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In Indonesia un nuovo attacco ai diritti e alla dignità delle persone

Bruno Gambardella

Qualche agenzia di stampa e pochi quotidiani hanno diffuso una notizia piuttosto preoccupante che viene da uno degli stati asiatici a maggioranza mussulmana più popolosi e di notevole importanza geostrategica: l’Indonesia.

"Si tratta di una misura preventiva, affinché la gente di Aceh eviti il degrado morale". Con queste parole il Partito per la Giustizia e Prosperità dell'Indonesia ha giustificato la legge, approvata all'unanimità dal parlamento locale della provincia di Aceh, che rende l'adulterio un reato punibile con la pena di morte per mezzo della lapidazione e che introduce pene severe per lo stupro, l'omosessualità, il consumo di alcolici ed il gioco d'azzardo.

"Tra trenta giorni, con o senza l'approvazione del Governatore di Aceh - ex ribelle con il Movimento per Aceh Libera e contrario ad un'applicazione rigida della sharia - la legge sarà vigente", ha dichiarato il deputato Bahrom Rasjid, uno dei redattori di spicco di questa normativa resa possibile dalla larga autonomia giuridica di cui gode la provincia indonesiana di Aceh dal 2005, quando si concluse la lunga lotta separatista con l'Indonesia.

Secondo questo pacchetto di emendamenti al codice penale che introduce precetti della Sharia come la lapidazione per gli adulteri se sposati, prevede pene dure anche per i "peccatori" non legati da vincolo coniugale (100 frustrate). Stessa sorte per chi fa sesso prima del matrimonio, chi compie gesti deliberati di omosessualità o lesbismo (in questo caso è prevista anche una pena pecuniaria di 1000 grammi d'oro o 100 mesi di prigione), e per i violentatori per i quali le frustrate possono arrivare a 200 così come i mesi di carcere. Per i pedofili è prevista la stessa pena per chi commette stupro, con l'aggiunta di una sanzione. Finora l'adozione ad Aceh della Sharia, appoggiata dal governo centrale indonesiano nel 2001 per circoscrivere le spinte indipendentiste degli islamici, era stata per lo più in relazione ai codici di abbigliamento e alle preghiere: obbligatori il velo, la preghiera 5 volte a giorno, vietati l'alcol e le scommesse. La polizia religiosa puniva già i violatori a colpi di canna ma le nuove norme introducono ora la pena capitale.

L'approvazione della legge precede (non casualmente) di poche settimane l'insediamento del nuovo governo locale guidato dal Partito Aceh, di ispirazione islamica moderata, che ha già annunciato che rivedrà la legge, assicurando il coinvolgimento degli ulema (il clero islamico) nella messa a punto della normativa.

Intanto, Usma Hamid, responsabile della ong per i diritti umani Kontras ha dichiarato che la lapidazione non ha alcun fondamento costituzionale, è una condanna bestiale e atroce che mortifica la dignità della persona. Gli attivisti, scesi in piazza per protestare contro la legge accusata di violare i trattati internazioni firmati dall'Indonesia, sperano che il nuovo parlamento locale la rivedrà. Noi ci auguriamo che la comunità internazionale, di solito attenta ai diritti e alle libertà solo in quei Paesi dove sono in ballo interessi energetici ed economici, faccia sentire la sua voce e cerchi con il governo indonesiano una giusta mediazione tra tradizione e dignità della persona, tra legge religiosa e codici. Se è stato da folli pensare di sconfiggere i fondamentalismi con la guerra, sarebbe pericoloso (oltre che crudele) far finta di niente nel nome del quieto vivere internazionale.

 

 



Mercoledì 16 Settembre,2009 Ore: 19:40
 
 
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