostante ciò, dopo più di mezzo secolo di accesi scontri e dibattiti le teorie sulla Geologia del dominio Mediterraneo e dell’Italia in particolare tendono a orientarsi verso una omogenea uniformazione.   .  Già D’Agand intuì una sospetta collisione tra il supercontinente africano e il continente eurasiatico a discapito del vasto oceano della Tetide che un tempo, circa 200 Ml di anni fa, separava le due masse continentali. In pratica, applicando la tettonica a placche al sistema Alpi-Appennino se ne deduce che l'Africa e l’Europa hanno conosciuto una fase di separazione protrattasi approssimativamente dal Trias Superiore, circa 200 Ml di anni fa, al Cretaceo Inferiore, circa 136 Ml di anni fa, come del resto testimonia la successione ofiolitica di mare profondo con frammenti di crosta oceanica che altro non è che la testimonianza dell’espansione dell’oceano della Tetide fra i due blocchi continentali sopra menzionati.    . In seguito i due continenti si sono avvicinati abbastanza violentemente (si calcola una velocità di circa 10 cm l’anno) a iniziare dal Cretaceo Sup.(circa 45 Ml di anni fa) e da questa collisione si sono formate le Alpi, il sistema Appennino-Dinarico e quindi la penisola italiana nonostante le molteplici complicazioni che vedremo più avanti.
Problemi e metodi di studio
1- Anche se sembra un po' conforme ai modelli preposti, la teoria della tettonica a placche appare inapplicabile e si ha l’impressione che tante delle problematiche inerenti all’interpretazione evolutiva dell’Appennino siano ancora lungi dall'essere risolti; fra questi:
2- La storia del mare Tirreno che è considerato un’area di recente sprofondamento con meccanismi di processo di oceanizzazione ancora non del tutto chiari.
3- Il significato dei frammenti di Alpi incastrati nel distretto appenninico dell’arco Calabro-Peloritano.
4- La deriva del massiccio Corso- Sardo (che sarebbe un frammento di crosta europea e va considerato come un’area stabile dal Neogene - circa 7 Ml di anni fa - in poi) in senso antiorario, estesa successivamente al resto delta penisola italica.
5- Il limite geologico Alpi-Appennino.
6- Il problema della situazione della Toscana.
7- Il significato genetico delle “Unità Liguri”.
8- La crisi di salinità del bacino Mediterraneo.
9- Il contatto Appennino-Dinaridi sommerso dal bacino Adriatico poco profondo.
Dati nuovi:
I movimenti reciproci Africa-Europa sembrano principalmente condizionati da un processo di apertura dell’Atlantico e rendono dunque comprensibili movimenti in direzione E-O e non soltanto in direzione N-S. . I dati delle ricerche oceanografiche eseguite nel mare Tirreno su sedimenti Plio-Pleistocenici e sulle unità alpine della Calabria, impongono la questione della probabile presenza di un prolungamento delta catena alpina nel mare Tirreno ad est del massiccio Corso-Sardo sommersa sotto la catena appenninica e riemersa in Calabria. .   Altra ipotesi è quella della presenza di una doppia catena alpina tirreniana, dove i due "bracci" si salderebbero all’altezza dell'isola d’EIba e della Corsica.   . Il modello della Tettonica a Placche non fornisce una spiegazione plausibile inerente ai processi di subduzione e la dispersione di enormi quantità di crosta che è stata sottoposta al processo cinematico, nel corso dell’eliminazione di aree oceaniche interposte entro gli antichi margini continentali. Più plausibili sono i "giochi" geodinamici di subduzione di crosta continentale per spiegare gli avvenimenti tettonici posteriori alla chiusura dell’oceano della Tetide. . Ancor più complicato il meccanismo delle microplacche con “comportamento” semidipendente in una logica dove i movimenti sono fortemente canalizzati e di direzione variabile.
Altri problemi riguardanti:
il subalpino che comprende le Dolomiti, le Prealpi lombardo-venete poste a S. della linea insubrica (cicatrice chiara ed evidente ma di interpretazione cosi oscura) a vergenza meridionale; l’Appennino che mostra una vergenza generalizzata E. o N.E. verso un avampaese africano;    le unità liguri interne mostrano una vergenza europea contraria a quella appenninica.
 In sintesi:  
Per poter decifrare la geologia italiana è necessario realizzare della carte palinspastiche che permettano di collocare correttamente le unità strutturali comprese tra Africa ed Europa stabile.
