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www.ildialogo.org Visita a L’Aquila,di Diletta Bistondi (Sesto Fiorentino)

Visita a L’Aquila

di Diletta Bistondi (Sesto Fiorentino)

“L’Aquila è stata distrutta ma non riuscirete a distruggere anche i nostri cuori!”


Mercoledì 10 giugno mi chiama il professore di Geofisica e mi dice: “Diletta, chiama i tuoi compagni di corso perché domani vi porto a L’Aquila!”.
Non mi sembrava vero, era circa un mese che ce lo prometteva e oramai non ci speravamo più. Così il pomeriggio di giovedì siamo partiti in 6: 5 studenti e il professore, tutti in una Multipla con direzione Abruzzo.
Ci abbiamo messo circa 5 ore passando dall’Umbria, un viaggio lungo ma reso piacevole dallo stupendo panorama di colline e monti verdi e da una giornata veramente senza una nuvola. Avvicinandoci all’agognata città, il nostro sguardo è stato rapito da una scritta strana su una collina, una scritta fatta di alberi su uno sfondo d’erba, che recitava “DVX”. Tutti noi studenti, per ignoranza o per incredulità, pensavamo fossero numeri romani, ma invece la scritta inneggiava veramente al dittatore Mussolini… Come ci ha spiegato il nostro professore, è un simbolo storico fatto nel 1942 e mantenuto fino ai nostri giorni dalla Forestale che ogni settimana pota gli alberi e taglia l’erba.
Finalmente all’ora di cena arriviamo a L’Aquila, dove ci aspettano gli altri professori che in questa circostanza lavorano per la Protezione Civile, e ci guidano verso il campo base di Firenze (che ospita solo volontari e non terremotati) dove passeremo la notte nelle tende blu, le stesse tende che abbiamo visto alla televisione per molto tempo. Qui conosciamo dei ragazzi, volontari, che gestiscono il campo in maniera perfetta, un’organizzazione che ci lascia a bocca aperta!
Tutto è pensato nei minimi dettagli: dalla tenda che ha funzione di mensa comune con frigoriferi e macchinette del caffè funzionanti e gratuite, al gabbiotto all’entrata, fornito di computer, che prende il nome di tutti quelli che usufruiscono del campo, dalla rete wireless per comunicare coi parenti a casa, alle telecamere posizionate in tutta l’area per tenere sotto controllo chiunque, dal depuratore di acqua potabile che prende l’acqua con una pompa dal fiume che scorre vicino e la depura per bere e per lavare, al lampione alto più di 20 metri posizionato in mezzo al campo che si accende automaticamente quando il sole scompare… Insomma, non pensavamo fossero così bravi e attenti.
Nonostante la mensa comune, i nostri professori ci portano a mangiare in un piccolo ristorante fuori città, che si trova davanti alla sede militare dove si svolgerà il G8 quest’anno, e ci stupisce il fatto che, essendo le 22 passate, ci fossero ancora operai che lavorassero per costruire parcheggi ed asfaltare le strade nell’intorno della sede e la domanda che ci è sorta spontanea è stata: “Ma allora i soldi per le opere pubbliche ci sono oppure si trovano solo per fare bella figura con i capi di stato delle altre nazioni?”. Venuti via dal ristorante, dopo aver divorato i meravigliosi arrosticini, ci hanno portato su una strada che passa vicino all’ospedale San Salvatore, quel famoso ospedale che tante volte avevo visto nei vari Telegiornali ma che non immaginavo fosse in questo stato: le crepe sono visibili ad occhio nudo anche la sera e percorrono quasi tutta la facciata. Ma la cosa che mi ha lasciato senza parole sono le numerose tende posizionate davanti all’entrata e il viavai di gente che entra ed esce dall’ospedale e dalle tende, come formiche che entrano ed escono dai loro formicai, e intorno solo silenzio… Poche macchine in strada e in giro solo persone “addette ai lavori”, della Protezione Civile, dei Vigili del Fuoco, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Polizia, della Misericordia di ogni parte d’Italia.
Tornati al campo base abbiamo preso possesso della tenda e abbiamo acceso deumidificatore e stufetta perché fuori cominciava a far freddo e poi siamo andati a parlare un po’ coi ragazzi che gestiscono l’area, per fare conoscenza nella tenda - mensa.
Dall’esterno si percepisce un clima splendido che si è creato tra i volontari, si conoscono tutti e si mangia insieme pecorino, salame e vino mentre si scherza e si guardano le foto scattate nella giornata. Essere lì per me è stato molto strano, mi sono sentita in colpa perché ero arrivata per vedere, per curiosità, con eccitazione e emozione mentre le persone in quel campo erano lì per il motivo opposto, cioè per aiutare ed allietare le persone che hanno perso tutto o quasi e che sono costrette a vivere nelle tende per chissà quanto tempo ancora…
