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www.ildialogo.org Il cattolico adulto che il Papa non vuole,di Vito Mancuso

Il cattolico adulto che il Papa non vuole

di Vito Mancuso

in "la Repubblica" del 6 luglio 2009


Nell'omelia di chiusura dell'Anno paolino Benedetto XVI ha dedicato la sua attenzione al concetto di "fede adulta". Si tratta di un'espressione con esplicite radici bibliche, cara a un filone importante della teologia del '900 (così il teologo martire antinazista Dietrich Bonhoeffer: «Il mondo adulto è senza Dio più del mondo non adulto, e proprio perciò forse più vicino a lui»), divenuta famosa nella vita politica italiana per l'uso che ne fece l'allora premier Romano Prodi rifiutando l'allineamento sull'astensione voluto dalla Conferenza episcopale in ordine al referendum sulle tematiche bioetiche.
Il ragionamento di Benedetto XVI si può riassumere così: 1) È necessaria una fede adulta: «Con Cristo dobbiamo raggiungere l'età adulta, un'umanità matura. Paolo desidera che i cristiani abbiano una fede matura, una fede adulta». 2) La fede adulta passa per il rinnovamento del pensiero: «La nostra ragione deve diventare nuova. Il nostro modo di vedere il mondo, di comprendere la realtà - tutto il nostro pensare deve mutarsi a partire dal suo fondamento». 3) C'è un modo giusto e un modo sbagliato di rinnovare il pensiero in vista di una fede adulta, e il modo sbagliato è il seguente: «Fede adulta negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Lo s'intende spesso nel senso dell'atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere - una fede fai da te, quindi» (corsivi di Benedetto XVI).
Come una pubblicità di qualche anno addietro ironizzava sui turisti fai da te che finivano inevitabilmente nei guai, così il papa descrive quei credenti che per la loro visione del mondo scelgono di vagliare autonomamente quanto ospitare, o non ospitare, nella mente. La critica papale diviene a sua volta ironica ("battuta impagabile", commenta un editoriale di Avvenire) col dire che tale discernimento autonomo «lo si presenta come coraggio di esprimersi contro il Magistero della Chiesa, mentre in realtà non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso» (corsivo di Benedetto XVI). Qual è invece per il papa il modo giusto di vivere una fede adulta? Lo si ricava facilmente volgendo al contrario le sue critiche: non scegliere autonomamente quanto ospitare nella propria mente, ma ascoltare la Chiesa e i suoi Pastori, laddove il verbo ascoltare va inteso nel senso forte di obbedire. La maturità della fede si misura quindi sul livello di obbedienza alla gerarchia ecclesiastica. Il che vale anche per il coraggio, per nulla necessario quando si tratta di criticare la Chiesa (perché anzi si ricevono gli applausi del mondo) ma indispensabile nel caso contrario: «Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo schema del mondo contemporaneo». In sintesi il perfetto cattolico per Benedetto XVI è chi vive la fede come obbedienza a quanto stabilito dalla gerarchia ecclesiastica, senza temere di contrastare il mondo e i suoi falsi applausi.
Ma perché il papa insiste così tanto sull'obbedienza alla Chiesa? Non certo perché vuole trasformare i cattolici in un esercito di soldatini senza razionalità, ma perché è convinto che solo aderendo in toto alla dottrina della Chiesa si aderisce alla pienezza della verità e della razionalità. La ragione infatti gioca da sempre un ruolo essenziale nella teologia di Ratzinger: «La fede cristiana è oggi come ieri l'opzione per la priorità della ragione e del razionale», scriveva da cardinale, aggiungendo che «con la sua opzione a favore del primato della ragione, il cristianesimo resta ancora oggi razionalità». Nel celebre discorso di Ratisbona del settembre 2006 il termine ragione coi suoi derivati ricorre per ben 43 volte. A questo punto appaiono chiari i due pilastri su cui si regge l'impostazione papale: da un lato l'autorità della Chiesa, dall'altro l'autorità della ragione. Lo specifico dell'architettura ratzingeriana sta nel mostrare che in realtà i due pilastri sono uno solo, perché tra la dottrina della Chiesa e la razionalità c'è, per il papa, perfetta identità. Per questo egli sostiene che il cristiano veramente adulto è colui che obbedisce alla Chiesa e ai suoi Pastori senza vagliare autonomamente i contenuti da credere, e con questa obbedienza compie perfettamente l'esigenza di razionalità intrinseca in ogni uomo giungendo alla pienezza della verità. L'equazione è cristallina: «Dottrina ecclesiastica = razionalità = verità».
Ma è proprio così? Io temo di no. Senza entrare in complesse argomentazioni teoretiche che ci condurrebbero alla teologia apofatica, è sufficiente un'occhiata alla storia per rendersi conto che non è sempre così e che qualche volta la Chiesa con la sua dottrina stava da una parte e la verità e la razionalità dall'altra. Tralascio lo scontato riferimento alle verità scientifiche e faccio riferimento alla libertà religiosa, oggi tanto spesso difesa dal papa ma fino al Vaticano II osteggiata dal magistero cattolico. Benedetto XVI sa benissimo che se oggi lui sostiene la libertà religiosa in tutte le sedi istituzionali del pianeta lo deve anche a un cattolico adulto quale Felicité de Lamennais che la promosse senza temere di contraddire il magistero della Chiesa del tempo. E quindi chi era più vicino alla verità, Lamennais, cattolico dalla fede adulta non sempre allineato alla Chiesa e ai suoi Pastori, oppure papa Gregorio XVI che per la difesa della libertà religiosa lo scomunicò?
Lo stesso vale per una materia ancora più importante per il cristianesimo, cioè la Bibbia. Benedetto XVI sa benissimo che se oggi la Chiesa cattolica promuove intensamente la lettura della Bibbia lo deve prima ai protestanti e poi ai quei cattolici adulti non sempre allineati (un esempio tra tutti, Pasquier Quesnel) che nel passato lottarono contro il magistero che ai laici ne proibiva la lettura. E quindi, chi era più vicino alla verità, Quesnel, cattolico dalla fede adulta non sempre allineato alla Chiesa e ai suoi Pastori, oppure papa Clemente XI che per la promozione della lettura della Bibbia lo condannò?
È impossibile negare che oggi di fatto la Chiesa insegna alcune idee promosse da cattolici adulti del passato, oggetto, quando le manifestarono, di esplicite condanne ecclesiastiche.
Una significativa controprova è rappresentata dai lefebvriani, perfetta fotografia di come sarebbe oggi la Chiesa cattolica se non avesse dato ascolto a quei cattolici dalla fede adulta grazie ai quali si è attuato il rinnovamento conciliare. Nella ricerca della verità e della giustizia non bisogna mai interrompere l'ascolto di ciò che lo Spirito dice alla Chiesa, senza cercare l'applauso del mondo, ma neppure senza temere le condanne della gerarchia.
 