 
Considerazioni cinematiche dell’area mediterranea
L’evoluzione del Mediterraneo sarebbe il risultato di dinamiche prevalentemente tangenziali nel settore occidentale, convergenti nel settore orientale e complessi nel settore centrale. Si ipotizza, dall’analisi di movimenti assoluti e i loro componenti vettoriali:
1 — L’apertura dell'Oceano della Tetide occidentale non sarebbe causata dall’apertura dell’Atlantico ma da movimenti rotazionali con differente polo di rotazione della placca africana ed europea;
2 — La formazione di crosta oceanica nel settore occidentale dell’area tetidea e nell'area ionica sarebbe legata non tanto all’instaurarsi di una “cella” convettiva S.S., ma ad assottigliamento, ”rifting e stretching” con risalita della astenosfera che avrebbe provocato “passivamente” la formazione di crosta oceanica;
3 — La convergenza tra placca europea ed africana, tra 80 a 35 Ml di anni fa, sarebbe legata alla differenza di velocità: la placca africana avrebbe avuto una velocità assoluta maggiore rispetto alla velocità della placca europea;
4 — Vi è analogia tra le polarità delle deformazioni neogeniche ed il verso dei movimenti assoluti: infatti le deformazioni migrano dal Bacino provenzale al Tirreno, al fronte appenninico con età via via più recente;
5 — Nell'Appennino settentrionale la migrazione sarebbe avvenuta nel Miocene Sup.(dai 26 ai 7 Ml di anni fa) al Pliocene Sup. (circa 7 Ml di anni fa) nel settore occidentale e dal Miocene Sup.(circa 7 Ml di anni fa) al Pliocene-Quatemario (dai 3 ai 1,8 Ml di anni fa) in quello orientale. Inoltre la polarità delle deformazioni è da N. a S. nel settore alpino e da S. verso N. nel settore appenninico. Nella zona di contatto tra strutture subalpine e appenniniche (area della Val Padana centrale) il fronte di deformazione nel Miocene medio sup. migra da N. verso S. modificando la simmetria del bacino.
Unità stratigrafico-strutturale dell’Appennino
1- Appennino settentrionale   .   . .   Nel senso strettamente geografico l’A.S. è la catena montuosa che divide il versante padano da quello toscano; in senso geologico è certamente molto più vasto, comprendendo la Toscana, l’Umbria, le Marche ed il Lazio settentrionale.   .   Si devono considerare parte dell’A.S. anche le pieghe pedeappenniniche sepolte sotto i depositi alluvionali della Pianura Padana meridionale e una fascia di mare Adriatico presumibilmente larga circa 20 - 30 Km al largo della costa marchigiana, nonché una porzione non ben determinata del Tirreno settentrionale oltre a quello che comprende l’isola d’Elba.   .   Si deve considerare come facente parte dell’apparato settentrionale anche il dominio subalpino di vergenza N. S. e di età Neogenica.
2 - Appennino centrale
In senso geologico comprende solo una parte dell’area laziale e dell'Abruzzo. Il limite con l’ A.S. molto netto ad occidente è invece puramente convenzionale a S. E. (Valle del Garigliano). Ad occidente coincide con un passaggio di facies e ad una linea corrispondente al sovrascorrimento del Gran Sasso e a E. lungo il margine dei rilievi della Maiella e della Marsica.
Le formazioni affioranti dell’A.C. possono essere riferite nella maggior parte delle regioni ad una sola successione: quella laziale - abruzzese.
3 - Appennino meridionale:
Inteso come il tratto della catena appenninica che attraversa la Campania, la Lucania e la Calabria, dalla valle del Garigliano allo stretto di Messina, potrebbe essere suddiviso in più province geologiche. Può essere considerato come una grande unità stratigrafico strutturale di enorme complessità.   Nelle strutture affiorano diverse successioni stratigrafiche: quella calcareo silicea che affiora in Lucania è molto simile a quella siciliana; quella carbonatica che costituisce “l’ossatura” morfologica del crinale appenninico dalla Campania alla Calabria settentrionale, è in sostanza identica alla successione laziale-abruzzese e piuttosto analoga alla successione del monti di Palermo; le successioni del Cilento e delle “Argille varicolori” caratterizzate dal flysch di età Mesozoica-Paleogenica (da circa 190-95 a 65 Ml di anni fa ) e dai loro complessi basali, sono simili alle successioni liguri - emiliane dell’A.S. e alla successione delle “Argille variegate” della Sicilia. Le successioni calabresi, caratterizzate da terreni cristallini con limitati residui di copertura sedimentaria Mesozoico-Paleogenica, identiche alle successioni del Monti Peloritani.   . . La situazione della successione post-orogenica Neogenica è sostanzialmente simile a quella sviluppata net resto d'ltalia; l’A.M. è dunque la regione d’Italia dove è più completamente rappresentata la complessità stratigrafico-strutturale dell’Appennino.   . Esternamente “all’edificio montuoso” si estende l’avampaese apulo-garganico quasi indisturbato dalla tettogenesi.