La notte passa molto bene, i materassi e le reti sono comode e le coperte bastano a ripararti dal freddo e dagli spifferi e quando la mattina usciamo dalla tenda il cielo è splendido! Così ci dirigiamo verso San Felice d’Ocre, a 40 km da L’Aquila, dove i miei professori devono costruire una carta per la Regione di microzonazione per la ricostruzione delle case in muratura (cioè una carta che spiega come il suolo risponde alle onde sismiche e in che modo le trasmette agli edifici) e per fare questo dovevamo installare nel terreno degli apparecchi, chiamati sismometri, sparsi in tutto il paese. Così abbiamo avuto la possibilità di girare nel quartiere vecchio (40 case circa), quasi completamente crollato e immerso in un silenzio spettrale. Sembrava di essere in quei vecchi film western quando i covoni di paglia rotolano nella strada per il vento… C’erano ancora i lenzuoli stesi alle finestre, le chiavi appese ai quadri dell’Enel, le piante di salvia sugli scalini delle case, le sedie attorno ai tavoli con sopra alcuni oggetti pieni di polvere e di calcinacci, i tricicli dei bambini fuori dalle porte, un’auto sepolta dalle macerie e un’atmosfera irreale, si sentivano solo le nostre voci che avevano un misto tra eccitazione, paura e tristezza. Mentre cercavo di fare fotografie, camminavo tra i calcinacci e le tegole cascate per terra e mi venivano le lacrime agli occhi, pensare che nel giro di pochi secondi quelle persone erano state costrette ad abbandonare la loro casa, la loro vita e scappare per essere in salvo mi faceva stare male…e poi quel silenzio… indescrivibile! Il pensiero comune è stato: ma come è possibile che sia successo tutto questo disastro? Soprattutto perché non hanno fatto nulla per evitarlo? Il terreno sul quale erano costruiti gli edifici sia de L’Aquila sia dei paesini in un raggio di 60 km è chiamato nel gergo tecnico “terreno sciolto” cioè è formato da argille più o meno spesse che non si sono consolidate e che fanno da eco alle onde sismiche aumentandole di volume. Queste onde si riversano sugli edifici con un’intensità molto più grande creando molti più danni di quelli che un terremoto di grado 5-6 della scala Richter avrebbe causato. Inoltre i pilastri di ferro all’interno del cemento armato non erano in buone condizioni e non erano in pezzi unici tanto che non hanno saputo seguire né reggere lo sforzo del terreno che si stava muovendo. (In Giappone terremoti di tale magnitudo avvengono quasi ogni settimana ma non ci sono mai morti o crolli di edifici perché le case e i grattacieli sono costruiti con liste di ferro senza interruzioni di modo che possano oscillare col terreno senza mai rompersi).
Abbiamo avuto anche l’occasione di parlare con delle persone della tendopoli di San Felice che si avvicinavano a noi incuriosite su cosa stavamo facendo e perché; ci spiegavano che il loro piccolo paese dovrà essere abbattuto e ricostruito completamente o quasi, che nessuno ha spiegato loro quando potranno avere le casette di legno (queste semplici ma funzionali casette sono già pronte e già abitate da persone che possedevano splendide ville prima delle scosse) o perché il terremoto non così forte abbia causato così tanti danni. Ma in mezzo a tutta questa insicurezza sono gli anziani a dettare i tempi; nei loro occhi si vede la voglia di rimboccarsi le maniche e di guardare avanti tutti nella stessa direzione. Mentre i giovani con gli occhi pieni di rassegnazione e rabbia cercano di trovare un colpevole a tutto ciò.
Venuti via da San Felice siamo passati ad Onna ma non siamo potuti entrare perché c’era un presidio della Guardia di Finanza che permetteva il transito solo agli abitanti e alle persone in possesso di un permesso speciale e così abbiamo potuto vedere il paese solo al di là di un fiume… qui è veramente quasi tutto raso al suolo: case, chiesa, le macchine distrutte lasciate ai bordi della ferrovia e di più non abbiamo potuto vedere.
Stessa cosa è successa per il centro storico de L’Aquila chiuso da ogni parte con doppi posti di blocco per paura di nuovi crolli ma soprattutto per paura di sciacallaggi. Con la scusa che ci eravamo persi ci siamo potuti infiltrare per un tratto ma poi una volta scoperti ci hanno fermato. Abbiamo intravisto da lontano il Duomo crollato e alcune case distrutte in parte o crepate per l’intera facciata.
La frase scritta su un muro di una casa è rimasta tutt’ora impressa nelle nostre menti, e recitava così: “L’Aquila è stata distrutta ma non riuscirete a distruggere anche i nostri cuori!”.
Diletta Bistondi

Articolo tratto da:

FORUM (153) Koinonia

http://www.koinonia-online.it

Convento S.Domenico - Piazza S.Domenico, 1 - Pistoia - Tel. 0573/22046



Giovedì 02 Luglio,2009 Ore: 17:12
 
 
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Dalla parte dei terremotati dell'Abruzzo

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