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www.ildialogo.org Una prima lettura dell’enciclica Caritas in veritate,di Rosario Amico Roxas

Una prima lettura dell’enciclica Caritas in veritate

di Rosario Amico Roxas

L’invito rivolto al Vaticano di distribuire le proprie ricchezze ai poveri è antica e non originale; non voglio difendere questo Vaticano con le sue sviolinate al mondo capitalistico, desidero solo evidenziare l’inutilità della richiesta. Se il Vaticano distribuisse le sue ricchezze non risolverebbe il problema di fondo, tamponerebbe una piccolissima parte degli effetti senza contrastare la causa, rimanendo privo dei mezzi per proseguire l’opera che molti sacerdoti svolgono, spesso, molto spesso malgrado il Vaticano.  Mi riferisco alla condanna comminata dall’allora cardinale Ratzinger alla Teologia della Liberazione e imposta al pontefice Giovanni Paolo II.
Quella condanna si perfezionò nell’incontro tra Giovanni Paolo II e il vescovo mons. Romero, che fu tenuto sotto il rigido controllo del cardinale Ratzinger con le forme inquisitorie  che già aveva esercitato in Vaticano, seguendo u n itinerario programmato che lo avrebbe portato al seggio di Pietro. Ma l’uccisione di mons. Romero su quell’altare trasformato da un cecchino in un nuovo Golgota, trasformò il pontificato di Wojtyła, tant’è che elaborò l’enciclica Centesimus Annus, nella quale rivaluta e condivide i segni ispiratori della teologia della Liberazione.
Questo pontefice non farà mai riferimento a quell’enciclica che perfezionò l’itinerario del Magistero sociale della Chiesa nella Sociologia del Nuovo Umanesimo.
Ora promulga una enciclica sulla Carità; non intendo parlarne perché sono appena alla prima lettura e un documento pontificio va letto, studiato, ponderato, analizzato nei singoli termini; sarebbe importante poter studiare anche le elaborazioni precedenti, le correzioni, i ripensamenti (come ebbi modo di fare con la Populorum Progressio di Paolo VI)  per poi offrire una lettura “laica”, cattolica e universale. La mia prima impressione è che si tratta di un documento “interno” della Chiesa, dal quale ricavare un decalogo  che impone un tipo comportamentale ai credenti, evitando accuratamente di urtare la sensibilità di questo Occidente capitalista che sfocia nell’egoismo e nel neo-colonialismo.  Quest’ultima enciclica, ricercando credibilità, cerca un confronto con la Populorum Progressio, ma effettuando una lettura troppo furba per poter essere universale, selezionando talune affermazioni e trascurandone altre ben più significative.
Promulgata alla vigilia del G8  non accenna nemmeno all’intervento di Paolo VI alle NU, sarebbe stato un vero esempio di umiltà e di riconoscimento dei valori che vengono, invece, misconosciuti e mimetizzati in un eccesso parolaio.
Paolo VI  nel discorso  all'Assemblea dell'ONU  indicò in quell'organismo lo strumento di promozione e di equilibrio fra tutti i popoli della terra e incoraggiò l'ONU:
 
'a diffondere la cultura, a dare una moderna assistenza, a mettere a servizio di tutti le risorse della scienza e della tecnica ai fini di giustizia internazionale'.
 
Benedetto XVI non si rivolge ai potenti della terra, identificando nella “carità”  cristiana la sua interpretazione della solidarietà,  con un linguaggio curiale che non diventerà mai universale, anche perché finisce (e ce lo aspettavamo) con il riconoscere parità di valori per tutte le religioni, aggiungendo però una più elevata “parità” per la religione che vorrebbe dominare . (Il paragone non è blasfemo, perché si evidenzia da solo, con quell’altra affermazione: “la legge è uguale per tutti, ma per il presidente del consiglio è un po’ più “uguale”.)
E’ il metodo della Chiesa che deve cambiare, perché non basta indicare nella carità il fine.
Ciò che Benedetto XVI trascura di riconoscere nella Populorum Progressio, e per questo non ne parla, selezionando solo ciò che gli serve,  è la concretezza delle proposte, il rigore per una nuova promozione umana e sociale: la PP si presenta non solamente come una pastorale pietistica, che fa appello alla carità cristiana, ma si trasforma nella nuova sociologia dell’umanesimo integrale, ponendo una pietra miliare nel pensiero sociale della Chiesa, destinato a tutti gli uomini, senza differenze di censo, cultura, religione o colore della pelle.
Ne scaturisce anche il concetto di un diverso e nuovo peccato: il peccato sociale, che Ratzinger rifiuta, confuso e assediato come si ritrova dal neo-liberismo.
Ma dovremo riparlarne, non senza avere capito tutto ciò che della Populorum Progressio non è detto in questa “Caritas in veritate”;, perché la verità non è, e non potrà mai essere manipolabile.
Rosario Amico Roxas


Mercoledì 08 Luglio,2009 Ore: 16:25
 
 
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Dottrina della fede secondo Ratzinger

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