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www.ildialogo.org Paolo VI il Pontefice del sociale,di Rosario Amico Roxas

Paolo VI il Pontefice del sociale

di Rosario Amico Roxas

(Quello che NON c’č nella Caritas in veritate)


Con Paolo VI il magistero sociale della Chiesa transitò dalla elaborazione teorica alla formulazione pratica. Comincia a elaborarsi il concetto di un "cristianesimo sociale" attento, molto attento alle problematiche umane dell'uomo.
Intellettuali laici compresero che anche le elaborazioni ideologiche non confessionali, dovevano fare i conti con la nuova e moderna visione prospettata dalle parole e dalle azioni di Paolo VI.
Il termine "laico", che aveva sempre più assunto forme anticlericani, si spostò sull'asse non-confessionale, ma intrinsecamente umanistico.
Voci vecchie e antistoriche coniarono per Paolo VI il soprannome di 'Papa comunista', perché aveva voluto andare oltre l'interpretazione di un Vangelo consolatorio e aveva voluto calare nell'attualità il Verbo della universalità e della uguaglianza di tutti gli uomini non solo davanti a Dio, (sarebbe stato un discorso limitato al mondo dei credenti), ma identificando tale uguaglianza nell'intima natura dell'uomo, senza distinzioni di razza, cultura, qualità della vita, sviluppo tecnologico o religione: un discorso cattolico e, quindi, universale.
Nel rigurgito di un anticomunismo antistorico e di propaganda che ci sta martellando in questi anni, che hanno superato il 2000, risulta molto evidente la ragione per la quale Paolo VI, con la Sua PP, sia stato messo da parte, con la segreta speranza che fosse anche dimenticato.
Altre ragioni motivano il silenzio intorno alla PP, particolarmente in questi ultimi anni dopo il 2000, queste ragioni vanno ricercate nei temi dottrinali contenuti nel documento pontificio; tali temi non sono tutti preesistenti alla PP, alcuni vennero solamente ampliati, mentre altri rappresentarono una novità dottrinale caratteristica del tempo e profetica dei tempi futuri, come possiamo oggi ben constatare. L'elemento di maggior rilievo che oggi colpisce e condanna il metodo socio-politico dell'Occidente, è rappresentato dalla condanna esplicita dei principi del liberismo economico.

• I diritti di proprietà e di libero commercio non sono assoluti, ma 'subordinati' alla 'regola della giustizia, che è inseparabile dalla solidarietà' (PP n. 22, 23, 58).
• E' un'esigenza la espropriazione dei beni non utilizzati con sufficiente socialità (PP n. 24).
• Non sarà mai sufficiente la condanna del capitalismo 'senza freno' , della 'concorrenza come legge suprema dell'economia' e del 'profitto come motore essenziale del progresso economico' (PP n. 26).

Questa condanna non è nuova, poiché è connaturata con tutta la polemica antiliberale, che, sviluppata a oltranza, ha indotto settori interessati della politica mondiale imperniata sul capitalismo, ad usare nei confronti del pensiero sociale della PP la qualifica equivoca di "socialismo cristiano", che si affianca al "cristianesimo sociale". Parallelamente alla condanna del neo-liberismo produttore del capitalismo monopolistico, altri temi vennero sviluppati seguendo l'evoluzione dei tempi, giungendo a momenti di vera profezia: un'analisi anche superficiale dei tempi attuali documenta la lungimiranza di Paolo VI. I temi ampliati e sviluppati sono quelli inerenti i principi di etica sociale nei rapporti tra individui (ricchi e poveri) o tra classi (datori di lavoro e lavoratori); nella PP questi stessi principi vengono estesi alla urgenza etico-giuridica dei rapporti tra popoli; la divisione del pianeta in Nord (ricco e sprecone) e Sud (arretrato tecnologicamente e vivente sotto i limiti della dignità della vita) è l'opposto di quanto Paolo VI auspicava e che ha lungamente predicato.

• Nella Rerum Novarum il Pontefice Leone XIII aveva ritenuto insufficiente il libero consenso delle parti nella stipula dei contratti di lavoro, in quanto tali contratti devono rispondere ai criteri di giustizia obiettiva (PP n. 27).
• Con la dilatazione delle tematiche a livello planetario Paolo VI estese lo stesso concetto anche ai contratti stipulati fra popoli, per tutelare l'equità a favore dei più deboli (PP. N.29)

L'uso esclusivo dei beni, condannato già per l'individuo negando al diritto di proprietà privata ogni valore assoluto in tutta la tradizionale dottrina della Chiesa, non è ammissibile neppure per i popoli.

• 'Nessun popolo può pretendere di riservare a suo esclusivo uso le ricchezze di cui dispone', si afferma con chiarezza nella PP, che si richiama allo stesso principio sostenuto dal Concilio Ecumenico Vaticano II (PP n. 48).
• Sulla stessa via si continua con la valutazione riguardante il superfluo: il dovere che l'individuo ha di riversare sugli altri i beni che superano il proprio bisogno; nella PP diventa un dovere anche per i popoli ricchi nei confronti di quelli poveri (PP n. 49).
• Il riferimento della PP al Concilio si collega al concetto di superfluo già indicato da Papa Giovanni XXIII e riportato in nota nella Gaudium et Spes: 'considerare il superfluo con la misura della necessità altrui' (Gaudium et Spes n. 69, nota 10).
• La programmazione viene indicata come la via più corretta per facilitare l'intervento dei poteri pubblici nel coordinare le iniziative personali nel campo della solidarietà (Mater et Magistra, n. 19, 20, 21).
• Così tecnicamente precisata, la programmazione venne rinforzata nella sua validità operativa e proposta sulla via della 'liberazione dell'uomo dalle sue servitù' materiali (PP n. 33, 34, 50)

Su questo insieme di elementi dottrinali rielaborati e amplificati si innestò una dimensione nuova e originale, da sociale interpersonale e interclassista a sociale internazionale e universale.
E' certo che non si può affermare che la PP si sia fatta prendere la mano da una visione economicistica della vita; basta dire che il problema fu affrontato come una delle componenti economico-morali dello sviluppo dell'umanità, questo dato concorre ad attribuire alla PP quel volto di modernità e di attualità che si rinnova e riesce anche a diventare profetico.

Rosario Amico Roxas


Giovedě 16 Luglio,2009 Ore: 16:44
 
 
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Dottrina della fede secondo Ratzinger

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