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www.ildialogo.org De Mita e l'illusione del grande centro,di Nino Lanzetta

La settimana politica Irpina
De Mita e l'illusione del grande centro

di Nino Lanzetta

DE MITA IL CENTRISTA!
De Mita, negli anni della prima repubblica, non è stato mai un uomo di centro, né per convinzione né per tattica. Anzi, nel patrimonio politico-culturale della Democrazia cristiana è sempre stato considerato un politico di sinistra. E’ stato, invece, uno dei leader, indiscussi e prestigiosi; un cervello pensante, uno stratega raffinato, un politico intellettuale, uno che non ha mai vivacchiato nel gruppo. Leader di una corrente che si chiamava sinistra di base, ha cercato di portare ai massimi livelli possibili di realizzazione, per gli equilibri dell’epoca, l’intuizione degasperiana della DC, partito di centro che guarda verso sinistra, includendovi perfino i comunisti (che allora erano ancora marxisti leninisti). Da segretario del partito entrò in rotta di collusione con Craxi, non per questioni di posizionamento politico o di programmi ma, perché quest’ultimo, per accrescere consenso e posizioni di potere, impediva alla dc qualsiasi dialogo con i comunisti.
Tangentopoli, che è stata l’occasione ma non la causa della fine della DC, costrinse De Mita ad un temporaneo allontanamento dalla scena politica. Uscito  indenne dalla stagione dei processi, rientrò nell’agone politico, favorito dal suo vecchio partito, dopo appena una sola legislatura di esilio a Nusco. E’ stato l’unico dei vecchi big a tornare alla politica nazionale; tutti gli altri sono già in pensione da tempo. Ha contribuito a far nascere il Partito popolare, erede della vecchia DC; poi la Margherita, e infine, anche se con osservazioni critiche, anche il partito democratico.
Improvvisamente, non ricandidato al parlamento dal segretario Veltroni, la svolta, clamorosa: lascia i democratici e si posiziona al centro, convertendosi ad una politica da sempre combattuta. Fa un certo effetto, oggi, considerare De Mita uomo di centro! E’ una contraddizione storica prima che politica. Crea una costituente di centro che definisce” soggetto politico nuovo che parte dal recupero di una storia, quella della democrazia cristiana”. E intanto aderisce all’UDC. Fa sapere che si sarebbe convertito al centrismo perché non lo convinceva il sistema bipolare che si era instaurato in Italia. Non ha preso in considerazione, pur nelle sue famose riflessioni, che la società italiana era, nel frattempo, sostanzialmente cambiata. E non solo per la caduta delle ideologie, la fine del comunismo, l’imperversare delle televisioni commerciali, la rivoluzione berlusconiana, che ha trasformato radicalmente il modo di fare e di intendere la politica uniformandola alla prassi commerciale e avviandosi, di fatto, verso una gestione del potere autoritario, populistico. Ha finito, anche, per sottovalutare che il bipolarismo è stata la risposta politica più interessante al sistema dei partiti della prima Repubblica, che avevano finito per ingessare il sistema impedendo, di fatto, l’alternanza alla guida del Paese.  Alternanza ritenuta necessaria per il rafforzamento della democrazia, la lotta alle clientele e alla burocrazia, la burocratizzazione dei partiti, perfino l’identificazione della Democrazia cristiana con lo Stato. Cose per le quali Moro aveva sacrificato la vita.
Berlusconi, servendosi dei soldi e dei media, ha interrotto questo ordinato svolgimento della storia italiana, che si muoveva nel solco della realizzazione progressiva della nostra costituzione ed ha introdotto un’anomalia vistosa e pericolosa. che andrebbe corretta in tempi rapidi se non si vogliono raccogliere macerie.
In questo quadro, seppur sommariamente e grossolanamente indicato, la riscoperta del centrismo, se non addirittura della democrazia cristiana, per la quale si sono finora avuti numerosi tentativi, anche nella nostra provincia ( chi non ricorda il nuovo centro di Ortensio Zecchini o la nuova DC di Gianfranco Rotondi?) non è certamente la risposta politica più originale e meno velleitaria che si possa immaginare. E fa riflettere che un cervello come De Mita abbia potuto avere un flop così evidente ed abbia potuto sposare – tanto per banalizzare- la teoria dei due forni dell’immarcescibile Andreotti, politico per tutte le stagioni. Sicuramente ci deve essere dell’altro!
De Mita è un animale politico che ha fatto dell’esercizio, concreto e quotidiano, della politica la sua vita. Non ha mai fatto altro, né vuole fare altro, né si fa condizionare dall’età. A ottantadue anni si sottopone ancora ad un tour de force tra Roma, Nusco e Bruxelles. E’ come se fosse stato punto  da una vespa quando Veltroni, un ragazzino, ha osato mancargli di rispetto. Ha visto rosso quando i suoi collaboratori irpini, che uno per uno aveva messo ai posti di comando, non per meriti – e si vede oggi con quello che sta succedendo nel PD- ma solo ed esclusivamente per fedeltà al Capo gli hanno, anche loro, osato mancargli di rispetto! Da allora ha cominciato ad esercitare la vendetta. Muoia Sansone con tutti i filistei! Mai si sarebbe potuto immaginare che il politico del centro sinistra, che aveva teorizzato i patti costituzionali, avrebbe potuto fare un’alleanza con la destra degli ex fascisti e di Forza Italia di “proprietà” di Berlusconi, che egli ha sempre considerato in politica non più di un pataccaro e di un venditore di “pubblicità progresso”!

Nino Lanzetta



Luned́ 05 Ottobre,2009 Ore: 16:07
 
 
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