Mercoledì 08 Luglio,2009 Ore: 16:44
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
SAVERIO DE PINTO BARI 14/7/2009 18.22
Titolo:
Caro Professore Vito Mancuso, leggo sempre con piacere e condivisione le sue riflessioni, sto anche leggendo un suo libro.
Rimango spesso sgomento dall'insegnamento della gerarchia cattolica e del papa in particolare, sia perchè spesso dicono con parole contorte quello che i vangeli dicono chiaramente, con la universalità e l'amore
che tutti sperimentiamo nella meditazione della lieta novella, sia perchè come lei sottolinea in questa lettera sui "cattolici adulti che il papa non vuole" da sempre c'è stata e c'è la pretesa di comandare alle intelligenze, alle coscienze, dei credenti, dell'uomo in genere.
Così facendo questi novelli scribi e farisei mostrano che il passo evangelico di matteo 23, è ancora attuale "Sulla cattedra di Mosè si sono assisi gli scribi e i farisei, dicono ma non fanno ". La cosa più bella che l'uomo , il figlio di Dio eredita con la nascita è la libertà, che è sorella della fraternità, ed anche della uguaglianza, come reale possibilità di guadagnarsi da vivere.( oggi 14-07/09) a 220 dalla rivoluzione ; diritti fondamentali dell'uomo.
In quel tempo il Filosofo G.W.F. Hegel 25enne in "Vita di Gesù" così scriveva:Quando Gesù tenne un altra volta un discorso pubblico nel tempio i farisei gli si opposero chiedendo quale prova potesse addurreche garantisse a se stesso e agli altri la verita dei suoi insegniamenti. Essi, per parte loro, godevano della buona sorte di avere una costituzione e delle leggi che erano legittimate attraverso le solenni rivelazionni della divinità. Gesù rispose:<<Credete forse che la divinità abbia gettato nel mondo il genere umano, che l' abbia lasciato alla natura senza una legge, senza una coscienza dello scopo finale della sua esistenza, senza la possibilità di trovare in se stesso come possa divenire gradito alla divinità? Credete che la conoscienza della legge morale sia una questione di buona sorte? Che essa sia stata concessa solo a voi in questo angolo della terra a esclusione, non si sa perchè, di tutte le nazioni della terra? Questo vi fa figurare l'egoistica limitatezza delle vostre teste! Io mi attengo soltanto alla voce non adulterata del mio cuore e della mia coscienza. Chi le obbedisce rettamente, viene illuminato da lei con la verità. Da i miei discepoli pretendo soltanto che obbediscano a questa voce. Questa legge interiore è una legge della libertà, a cui l'uomo si sottomette liberamente in quanto gli è data da se stesso. Voi siete schiavi, poiche state sotto il giogo di una legge, che vi è stata imposta daal'esterno e perciò non ha il potere di strapparvi dal servizio alle inclinazioni attraverso il rispetto di voi stessi>>.
Hegel ha buon gioco nell'applicare ai capi politici e religiosi del suo tempo, con libera e ardita interpretazione, l'apostrofe di Gesù contro gli scribi e i farisei:<<se voi stimate i vostri statuti eclesiastici e comandamenti positivi come la legge suprema che sia stata data all'uomo, disconoscete la dignità dell'uomo e la facoltà in lui di attingere da se stesso il concetto della divinità e la conoscenza della sua volontà; chi non onora in se questa facoltà, non onora la divinità. Cio che l'uomo può chiamare il suo io, ed è sublime al dila della tomba e della putrefazione e determinerà da se stesso quale ricompensa ha meritato, è capace di giudicare se stesso. Esso si annucia come ragione, la cui legislazione non dipende altrimenti da nient'altro, alla quale nessun'altra autorità sulla terra o in cielo può fornire un altro criterio di orientamento.
Saverio De Pinto infermiere a Bari

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Dottrina della fede secondo Ratzinger

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