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www.ildialogo.org FEDERALISMO E SVILUPPO.,di NINO LANZETTA

FEDERALISMO E SVILUPPO.

di NINO LANZETTA

Con il federalismo fiscale alle porte, la strategia dello sviluppo del Sud deve necessariamente cambiare registro. Augurandoci che esso sia equo e solidale, il sud deve fare la sua parte non come l’ha fatta nel passato. E’ fallita la strategia centralizzata governativa degli ultimi vent’anni e quella regionale dell’utilizzazione dei fondi comunitari. Ha dato scarsi risultati quella dei governi democristiani degli anni sessanta imperniata sulla Cassa per il Mezzogiorno.
 L’Agenzia per il Sud, vaticinata dal duo Berlusconi Tremonti ha tutta l’impressione di un’ennesima patacca. Ed è, purtroppo, finita la grande abbuffata della profusione di miliardi e miliardi che, seppur ha combinato qualcosa di buono, ha lasciato molte cattedrali del deserto o opere grandiose solo sulla carta, come il porto di Gioia Tauro. Da ultimo, la ricostruzione post terremoto ha bruciato 60.000 miliardi delle vecchie lire, a fronte degli 8.000 previsti lasciando sul territorio pezzi di industrie in smobilitazione e qualche posto di lavoro che si sta, peraltro, perdendo. L’industrializzazione dell’Irpinia – quella, per intenderci, della costruzione della barca in montagna- si è dimostrata un fallimento e siamo finiti in una delle crisi più serie dal dopoguerra ad oggi, anche se i politici tentano di occultarne gli esiti.
 Neanche buoni risultati ha dato il tentativo di uno sviluppo dal basso, che coinvolgesse le istituzioni locali e le aziende del territorio, secondo un’intuizione del sociologo De Rita e di altri esperti che hanno messo in cantiere le norme per una nuova politica del territorio. La novità dell’iniziativa, la timidezza della normativa e la poca dimestichezza delle istituzioni locali a cimentarsi in questa nuova impostazione di politica economica dovrebbero far riflettere e ripensare un nuovo tentativo che facendo tesoro dell’esperienza del passato coinvolgesse innanzitutto la Regione.
Interessante, a tal proposito, la lettura del volume edito da Franco Angeli , 2008, “Politiche territoriali. L’esperienza irpina” nel quale l’autrice, Anna Maria Zaccaria, fa la storia della travagliata gestione dei Patti Territoriali nella nostra provincia; del ruolo avuto dai politici e soprattutto dalla Provincia nella vicenda e dei primi tentativi di dialogo tra le Imprese, le Istituzioni ed i Sindacati. E’ stata la prima esperienza di concertazione economica sul territorio e, se anche ha fatto forfait, forse andrebbe ripetuta. L’idea del coinvolgimento, nello sviluppo del territorio, dei soggetti del territorio stesso, con una politica dal basso che tenesse conto e valorizzasse le risorse, le disponibilità, le professionalità dei Comuni delle altre forze del territorio, è una delle poche praticabili in regime di federalismo fiscale.
“La filosofia della programmazione negoziata ha messo in discussione la pratica consolidata dei finanziamenti telecomandati dal centro per <inventare> lo sviluppo locale e ha ridimensionato in qualche misura il controllo dei politici locali sul territorio” (pag.111). Così non è stato, purtroppo! I patti territoriali non hanno avuto successo perché si è osato poco e, a livello centrale, sono stati man mano ridimensionati. Si era partiti con 282 progetti presentati, che prevedevano investimenti per oltre 2000 miliardi di vecchie lire e nuova occupazione per 6385 nuovi soggetti e si è finito con 55 progetti per 587 nuove unità occupate e 187 miliardi di investimento, che alla fine viene approvato per appena 55 miliardi di lire e 312 unità di incremento occupazionale. La classica montagna che ha partorito il topolino. “In sintesi il Patto territoriale della provincia approvato è ben diverso da quello annunciato nel lontano febbraio ’96 e la perdita del potenziale innovativo dello strumento è la conseguenza più immediatamente visibile” Un patto “residuale” scrive la Zaccaria.
Il successivo Patto della Baronia, finalizzato alla figura del soggetto responsabile, quale esponente territoriale del Ministero delle attività produttive, che doveva riscontrare l’oggettiva rispondenza dei progetti agli obbiettivi di realizzazione delle opere e dell’incremento dell’occupazione, ha dato luogo, invece ad una maxi truffa nella quale sono state coinvolte sette aziende e 44 soggetti indagati. Tutto è andato a ramengo e della concertazione territoriale non si è più parlato. E’ un errore perché da essa bisogna ripartire se si vuole costruire uno sviluppo basato sulle risorse e sulle caratteristiche del territorio. Occorre naturalmente che ognuno faccia la sua parte e che la politica assuma la sua responsabilità.
La regione Campania e L’Irpinia sono pronte per una programmazione territoriale concertata e per politiche locali coordinate per lo sviluppo? I Sindaci saranno in grado di acquisire nuove capacità imprenditoriali di gestione del territorio o continueranno la rincorsa ai soliti finanziamenti di opere pubbliche (piazze, illuminazioni, panchine…) duplicate, triplicate, inutili ed inefficaci per un serio sviluppo? Questa è la nuova sfida nella quale si dovranno misurare i politici, dopo la dissennata gestione bassoliniana. La Campania non ha bisogno di eroi o di principi solitari ma di una capace ed efficiente classe politica e dirigenziale, disposta a misurarsi alla luce del sole e sotto i riflettori della stampa e dei cittadini.
NINO LANZETTA
 


Sabato 19 Settembre,2009 Ore: 18:04
 
 
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