La Puglia:
La regione pugliese costituita dagli affioramenti mesozoici del Gargano, delle Murge, del Salento e dalla adiacente fascia di affioramenti dei depositi Plio-Pleistocenici che segna il margine esterno della avanfossa pedeappenninica, rappresenta una unità geografico geologica ben definita.
L’Appennino dal punto di vista geografico è un sistema catene, massicci, altipiani, esteso per circa 1500 Km tra il passo di Cadibona, confine convenzionale con le Alpi e l’estremità occidentale della Sicilia, questa dorsale costituisce la “spina dorsale” della penisola italiana. Larga circa 35—50 Km in corrispondenza dell’arco ligure si allarga di 70 - 80 Km nella sezione settentrionale fino a raggiungere una ampiezza di 100— 140 Km in quella centrale e meridionale, per poi restringersi di nuovo nell’arco calabro. Le quote maggiori non raggiungono mai i 3000 m s.l.m. e si incontrano soltanto net settore centrale.
Dal punto di vista geologico:
La formazione dell’Appennino può essere fatta risalire all’età Terziaria (circa 37 —40 Ml di anni fa) quando in corrispondenza di spinte tangenziali dovute all’avvicinamento delle zolle africana, spagnola, dinarica e nordica il dinamismo endogeno, già manifestatosi durante il Mesozoico, riprese attivamente la sua azione orogenetica (corrugamenti, estese fratturazionie sollevamenti de crosta terrestre), sicché Ia regione peninsulare, come pure Ia Sicilia, andò gradatamente allargandosi ed evolvendosi, tendendo versa Ia forma attuate. NeI Pliocene, il litorate adriatico penetrava da 10 a 30 Km nell’entroterra, emergeva allora insularmente qualche regione oggi subappenninica, del bolognese e del pescarese, il rilievo anconetano, il massiccio calcareo del Gargano e Ia Puglia in generale, che si presentava come una serie di numerose isolette irregolarmente frastagliate. Infine con i grandiosi sommovimenti orogenetici dell’era Quaternaria la regione italica assume definitivamente la forma e il rilievo attuale.
Infatti mentre il grande golfo padano andò rapidamente restringendosi, arretrando verso oriente, le grandi conche lacustri colmatesi lentamente causa materiali alluvionali o svuotatesi gradualmente dalle invadenze idriche causa le incisioni dei propri emissari, diedero origine alle regioni pianeggianti che si aprono tra le montuositá appenniniche (Cratere di Benevento - Campania, Piana del Fucino - Abruzzo, Bacino Tiberino e Bacino di Gubbio - Umbria, Bacino dell’Amo -Toscana e tanti altri minori).
Spessore de crosta continentale
Nella fascia tirrenica Ia crosta continentale raggiunge spessori di circa 20 Km. Tale potenza raggiunge valori quasi raddoppiati sulla cresta delta catena appenninica per poi tornare a valori intorno ai 30 Km di spessore nell’area adriatica; nell’Appennino l’attività sismica è legata a delle compressioni ancora in atto nella zone padana sepolta, ed è verificato che la sua intensità e direttamente proporzionale allo spessore della crosta.
(Segue immagine della penisola italiana da satellite.)
 
 
Questo sembra tu sia e potresti essere, dopo il terremoto.
(Gloria Capuano)
L’intervista ai coniugi Albergamo è conclusa. Ora chiunque suppongo dovrebbe sentirsi chiamato a fare i conti con se stesso. A prima vista pare che nessuno possa oramai permettersi d’ignorare dicendo “terremoti” di che cosa si tratti. Ma non è tutto qui. Dopo questo primo livello di consapevolezza ne troviamo un altro più intrigante. Quasi che mentalmente penetrando, perché freschi di sisma, nelle viscere della terra ci si sentisse trascinati nel suo ubi consistam, di essenza che appare terribilmente più pregnante e chissà come – fantastichiamo - “motivata”, tanto per usare un linguaggio umano.
Questa specie di miniprologo con l’accenno ad un secondo livello di conoscenza ci appare ora più significativo, perché questa volta si spinge in senso inverso, proprio ai fini della nostra ragione di essere.
