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www.ildialogo.org Quando il calcio scandalizza i bambini,Bruno Gambardella

Quando il calcio scandalizza i bambini

Bruno Gambardella

Seguo il calcio da molti anni e, pur appassionandomi soltanto alle vicende della mia squadra del cuore, mi è sempre piaciuto osservare quanto di spettacolare questo sport di massa riesce ad offrire. Non mi riferisco soltanto alle azioni dei grandi campioni, alle tattiche di gioco predisposte dagli allenatori, ai gol che fanno o esultare o imprecare: a me del calcio sono sempre piaciuti la coreografia, gli striscioni, le bandiere, il tifo, i cori di sostegno o di sfottò, le imprecazioni colorite del pubblico dopo una rete fallita per un niente, persino le offese all’onorabilità delle parenti degli arbitri o degli avversari.

Avendo frequentato lo stadio San Paolo di Napoli e il Partenio di Avellino sono abituato ad un pubblico “caldo” che offre uno spettacolo nello spettacolo. Proprio per questo sono rimasto sconcertato per quanto accaduto qualche settimana fa in un campetto di calcio alla periferia sud di Firenze. A sfidarsi erano due squadre composte da bambini di 7 e 8 anni (categoria pulcini). Circa a metà del primo tempo un genitore, forse spazientito per il fatto che l’arbitro non fischiasse sempre a favore del figliuolo attaccante, ha cominciato ad inveire contro la squadra avversaria invitando i “suoi” a picchiare forte, a tirare pedate, ad entrare con durezza non tanto sulla palla quanto sulle caviglie dell’avversario. La cosa non è passata inosservata agli altri genitori presenti: dapprima volano parole grosse, poi scatta irrimediabilmente la rissa.

In campo i piccoli calciatori si fermano e osservano attoniti quanto sta accadendo in tribuna: pensavano di trascorrere una domenica di festa rincorrendo e dando calci all’amato pallone e invece sono costretti a vedere i loro “grandi” darsele di santa ragione. 

                                  Gli allenatori, dopo aver provato invano a placare gli animi, decidono di dire basta: chiamano l’arbitro, impongono la fine della partita e portano con loro i ragazzini nello spogliatoio, mandando al diavolo quelli che là fuori stavano facendo scempio del gioco preferito dai loro figli. Solo quando non si è giocato più sugli spalti è tornata un po’ di calma.

Nei giorni seguenti allenatori e società hanno provato a rasserenare il clima e a far dimenticare l’episodio. Sono alla studio varie iniziative, come fare entrare in campo i ragazzini mentre si tengono per mano e organizzare alla fine della partita una maxi merenda, un terzo tempo che coinvolga atleti, dirigenti, allenatori e, soprattutto, genitori.

Io spero che nei giorni seguenti i genitori ultras abbiano riflettuto su quanto male abbiano fatto ai loro figli e si siano profondamente vergognati. So benissimo che, al giorno d’oggi, lo sport è visto come un ascensore sociale, un’occasione per diventare ricchi e famosi con poco sforzo, ma trovo scandaloso che anche i bambini siano coinvolti in questa caccia alla notorietà e ai soldi. Lasciateli giocare: avranno tempo poi per avvelenarsi la vita…

 



Venerd́ 18 Dicembre,2009 Ore: 21:54
 
 
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