Ma andiamo per gradi. I ricercatori Albergamo hanno ritenuto irrinunciabile inviarmi una estrema sintesi della situazione geologica dell’Appennino –“indispensabile per capire”- dando per scontato un minimo di preparazione almeno quanto al lessico peculiare a questa disciplina.
Mi viene da sorridere a tale ottimistica presunzione. Io per prima, suppongo come la maggioranza dei miei connazionali, dovrei armarmi di un buon vocabolario specialistico per riuscire a capirci alcunché.. Infatti, scorse immediatamente, spinta non dalla fretta ma dalla sete di sapere, quelle micidiali “paginette”di sintesi ne sono uscita sconfitta, anche se con il proposito di tornare a rileggerle con più calma. Pur sapendo che a nulla gioverà.
Ma il punto è ancora un altro. Il punto è che durante questa impari lettura, stranamente – vista la mia stessa ammissione di non aver potuto capire neppure il minimo dell’indispensabile - dopo, ma forse è più esatto dire già durante la lettura di quelle pagine sono stata investita da uno squarcio di luce accecante sul tipo di quel che accadde sulla via di Damasco all’ebreo Paolo.. Del tutto estraniata dalle abituali vane parole, nel totale mutismo d’ ogni razionalità e sensorialità mi sono colta nell’atto di entrare fisicamente nelle viscere della mia terra. Ed è da lì, nel guardare alla superficie che alacremente calpestiamo giorno per giorno, si è svelata l’inequivocabile misera visione di quel che noi umanità in realtà siamo. Non protagonisti, forse transitorie irrilevanti presenze nella storia dell’Universo, di certo presuntuosi cerebrali elaboratori del mistero nel quale siamo immersi.
Qualcuno dirà di certo: la scrivente ha fatto la scoperta dell’America, lo sappiamo bene che non siamo che polvere e che polvere finiremo, tutto ce lo fa credere, oltre le religioni e le tante diverse acquisizioni dell’intelligenza umana. ( E qui non adombriamo neppure il dato che più di una religione ci offre la previsione di certezza di un aldilà che ci attende).
Cerco di spiegarmi. A quanti di noi hanno dunque ben presente questa nostra caducità dico che siamo nel novero di quel nozionismo cui siamo adusi quale frutto di una operazione per lo più intellettuale, quando non viceversa trascendentale specie se proiettata nell’ambito religioso. Ebbene quanto a me è apparso come una folgorazione non atteneva per nulla a una “scoperta” propria dell’intelligenza, ma a qualche cosa di differente che non saprei in altro modo indicare se non a un tipo di simbiosi tra l’immaginifico e quella forma secondo me superiore dell’intelletto comunemente detta intuito. Sempre non potendo altro usare che il nostro povero linguaggio di uomini. Aggiungo quindi la riflessione più importante e cioè che una cosa è sapere, avere cioè nozioni acquisite a livello mentale, e altro è sentirsene compenetrati fino a fondersi in esse.
Tutto questo ho sentito il bisogno di spiegarlo per poter raccontare più agevolmente a quale conseguenza io sia stata poi condotta, più esattamente portata.
Per cominciare mi sono confermata sulla mia convinzione che l’uomo risponderebbe a una etologia senza vie di scampo come qualsiasi altra specie vivente ma a un altro livello di potenzialità, e che tutto il suo agitarsi, combattersi, mitizzarsi e esaltarsi vuoi con l’effimero o vuoi con l’arte, o ancora con il cosiddetto progresso - in buona parte frutto del continuo (apparente) divenire della tecnologia - è in realtà statico e nella sua sconfinata vanità anche ridicolo.
Ma allora, si dirà, il libero arbitrio individuale o di Specie nel quale lei vorrebbe credere, sono pura millanteria o mera speranza?, e l’evoluzionismo e il creazionismo, tra l’altro anche non necessariamente in contrasto, inutili virtuosismi della cosiddetta cultura?
Io non sento la necessità di concludere epidermicamente con questo catastrofismo totale, penso di voler piuttosto dire che solo guardando entrando comprendendo e compenetrandosi nella vitalità del nostro pianeta (e non solo) potremmo capire che probabilmente non ci si può più limitare a bussare alla porta dei filosofi o dei teologi o di  tutti gli insegnamenti specialistici che ci circondano per cercare di capire chi siamo e che cosa potrebbe essere in nostra facoltà fare.
Tradotta in un progetto concreto questa specie di promozione dell’intendere, l’evento così traumatizzante e illuminante scaturito durante la contemplazione di quelle innocenti pagine dovrebbe condurci a valutare e a decidere di eliminare tutto ciò che non ci aiuta a percorrere la vera strada dell’evoluzione a noi accessibile. Intendo dire che dovremmo usare in altro modo i nostri migliori attributi e utilizzare il lasso di tempo di vita concessaci, al di sopra, molto al disopra della summenzionata etologia. Perché è nelle nostre possibilità, oltre che per essere coerenti prosaicamente con la stessa idea di evoluzione che tanto coltiviamo. Prosaicamente perché non credo che questa evoluzione possa essere dimostrata dal fatto che in giorni per noi lontani noi camminassimo a…quattro zampe. Infatti nulla della nostra storia ha infatti testimoniato che l’evolversi somatico sia stato accompagnato da una equivalente evoluzione del comportamento individuale e di quello di massa, essendo per me il comportamento l’unico valore che può fregiarsi di un vero significato culturale. Ecco che l’inutilità del massiccio abuso di violenza costantemente esibito dall’uomo appare inequivocabilmente del tutto demotivato e stratosfericamente insignificante. Dunque inutile. Tuttavia e per fortuna neppure mi è consentito negare che in stridente contrasto con la suddetta alacrità autodistruttiva osserviamo una sempre crescente esigenza di signoria su qualsiasi altro valore, dei tanto menzionati diritti umani, a tutt’oggi, complessivamente, pura chimera. E ciò induce alla speranza.
Ebbene la nostra collocazione esteriore rispetto l’essenza dominatrice - per cominciare - del nostro pianeta - quasi noi fossimo dei saprofiti che sfruttano la tolleranza di superiori “intelligenze”- dovrebbe ridimensionarci e spronarci a fare della nostra esistenza a compensazione della nostra stessa gratuità, un capolavoro un cesello di armonia. Mi affascina l’idea che ciò potrebbe entrare nelle nostre facoltà e lo credo possibile e lo sento pregnatamente motivato. Non certo come sfida al nostro stesso pianeta, ma come accattivante reazione ripeto alla nostra stessa caducità. Lo strumento è quello di un diverso uso dell’intelligenza e del suo dovere di venire a patti con tante altre nostre non sfruttate potenzialità.
Non credo infatti sia stato il caso a calare in noi l’immediatezza dell’intuito che se coltivato può condurre disciplinare e ridimensionare la superba presunzione dell’intelligenza, e neppure che sia stato il caso a dotarci di quella sconfinata potenzialità affettiva che è relegata negata e misconosciuta in troppi di noi. Se tutto questo è o almeno possa essere verosimile, non potrà non avere un’origine, una ragione.o ancora di più una finalità cui noi umani potremmo ambire e per la quale lavorare. Sono tanti i segnali, i fermenti che la nostra società esprime, ancora alquanto caoticamente, e che altro non attendono se non un totale riscatto dalle cattive tradizioni e dalle nefaste dipendenze. Per tutte queste esperienze credo proprio che non sia da considerarsi improbabile, o utopistico, se seguendo questa ispirazione, una volta eliminata la violenza dalla superficie terrestre - ripeto tipica della nostra etologia tutt’altro che evoluta - perché finalmente da noi identificata nella sua totale sterilità non solo etica ma fisica, non ci giunga proprio dalle viscere del pianeta che ci ospita un inedito miracolistico consenso e suggerimento.
Ecco che imparando a convivere con la prorompente vitalità della nostra giovane terra e di nostri particolari territori è probabile che i valori dei quali sentiamo tanto parlare, a noi si riveleranno gradualmente a un livello di una verità fino ad oggi inaccessibile e secondo parametri del tutto diversi da quelli cui siamo stati tenuti ad attenerci o che abbiamo ora a torto ora a ragione a volte combattuto. Dobbiamo quindi uscire dai nostri limiti e strappare dalla nostra coscienza, nella concreta quotidianità, ogni automatismo competitivo, ogni ragione di scontro frontale. Ecco dunque riapparire il libero arbitrio, perché starà a noi di scegliere l’abbandono del branco tradizionale per una convivenza fortemente collaborativa allo scopo di trasformare il breve transito del nostro esistere, in una grande felice – anche se miniaturizzata - composizione di civiltà.
Mentre il cuore della terra continuerà ad ardere ancora, mi piace supporlo, anche per tutti noi.
Roma 9/ 1/ 2010.


Luned́ 18 Gennaio,2010 Ore: 13:46
 
 
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Dalla parte dei terremotati dell'Abruzzo

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